MARCHINI, Giovanni
Nacque a Forlì il 3 dic. 1877 da Michele e da Clementa Manoni. Nel 1890 la famiglia, di umili condizioni, si trasferì a Buenos Aires, dove il giovane M. ricevette i primi rudimenti di disegno da un pittore locale, di cui non è noto il nome, che per primo incoraggiò la famiglia a rientrare in Italia per farlo studiare presso un'accademia di belle arti. Nel 1896 i Marchini poterono tornare in patria grazie a una vincita di denaro a una lotteria e si stabilirono a Fiesole. Il M. si iscrisse allora al Regio Istituto di belle arti di Firenze dove ebbe come insegnante, tra gli altri, G. Fattori, con il quale stabilì un rapporto duraturo - documentato dalle lettere che i due si scambiarono fino al 1907 (Collezione eredi Marchini) - destinato a influenzare in modo permanente il linguaggio artistico dell'allievo.
Al periodo fiorentino seguì il soggiorno di un anno a Venezia, dove il M. frequentò la Scuola libera del nudo. Tornato a Forlì con la famiglia, ottenne un sussidio dal Comune che gli permise di iscriversi all'Accademia di belle arti di Roma.
Di quegli anni - dal 1896 al 1904 - rimangono diversi disegni e schizzi che attestano l'immediatezza compositiva e la predilezione per la vita quotidiana degli umili, tipiche della poetica matura del Marchini. Fu in particolare durante il soggiorno romano che la sua pittura si arricchì di note simboliste e divisioniste coniugate a un appassionato studio realistico della vita rurale e in particolare di quella degli animali al pascolo.
A quel periodo risale l'opera Il cavallo narratore, ispirata all'omonimo racconto di L. Tolstoj (1901; collezione privata, come molte altre opere del M. riprodotte, ove non diversamente indicato, in G. M. 1877-1946, 1996), tela di grandi dimensioni che conferma la vicinanza del M. al divisionismo e che, presentata al concorso Mylius a Milano nel 1903, gli valse notorietà e grande favore da parte della critica e del pubblico, nonché il plauso di Tolstoj, al quale il M. aveva inviato una foto del dipinto.
Il tema del rapporto tra uomo e animali fu trattato dal M. con singolare interesse e lirismo durante tutto il suo percorso artistico, come dimostrano opere quali La morte del pastore (1906: Forlì, Pinacoteca civica, presso la quale è conservato un cospicuo numero di sue opere), Mala Pasqua (1916, acquistato dall'industriale laniero e senatore Giovanni Rossi di Schio), Le salmerie (1930) e La stalla (1935).
Nel giugno del 1904, insieme con i colleghi Antonio Ghisu e Cesare Averardi, partì a piedi da Roma alla volta di Napoli dove entrò in contatto con la celebre scuola pittorica locale di formazione morelliana e dove ebbe modo di apprezzare le opere della Scuola di Posillipo.
Alcuni mesi più tardi il M. rientrò definitivamente a Forlì, dove continuò a dedicarsi alla pittura privilegiando un repertorio figurativo ispirato al paesaggio e a temi sociali, non immune da influenze veriste e simboliste (Sciagura in mare, 1909). Inoltre, fin dai primi anni Dieci, affiancò con successo l'attività di decoratore alla realizzazione di quadri a olio.
Nel 1910-11 decorò ad affresco palazzo Paganelli Rivalta a Terra del Sole, presso Forlì, dove dipinse eleganti motivi floreali e ariosi paesaggi. Nel 1913 affrescò la cappella dedicata a S. Antonio da Padova nella chiesa di S. Francesco a Forlì, opera irrimediabilmente danneggiata dai bombardamenti della seconda guerra mondiale.
Gli affreschi di quegli anni, in particolare quelli di palazzo Paganelli Rivalta, pur caratterizzati da evidenti richiami alle poetiche verista e simbolista, rivelano un progressivo affrancamento stilistico dall'arte dell'Ottocento in favore di un'essenzialità compositiva di marca novecentesca che connoterà la sua successiva pittura.
Durante la prima guerra mondiale il M. partì volontario. Destinato in Cadore, fissò le immagini e le esperienze di quegli anni in schizzi, disegni e dipinti a olio di piccole dimensioni (La sosta, 1917; Cadore, 1918), caratterizzati da precisione e scioltezza esecutive.
Dopo il ritorno a Forlì nel 1918, riprese la sua attività di pittore di cavalletto (Sentinella, 1919: Forlì, Pinacoteca civica) e di decoratore. Al 1920 risalgono gli affreschi di villa Masini a San Pietro in Vincoli (Ravenna).
Ancora nel 1920 fondò a Forlì il Cenacolo artistico che fino al 1928, anno in cui si sciolse, costituì un importante centro di aggregazione degli artisti locali, fu luogo di discussioni e lavoro, nonché sede espositiva dove, nel 1922, fu ospitata con successo la Mostra autunnale d'arte.
Nel 1923 sposò Vittoria Benatti, giovane pittrice diplomata all'Accademia di Brera, che gli diede due figli.
A quel periodo risale l'esecuzione di raffinati ritratti come Donna con piccioni e Autoritratto col cane (entrambi del 1922 e conservati presso la Pinacoteca civica di Forlì), di paesaggi e serene scene di vita quotidiana, a volte riferiti alla sua esperienza personale (Il mio viaggio estivo e Sul terrazzo, entrambi del 1929). Sue opere di quegli anni furono inoltre presentate in importanti esposizioni nazionali come la Permanente di Milano del 1922 e la Biennale romana del 1925.
La sua fama di decoratore gli valse commissioni non solo in Romagna: nel 1928 affrescò villa Dettoni a San Pietro in Cariano (Verona) e nel 1931 eseguì affreschi nella cattedrale di Senigallia. Al periodo trascorso nella città marchigiana risalgono anche quadri a soggetto marino e il Mercato di Senigallia.
Nel 1932 decorò con figurazioni allegoriche perdute, e di cui restano solo poche fotografie (La città progettata), le sale della Direzione e del Consiglio del palazzo delle Poste di Forlì. Nel 1939 eseguì un vasto ciclo di decorazioni pittoriche raffiguranti soggetti sacri e scene di vita infantile per il reparto dei bambini e per le due cappelle del centro sanatoriale di Forlì (oggi ospedale civile) progettato da Cesare Valle.
Ad eccezione di due imponenti tele - che testimoniano l'evoluzione del M. verso un gusto ispirato all'essenzialità geometrica e cromatica dei primitivi - a tutt'oggi conservate in una delle due cappelle dell'ex sanatorio, di queste opere si sono perdute le tracce nel dopoguerra e ne restano solo alcune fotografie (I beni della salute).
Le opere degli anni Quaranta sono caratterizzate da un incupimento cromatico e dalla scelta di temi drammatici probabilmente a seguito della malattia cardiaca che lo aveva colpito nel 1939 e delle vicende belliche (Dove è passata la guerra, 1944).
Il M. morì a Forlì il 18 febbr. 1946.
Artista assai versatile, saltuariamente si dedicò alla xilografia e soprattutto alla produzione plastica, come documentano un medaglione-ritratto di B. Mussolini e due opere conservate nella Pinacoteca civica di Forlì: Superstiti, terracotta ispirata alla tragedia del terremoto di Messina del 1908, e un busto raffigurante Giordano Bruno (1906-07).
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