BERTINI, Giovanni Maria
Nacque a Pancalieri (Torino) il 3 ag. 1818, da Giovanni Battista, agiato proprietario, e da Rosa Ruscazio. Intorno al 1827 si trasferì con la famiglia a Carmagnola, ove intraprese gli studi di retorica. A quattordici anni iniziò privatamente lo studio del greco, impadronendosi tanto della lingua e della cultura elleniche da diventare in seguito uno dei più valenti grecisti italiani del suo tempo. Nel collegio di Carmagnola il B. seguì, quindi, gli studi, filosofici, ascoltando le lezioni del rosminiano G. A. Rayneri.
Vinto il concorso del Collegio delle province nel 1835, si recò a Torino per intraprendere gli studi universitari alla facoltà di lettere, e prese a frequentare gli amici del Gioberti. Conseguita la laurea a ventun anni non ancora compiuti, il B. strinse amicizia con il filosofo e grecista L. Ornato, seguace delle dottrine di Jacobi.
Le idee dell'Ornato esercitarono una influenza profonda, preponderante nella formazione filosofica del Bertini. Dall'Ornato derivò, oltre che l'avviamento allo studio della filosofia greca, quell'orientamento ideale verso il platonismo e la speculazione di Jacobi che rimase una costante del suo pensiero.
Inviato nel 1840 ad insegnare retorica in quello stesso collegio di Carmagnola del quale era stato allievo, il B. vi rimase fino a tutto il 1845. Gli erano colleghi G. A. Rayneri, D. Berti, G. Carena. Nel 1846 sostenne nell'università di Torino l'esame di aggregazione che gli fu concessa all'unanimità; le due memorie che aveva presentate sui misteri eleusini e sul Gorgia di Platone - furono stampate a cura e a spese dell'università.
Nel 1847 il B. fa chiamato alla cattedra di storia della filosofia nell'università di Torino, appena istituita: il 10 novembre teneva una apprezzata prolusione su La filosofia e la sua storia.
In quel periodo si manifestarono anche gli interessi politici del B., che fu eletto deputato nel collegio di Carmagnola per la II legislatura; staccatosi ben presto dagli ideali neoguelfi che aveva in un primo tempo abbracciati, durante la discussione del progetto d'indirizzo in risposta al discorso della corona, accennando alla questione romana, si pronunciò contro Cesare Balbo, il quale aveva difeso il potere temporale dei papi (Atti del Parlamento Subalpino, a cura di P. Trompeo, Camera dei Deputati, II legislatura, 1a sessione del 1849, Torino 1860, pp. 266-267). Gli elettori di Carmagnola, non approvando quell'intervento, non gli rinnovarono il mandato. Degna di menzione è pure la partecipazione del B., insieme col Rayneri e col Fava, alla formulazione della legge organica sulla pubblica istruzione del 4 ott. 1848, sancita da Carlo Alberto durante le vicende della prima guerra d'indipendenza, che costituì il primo importante documento di legislazione in cui trovò sbocco il movimento pedagogico del Risorgimento.
Il B. fu membro della Società d'istruzione e di educazione, fondata nel marzo del 1849, che esercitò in Piemonte larga azione soprattutto per mezzo del Giornale d'istruzione e di educazione e dei congressi annuali.
Il contributo dato dal B. al dibattito è degno di rilievo per l'interesse di talune tesi enunciate e per lo spirito che ne era a fondamento. Egli confidò sempre - lo testimoniano tutti i suoi scritti sulla scuola dal 1848 al 1876 raccolti ad opera del nipote C. L. Bertini in un volume postumo Per la riforma delle scuole medie (Torino 1889) - nella rigenerazione del carattere degli Italiani, e di conseguenza nella formazione dell'Italia futura attraverso l'istruzione pubblica adeguatamente organizzata. Sulla dibattuta questione relativa alla libertà dell'insegnamen o, la sua tesi concordava con quella di Gioberti) e cioè che, se l'educazione domestica può formare l'uomo privato, l'educazione civile è la sola che possa formare il cittadino. Libertà d'insegnamento, dunque, ma limitata dal diritto dello Stato di pretendere che i giovani siano educati in modo che diventino buoni cittadini. Circa l'insegnamento della religione nelle scuole pubbliche, il B. difese la necessità di sostituire all'insegnamento catechistico un insegnamento etico-religioso, fondato su una scelta di brani biblici ed evangelici, mentre sostenne che la filosofia dovesse costituire il coronamento dell'istruzione religiosa, al fine di rendere i giovani consapevoli della Ragione infinita che governa il mondo e della quale l'anima umana è partecipe.
