MARRACCI, Giovanni
– Figlio di Amedeo e di Maria Domenica «di altra famiglia Marracci», nacque a Torcigliano di Camaiore (Lucca) il 1° ott. 1637, e lo stesso giorno fu battezzato nella parrocchia di Gombitelli (Contini, L’autentico cortonesco…, 1997, p. 119).
Il M. aveva quattro fratelli: Giovan Francesco e Lodovico della Congregazione dei chierici regolari della Madre di Dio, Antonio, canonico della collegiata dei Ss. Giovanni e Reparata, e Ippolito, il più giovane, pittore prospettico che studiò quadraturismo sotto A.M. Colonna e A. Mitelli a Bologna. Tornato a Lucca, Ippolito lavorò con il M. nella chiesa di S. Domenico e da solo in S. Maria della Rotonda (Assunzione della Vergine) e nella chiesa dei padri certosini.
Studiò dapprima grammatica, fu poi mandato dal padre a bottega presso i pittori lucchesi Paolo Biancucci e Pietro Paolini. Di questo primo periodo di attività non si hanno testimonianze: si può comunque supporre che il M. dovette dar prova di abilità, se il padre decise di mandarlo a Roma all’età di quindici anni alla scuola di Pietro Berrettini da Cortona (ibid., p. 120). Tramiti per l’accesso alla bottega di quest’ultimo furono il cardinale Girolamo Buonvisi e suo nipote, l’abate Francesco, conterranei del M. e suoi futuri committenti. Presente a Roma dal 1652, il M. dovette assistere alla realizzazione di importanti imprese di Pietro da Cortona come la galleria di palazzo Pamphili, gli affreschi di S. Maria in Vallicella, i cartoni per i mosaici della basilica di S. Pietro; ma in nessuna di queste è documentata una sua, benché minima, partecipazione. Il soggiorno romano del M. si interruppe bruscamente nel 1662, quando, a venticinque anni, fu richiamato in patria per la morte del padre.
Al ritorno da Roma, tra le prime opere riferite al M. è l’affresco con l’Adorazione dei pastori nella chiesa di S. Giusto di Lucca.
Rinnovata radicalmente tra il 1661 e il 1662 dall’architetto Giovanni Maria Padredio, su committenza di Ottavio Bianchi, la chiesa presenta in controfacciata un affresco di chiara impronta cortonesca. Attribuito al M. nella letteratura locale, l’affresco presenta nell’impostazione il riferimento all’Adorazione dei pastori nella cappella della villa Sacchetti Chigi di Berrettini a Castelfusano. Allo stesso periodo viene riferito l’affresco nella chiesa lucchese di S. Romano raffigurante S. Pietro e s. Paolo affidano a s. Domenico il compito di predicare. L’opera, presso l’altare del Rosario, sarebbe stata commissionata al M. da O. Bianchi (P. Betti, in Barocco e devozione…, 2000, p. 125).
La prima tela firmata dal M. è la pala conservata nella chiesa dei Ss. Lorenzo e Barnaba a Seravezza raffigurante la Madonna con il Bambino, s. Pellegrino, s. Nicola di Bari, s. Raffaele, s. Antonio da Padova e s. Caterina d’Alessandria.
Collocata fin dalle origini sull’altare della famiglia Bonanimi realizzato nel 1670, la tela, per la quale sono stati identificati alcuni studi da Contini (L’autentico cortonesco…, 1997, p. 122), mostra nell’impostazione una generale aura berrettiniana filtrata attraverso un classicismo di origine marattesca, particolarmente evidente nella Madonna con il Bambino. Sempre all’inizio dell’ottavo decennio, devono essere riportate le due tele della chiesa di S. Maria di Fregionaia a Maggiano. Attribuite al M. dalla fine dell’Ottocento, le due opere raffigurano Martino V approva la riforma fregionaria e S. Ubaldo libera gli ossessi, mostrando evidenti richiami alle opere romane di Berrettini. Composta e misurata, la prima, nell’impostazione, sembra ancora riferirsi agli affreschi di Castelfusano; mentre la seconda, con l’agitazione degli ossessi in primo piano e il santo vescovo assiso sulle nuvole, sembra derivare dal salone Barberini. Nella stessa chiesa, sul primo altare a sinistra, si conserva la tela con la Madonna con il Bambino e s. Giovanni Battista il cui recente restauro (2000) ha portato alla luce la firma del M., confermando l’attribuzione proposta da Contini (L’influenza…, 1997, p. 66; P. Betti, in Barocco e devozione…, pp. 129 s.).
