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MARCHETTI, Giovanni

di Fabio Zavalloni - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 69 (2007)
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MARCHETTI (Marchetti degli Angelini), Giovanni

Fabio Zavalloni

Nacque a Senigallia il 26 ag. 1790 da Marco, discendente da una nobile famiglia di origine bergamasca, e dalla nobile bolognese Maria Caterina Marescotti. All'età di undici anni entrò nel collegio dei nobili di Parma, diretto dai padri ex gesuiti, dove studiò grammatica e retorica. Trasferitosi a Roma (1806), approfondì le cognizioni filosofiche presso il collegio Nazareno. Rimasto orfano del padre, nel 1808 raggiunse la madre a Bologna, dove perfezionò gli studi nelle materie letterarie e conobbe P. Giordani, P. Costa e G.G. Mezzofanti. Alla fine del 1810, A. Aldini, segretario di Stato del Regno d'Italia residente a Parigi, offrì al M. un incarico nel proprio gabinetto. In viaggio verso Parigi, il M. si fermò brevemente a Milano, dove conobbe V. Monti (al quale era stato presentato, tramite lettera, da Giordani). Durante il soggiorno parigino frequentò assiduamente molti degli uomini, italiani e stranieri, più illustri nei diversi campi del sapere.

Caduto il Regno d'Italia (1814), il M. fece ritorno a Bologna, dove si stabilì definitivamente insieme con la moglie Ippolita Covelli, sposata nel 1812. La quiete dell'ambiente familiare e la sostanziale lontananza da incombenze di natura civile e politica gli permisero di dedicarsi completamente alla letteratura. Fra il 1819 e il 1825 conobbe G.G. Byron, G. Leopardi e C. Troya divenendo in quel frangente (insieme con personaggi quali G. Perticari, S. Betti, C. Ferri, F. Cassi) esponente di spicco della scuola poetica romagnola, caratterizzata dalla fedeltà a quel "neoclassicismo di matrice arcadica che ha nel Monti un preciso punto di riferimento" (Baldoncini, p. 47). La produzione poetica del M. si compone essenzialmente di canzoni, odi e sonetti, ma fu la canzone ad attrarlo particolarmente: fedele alla lezione di F. Petrarca quanto alla forma, ne rinnovò i contenuti, preferendo all'amore le virtù civili, le gesta magnanime, la riflessione filosofica.

Raccolte in un volume edito a Bologna nel 1828, le canzoni più significative furono In morte della contessa Francesca Sauli di Forlì, Al sepolcro del Petrarca in Arquà, Per la morte di E.Q. Visconti. Le odi del M. furono invece caratterizzate da "un più largo afflato lirico […] da uno snodarsi meno impacciato della strofa e del verso […] e da una vigoria di espressione che al sentimento dà vita e calore" (Grilli, p. 238). Spiccano tra di esse senz'altro: Sul traffico dei negri (1829), antesignana delle Poesie sulla schiavitù di H.W. Longfellow e del capolavoro antischiavista La capanna dello zio Tom di H. Beecher Stowe, e Per Napoleone Francesco vicino a morte (1832), nella quale il M., già sostenitore di Napoleone I, piange il destino toccato al figlio del defunto imperatore. Meno pregevole, ma rilevante per l'invettiva antiromantica in essa contenuta, è l'Ode a Giuditta Pasta (1824). Il M. fu anche buon traduttore: nel 1823 apparve a Bologna un volume contenente le odi di Anacreonte, tradotte da lui e da Costa. Nel 1838, per la Biblioteca Italiana, il M. volgarizzò alcune odi di Orazio.

Il più noto componimento poetico del M. è comunque la cantica di quattro canti in terza rima Una notte di Dante (Firenze 1838). Basandosi su un'antica leggenda, il poeta racconta la notte trascorsa da Dante Alighieri il 2 maggio 1318 presso il convento camaldolese di S. Croce di Fonte Avellana, sotto il monte Catria (presso Gubbio), il suo colloquio con il priore (uno degli Angiolini da Brivio, antenato quindi del M.) e con Castruccio Castracani, capitano del Popolo di Lucca, sul misero stato dell'Italia e sulla speranza di riscatto che, ammonisce un profetico eremita, non avverrà che molti secoli più tardi. Nel testo affiorano le concessioni del M. al romanticismo, altrove fieramente combattuto.