Nel 1850 uscì l'Idea di una filosofia della vita (Torino), che contiene anche il Saggio storico sui primordi della filosofia greca. L'opera, considerata la più sistematica del B., ebbe immediata risonanza: costituisce, insieme con la prolusione del 1847 su La filosofia e la sua storia, il documento di quella fase del pensiero del B. che fu caratterizzata dall'adesione al "teismo mistico".
L'opera era intesa a combattere lo scetticismo nel quale inevitabilmente precipitava, secondo il B., chiunque non seguisse la via della ricostruzione del teismo cristiano e non assumesse come indubitabili le idee di Dio, della libertà e dell'immortalità dell'anima. Di tali idee, d'altra parte, era compito dei filosofo - sosteneva il B. - dare una giustificazione razionale, dimostrando la "convenienza" delle credenze religiose con la verità. Il riconoscimento della verità dei dogmi doveva costituire il momento finale della ricerca filosofica. Ne sarebbe derivato il formarsi di una "filosofia della vita", capace di vincere il dubbio.
Alla confutazione dell'opera del B., Ausomo Franchi (pseudonimo di Cristoforo Bonavino) dedicò La filosofia delle scuole italiane. Lettere al Prof. G. M. Bertini, Capolago 1852, e il Rosmini, che vi era chiamato in causa come uno dei rappresentanti italiani della filosofia critica, la maggior parte (pp. VXXVIII) del Preliminare alle opere ideologiche, premesso all'edizione del 1875 del Nuovo saggio sull'origine delle idee.
Il 17 dic. 1851 il B. fu nominato membro straordinario del consiglio superiore della Pubblica Istruzione e nel 1852 membro ordinario del consiglio generale per le scuole elementari. Dal 1854 fu membro della R. Accademia delle scienze di Torino, dove lesse il 21 dicembre di quell'anno la memoria Considerazioni sulla dottrina di Socrate (Mem. della R. Acc. delle scienze di Torino, XVI [1857], pp. 1135),con la quale ha inizio un nuovo corso del suo pensiero.
Socrate gli apparve l'ideale del filosofo che considera la filosofia come scienza, come indagine razionale, come tale da condurre alla vera virtù, la quale altro non è che amore del sapere e della verità per se stessa. L'esigenza razionalistica nel B. tendeva ad accentuarsi; il problema del contrasto tra fede e ragione, presente anche nella fase del "teismo mistico", diveniva più vivo, mentre si andava delineando sempre più chiaramente una soluzione favorevole a considerare affatto preminente rispetto alla verità dei dogmi la verità razionale.
Il 3 genn. 1858 il B. fu nominato membro ordinario del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione. Durante la sua permanenza in tale carica gli fu affidato il compito, nel 1864,nel quadro della inchiesta sulla scuola in Italia voluta. dal ministro, G. Natoli, di compilare una relazione sullo stato generale dell'istruzione secondaria e di suggerime una possibile riforma. Egli propose l'istituzione di una scuola media unica, senza latino, al fine di ritardare per i giovani l'epoca della scelta tra una carriera universitaria e una professionale (Talamo, pp. 290-325)
Del 1858 è la memoria Schiarimenti sulla dottrina cartesiana (Mem. della R. Acc. delle scienze di Torino, XVIII [1859], pp. 153-171), in cui il B. sosteneva che la propedeutica filosofica di Cartesio (dubbio metodico riguardo a tutto il sapere antecedentemente appreso e fede provvisoria in alcune verità) è propria non soltanto della filosofia, ma di tutte le scienze. Il 14 giugno 1860 il B. presentò all'Accademia torinese tre dialoghi intitolati Il nuovo Eutifrone, pubbl. con il titolo La questione religiosa (Torino 1861).
