MANFRÈ, Giovanni
Nacque a Venezia, in parrocchia dei Ss. Apostoli, il 21 maggio 1676. Il padre, Marco, esercitava la professione di chirurgo, mentre della madre è noto solo il nome, Cecilia. Compì probabilmente l'apprendistato da garzone presso la libreria Combi e La Nau di Venezia, dove nel 1698 era impiegato come commesso. Il 30 dicembre dello stesso anno fu emancipato dal padre, in modo da poter sottoscrivere contratti e accordi lavorativi autonomamente. Iniziò infatti nel gennaio successivo a curare la gestione di un magazzino di libri a Venezia per conto della Tipografia del Seminario di Padova.
Quest'ultima era stata fondata nel 1684 dal vescovo di Padova, il cardinale Gregorio Barbarigo, allo scopo di produrre le opere che occorrevano alla scuola del seminario, ma sin dal primo anno di attività aveva aumentato le proprie ambizioni. I suoi quattro torchi vennero utilizzati anche per conto terzi, ed essa divenne così la più importante tipografia della città e, per dimensioni, una delle più grandi dell'intero Stato veneto. La distribuzione commerciale delle opere impresse non era stata però organizzata adeguatamente, tanto che moltissime copie dei libri stampati rimasero invendute nei magazzini. Dopo la morte del Barbarigo, avvenuta nel 1697, il nuovo vescovo della città, il cardinale Giorgio Corner, decise di aprire a Venezia dal gennaio 1699 un magazzino-punto vendita dei libri impressi dalla Tipografia del Seminario padovano. L'attività venne affidata al M., la cui domanda di immatricolazione all'arte dei librai stampatori e legatori venne accettata il 16 marzo 1699.
Al termine di un anno di prova, in cui il giovane libraio ebbe modo di dimostrare intraprendenza commerciale e ottima conoscenza del mercato veneziano, venne stipulato un contratto tra le parti, con decorrenza dal 1 genn. 1700 e tacitamente rinnovato ogni cinque anni. Al posto del magazzino il M. aprì una libreria all'insegna "della Fenice risorta" - la stessa della Tipografia del Seminario di Padova - in Merceria al ponte dei Ferali, nelle vicinanze del campo di S. Salvador in contrada di S. Bortolomeo. Il suo ruolo fu prevalentemente quello di distributore delle impressioni del seminario, anche se erano sicuramente ascoltati dai responsabili della tipografia padovana i suoi consigli sui titoli più opportuni da stampare. Per la magistratura veneziana, invece, il M. figurò essere il vero finanziatore delle edizioni stampate, essendo questo un comodo espediente per permettere alle produzioni del seminario di Padova di porsi al riparo dal pericolo di ristampe di altri immatricolati all'arte. Si trattò quindi di una finzione formale, in quanto il M. non fu mai direttore della tipografia, bensì solo agente del seminario padovano; come tale gli venne accordata una percentuale del 20% sugli utili di vendita.
Egli introdusse per primo a Venezia il metodo del baratto o cambio di libri dello stesso valore tra confratelli dell'arte, per aumentare e rendere più vario l'assortimento dei libri vendibili dal proprio negozio. In un mercato povero di denaro contante e limitato nella circolazione, la pratica dello scambio, effettuato in seguito anche con altri librai italiani e stranieri, facilitava la diffusione all'estero dei libri della Tipografia del Seminario. In questo modo il libraio veneziano poteva inoltre garantire ai propri clienti una vasta offerta di opere provenienti da fuori Venezia, la cui vendita avveniva ovviamente a pronti contanti. Tale prassi, immediatamente adottata anche dai maggiori librai dell'arte, contribuì sicuramente a rilanciare la diffusione delle stampe veneziane sul mercato internazionale, vivacizzando rapidamente gli scambi e portando nel giro di un decennio a un sensibile aumento della produzione delle stamperie lagunari. Conseguenza immediata per la Tipografia del Seminario di Padova fu un notevole incremento delle vendite delle proprie opere, tale da portarla a essere una delle realtà commercialmente più floride nel mondo della produzione del libro dello Stato veneto del Settecento. Questa pratica presupponeva la creazione di una vasta rete di relazioni che vedeva, oltre a numerosi librai italiani - ma anche spagnoli, francesi e portoghesi -, eruditi del calibro del padovano I. Facciolati, del lucchese S. Paoli, del rodigino G. Oliva e di L.A. Muratori. Quest'ultimo fu non solo un ottimo cliente del M., ma assunse anche il ruolo di intermediario con gli stampatori modenesi Soliani e con i Malatesta di Milano, affinché il veneziano potesse acquistare le opere muratoriane da loro stampate.