Appassionato studioso di Dante, il M. collaborò con P. Costa al Commento alla Divina Commedia (Bologna 1819), al quale premise il discorso Della prima e principale allegoria del poema di Dante, in cui rileggeva la Commedia secondo un'inclinazione essenzialmente biografico-politica. L'interpretazione del M. fu accolta favorevolmente, tra gli altri, da Byron, da Giordani, da Troya, da U. Foscolo e da C. Balbo. Del 1824, quale prefazione all'edizione napoletana delle Opere di Giordani, è invece il Cenno intorno allo stato presente della letteratura in Italia, nel quale il M. esaltava l'opera di rinnovamento compiuta da G. Gozzi, G. Parini e V. Alfieri, continuata da Monti e, soprattutto, da Giordani. Positivamente veniva giudicato il lavoro, fra gli altri, di C. Botta, P. Farini e G. Leopardi. Nemmeno un cenno era per contro destinato ad A. Manzoni, T. Grossi, G. Berchet, S. Pellico: il M. non era dunque disposto a riconoscere dignità letteraria alla scuola romantica, pur non riuscendo a tenersi sempre distante dai suoi moduli.

Dalla quiete degli studi il M. fu distolto una prima volta nel febbraio 1831, quando entrò per pochissimi giorni nel governo provvisorio di Bologna. Nell'estate successiva si recò a Roma, insieme con i delegati ravennati e forlivesi, in qualità di "corriere straordinario" della provincia di Bologna, per chiedere al governo pontificio che le truppe papali non si dirigessero da Rimini verso altre province emiliane e, soprattutto, che fosse sospeso il decreto del 5 luglio 1831 (che dettava norme sull'ordinamento dei municipi e dei consigli provinciali), fintantoché le singole province non si fossero pronunciate sulle riforme amministrative veramente necessarie. Pur non del tutto persuaso della opportunità della missione, durante i colloqui, peraltro infruttuosi, intercorsi con il cardinale T. Bernetti, segretario di Stato di papa Gregorio XVI, il M. si attenne lealmente al mandato ricevuto.

Fin dagli anni di studio trascorsi a Roma il M. aveva intrattenuto rapporti di grande amicizia con G.M. Mastai Ferretti, futuro Pio IX, il quale nel 1811 aveva persino sollecitato i buoni uffici del M., allora a Parigi, per ottenere un modesto impiego nel porto di Senigallia. Il M. accolse così con comprensibile entusiasmo l'elevazione del vecchio amico al soglio pontificio (giugno 1846), nella quale scorse, come traspare chiaramente da una lettera indirizzata a C.E. Muzzarelli, la speranza di un prossimo riscatto della nazione italiana. D'altro canto, la sostanziale vicinanza del M. allo schieramento liberale moderato era stata sancita dalla firma apposta - insieme con M. Minghetti, C. Berti Pichat, C. Pepoli - alla petizione inviata dalla città di Bologna al conclave chiamato a eleggere il successore di Gregorio XVI. All'inizio del 1847 il M. fu a Roma, dove, nella sala grande del Campidoglio, fu eseguita una sua Cantata in onore di Pio IX musicata da G. Rossini. Nel dicembre 1847 divenne membro della Consulta di Stato e, il 4 maggio 1848, ottenne, nel gabinetto formato da T. Mamiani Della Rovere, il ministero per gli Affari esteri secolari (nato dallo smembramento della segreteria di Stato, preteso da Mamiani nonostante la durissima opposizione di Pio IX). Durante la breve esperienza ministeriale, terminata il 31 luglio 1848, il M. vide incrinarsi il rapporto di amicizia con il pontefice, che non volle mai considerarlo il ministro degli Esteri. Sebbene non avesse neppure una sede stabile e personale subalterno e non riuscisse a ottenere obbedienza dai nunzi apostolici delle varie città europee, il M., attivamente coadiuvato da Mamiani, lavorò instancabilmente alla creazione di una solida alleanza fra lo Stato pontificio, la Toscana e il Regno di Sardegna, capace, come affermò in una lettera a L. Pareto, ministro degli Esteri sardo, "di proclamare in faccia all'Europa officiale e diplomatica che l'Italia esiste, ed esiste come nazione" (Piccinini, p. 16).

Sul finire del giugno 1848, il M., che il 30 maggio precedente era stato anche eletto deputato alla Camera bassa pontificia per il collegio di Senigallia, sottopose a Pareto una bozza di accordo articolata in quattro punti, che non dispiacque neppure ai diplomatici toscani. La sorda ostilità di Pio IX e l'atteggiamento sospettoso manifestato dalla diplomazia francese impedirono però che la trattativa, benché bene avviata, andasse in porto.

