BEMBO, Giovanni Matteo
Nacque a Venezia intorno al 1491 da Alvise e Pentesilea Michiel. Poco sappiamo della sua giovinezza e dei suoi studi; certo egli fin dall'adolescenza ebbe vivo il senso della tradizione familiare, e subì nel contempo fortemente l'influenza dello zio, il cardinale Pietro; fu questi che nel 1519 gli diede in sposa la nipote Marcella Marcello.
Proprio in quell'anno il B., che nel 1511 aveva fatto il suo ingresso nella vita pubblica, venne chiamato ad occupare la carica d'ufficiale del Dazio del vino. Nel 1521 entrava a far parte della Quarantia criminale, alla quale venne rieletto nel 1524 e nel 1528. Ma la sua vocazione fu sempre, fin dagli inizi, per la vita militare e marinara. Il 21 marzo 1522 il B. impiegò una grossa somma di danaro per ottenere la carica di sopracomito (capitano di galea), che il 27 seguente il Senato veneziano gli concedeva. Ricoprì in seguito nella flotta veneta le cariche di sopraconsole e di auditore nuovo, acquistando una sempre maggiore esperienza in frequenti viaggi che lo tennero a lungo lontano da Venezia. Nel 1528, tuttavia, colto da un fortunale nell'Adriatico, perse tutte le galee che aveva sotto il suo comando, riuscendo appena a salvarsi grazie alla sua perizia. Dovette attendere il 1533 per avere un nuovo incarico, quando il Senato veneziano lo nominò rettore di Zara.
Nel 1538, a seguito del conflitto apertosi con i Turchi, il B. venne inviato a Cattaro, punto estremo della difesa veneta sulla costa dalmata. Fu qui che l'anno seguente affrontò il Barbarossa, che, nonostante la tregua pattuita, si era spinto fino all'imboccatura del golfo di Cattaro con la sua flotta. Il B., bloccato nella città, senza aiuti, fu capace di rianimare la popolazione e di prepararla alla difesa. Il Barbarossa, d'altra parte, ancorata la sua flotta all'imboccatura del golfo, tentò in vario modo di impadronirsi della cittadina: prìma con minacce, poi con più caute proposte di accordo, poi ancora cercando di forzare le difese con uno sbarco improvviso; ebbe tuttavia sempre a scontrarsi con l'abilità e la sagacia del B., cosicché, trascorse inutilmente due settimane in quelle acque, dovette rassegnarsi ad abbandonare l'impresa.
L'avvenimento ebbe una grande eco in Venezia; il successo conseguito dal B., sebbene modesto sul piano delle ripercussioni politiche, fu annoverato tra le glorie cittadine e fu oggetto della generale soddisfazione. Alla fortunata impresa di Cattaro è infatti legato soprattutto il suo nome: il Ruscelli, nelle sue Imprese illustri (Venezia 1566, pp. 491 s.), ebbe a parlare di lui, come pure lo ricordarono il Dolce e il Sansovino. La sua figura veniva così acquisendo, nella considerazione dei contemporanei, quel rilievo di "esemplarità", a cui non era estraneo un certo gusto encomiastico di stampo umanistico. Alla considerazione delle sue virtù militari si aggiungeva la fama del suo amore per la cultura, rafforzato dai profondi legami che lo univano allo zio Pietro e da un gran numero di relazioni ed amicizie, dal Giovio al Ramusio, che lo videro spesso esempio di munificenza patrizia (egli fu nell'anno 1551 tra i fondatori dell'Accademia degli Uniti). Così, mentre il Sansovino raccoglieva le Nuove Lettere familiari di M. Pietro Bembo a M. G. M. B. suo nipote..., Venezia 1564, lo Ziletti nel primo e nel terzo volume della sua raccolta Delle lettere di principi... (rispettivamente Venezia 1570 e 1571) faceva posto al carteggio dei B. col doge e coi Barbarossa, nei giorni degli avvenimenti di Cattaro.
Per più di vent'anni, dopo il trionfo di Cattaro, il B. rimase praticamente lontano da Venezia, ma la sua popolarità fu sempre grandissima. Così, dopo essere stato eletto nel 1541 reggente a Capodistria, fu a Verona nel 1543-44. Nel 1546 tornò a dedicarsi ai problemi della difesa marittima; venne eletto, infatti, rettore a Famagosta, ove, fra l'altro, non trascurò di attendere a ricerche archeologiche, ponendo in luce il così detto sepolcro di Venere (E. A. Cicogna, Delle Inscrizioni Veneziane..., III, p. 502). Nel 1552 lo troviamo capitano a Candia ove, nella piazza principale, lasciò monumenti a ricordo della sua grandezza. Ritornato in patria, si recò a Brescia, come rettore nel 1560, acquistandovi tante simpatie con la sua avveduta amministrazione da essere perfino eletto nel Consiglio dei Dieci della città. Finalmente, nel 1564, raggiunse il massimo della sua carriera: gli venne assegnato il dogado di Candia. Ma egli, con senso di responsabilità, rifiutò, temendo di non poter svolgere pienamente le sue funzioni, data la tarda età. Non rimase, però, inattivo e accettò invece, sempre nel 1564, di far parte di una commissione di giudici per esaminare il problema degli argini del Sile.
La sua competenza riguardo alla sistemazione e utilizzazione dei corsi d'acqua, come pure in tema di fortificazioni militari, era tanto nota che il suo consiglio veniva considerato superiore a quello degli esperti. Il B. passò gli ultimi anni della vita fornendo ragguagli e giudizi su questi problemi.
Non sappiamo il giorno né il luogo della sua morte, ma certamente essa avvenne dopo il 22 marzo 1570, data del suo testamento.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, M. Barbaro, Arbori de patritii veneti, I, pp. 327-32; Ibid., Sezione notarile, notaio Ziliol, fìlza 1259, testamento n. 507; Ibid., Balla d'oro, reg. IV (corrisponde ad Avogaria di Comun, reg. 165), c. 19 v; Ibid., Dispacci di rettori e provveditori, busta II; Lettere di principi, le quali o si scrivono da principi, o a principi o ragionan di principi, a cura di G. Ziletti, I, Venezia 1570, pp. 137-142, 161, 199; III, ibid. 1581, pp. 58-72, 206-212; P. Bembo, Lettere, voll. I-II, Milano 1809; IV, ibid. 1810; M. Sanuto, Diarii, XXIX, Venezia 1890, p. 114; XXXIII, ibid. 1892, pp. 68, 93; XLVII, ibid. 1897, pp. 543, 564, 587, 641, 643; XLVIII, ibid. 1897, p. 47; XLIX, ibid. 1897, pp. 336, 351, 354, 355, 356, 390, 463; B. Zucchi, L'idea del segretario, Venezia 1606; P. Paruta, Historia Vinetiana..., Venezia 1645, pp. 507 s.; G. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 2, Brescia 1760, pp. 731 s.; E. A. Cicogna, Delle Inscrizioni Veneziane, I, Venezia 1824, p. 141; II, ibid. 1827, p. 319; III, 1830, pp. 318-323, 333, 337, 502; IV, ibid. 1834, pp. 44, 47, 65, 87, 665; V, ibid. 1842, pp. 585, 586; VI, ibid. 1853, p. 325; Id., Saggio di bibl. Veneziana, Venezia 1847, p. 117; M. Foscarini, Della letter. venez. ed altri scritti intorno ad essa, Venezia 1854; S. Romanin, Storia documentata di Venezia, V, Venezia 1857, p. 52; G. Soranzo, Bibl. venez. in aggiunta e continuazione del "Saggio" di E. A. Cicogna, Venezia 1885, p. 81.