Attribuito al M. da Contini (2000, p. 71) è il dipinto con la Predicazione di s. Paolino vescovo in Lucca e la distruzione degli idoli (Budapest, Museo di belle arti). Secondo lo studioso, nella tela ungherese sarebbe da riconoscere il dipinto già nella collezione di B. Buonvisi con il suo pendant, ancora disperso, raffigurante il Martirio di s. Paolino.
Alcuni particolari, come la donna con il bambino in primo piano, le architetture sullo sfondo o le figure all’interno del tempio, sono chiare citazioni dal Pietro da Cortona romano; ma nella figura di s. Paolino e nella composizione d’insieme si avverte un riferimento giordanesco che, distaccando il dipinto dalle opere precedenti, non ne consente una datazione sicura.
Precedente al 1679, anno in cui viene ricordato nella visita pastorale, è il dipinto raffigurante la Madonna con il Bambino, s. Leonardo e s. Marco nella chiesa di S. Leonardo in Borghi a Lucca. Di chiara impostazione berrettiniana, l’opera propone nella scelta compositiva della Madonna con il Bambino lo schema che nello stesso periodo veniva scelto da Ciro Ferri e Anton Angelo Bonifazi nella tela con la Madonna in gloria tra s. Tommaso da Villanova e s. Guglielmo d’Aquitania (Viterbo, palazzo episcopale). Intorno al 1680, anno dell’erezione dell’altare della famiglia Cerù che ospita l’opera, risale la tela raffigurante la Madonna con il Bambino, s. Agata, s. Carlo Borromeo e s. Rocco (Camaiore, collegiata di S. Maria Assunta).
Modello per la tela di Pescaglia, realizzata tra il 1687 e il 1689, il dipinto è testimone dell’interesse del M. per l’ambiente artistico fiorentino. Lo studio per il volto di s. Carlo Borromeo è, secondo Contini, «uno dei migliori dell’intera tendenza cortonesca» (L’autentico cortonesco…, 1997, p. 124). Alla pala con la Processione di s. Carlo Borromeo di Berrettini si richiama il M. nell’impostazione complessiva del dipinto su rame con la Processione dei bianchi (Lucca, chiesa del Ss. Crocifisso dei bianchi); mentre, nel particolare del gruppo delle donne inginocchiate in primo piano a sinistra, il M. sembra tornare alla pala viterbese di Ferri e di Bonifazi, tangenza che potrebbe far supporre la continuazione di un rapporto tra il M. e Ferri dopo la partenza del M. da Roma. Pagato 60 scudi il 20 apr. 1681 dai deputati della Compagnia del Crocifisso, il dipinto, di cui Contini (ibid., p. 123, fig. 4) ha identificato un disegno preparatorio, è collegato a un dispositivo meccanico che solleva l’opera e permette di vedere il Crocifisso cui è intitolata la chiesa. Attribuito al M. da Contini (ibid., p. 126) che, sulla base di affinità stilistiche lo data tra gli anni Settanta e Ottanta, è il dipinto, non citato dalle fonti, con Santi in adorazione dell’Eucarestia oggi nella chiesa della Ss. Annunziata. Vicino a Borgo a Mozzano, a Cune, nella chiesa di S. Bartolomeo si conservano l’Assunzione della Vergine e la Crocifissione con s. Bartolomeo e s. Maria Maddalena datate rispettivamente 1685 e 1687 e riportate al M. per la prima volta nel 1925 (Pellegrini, p. 34). In un contesto di tradizioni consolidate spicca la figura della Maddalena inginocchiata nella Crocifissione che lascia intravedere un riferimento, filtrato dalla conoscenza delle opere fiorentine di Luca Giordano, al dipinto di Guido Reni, ora a villa Guinigi (Contini, L’autentico cortonesco…, 1997, p. 123).
Pellegrini (pp. 72 s.) segnala il dipinto con l’Apparizione del Cristo a s. Elisabetta d’Ungheria che il M. avrebbe eseguito nel 1688 per l’oratorio di Borgo a Mozzano, oggi nella chiesa dei cappuccini. Misurato nell’impostazione, il dipinto si collega ancora al classicismo reniano piuttosto che al Berrettini richiamato da Contini (L’autentico cortonesco…, 1997, p. 124). Alla stessa temperie vanno riportate le tele nella chiesa del Suffragio di Camaiore raffiguranti S. Nicola da Tolentino in estasi e la Vergine intercede per le anime purganti. In entrambi i dipinti si riscontra quell’«atteggiamento purista» sia nell’impostazione sia negli atteggiamenti dei protagonisti e degli angeli, che Contini riporta alla frequentazione del pittore lucchese Antonio Franchi.
