BONARDO, Giovanni Maria
Nacque a Fratta Polesine nella prima metà del sec. XVI, forse da famiglia dipendente da Lucrezia Gonzaga, il cui marito, Giampaolo Manfrone capitano di Venezia per il Polesine di Rovigo, a Fratta aveva dei possedimenti ove era solito risiedere.
Dall'epistolario della Gonzaga (che, salva l'autenticità - e nel caso del B. non pare dubbia -, è l'unica fonte, insieme con quello del Groto, per la biografia del B.), ricaviamo le poche notizie dei suoi studi letterari condotti a Ferrara, forse a spese della Gonzaga. Essi probabilmente furono senza esito se, a parte i temi obbligati di goliardia cinquecentesca ("Tua madre" gli scriveva Lucrezia "mi disse che giorno e notte giocavi alle carte... Se più di te sento cotai rumori, non mi chiamar più per padrona, né ti pensar d'havermi per benvogliente"), il B. non ostentò mai titoli dottorali. Appassionato di "lettere toscane", s'era tutto dato in preda" ad esse durante un soggiorno a Venezia in ambienti vicini alla Gonzaga, che comunque in una lettera lo chiama "novello professore di lettere". Tornato a Fratta, il B. cercò d'ottenere, tramite Lucrezia, un posto presso Pietro Paolo Manfrone, cugino di Giampaolo, ma nonostante ella cercasse di fare "ogni opra" il tentativo fallì.
Ciò avveniva prima del 1552. Lo stesso anno comparivano poesie, in latino, greco e italiano del B. nei Due panegirici di Ortensio Lando, uno dei quali in onore di Lucrezia Gonzaga. Inoltre a lei il B. dedicava, nel 1563, un libro di Madrigali (Venezia, ristampati nel 1571 e 1579) editi da Orazio Toscanella. Ai contatti con l'ambiente veneziano dei poligrafi e letterati, tra cui il Ruscelli, seguì l'amicizia con Luigi Groto, il "cieco d'Adria". D'ora in poi, infatti, il Groto diverrà l'emendatore - editore delle opere del B. per conto dei tipografi veneziani Fabio e Agostino Zoppini.
Alle ambizioni dell'assai mediocre poligrafo polesano, il Groto corrispondeva assicurando correzione e pubblicazione dei manoscritti e ricevendo in cambio di favori spiccioli, raccomandazioni e offerte in natura. Il B., tra un viaggio e l'altro a Venezia, risiedeva in "villa" a Fratta, in un casino solitario costruito "in mezzo alle sue campagne" ove "tutto il giorno, tutto solo habita seco istesso" tra "copiosi libri" e "honorati pensieri", comprese alcune esperienze d'agricoltura. Di lì spediva i suoi scritti al Groto, ad Adria, che provvedeva a correggerli, a riscriverli ove necessario, e a trovare la personalità cui dedicarli.
Dopo una lunga pausa tra le mani del Groto, furono via via pubblicate, tutte a Venezia, le opere del Bonardo. Nel 1571 uscì l'Originedella Fratta, undici stanze in ottava rima in cui si davano notizie sull'Accademia de' Pastori Frattegiani di cui il B. faceva parte (l'operetta fu ristampata nel 1598 insieme con i Madrigali, ampliati, rivisti e corretti, e con alcune terze rime). Del 1584, con dedica a Girolamo Angelo Flavio Comneno gran maestro dell'Ordine costantiniano di S. Giorgio, sono Gli illustri e gloriosi gesti etvittoriose impresefatte contra Turchi da Giorgio Scanderbeg (ristampata nel 1591 e 1610, e come Historia etgloriosi gesti nel 1646 e 1679). L'opera è una nuova edizione della traduzione del manoscritto latino di Demetrio Franco, apparsa a Venezia nel 1545 (Commentario delle cose dei Turchi), corretta dal Bonardo. Questa edizione fu un omaggio del B. alla famiglia dei Comneno e a quell'Ordine di cui era stato eletto con suo grande orgoglio cavaliere e luogotenente provinciale (con gli ambienti patrizi veneziani il B. aveva mantenuto contatti; oltre ai Comneno vanno ricordati Giuseppe e Giovanni Dolfin).
Un Trattato dell'Ordine Angelico Imperiale Costantiniano del B. si conserva manoscritto alla Biblioteca Marciana di Venezia, ms. It. VI. 39 (6347), databile intorno al 1581. Del 1585 (anno della morte del Groto) è La minera del mondo, una spigolatura di notizie immaginarie e curiose su portenti e virtù dei vari elementi e animali terrestri (riedita nel 1589, 1600, e Mantova 1591). Nel 1586 appaiono i due discorsi Della miseria et eccellenzadella vitahumana, tenuti rispettivamente a Mantova e a Gazuolo alla presenza di Lucrezia Gonzaga. In realtà i discorsi, smarriti e poi ritrovati, erano già "in torchio", a detta del Groto, dal 1570 (e, aggiungeva, "era quasi meglio non haverli trovati"), ma la dedica di Giovanni Maria Avanzi del 1º marzo 1586 lascia pensare che essi non videro la luce prima d'allora. L'operetta è un'esposizione di maniera, in utramque partem, della miseria e nobiltà della vita umana, che si chiude con la celebrazione della vita contemplativa.
