MARITI, Giovanni
– Nacque a Firenze il 4 nov. 1736 da Marcantonio di Luigi, cancelliere dei Capitani di Orsanmichele, e da Alessandra Moriani. Presto orfano di padre, fu benvoluto dal patrigno, tale Calvani, mercante originario di Volterra, che gli diede una sorellastra e curò la sua formazione a Firenze e a Livorno, dove trasferì la famiglia. Il M. entrò in contatto con le rappresentanze delle «nazioni» straniere che operavano a Livorno, in particolare con quella britannica, apprendendo l’inglese e il francese e approfondendo lo studio della storia naturale. Come procuratore del mercante inglese O. Watson nel febbraio 1760 passò a Cipro, quindi a San Giovanni d’Acri in Palestina; dopo qualche tempo, cointeressato agli utili della ditta, tornò a Larnaca, a Cipro, dove fino al 1767 fu anche cancelliere del consolato britannico, rappresentante dell’Impero e del Granducato di Toscana. Prima di rientrare in patria, all’inizio del 1768, fu in Siria e Palestina, dove studiò la morfologia dei luoghi, gli usi, i costumi e la storia delle popolazioni, la condizione delle donne e la convivenza di tradizioni e fedi diverse. Ne scaturirono materiali, riflessioni, notizie alla base delle sue poderose opere e relazioni di viaggio.
Redatti dal 1768, i Viaggi per l’isola di Cipro e per la Soria e Palestina… dall’anno 1760 al 1768 (9 volumi pubblicati e uno inedito) apparvero tra il 1769 e il 1776, dapprima a Lucca poi a Firenze: segno di convergenza con gli orientamenti modernizzatori di Pietro Leopoldo d’Asburgo-Lorena. L’opera mirava a informare un pubblico largo e non necessariamente erudito; erudito, del resto, il M. non si ritenne mai, pur ricorrendo spesso a fonti antiche, classiche e medievali, e avvalendosi di relazioni di viaggio coeve e testi storico-naturalistici atti all’intelligenza dei luoghi. In una prosa scorrevole si addensano così dati e ricordi, stretti dal comune denominatore di un’osservazione oggettiva ma non distaccata, secondo i canoni dell’apodemica illuministica. Larghezza di documentazione e «abilità nel distendere» riconosceva al M. il medico livornese D. Giovannelli, in lettere inviategli tra il 1790 e il 1799 (Firenze, Biblioteca Moreniana, Fondo Bigazzi, 69-357). E la leggibilità procurò al testo fortuna europea, con versioni in tedesco (1777, 1791), inglese (1791-93) e francese (1791): quest’ultima, limitata ai primi quattro tomi, è menzionata da Fr.-R. de Chateaubriand nell’Itinéraire de Paris à Jérusalem. I Viaggi offrono compiute descrizioni della natura dei luoghi, delle città e degli istituti religiosi e non (chiese, monasteri, conventi, moschee, bagni), ricche di spunti d’analisi della realtà economica, con particolare riguardo ai prodotti e alle esportazioni di Cipro (importanti, oltre alle osservazioni sul vino, poi sfociate in un trattato, quelle su seta e cotoni, nonché la riflessione sui grani, utilizzabili anche in Italia negli anni di carestia tra il 1764 e il 1767). Netta – come nelle sezioni dedicate alla Palestina e alla Siria – è la condanna del malgoverno turco, corrotto e crudele, inefficiente e ostile ad arte e cultura, adagiato in una fatalistica quiete scossa da sanguinose rivolte, secondo moduli che riflettono stereotipi diffusi in Europa durante la crisi dell’Impero ottomano. La versione francese, forse dovuta a J.-B. Robinet o a J.-L. Castilhon, accentuò il senso antidispotico e irreligioso del libro, adattandolo al quadro rivoluzionario. Più vivace l’indagine sui rapporti di genere e le usanze sessuali e matrimoniali (Viaggi, I, cap. 6). Se le donne del Levante «provano generalmente non so che di schiavitù» (p. 112), e se «la stima che fanno delle loro donne [gli Arabi] è minore di quella che ne hanno tutti gli altri Maomettani» (IV, p. 4, valutazione che rafforza Montesquieu, Esprit des lois, XVI, 2), il M. registra anche la possibilità del divorzio per entrambi i sessi, pur con diverse procedure, il lavoro femminile in agricoltura, la rilevanza dei saperi tradizionali delle donne nelle cure mediche, essenziale nel mondo arabo nomade o seminomade (Viaggi, IV, p. 14), nonché la foggia e la cura delle vesti, componendo così un quadro variegato che fu alle origini dell’immagine ottocentesca dell’Oriente. Mercante e funzionario imperiale, il M. riferisce gli usi diplomatici e cerimoniali tra le navi europee e con il Turco, informa su monete e costi, epidemie e pandemie, insiste sulla convivenza di fedi ed etnie (Greci e Latini, Drusi e Maroniti, Curdi, Ebrei, Turchi, Persiani, Etiopi): dove dalla giustapposizione di popoli e Paesi traspare una blanda forma di indifferentismo religioso, che presuppone, peraltro, la superiorità europea.
