CONFORTI (Conforto), Giovanni Luca
Nacque a Mileto (Catanzaro) intorno al 1560. Mancano notizie attendibili circa gli anni giovanili: sappiamo comunque che nel 1580 venne aggregato, in qualità di contralto, tra i cantori della cappella pontificia.
Il suo nome figura infatti, come era consuetudine del tempo, scritto "di suo pugno", sul libro manoscritto originale delle Constitutiones della cappella stessa, alla p. 36: "Ego Joannes Lucas Conforti clericus militensis". Militensis (miletensis), vale a dire "di Mileto"; altre volte è detto invece calaber. Il Rolandi incorse nell'errore, dovuto anche alla scarsa decifrabilità del manoscritto, di interpretare il termine melitensis nel senso di originario "di Malta", inserendo il nome del C. nel suo libro Musica e musicisti in Malta (Livorno 1932), recensito nel 1933 dal Casimiri che rilevò l'equivoco.
La sua permanenza presso il coro pontificio, durò, in ogni modo, poco tempo. Il 31 ott. 1585, per ordine di Sisto V, venne infatti "espulso irremissibilmente", come attesta il Baini (II, p. 172 n.), il quale scriveva come la causa dell'allontanamento dovesse ricercarsi nella famosa questione sorta tra Giovanni Pierluigi da Palistrina e i cantori sistini. Testimonianza confutata peraltro dal Cametti, secondo il quale "Baini racconta basandosi in parte su documenti, in parte lavorando di fantasia".
Sembra che il Palestrina esercitasse, a quel tempo, pressioni per ottenere la nomina a maestro della cappella pontificia, intendendo subentrare al prelato, non musicista, che allora occupava quella carica. Pur non essendo gradito alla maggioranza dei cantori pontifici, egli poteva nondimeno contare sull'appoggio di Sisto V; i cantori, con in testa il loro maestro, monsignor Boccapadule, per nulla disposti ad accettare l'innovazione, si opposero vivacemente al desiderio del Palestrina, giungendo perfino a punire il loro collega Benigni che parteggiava per questo.
Tutto ciò avveniva nel maggio del 1585. Nell'ottobre dello stesso anno, a dimostrazione che Sisto V non era pontefice da piegarsi tanto facilmente, quattro cantori anziani, scelti probabilmente tra coloro che più avevano fatto valere il proprio punto di vista, vennero sollevati dall'incarico e licenziati: di essi, due sarebbero poi stati graziati, e due definitivamente espulsi. Questi ultimi furono Giovanni Battista Giacomelli detto del Violino, passato poi alla corte di Mantova, e, per l'appunto, il Conforti. Per quanto riguardò poi la carica di maestro di cappella, si giunse ad una soluzione compromissoria: l'anno seguente venne deciso di abolire la figura del prelato aggregato alla cappella affidando la carica a turno ai cantori stessi, cosicché il Palestrina rimase solamente come "compositore" nella cappella stessa.
L'allontanamento del C. suscitò vivo rincrescimento tra i cantori, poiché era considerato il migliore, della cappella e godeva della stima anche di altre corti, che a gara lo invitarono al loro servizio. Secondo il Baini (II, p. 172) egli andò "a nascondersi in Mileto, a tollerare pazientemente la sua umiliazione": testimonianza contraddetta da quella del Cametti, che asseriva invece essere il C. rimasto a Roma. Guglielmo Gonzaga, duca di Mantova lo chiamò presso di sé, ma egli non accettò, preferendo dapprima restare presso il duca di Sora e poi entrare nella cappella della chiesa di S. Luigi dei Francesi a Roma, dove fu ammesso il 1° maggio 1587, ma dove non prese mai servizio. Sembra infatti che egli si facesse desiderare oltre misura, al punto che nell'aprile dell'anno seguente i deputati di quella chiesa decretavano che "o servisse e cantasse regolarmente o lasciasse il posto" (Cametti). Il C. rinunciò infine alla carica: si era, come detto, all'aprile del 1588.
Alla morte di Sisto V tuttavia, si riaprì per il C. la possibilità di tornare ad occupare il proprio posto come cantore presso la cappella pontificia, e infatti sotto il pontificato di papa Innocenzo IX e precisamente il 4 nov. 1591, venne riammesso, sempre come contralto, tra i cantori pontifici.