Più sobrio e lucido è il trattato Le ricchezze dell'agricoltura, del 1589, ove pur entro gli schemi tradizionali della trattatistica agraria (l'azienda agricola è peraltro vista nei limiti dell'autosostentamento), ma fuori da ogni idealizzazione di sapore georgico, il B. passa concisamente in rassegna vari tipi di terreno, sistemi di rotazione, concimi, semenze, frutticoltura e viticoltura (con una ricca esemplificazione degli innesti). L'esperienza di vita rurale è evidente; anche se egli riconosce che parte dell'opera è tratta, come d'uso, da "auttori antichi e moderni", afferma tuttavia che alcune cose "sono state trovate da me, e fattene l'esperienza". La parte più singolare dell'opera è rappresentata dalla descrizione delle frodi più comuni di castaldi, braccianti, fattori "contra i padroni": parte che il Groto consigliava di sopprimere perché non sarebbe stata ammessa dai riformatori dei costumi ("Le dico ciò per esperienza, perché hora si stampano in Vinegia alcune mie opere con la più stitica rigidezza"). Il B. non accettò, ma dovette premettere un'avvertenza, ove assicurava di scrivere non "per offendere alcuno; ma solo in generale contra i malvagi" e perché i padroni potessero "guardarsene, e far le contramine alle mine". Già nel 1566 il B. s'era visto vietare la stampa d'una Chiromanzia "per le costituzioni, che ha ordinato il Concilio di Trento" e per le prediche fatte a Venezia da Gabriele Fiamma. Le numerose ristampe de Le ricchezze dell'agricoltura (1590, 1593, 1601, 1619; Treviso 1640, 1654, 1680 [?]; Bassano 1650) indicano la fortuna di un'opera che corrispondeva al desiderio di un semplice e pronto indottrinamento dei nuovi padroni di ville.
Più del Groto che del B. è l'operetta del 1589 La grandezza,larghezza,e distanza di tutte le sfere (ristampata nel 1600 e 1611), ove delle sedici sfere considerate - dall'inferno all'empireo - vengono computate circonferenza, diametro e raggio, con la spiegazione dei vari elementi, dei fenomeni meteorologici e astronomici. Questo trattatello di cosmologia, pubblicato dal B. già nel 1563 (Mazzuchelli) e nel 1570, era stato considerato dal Groto opera "tutta scapigliata e sconcia" e di essa aveva iniziato un commento. Questo commento - pubblicato nell'edizione del 1589 dopo che il B. aveva "raffazzonata, riordinata e ricorretta" la sua parte - è talmente sovrabbondante che il breve e scarno testo del B. è ridotto a mero pretesto. Altri manoscritti del B. erano in mano del Groto, tra cui un Supplemento delle selve di varielettioni non diverso forse da quei Collectaneorum libri XII di varia erudizione, segnalati dal Tomassini, che erano in possesso del figlio del B., Giovan Francesco, professore di medicina a Padova agli inizi del Seicento.
Con le ultime lettere del Groto (1584) finiscono le notizie sul B. che, ormai vecchio, indebitato e intristito da lutti familiari, non dovette sopravvivergli di molto.
Fonti e Bibl.: L. Gonzaga, Lettere, Venezia 1552, pp. 18 s., 32-4, 71, 83, 209 s.; L. Groto, Lettere famigliari, Venezia 1616, pp. 142-4, 182 s., 271 s., 299 s., 373-5, 397-400, 426-8, 442 s. 453 s., 471-3, 482, 494-9, 530-2, 559, 567 s., 572-4, 581, 583-5; J. F. Tomassini, Bibliothecae patavinae manuscriptae, Utini 1639, p. 125; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 3, Brescia 1762, pp. 1546-8; I. Affò, Memorie di tre celebri principessedella famiglia Gonzaga, Parma 1787, pp. 62, 64, 68, 71-3, 91 s.; E. Narducci, Giunte all'opera "Gli Scrittori d'Italia", Roma 1884, p. 94; F. Bocchi, L. Groto (il Cieco d'Adria), Adria 1886, pp. 29, 43, 55, 58, 64-67, 69, 72-4, 78, 83-7, 89; A. Cappellini, Polesani illustri e notabili, Genova 1938, pp. 36 s.; Inv. dei mss. delleBibl.d'Italia, LXXVII, p. 10.