In patria il M. mise a frutto l’esperienza acquisita. Nel 1768 entrò nel fiorentino tribunale di Sanità, nel 1782 fu nominato tenente (dal 1784 capitano) del lazzaretto di S. Jacopo a Livorno, sovrintendendo così al sistema sanitario labronico. Rientrato nel 1790 a Firenze, fu incaricato del riordinamento dell’Archivio delle Reali Possessioni, poi di quello della Camera delle Comunità dello Stato fiorentino, compito che tenne sino alla morte. Si sposò due volte: nel 1776 con Teresa Bonacchi, che gli diede tre figlie e l’unico maschio, Francesco, nato nel 1784 e affiliato alla massoneria napoleonica nel 1810 (v. F. Cristelli, Storia della loggia massonica «Napoleone» di Firenze attraverso i suoi verbali (1807-1814), Firenze 1992, p. 176); quindi nel dicembre 1791, morta la prima moglie, con la livornese Anna Gargani, dalla quale si separò dopo averne avuto una bimba destinata a breve vita.
Il M. affiancò agli uffici un’intensa attività di pubblicista e scrittore di agronomia, economia, varia erudizione e storia.
Il soggiorno in Levante ispirò l’Istoria della guerra della Soria proseguita fino alla morte di Ali-Bey dell’Egitto (I-II, Firenze 1772-74), le Memorie istoriche di Monaco de’ Corbizzi fiorentino, patriarca di Gerusalemme (ibid. 1781), l’Istoria del tempio della Resurrezione, o sia della chiesa del S. Sepolcro in Gerusalemme (Livorno 1784), la Cronologia de’ re latini di Gerusalemme (ibid. 1784), il Viaggio a Gerusalemme per le coste della Soria (I-II, ibid. 1787; trad. tedesca, Strasburgo 1799), le Memorie istoriche del popolo degli assassini e del vecchio della montagna (Livorno 1787), la Dissertazione storico-critica sull’antica città di Citium nell’isola di Cipro e sulla vera topografia della medesima (ibid. 1787). Di saldo impianto documentario, tali contributi offrono accurate descrizioni dei luoghi santi e di episodi della loro storia antica e medievale (dopo la conquista crociata di Gerusalemme, nel 1099), fondate sulla «ispezione locale e materiale delle cose» e sulla «scrupolosa diligenza» (Istoria del tempio, p. XI) dell’osservatore. L’impegno di verità verso il lettore torna nei resoconti di viaggio coevi. Di qui, a più riprese, la chiarificazione critica di tradizioni e leggende e la revisione di dati talvolta comunemente accettati. Questo avviene, per esempio, per il tempio costantiniano della Resurrezione nella città santa: disposizione e vicende storiche dell’edificio sono minutamente analizzati e il razionalismo di fondo fa giustizia delle credenze della «idiota gente» (ibid., p. 188). In questo contesto non privo di suggestioni illuministiche trova spazio la vicenda del druso Fakhr-ad-dīn (1572-1635), l’emiro ribelle alla Porta che instaurò legami con Ferdinando I e Cosimo II, sottoscrivendo un accordo in funzione antiottomana (1608) e soggiornando quindi a Firenze. All’argomento, di rilievo non solo locale, il M. dedicò una solida Istoria di Faccardino, grand’emir de’ Drusi (Livorno 1787; trad. tedesca, Gotha 1790), rimasta riferimento essenziale sulla questione. Allargando spunti precedenti (Istoria del tempio, cap. XIII), contestò, contro la tradizione fiorentina (G. Lami, G. Richa), l’intenzione di Ferdinando I, «principe generoso e magnanimo» (Istoria di Faccardino, p. 297), di spostare il S. Sepolcro a Firenze: fine per cui sarebbero state costruite le cappelle Medicee in S. Lorenzo.
Le scritture del M., nell’insieme documentate, mantengono un chiaro significato pubblicistico-editoriale. Se nei lavori maggiori la narrazione appare spesso dilatata, la residenza livornese ne favorì la funzione di cronista degli eventi mediterranei, come mostra l’Istoria della guerra di Soria circa un episodio celebre di storia ottomana: la ribellione del reggente del Cairo, l’ex schiavo ‛Alī Bey, tra il 1771 e il 1773, che vide coinvolta la flotta russa in Levante. L’Istoria è redatta a ridosso degli accadimenti e funzionale al gusto romanzesco stimolato in Europa dalla disgregazione della potenza ottomana.