Il M. si collocò subito tra i maggiori contribuenti della tassa versata dai librai e stampatori alla magistratura della milizia da Mar, divenendo già dal 1714 tra i più ricchi immatricolati. Nella sua bottega lavoravano nel 1720 due dipendenti e un garzone, mentre nel 1732 i dipendenti erano diventati tre; il suo negozio era allo stesso livello di quello del Pezzana e superato solo dal Baglioni, di gran lunga i due più facoltosi e influenti librai di Venezia. Parallelamente andava crescendo la considerazione goduta all'interno dell'arte, dove già nel capitolo generale del 3 apr. 1701 il M. venne eletto consigliere "de zonta e di rispeto", per divenire consigliere nel 1705, priore nel 1717 e sindaco nel 1719, 1730-32, 1734.
Dal 1735 circa, le sue condizioni di salute peggiorarono tanto che a partire dal 1738 fu di fatto sostituito nella conduzione dell'azienda da due suoi stipendiati, Bortolo Torni e Pietro Trois, mentre suo procuratore legale divenne il cugino Gaetano Manfrè. Tale situazione comportò alcuni anni di appannamento degli affari della ditta.
Il seminario di Padova ridusse la sua percentuale sugli utili al 14%, aggravandolo anche dello stipendio del direttore della tipografia. Inoltre la malattia rese debole la posizione del M. tra i matricolati, tanto che l'11 sett. 1742 i Riformatori dello Studio di Padova emanarono una terminazione che proibiva la stampa di libri liturgici al di fuori della città di Venezia, vietando quindi anche le impressioni effettuate dalla Tipografia del Seminario di Padova. Il M. fece scrivere al priore dell'arte, Angelo Pasinello, una supplica a suo nome, affinché gli fosse permesso di continuare la stampa di tali libri a Padova, come era sempre successo fino ad allora. Tale supplica venne però ritirata il 27 marzo dell'anno seguente, pochi mesi dopo la morte del M., in quanto il nuovo priore Giuseppe Bettinelli e la nuova giunta direttiva deliberarono, con una votazione di 7 a 5, che la richiesta era stata inoltrata senza il consenso preventivo degli organi direttivi dell'arte e quindi non doveva essere considerata valida. In questo modo la ditta del M. si trovò esclusa dal ricchissimo mercato del libro religioso, a tutto vantaggio degli altri stampatori lagunari.
Il M. morì a Venezia il 6 genn. 1743.
Nella proprietà della ditta gli successe il figlio Marcantonio, nato l'8 maggio 1723 da Anna Longo e abitante in calle dei Stagneri nella parrocchia di S. Salvador. Egli iniziò a occuparsi dell'azienda senza l'aiuto dei due dipendenti del padre solo a partire dal 1745, ma già l'anno precedente aveva rinnovato il contratto quale agente a Venezia della Tipografia del Seminario di Padova, portando al 15% al netto da spese la propria percentuale sugli utili, aumentata poi al 17% nel 1752. Quanto alla strategia commerciale proseguì la strada paterna, privilegiando il mercato con la Spagna e il Portogallo, oltre che con Napoli, Palermo e, in misura minore, Torino e Ginevra. Ancor più del padre aumentò costantemente il volume delle vendite, almeno fino al 1759, quando la grave crisi dell'editoria che investì le aziende veneziane ne rallentò leggermente i fatturati annuali. Nonostante questo, all'interno del seminario padovano non fu risparmiato da ingenerose critiche di scarsa perizia e di eccessiva ricerca del proprio interesse che, pur non comportando immediati provvedimenti a suo carico, iniziarono a minare il rapporto di fiducia instaurato fino ad allora.
