MARINELLI, Giovanni
– Nacque a Udine il 28 febbr. 1846 ultimogenito di Bartolomeo, medico di origine cadorina (era nato a Valle di Cadore), e di Anna Candotti, friulana: i tre fratelli maggiori morirono prematuramente quand’egli era ancora bambino.
Il M. frequentò nella sua città le scuole elementari e il ginnasio, concluso nel 1862, iscrivendosi poi alla facoltà di matematica dell’Università di Padova. Presto, tuttavia, rinunciò a quegli studi, dai quali si sentiva attratto, e passò alla facoltà di giurisprudenza, quasi certamente spinto dal padre, che desiderava per lui una carriera nel pubblico impiego. Non provava alcun interesse per gli studi giuridici, mentre restò sempre convinto che quelli di matematica, anche se seguiti per un solo anno, avessero contribuito positivamente e in modo determinante alla sua formazione. Lo scarso interesse per il diritto fu all’origine della sua rinuncia alla laurea, che preferì sostituire con il diploma «assolutorio» (1867), il quale consentiva l’accesso ai pubblici uffici.
Veniva intanto manifestandosi in lui una vera vocazione per l’insegnamento, cosicché, ancor prima della conclusione degli studi universitari, chiese e ottenne la nomina di assistente volontario alla cattedra di lettere italiane, storia e geografia nell’istituto tecnico di Udine; svolse tanto bene le sue mansioni che poco dopo fu nominato professore incaricato, e presto conseguì, presso l’Università padovana, il relativo titolo abilitante. In quell’occasione conobbe G. Dalla Vedova, allora professore di geografia nell’ateneo patavino, con il quale ebbe modo di discorrere a lungo di geografia e di metodi e sussidi didattici per tale disciplina. Nel 1870 divenne professore reggente e nel 1872 titolare. Modificata la cattedra con il distacco di storia e geografia dalle lettere italiane, il M. fu dapprima assegnato a queste ultime, ma chiese insistentemente, e ottenne, di passare all’insegnamento storico-geografico.
Al M. non toccò la fortuna di ricevere una preparazione organica nella disciplina che poi avrebbe così brillantemente coltivato, preparazione che altri geografi italiani di questa fase pionieristica avevano conseguito, per lo più presso università e altre istituzioni mitteleuropee (B. Malfatti, G. Dalla Vedova e più tardi, in un certo senso, G. Cora): egli conquistò la formazione di geografo da autodidatta con le letture e, soprattutto, con l’osservazione accurata sul terreno nelle sue montagne e la pratica dell’alpinismo.
Nell’attività del M., il cui inizio può ragionevolmente essere fissato intorno al 1870, sono distinguibili tre diversi periodi, corrispondenti alla sua permanenza nelle città in cui visse e operò (Udine, Padova e Firenze): ciascuno dei quali ebbe caratteri propri per quanto riguarda l’evoluzione del pensiero, la scelta dei temi di ricerca, il modo di fare didattica.
Il primo periodo, che si protrasse fino al 1878, prese avvio quando il M., raggiunta la stabilità nel suo lavoro di docente di scuola secondaria, cominciò a cimentarsi con temi di vasto respiro, come quello dei nomi orografici, sul quale pubblicò un’ampia memoria nel 1872 (Nomi propri orografici. Alpi Carniche e Giulie, in Annali scientifici del R. Ist. tecnico di Udine, VI [1872], pp. 55-96); le prime pubblicazioni in assoluto risalgono però al 1867. Furono anni in cui operò quasi esclusivamente nell’area friulano-veneta, praticando intensamente l’alpinismo che per lui non fu solo palestra di esercizio fisico, ma anche forma di quella «ricerca sul terreno» della cui necessità fu sempre convinto assertore e che sempre raccomandò ai suoi allievi. Ne sono testimonianza vari lavori, tra i quali quello, notevole, La valle di Resia e un’ascesa al monte Canino (in Boll. del Club alpino italiano, 1875, vol. 9, n. 24, pp. 173-217). Altri scritti di quegli anni riguardano le stazioni meteorologiche, di cui il M. propose l’installazione in diverse località friulane e che, una volta attivate, fu per un certo tempo incaricato di dirigere. La permanenza nel Friuli e il suo interesse rivolto quasi solo agli studi locali e regionali non gli impedirono di intessere relazioni, essenzialmente epistolari, con altri studiosi: soprattutto con G. Dalla Vedova, di gran lunga il geografo italiano più autorevole, che aveva maturato grande stima per il M. e premeva perché concorresse alla cattedra di Padova che egli lasciava vacante per il suo trasferimento a Roma; né gli impedirono di avvicinarsi agli ambienti geografici istituzionali, primo fra tutti quello della Società geografica italiana, di cui entrò a far parte nei primi anni Settanta (in seguito, negli anni 1893-99, sarebbe stato membro del consiglio direttivo).