Era del resto anche questo a motivare la diffusa opera d’informazione storica sul Vicino Oriente svolta dal M., che affinò nei suoi studi tanto da entrare in molte accademie: gli Apatisti e l’Accademia Fiorentina di Firenze, la Società botanica di Cortona, le accademie dei Palladi e dei Pastori etnei (entrambe a Catania), dei Sollevati a Montecchio, dei Rozzi a Siena. Dal 1772 fu socio corrispondente dell’Accademia dei Georgofili.
Tributario del soggiorno in Levante fu anche l’impegno del M. in campo sanitario. A Cipro e in Palestina nel 1760 aveva trovato la peste, di cui riferì nei Viaggi rilevandone sintomi e decorso, nonché le misure di profilassi adottate da europei e autorità locali. Contribuì così alla Deputazione del governo granducale per la riforma dei lazzaretti toscani nel 1784. Inserito nella vita intellettuale di Firenze, in contatto, tramite G. Fabbroni e A. Zuccagni, con il Reale Museo di fisica e storia naturale inaugurato nel 1775 (cui inviò notizie, libri, reperti naturali), il M. raccolse un importante erbario che dopo la sua morte attirò l’attenzione di C. Ridolfi e nel 1804-05 cooperò all’organizzazione del cordone sanitario imposto dalla febbre gialla di Livorno, devastante per l’economia del borbonico Regno d’Etruria. L’esperienza internazionale e il possesso delle lingue (pare conoscesse anche turco e arabo) gli permisero di sviluppare rapporti con naturalisti, scienziati, collezionisti ed eruditi non solo toscani (il botanico di Uppsala C.P. Thunberg, F. Fontana, M. Lastri, L. Coltellini, F. Fossi, R. Sellari e il cugino D. Sestini, cui dedicò uno scritto). Fu inoltre assai legato all’autorevole massone siciliano I. Paternò Castello, principe di Biscari, e alla sua famiglia.
Le conoscenze in campo igienico-sanitario e botanico contribuirono all’affermazione del M. agronomo, culminata nell’Odeporico o sia Itinerario per le colline pisane (I-II, Firenze 1797-99), di cui progettava la stampa già nel 1792 (lettera a Thunberg, Firenze, 1° marzo 1791, cit. in Abbri, p. 129). Nel testo, di forma epistolare e in parte inedito, confluiscono la capacità d’osservazione del M., l’interesse pressoché etnologico per le tradizioni popolari, il largo ricorso alla documentazione storico-erudita e l’informazione raccolta dai parroci in loco tra il 1788 e il 1795; tuttavia esso offre soprattutto un quadro analitico delle pratiche agrarie e della sottesa struttura sociale (forme e modi dell’appoderamento e dell’allevamento bovino e suino, tipologia delle colture, strumenti, prevalenza del piccolo possesso, presenza massiccia – 1/4 della popolazione – di una forza-lavoro poverissima di «pigionali»). Erede della tradizione storico-naturalistica toscana, a partire almeno dalle Relazioni d’alcuni viaggi… di G. Targioni Tozzetti (Firenze 1751-54), il M. ne trasmise i risultati migliori al moderatismo ottocentesco, offrendo una ricognizione sistematica che trovò naturale sviluppo nelle inchieste napoleoniche. Ne risultano anche le debolezze del sistema, dalla scarsità di bestiame al depauperamento boschivo (attribuibile, come lamentavano le popolazioni, alle allivellazioni leopoldine), dalla scarsa diffusione del vigneto alla limitatezza delle produzioni specializzate; mentre in progresso risultavano l’abolizione del maggese e la coltura dell’ulivo. Larga e puntuale è nell’Odeporico l’informazione botanica e mineralogica, ordinata «secondo il sistema di Kirwan» (I, p. V) e la classificazione dei fossili «secondo […] Linneo» (ibid.), indizio del notevole interesse per il naturalista svedese in Toscana. Il secondo volume, prevalentemente dedicato alla descrizione di Bagno a Acqua (oggi Casciana Terme), dove dal 1788 il M. soggiornò più volte per motivi di salute, rientra invece nella ripresa settecentesca del termalismo e propone spunti igienico-sanitari e interessanti considerazioni sociali e di costume. Temi affini a quelli dell’Odeporico sviluppano lavori quali Del vino di Cipro (Firenze 1772), redatto nel quadro del rilancio dell’Accademia dei Georgofili, e il trattato Della robbia sua coltivazione suoi usi (ibid. 1776), dedicato a Pietro Leopoldo di Toscana, aggiornato contributo su una pianta da reintrodurre per la modernizzazione della manifattura tintoria, contenente una memoria di A. Mondaini, già conosciuto dal M. a Cipro.