Stanco e deluso, il M. rimase a Roma fino alla fuga del papa a Gaeta. Ritiratosi definitivamente a Bologna, riprese i suoi studi e, memore della giovinezza trascorsa all'ombra di Napoleone I, nel 1849 compose un sonetto in onore del nipote Carlo Luigi Napoleone, eletto presidente della Repubblica francese il 20 dic. 1848.

Il M. morì il 28 marzo 1852 a Bologna, e fu sepolto nella certosa di quella città.

La prima edizione delle opere del M. fu pubblicata a Napoli nel 1839. Postume apparvero invece le raccolte Per Giovanni Marchetti: pagine monumentali, a cura di A. Garelli (Bologna 1853) e Poesie di Giovanni Marchetti…, a cura di A. Borgognoni (Firenze 1878).

Fonti e Bibl.: Epistolario di Pietro Giordani, a cura di A. Gussalli, II-IV, VII, Milano 1854-55, ad indices (37 lettere indirizzate al M. nel periodo marzo 1811 - maggio 1848); Alcune lettere del conte G. Marchetti all'avvocato Pietro Brighenti, a cura di G. Silingardi, s.l. né d. [forse 1889]; G. Castelli, G. M. e Luigi Mercantini a Senigallia: documenti inediti, Senigallia 1890; Epistolario di L.C. Farini, a cura di L. Rava, II, Bologna 1911, pp. 318, 337, 343 s.; Epistolario di G. Leopardi, a cura di F. Moroncini, II (1820-23), Firenze 1935, pp. 67, 70; G. Spada, Storia della rivoluzione di Roma…, II, Firenze 1869, pp. 342 s., 360-362; L. Mancini, Spigolature marchettiane, Sinigaglia 1904; R. Barbiera, I poeti italiani del sec. XIX. Antologia…, Milano 1912, pp. 441-443; L. Grilli, Di G. M. e dell'opera sua, in Nuova Antologia, 1° dic. 1925, pp. 232-243; C. Spellanzon, Storia del Risorgimento e dell'Unità d'Italia, V, Dall'armistizio Salasco alla fuga del papa…, Milano 1950, pp. 55-135 passim; La diplomazia del Regno di Sardegna durante la prima guerra d'indipendenza, II, Relazioni con lo Stato pontificio (marzo 1848 - luglio 1849), a cura di C. Baudi di Vesme, Torino 1951, pp. 151 s.; G. Natali, G. M. ministro di Pio IX, poeta e dantista, in Siculorum Gymnasium, VI (1953), pp. 59-75; G. Mazzoni, Storia letteraria d'Italia. L'Ottocento, parte I, Milano 1953, pp. 420-424; G. Chiapparini, Figure del nostro Risorgimento: G. M., in La Pié, XXIX (1960), pp. 157 s.; G. Monti Guarnieri, Annali di Senigallia, Ancona 1961, ad ind.; G. Martina, Pio IX (1846-1850), Roma 1974, pp. 265-285 passim; A. Polverari, Vita di Pio IX, I, Città del Vaticano 1986, pp. 7, 36 s., 47; S. Baldoncini, Marche. Letteratura delle regioni d'Italia. Storia e testi, Brescia 1988, pp. 47 s.; L.C. Farini, Lo Stato romano dall'anno 1815 al 1850, a cura di A. Patuelli, Roma 1992, pp. 277, 295, 316; G. Piccinini, G. M. ministro degli Esteri nel gabinetto Mamiani, in Rass. stor. del Risorgimento, LXXIX (1992), pp. 11-22; F. Foschi, Storia e cultura nell'ambiente leopardiano del primo Ottocento, in Microcosmi leopardiani. Biografie, cultura, società, a cura di A. Luzi, I, Fossombrone 2001, pp. 6, 33; G. Dimarti, Giacomo Leopardi e Fermo, ibid., pp. 92 s., 114, 121; U. Renda - P. Operti, Diz. stor. della letteratura italiana (UTET), Torino 1951, s.v.; E.M. Fusco, Scrittori e idee. Diz. critico della letteratura italiana, Torino 1956, s.v.; G.M. Claudi - L. Catri, Diz. storico-biografico dei marchigiani, II, Ancona 1993, s.v.; Enc. dantesca, XI, s.v. (C.F. Goffis).

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