L’attaccamento alla regione natale (regione per la massima parte di alta montagna), l’alpinismo, la ricerca sul campo accrebbero nel M. l’interesse e l’amore per gli studi morfologico-orografici e orometrici, di cui fu uno dei massimi cultori e che sarebbero tornati più volte nella sua produzione, ad esempio nei lavori sulla ripartizione tra i sistemi montuosi (Sui criteri da seguirsi per la ripartizione dei sistemi montuosi nella geografia in generale e nella geografia didattica in particolare, in Atti del I Congresso geografico italiano… 1892, I-III, Genova 1893, II, parte 2ª, pp. 608-627; Sulla linea di divisione, da adottarsi nell’insegnamento, tra le Alpi e gli Appennini, ibid., pp. 637-659).
Il periodo di Padova, dove giunse nel 1878 vincendo la cattedra e dove sarebbe restato per ben quattordici anni, fu senz’altro il più importante per la quantità e la qualità degli studi prodotti, tra i quali si annoverano tutti gli scritti più originali del M., quelli che gli permisero di conquistare un’indiscussa primazia tra i geografi italiani, appannando in parte l’autorità di Dalla Vedova, i rapporti con il quale continuarono peraltro assai stretti e ispirati a grande correttezza (ma il contrasto tra le concezioni della geografia esplose in varie occasioni più tardi, tra gli allievi dei due maestri).
Vanno ricordati, tra questi, almeno la prolusione tenuta nel 1879 nell’ateneo patavino (Della geografia scientifica e di alcuni suoi nessi collo sviluppo degli studi astronomici e geologici, in Boll. della Soc. geografica italiana, s. 2, IV [1879], pp. 195-235), l’analisi degli studi del geografo tedesco S. Günther sulla storia della geografia (Intorno agli studi del dott. Günther sulla storia della geografia matematica e fisica, ibid., V [1880], pp. 309-332, 469-487, 534-543, 585-596), gli Studi straboniani (in Cosmos [di G. Cora], VI [1880], pp. 161-180), l’approfondita memoria su La geografia e i Padri della Chiesa (in Boll. della Soc. geografica italiana, s. 2, VII [1882], pp. 472-498, 532-573; ed. tedesca, a cura di S. Günther, Lipsia 1884), lo scritto su Carlo Roberto Darwin e la geografia (in Atti del R. Ist. veneto di scienze, lettere e arti, s. 5, VIII [1881-82], pp. 1279-1321). A parte deve essere considerato il Saggio di cartografia della regione veneta (Venezia 1881), vasta opera di più autori, di cui si debbono al M. il coordinamento e la stesura della fondamentale introduzione: un’opera per più aspetti insuperata anche ben oltre un secolo dopo la sua comparsa.
Dunque, gli interessi del M. avevano subito una brusca virata: da studi fondati sull’osservazione sul terreno e rivolti a un ambito locale si era passati a scritti teorici e storici, suscettibili di riflessioni generali. Con la prolusione del 1879, per la prima volta il M. «si atteggia[va] a maestro, conscio della nuova responsabilità che gli [era] stata affidata» (Luzzana Caraci, p. 60); affrontava il problema del dualismo della geografia, la quale da un canto svolge la funzione di descrizione della Terra e dall’altro quella di coordinamento di altre discipline che pure della Terra si occupano; prendeva posizione sulla necessità di basi naturalistiche per gli studi geografici. Con gli altri saggi dimostrò di padroneggiare ormai temi di geografia storica affrontati da studiosi stranieri, di conoscere bene la geografia classica e medioevale, di essere in grado di individuare i nessi tra geografia e mondo biologico e i punti d’interesse geografico dell’edificio darwiniano, avviandosi così a divenire il più significativo geografo positivista italiano.
Tali scritti, di notevole importanza per comprendere la maturazione e l’evoluzione del pensiero marinelliano, furono concentrati nel primo quinquennio del lungo periodo patavino, mentre di minore spessore appare la produzione degli anni successivi. Ma ciò si spiega se si tiene conto del fatto che in quegli anni la massima parte del tempo e delle energie del M. fu assorbita dal concepimento e dall’elaborazione di un’imponente opera di cui egli riservò a se stesso il disegno generale e le parti più impegnative, affidando il resto a un folto stuolo di collaboratori, di fatto quasi tutti i geografi italiani allora più in vista: La Terra. Trattato popolare di geografia universale (I-VII, Milano 1883-1902: gli ultimi due volumi pubblicati dopo la morte del suo artefice), costruita secondo lo schema delle «geografie universali», la più nota delle quali era quella del francese É. Reclus. Negli intendimenti dell’editore F. Vallardi, il curatore doveva essere Dalla Vedova, che però, nonostante le numerose pressioni, declinò l’incarico suggerendo di affidarlo al Marinelli.
