BERTOLOTTO, Giovanni Lorenzo
Nacque a Genova nel 1640 da Michelangiolo il Vecchio. Il padre gli fece da maestro nella pittura, ma più tardi, come ci riferisce il Soprani, lo mise sotto la guida di Giovanni Benedetto Castiglione, nella cui bottega egli rimase presumibilmente tra i primimesi del 1661 e il marzo del 1663. Della primissima attività del B. poco sappiamo, anche perché, con la distruzione della chiesa di S. Domenico a Genova, è andata perduta una delle sue opere più significative di questo periodo, cioè la tavola raffigurante La decollazione di s. Giacomo dipinta nel 1666. Qualche anno dopo, verso il 1670 (e non, come è stato scritto, nel 1720), gli venne commissionata da Eugenio Durazzo la grande tela commemorativa con Il ricevimento di Giovanni Algostino Durazzo, ambasciatore dei Genovesi, alla corte di Maometto IV a Costantinopoli (attualmente proprietà del marchese Giuseppe Maria Durazzo). Considerata come il capolavoro del pittore, quest'opera è interessantissima da un punto di vista storico e rivela le buone doti del B., soprattutto per la vivacità dell'espressione e per la complessità del comporre.
La naturale tendenza del B. alla grandiosità scenografica fece si che egli riuscisse meglio nei quadri aventi come soggetto, oltre agli argomenti di carattere storico, i racconti biblici e mitologici: significativi, in questo senso, i quadri raffiguranti Le storie di Giuseppe Ebreo,in casa Spinola a Genova, e le cinque tele con Ilsogno di Giuseppe, La partenza di Agar, Il ritrovamento di Mosè, Ercole al bivio e Giuditta,conservati, sempre a Genova, in palazzo Piuma. Le principali opere a soggetto religioso che il B. ha lasciato a Genova sono la tela raffigurante S. Teresa in estasi,nella chiesa di S. Carlo; la tela con Il beato Simone Stock che riceve lo scapolare dalla Vergine,in S. Maria del Carmine; la tela raffigurante S. Brunone,nell'oratorio di S. Antonio Abate ed il quadro con S. Pietro ed altri beati,in S. Maria della Cella a Sampierdarena. Alcuni dipinti del B. si trovano, sempre a Genova, nella chiesa di S. Maria in Via Lata, attuale sede di una confraternita. Secondo il Soprani il B., verso il primo decennio del sec. XVIII, avrebbe eseguito numerosi dipinti per il pretendente al trono d'Inghilterra Giacomo Stuart, commissionatigli da quest'ultimo durante il suo passaggio per Genova: ma nessuna di tali opere ci è pervenuta. Nel 1720, all'età di ottant'anni, egli dipinse la sua ultima tela, con l'episodio di S. Teodomino, vescovo d'Iridia, che fa tagliare il bosco per rinvenire il corpo di s. Giacomo,ancora oggi conservata nell'oratorio di S. Giacomo della Marina a Genova: ma era oramai vecchio, e la sua vena artistica si era esaurita, sicché l'opera risulta macchinosa, fredda e qualitativamente assai scadente.
Morì a Genova nel 1721 e venne sepolto nella chiesa dell'Annunziata del Vastato. Dei suoi figli, Michelangiolo il giovane fu pittore.
Sono state attribuite, inoltre, al B. le lunette con festoni di fiori e frutta nel salone del secondo piano nobile di Palazzo Rosso a Genova. In molte opere del B., ed in particolare in quelle giovanili, è evidente l'influsso del Castiglione, ma soltanto nel gusto per le scene pittoresche e piene di movimento. Lo stile del B. va spiegato anche con l'impressione in lui suscitata dalla pittura di genere, nel clima della tradizione naturalistico-fiamminga viva a Genova fin dai primi anni del sec. XVII. Pur raggiungendo in alcune opere una gustosa piacevolezza (per es., nella già citata tela con Il ricevimento di Giovanni Agostino Durazzo…, ove l'avvenimento storico è trasformato in una ricca e festosa sagra di paese), più spesso egli cade in uno stile accademico, volto unicamente alla ricerca della bellezza esteriore delle forme e alla valorizzazione dei particolari aneddotici. Questo si verifica soprattutto nelle opere a soggetto religioso, ove l'artista rimane legato alla tradizione manieristica genovese della prima metà del Seicento (si vedano, per esempio, le studiate e leziose pose dei personaggi). In sostanza il B. fu estraneo alle novità dei proprio tempo, che pur vedeva fiorenti a Genova grandi pittori barocchi come V. Castello, D. Piola e G. De Ferrari.
Bibl.: R. Soprani-C. G. Ratti. Delle vite del pittori, scultori ed architetti genovesi,II,Genova 1769, pp. 102-105; C. G. Ratti, Instruzione di quanto può vedersi di più bello in Genova,Genova 1780, pp. 73, 168, 203; M. Labò, L'oratorio di S. Giacomo della Marina,Genova 1924, p. 9; C. Grosso-M. Bonzi-C. Marcenaro. Mostra di pittori genovesi del Seicento e del Settecento,Milano 1938, pp. 60 s.; G. V. Casteinovi, I dipinti dell'oratorio di S. Giacomo della Marina a Genova,Genova 1953, p. 33; C. Marcenaro, Catal. Provvisorio della Gall. di Palazzo Rosso,Genova 1961, p. 22;C. Marcenaro, Gliaffreschi del Palazzo Rosso di Genova, Milano 1966, pp. 5-10; U. Thieme-F. Becker, Künstler-Lexikon,III,p. 508; Enciclopedia Italiana, VI, p. 795.