L'opera è significativa perché documenta il, distacco del B. dall'ortodossia cattolica: in essa affermava che l'ortodossismo, cioè la rinuncia all'assoluta veracità per la salvezza dell'anima, è immorale; che la Chiesa è fatalmente intollerante; che nel temporalismo si mostrano le conseguenze immorali dell'ortodossismo. Alla progressiva, sempre più accentuata adesione ad una concezione razionalistica della filosofia corrispose in lui un atteggiamento sempre più critico nei confronti del cattolicesimo.
Agli anni 1865-66 appartiene la memoria Storia critica delle prove metafisiche di una realtà sovrasensibile, letta all'Accademia delle Scienze di Torino il 29 maggio 1865, il 25 febbraio e il 13 maggio 1866 (la prima parte è nei Sunti dei lavori scientifici letti e discussi nella classe di scienze morali, storiche e filologiche della R. Acc. delle scienze di Torino, scritti da G. Gorresio, segretario perpetuo della classe, Torino 1868, e la seconda e la terza parte negli Atti della R. Accademia delle scienze di Torino, I[1865-66], pp. 352-62, 613-661).
Si tratta di uno scritto importante, forse il più significativo - certamente il più sistematico - dopo l'Idea di una filosofia della vita. In esso il B. esponeva i caratteri del "teismo filosofico", che si rivela ispirato al monadismo leibniziano. Mentre il "teismo mistico" considerava la vita divina come indipendente da ogni altra realtà e spiegava il rapporto tra l'infinito e il finito mediante la creazione, il "teismo filosofic" considerava la vita divina come consistente nella conoscenza che Dio ha dell'infinita molteplicità delle cose e come comprendente nella sua intelligenza una pluralità infinita di enti o monadi esistenti ab aeterno e necessariamente.
Nel 1869 usciva La filosofia greca prima di Socrate (Torino), rifacimento del Saggio storico sui primordi della filosofia greca pubblicato nel 1850 con l'Idea di una filosofia della vita, che doveva costituire - tale era l'intenzione del B. - il primo volume di una storia della filosofia in Europa. Il 9 genn. 1870 leggeva all'Accademia delle Scienze di Torino gli Schiarimenti sulla controversia tra lo spiritualismo e il materialismo (vedi in Scritti filosofici, a cura di M. F. Sciacca, Milano 1942, pp. 185-193): l'atteggiamento del B, nei confronti del materialismo si rivela decisamente critico.
Nel 1870 uscivano sulla Filosofia delle scuole italiane la rivista fondata da T. Mamiani, della quale il B. fu collaboratore, quattro Lettere sulla religione (I, 1 [1870], pp. 340-352 e 352-388; I, 2 [1870], pp. 108-145 e 293-315): in esse egli dichiarava anticristiani i papi e i prelati, rivelando come fosse ormai definitivo il suo distacco dal cattolicesimo.
è quindi degna di menzione la prolusione al corso dell'anno 1871-72 Sulla filosofia moderna e contemporanea, apparsa nella Filosofia delle scuole italiane (IX, 17 [1878], pp. 33-47), in cui il B. esprimeva la preoccupazione per la diffusione delle dottrine materialistiche e sensistiche in Italia. Al 1872 appartiene lo scritto Prolegomeni ad ogni passata e futura critica della ragione (in La filosofia delle scuole italiane, III, 6 [1872], pp. 89-112 e 193-213), in cui insisteva sull'assurdità della pretesa di saggiare le forze della ragione prima dell'atto concreto del conoscere.
Le fatiche dell'insegnamento universitario logoravano intanto la salute già malferma del B., che perse quasi interamente la vista. Il 29 luglio 1876 terminava Il Vaticano e lo Stato (Napoli 1876), uscito postumo. Postuma uscì a Torino, nel 1880, a cura di A. Capello, La logica.
Il B. mori a Torino il 13 ott. 1876.
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