Sempre a seguito del difficile clima economico venutosi a creare, all'inizio degli anni Sessanta l'arte si divise in due fazioni contrapposte e Marcantonio si ritrovò schierato con i cosiddetti "vecchi", tra i quali i Baglioni, i Pezzana, Simone Occhi, Tommaso Bettinelli, contro Giambattista Remondini, Antonio Zatta e i matricolati più poveri. Nell'ambito di tali controversie, nel 1766 egli elevò una forte protesta verso il provvedimento preso il 6 febbr. 1765 in favore degli stampatori più poveri di Venezia, che assegnava loro il monopolio della produzione dei libri di basso costo. L'interesse del M. era evidente, perché in questa categoria rientravano anche i testi scolastici, da sempre principale fonte di guadagno per la Tipografia del Seminario di Padova.
Anche Marcantonio, come il padre, ricoprì negli anni numerose cariche all'interno dell'arte: già nel 1745 fu eletto consigliere "di zonta", poi consigliere negli anni 1754-55, 1772, conservatore alle parti nel 1766-68, sindaco nel 1776-78 e infine priore nel biennio 1779-80. Fu Marcantonio ad avviare la pubblicazione della ristampa padovana dell'Encylopédie méthodique, l'opera di maggior impegno editoriale di tutta la storia della Tipografia del Seminario, iniziata nel 1783, correttamente pronosticando che sarebbe stata un successo di vendite negli anni a venire. Poco dopo, però, il rapporto tra le due parti si interruppe; nei primi mesi del 1785 Marcantonio e il seminario di Padova giunsero infatti a un accordo per lo scioglimento consensuale del contratto che aveva legato per oltre 85 anni la famiglia Manfrè con la più grande delle tipografie padovane.
Morì a Venezia il 5 ott. 1793 e venne sepolto a S. Giacomo dell'Orio.
Fonti e Bibl.: Padova, Arch. del Seminario vescovile, bb. 257-258; Arch. di Stato di Venezia, Arch. notarili, Notai di Venezia, Atti, b. 3718; Arti, b. 164, Atti, VII-VIII; Provveditori, Sopraprovveditori e Collegio alle Pompe, b. 13; Riformatori dello Studio di Padova, b. 364, Stampa Pezzana: G. Gozzi, Scrittura di librai agli Eccellentissimi Riformatori, 30 marzo 1764; Provveditori e Sopraprovveditori alla Sanità, b. 980, Necrologio 1793, p. 282; Venezia, Arch. storico del Patriarcato, Parrocchia di Ss. XII Apostoli, Registro dei battesimi, reg. 8, c. 21r; Ibid., Arch. della Parrocchia di S. Salvador, Parrocchia di S. Salvador, Registri dei battesimi, reg. 10, p. 236; Registri dei morti, reg. 16, p. 117; Ibid., Bibl. Querini Stampalia, Mss., cl. IV, 607, b. 260 (I): M. Manfrè, Allegazione; b. 260 (III): G. Gozzi, Parere sopra l'allegazione dello stampatore Manfrè; Modena, Bibl. Estense e universitaria, Archivio Muratori, filza 70, f. 15, carteggio Manfrè-Muratori; G. Sorgato, Della Stamperia del Seminario di Padova, Padova 1843, pp. 11-19; G.B. Salvioni, L'arte della stampa nel Veneto, in Giornale degli economisti, IV (1877), pp. 191-212, 216-285; M. Berengo, La crisi della stampa veneziana alla fine del XVIII secolo, in Studi in onore di A. Sapori, Milano 1957, pp. 1321-1338; M.L. Spanio, Due protagonisti del commercio librario del XVIII secolo, amici del Muratori: G. e Marcantonio Manfrè, in L.A. Muratori e la cultura contemporanea. Atti del Convegno, Modena, 1972, Firenze 1975, pp. 167-178; M. Infelise, L'editoria veneziana nel '700, Milano 1989, pp. 13 s., 21-27, 34-36, 143-145, 172-176, 247 s., 271, 277 s., 290 s., 316-328, 360-367 e passim; F. Montecuccoli degli Erri, Venezia 1745-1750. Case (e botteghe) di pittori, mercanti di quadri, incisori, scultori, architetti, musicisti, librai, stampatori ed altri personaggi veneziani, in Ateneo veneto, n.s., XXXVI (1998), p. 107; M. Callegari, Dal torchio del tipografo al banco del libraio. Stampatori, editori e librai a Padova dal XV al XVIII secolo, Padova 2002, pp. 86-90, 151.