È di nuovo a Reni che il M. fa riferimento nella figura del s. Filippo Neri della pala in S. Pietro a Pescaglia. Commissionata da Paolino Galgani di Piazzanello, forse su suggerimento dei fratelli del M. Antonio e Lodovico i cui rapporti con la parrocchiale sono documentati fin dal 1671, la tela fu pagata al M. dal parroco in tre rate, tra il 1687 e il 1689.
Raffigurante la Madonna con il Bambino, s. Paolino, s. Lucia, s. Filippo Neri, s. Antonio Abate, s. Antonio da Padova e s. Elisabetta d’Ungheria, l’opera ripropone nell’impostazione complessiva lo schema tradizionale usato nella pala di Seravezza, che il M. riprende anche nella Madonna con Bambino, s. Lorenzo, s. Stefano, s. Vincenzo e s. Romano per l’oratorio di S. Lorenzo, ora in S. Frediano a Lucca. Anche in questo caso, l’eco della maniera di Franchi, con il quale il M. scambiava modelli in gesso e stampe (P. Betti, in Barocco e devozione…, p. 138), spicca nelle figure di secondo piano, nel trattamento dei colori e nell’uso delle ombre profonde. Il rapporto con l’artista lucchese diviene ancor più evidente nella Vergine dei Sette Dolori della Ss. Trinità e nel S. Michele Arcangelo tra s. Liborio e s. Agostino (Lucca, S. Maria Forisportam) dove, tra i due santi vescovi derivanti da un unico modello, è sospeso l’arcangelo, lontano richiamo al Berrettini della sagrestia di S. Maria in Vallicella (Contini, L’autentico cortonesco…, 1997, p. 126). Prima del 1699 il M. eseguì nella controfacciata della chiesa di S. Maria di Corteorlandini la Cacciata dei mercanti dal Tempio. Citato nella letteratura locale, l’affresco concentra l’attenzione dello spettatore sul Cristo in torsione con il braccio alzato mentre si prepara a colpire i mercanti in fuga.
L’ultimo lavoro del M. è l’affresco della cupola nella cappella di S. Ignazio (Lucca, Ss. Giovanni e Reparata) realizzato forse insieme con il fratello Ippolito, poco prima del 1703. Ispirata alla cupola cortonesca di S. Maria in Vallicella, raffigura s. Ignazio inginocchiato davanti al Cristo mentre intorno cori di angeli sembrano quasi spingersi in un vortice di luce culminante nella lanterna.
Il M. morì a Lucca nel 1704, lasciando la moglie Maria Talini, dalla quale aveva avuto due figli, morti in giovane età.
Fonti e Bibl.: V. Marchiò, Il forestiere informato delle cose di Lucca, Lucca 1721, pp. 261 s., 268 s., 289, 295; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia… (1809), a cura di M. Capucci, I, Firenze 1968, p. 203; T. Trenta, Notizie di pittori, scultori, e architetti lucchesi… ne’ secoli XVII e XVIII, in Memorie e documenti per servire all’istoria del Ducato di Lucca, VIII, Lucca 1822, pp. 150-152; F.M. Pellegrini, Borgo a Mozzano e Pescaglia nella storia e nell’arte, Lucca 1925, p. 134; M.T. Filieri, La «politica dei beni culturali» durante il principato dei Baciocchi, in Il principato napoleonico dei Baciocchi (1805-1814). Riforma dello Stato e società (catal.), Lucca 1984, pp. 194, 198; R. Contini, in La pittura in Italia. Il Seicento, Milano 1989, p. 804; Id., Pittura nel vicariato di Pietrasanta dal secondo Cinquecento al tardo Settecento, in Arte sacra nella Versilia medicea. Il culto e gli arredi (catal., Seravezza), a cura di C. Baracchini - S. Russo, Firenze 1995, pp. 76 s., 86 n. 45; V. Pascucci, L’allusivo iconografico in S. Maria Corteorlandini, Lucca 1996, pp. 293-296; R. Contini, L’influenza di Pietro da Cortona in Toscana, lui vivente: quale bilancio?, in Pietro da Cortona per la sua terra. Da allievo a maestro (catal., Cortona), Milano 1997, pp. 65-67, fig. 50; Id., L’autentico cortonesco lucchese, G. M., in Antichità viva, XXXVI (1997), 2-3, pp. 118-133; Barocco e devozione: G. M. e il cortonismo in Lucchesia (catal., Camaiore), a cura di S. Russo, Ospedaletto 2000 (con bibl. precedente); U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, p. 137.