Il C. morì, non si sa dove, presumibilmente tra il 1605 e il 1614.
Notevole importanza hanno gli scritti teorici del C., come ad esempio: Breve et facile maniera d'essercitarsi ad ogni scolaro non solamente a far passaggi sopra tutte le note che si desidera per cantare, et fare la dispositione leggiadra, et in diversi modi nel loro valore con le cadenze, ma ancora per potere da sé senza maestri scrivere ogni opera et aria passeggiata che vorranno et come si notano. Et questo ancora serve per quei che sonano di viola, o d'altri istromenti da fiato per sciogliere la mano et la lingua et per diventar possessore delli soggetti et far altre inveintioni da sé fatte da G. L. Conforto, Roma 1593 (ristampato, in facsimile, a cura di J. Wolf, Berlin 1922). Di questo piccolo trattato di sole venti carte, definito "squisitamente barocco" dal Malipiero (p., 66), una copia è conservata presso la Biblioteca del Civico Museo bibliogr. musicale di Bologna (cfr. Gaspari).
Inoltre: Passaggi sopra tutti li salmi che ordinariamente canta Santa Chiesa, ne i vesperi della domenica, e ne i giorni festivi di tutto l'anno, con il basso sotto per sonare, e cantare con organo, o con altri stromenti.. libro primo, Venezia 1607 (presso Angelo Gardano & fratelli). Stampata qualche anno prima con il titolo Salmi passeggiati sopra tutti i toni... libro primo (Roma 1601, eredi di N. Mutii), una copia dell'edizione veneziana è conservata presso la Bibl. naz. Marciana di Venezia (cfr. Cat.).Raccolse inoltre un'antologia intitolata Psalmi, Motecta, Magnificat et Antiphona Salve Regina diversorum auctorum octo voc. concinenda, selecta a Io. Luca Conforti (Romae 1592, presso Coattino) nella quale sono comprese, tra l'altro, composizioni di autori come F. Anerio, R. Giovannelli, L. Marenzio, G. M. Nanino, G. Pierluigi da Palestrina, P. Quagliati e G. Asola, di cui è riportato un interessante mottetto a otto voci dal titolo "Vos amici mei estis".
Del C. è anche la canzonetta "Amara vita è quella" pubblicata in P. Quagliati, Canzonette, lib. 2, Roma 1588.
Il Giustiniani collocava il C. tra "gli eccellenti soprani", mentre il Della Valle lo ricordava come "gran cantore di gorge e di passaggi che andava alto alle stelle"; a sua volta il Bertolotti lo definì "uomo di garbo e pieno di modestia". Ma un importante giudizio intorno alle qualità artistiche del C. lo troviamo in un rapporto inviato nel 1586 alla corte di Mantova, riportato dal Canal e riferitoci successivamente anche dal Cametti.
Si tratta di una lettera inviata al duca Guglielmo dal protonotario Capilupi, che aveva avuto modo di ascoltare il C. durante diversi concerti in Roma, nella quale si affermava che il C. "canta di testa e fa contrappunti, e come si dice, di gorgia, che pare un rosignolo..., in camera ha il falsetto, il meglio che sia in Roma, e il contralto in cappella; canta in tutti gli strumenti e suol cantare di capriccio e di suo capo"..
Quest'ultimo aspetto del suo modo di cantare ci sembra degno di particolare attenzione. Il C. eccelse infatti nell'arte dell'improvvisazione; del resto, la conoscenza dell'improvisazione nel cantare era sancita, nelle stesse constitutiones, come requisito fondamentale per l'ammissione al coro papale.
Se le innovazioni apportate dal C. nel canto favorirono, indubbiamente, il passaggio dallo stile polifonico a quello solistico, è altresì certo che la sua tecnica della coloratura informò a lungo lo stile del canto della "scuola romana".
Con il C. torna in auge il virtuosismo ornamentale, mentre si rinnova la pratica del trillo, sconosciuta ai cantori del XV e XVI secolo. Nel breve ma interessante trattato sopracitato (Breve...) il C. dimostrò infatti di precorrere i tempi, anticipando Giulio Caccini che solo nel 1601 avrebbe accennato alla pratica del trillo nel repertorio vocale.