La notorietà del M. crebbe nel corso degli anni Ottanta, non soltanto a Padova dove, divenuto professore ordinario nel 1882, era riconosciuto come una delle massime autorità accademiche e svolse pure, a partire dal 1886, il ruolo di preside di facoltà, ma anche a livello nazionale. Ne è prova il fatto che venne chiamato a partecipare a importanti iniziative politico-culturali, come, ad esempio, l’inchiesta agraria di S. Jacini (1882). Nel 1890, poi, fu eletto deputato nel collegio di Udine e Gemona, dove fu confermato per quattro legislature, facendosi notare per i discorsi sull’organizzazione scolastica, in particolare sulle scuole italiane all’estero.
Il terzo periodo si aprì nel 1892 con il trasferimento all’Istituto di studi superiori di Firenze, dove il M. fu chiamato alla cattedra resa vacante dalla morte di B. Malfatti.
Era questa la sede universitaria italiana più appropriata per il M.: la più prestigiosa dell’epoca e la più adatta a un geografo positivista, che si legava in ciò al suo predecessore e che si sarebbe trovato a operare con un qualificato manipolo di colleghi positivisti, tra i quali lo storico P. Villari e l’antropologo P. Mantegazza.
Anche l’inizio di questo periodo fu segnato da una presa di posizione teorica, materializzatasi nella prolusione Concetto e limiti della geografia (tenuta nel 1892, ma pubblicata due anni dopo, in Riv. geografica italiana, I [1894], pp. 6-32): un discorso che rappresentò il logico sviluppo di quello di tredici anni prima, ma più organico e calibrato. Negli otto anni del magistero fiorentino, di fatto sei, perché negli ultimi due l’attività fu rallentata e a più riprese interrotta dalla malattia che lo avrebbe stroncato, il M. (a parte un ulteriore omaggio reso alla terra d’origine con due «guide», del 1894 e 1898, che in realtà sono vere monografie regionali) si occupò prevalentemente di questioni didattiche e organizzative. Queste ultime riguardarono soprattutto la partecipazione ai primi tre congressi geografici italiani (Genova, 1892; Roma, 1895; Firenze, 1898, quest’ultimo meticolosamente preparato e presieduto da lui); nonché la fondazione, a Firenze, della Società di studi geografici e la direzione del suo organo, la Rivista geografica italiana, destinata a divenire un periodico di altissimo livello scientifico. Tanto i congressi quanto la Rivista furono delle tribune dalle quali il M. poté presentare e comunicare il suo pensiero, che poi i suoi numerosi allievi diffusero più capillarmente con la loro attività nell’insegnamento universitario e secondario. Ma la circostanza più fortunata per l’affermazione delle sue idee fu il passaggio del testimone da lui al figlio Olinto, avviato precocemente dal padre agli studi geografici secondo un preciso progetto di formazione.
Il M. morì a Firenze il 2 maggio 1900.
Opere. Oltre agli studi già citati, alcuni dei quali raccolti in Scritti minori, I, Metodo e storia della geografia, Firenze 1908; II, Corografia italiana e questioni didattiche, ibid. [1920] (antologia postuma con utilissime note dei curatori, allievi del M.), si segnalano ancora: Se e come l’Università italiana possa provvedere al fine di preparare insegnanti di geografia per le scuole secondarie, in Atti del II Congresso geografico italiano… 1895, Roma 1896, pp. 377-387; Guida del Canale del Ferro o Valle del Fella, Udine 1894; Guida della Carnia, ibid. 1898.
Fonti e Bibl.: G. Dalla Vedova, G. M., in Boll. della Soc. geografica italiana, s. 4, I (1900), pp. 629-654; Att. Mori, Cenni biografici, in Riv. geografica italiana, VII (1900), pp. 242-249; B. Frescura, G. M.: ricordi personali, ibid., pp. 249-253; G. Pennesi, G. M., ibid., pp. 305-334; Att. Mori, G. M.: cenni biografici, in G. Marinelli, Scritti minori, cit., I, pp. XII-XLVIII; R. Almagià, G. M. e la sua scuola, in Boll. della Soc. geografica italiana, s. 7, XI (1946), pp. 232 s.; I. Luzzana Caraci, La geografia italiana tra ’800 e ’900 (Dall’Unità a Olinto Marinelli), Genova 1982, ad indicem.