La bibliografia più completa del M. è nell’Elogio di G. Sarchiani, in Atti della Reale Soc. economica di Firenze ossia de’ Georgofili, 1810, vol. 6, pp. 49-61. Tra le opere non citate si può ricordare la Illustrazione di un anonimo viaggiatore del secolo XV, Livorno 1785.
«Buon suddito e sostenitore di S.A.R.», secondo R. Cocchi (Fileti Mazza - Tomasello), in contatto con i sostenitori delle razionalizzazioni ecclesiastiche leopoldine, il M. fu coinvolto nella breve esperienza repubblicana del 1799 e fece parte della Municipalità di Firenze (Turi, pp. 155 s.), cosa che pagò con cinque mesi di carcere.
Reintegrato nell’impiego dopo un processo, il M. morì a Firenze il 13 sett. 1806.
Fonti e Bibl.: L’archivio del M. è nella Biblioteca del Dipartimento di discipline storiche dell’Università di Bologna (b. 17). Il ms. e le parti inedite dell’Odeporico sono in Firenze, Biblioteca Moreniana, Mss., 187/1-11; 190: Memorie istoriche dello spedale di S. Leonardo di Stagno che esisteva sulla via militare che da Pisa conduceva al Porto pisano; 191-192: Diario di viaggio dal 6 sett. 1788 al 24 sett. 1788. Suoi scritti sono in Arch. di Stato di Firenze, Mss., 180: Mariti cap. Giovanni. Estratti storici tratti da varie filze dell’Arch. della Parte guelfa per cura del capitano Giovanni Mariti; altra documentazione in Firenze, Biblioteca Riccardiana, Mss., 3519: Memorie personali e domestiche; Arch. di Stato di Livorno, Governo militare e civile, ff. 24, 30. Lettere del M. si conservano nell’Arch. di Stato di Firenze, Acquisti e doni, 94, ins. 138 (8 lettere a G. Perini, 1769-88); Firenze, Biblioteca nazionale, Carteggi vari, ad nomen; Autografi Gonnelli, cart. 25, n. 74; Ibid., Biblioteca Moreniana, Manoscritti Moreni, 123, XI (17 lettere a M. Lastri); Filadelfia, American Philosophical Society, Fabbroni papers, BF.113, n. 1 (35 lettere a G. Fabbroni, 1780-89). Si vedano inoltre: Acc. economico-agraria dei Georgofili, Arch. storico: inventario, a cura di A. Morandini - F. Morandini - G. Pansini, I-IV, Firenze 1970-77, III, pp. 16, 239, 282 s., 353; Lettere a Giovanni Pelli Bencivenni 1747-1808, a cura di M.A. Timpanaro Morelli, Roma 1976, p. 734. Le citate lettere di D. Giovannelli al M. furono in parte pubblicate in F. Pera, Curiosità livornesi inedite o rare, Livorno 1888, pp. 394 s., 435 e utilizzate in C. Mangio, Politica toscana e rivoluzione. Momenti di storia livornese, 1790-1801, Pisa 1974, passim. Spesso citato nella letteratura critica, sul M. mancano studi specifici. D. Moreni, Bibl. storico-ragionata della Toscana, Firenze 1805, II, p. 42; E. De Tipaldo, Biografia degli italiani illustri, VI, Venezia 1838, pp. 331-338 (G. Giuli); L. Neppi Modona, Il diario delle persecuzioni di F. Fossi negli anni 1799-1800, in Rass. stor. toscana, XV (1969), p. 158; C. Pazzagli, L’agricoltura toscana nella prima metà dell’800. Tecniche di produzione e rapporti mezzadrili, Firenze 1973, passim; F. Venturi, Settecento riformatore, III, La prima crisi dell’Antico Regime (1768-1776), Torino 1979, pp. 106-109; R. Pasta, Scienza, politica e rivoluzione. L’opera di Giovanni Fabbroni (1752-1822) intellettuale e funzionario al servizio dei Lorena, Firenze 1989, s.v.; F. Abbri, «Commercio di libri e produzioni naturali». Lettere di G. M. e A. Zuccagni a Carl Peter Thunberg, in Nuncius, VII (1992), 2, pp. 119-139; M.A. Morelli Timpanaro, A Livorno nel Settecento. Medici, mercanti, abati, stampatori: Giovanni Gentili (1704-1784) ed il suo ambiente, Livorno 1997, passim; G. Turi, Viva Maria. Riforme, rivoluzione e insorgenze in Toscana (1790-1799), Bologna 1999, s.v.; M. Fileti Mazza - B. Tomasello, Galleria degli Uffizi 1758-1775: la politica museale di Raimondo Cocchi, Modena 1999, p. 101; F. Mineccia, Campagne toscane in Età Moderna. Agricoltura e società rurale (secoli XVI-XIX), Lecce 2002, pp. 20, 37-39, 44, 46.