I secoli decimosesto e decimosettimo videro così il fiorire non solo del contrappunto "alla mente", ma anche e soprattutto della diminuzione: arte dell'"eleganter et suaviter cantandi", descritta per la prima volta da A. Petit-Coclicus (allievo di J. Des Préz) nel suo Compendium musices..., pubblicato a Norimberga nel 1552. Del resto è anche vero che questi, già nel 1447, stabilì i principi divergenti del "cantus supra librum", che è contrappunto improvvisato, e la composizione, per la quale coniò l'espressione "res facta" (cosa finita).
Il Fétis non sembra apprezzare le novità adottate dal C., definendo "ridicolo" l'inserimento del trillo nel canto da messa.
È da segnalare infine come né il Giustiniani, né il Della Valle, né il Bertolotti, né il Canal, citino nei loro scritti il cognome del C., che designarono, invece sempre come il "falsetto Giovanni Luca". Lo stesso Eitner commette l'errore di fare di una persona due, scambiando addirittura "Luca" per il nome di famiglia.
Il C. è infine ricordato da Andrea Adami da Bolsena alla carta 182 della sua opera Osservazioni per ben regolare il coro dei cantori della cappella pontificia..., Roma 1711 (cfr. C. Schmidl).
Fonti e Bibl.: G. Baini, Mem. Storico-critichedella vita e delle opere di G. Pierluigi da Palestrina, Roma 1828, I, p. 85 n.; II, p. 172 e n.; P. Canal, Della musica in Mantova, Venezia 1881, p. 46; A. Bertolotti, Musici alla corte dei Gonzaga inMantova dal sec. XV al XVIII, Milano 1890, p. 67; G. Gaspari, Catal. della Bibl. del Liceomusicale di Bologna, I, Bologna 1800, p. 205; M. Kuhn, Die Verzierungskunst in der Gesangsmusikdes 16. bis 17. Jahrhunderts, Leipzig 1902, p. 12; V. Giustiniani, Discorso sopra la musica de' suoitempi, in A. Solerti, Le origini del melodramma, Torino 1903, p. 110; P. Della Valle, Della musicadell'età nostra..., ibid., p. 162; R. Lach, Studienz. Entwicklungsgeschichte der ornamentalen Melopöie, Leipzig 1913, pp. 261, 410, 430; Catalogodelle opere musicali presso la Bibl. di S. Marcoin Venezia, Parma s.d., p. 206; A. Cametti, G.L.C. falsettista del Cinquecento, in Musica (Roma), 15 marzo 1918, p. 1; R. Casimiri, C. Merulo, in Note d'arch. per la storia music., VII(1931), 3, p. 214; Id., rec. a U. Rolandi, Musica e musicistiin Malta, ibid., X (1933), 2, p. 172; Id., SimoneVerovio, ibid., 3, p. 190; E. Ferand, Die Improvisation in der Musik, Zürich 1938, pp. 263, 268, 271, 364 s., 368, 436; G. Reese, Music in the Renaissance, London 1954, p. 412; G. F. Malipiero, Il filo d'Arianna, Torino 1966, pp. 66. 73; K.G. Fellerer, Gregoriano. fiamminghi e riforma nellamusica di Palestrina, in Nuova Riv. music. ital., I (1967), 2, p. 461; F. Testi, La musica ital. nelRinascimento, II, Busto Arsizio 1969, p. 492; E.H. Meyer, La musica strumentale "concertata", in Storia della musica di Oxford (L'età del Rinascimento, 1540-1630). IV, 2, Milano 1975, p. 593; W. Apel, La musica strumentale solistica, ibid., p. 752; Baker's Biogr. Dict. of Musicians, p. 312; M. Honegger, Dict. de la musique, I, Paris 1970, p.227; F.-J. Fétis, Biogr. univ. des musiciens, II, p. 348; R. Eitner, Quellen-Lexikon der Musiker, III, pp. 27 s.; VI, p. 234; C.Schmidl, Diz. universale dei musicisti, I, p. 363; Suppl., p. 208; Grove's Dict. of Music and Musicians, II, p. 406; H.Riemann, Musik- Lexikon, I, p. 333; Encicl. della Musica Ricordi, I, pp. 519 s.; La Musica. Diz., I, pp. 428 s.; Idem, Enc. storica, I, pp. 5, 721; II, pp. 751 s.; Die Musik in Gesch. und Gegenwart, II, coll. 1628 s.