MAZZANCOLLI, Giovanni
MAZZANCOLLI (Mazzancolles, Mazzancollus), Giovanni. – Figlio di Ettore, appartenente a una delle più influenti casate cittadine, nacque a Terni probabilmente agli inizi del Quattrocento.
Fra XIV e XV secolo i membri della famiglia, emersa grazie all’attività notarile e in forte ascesa politico-economica, ricoprirono alcune fra le più prestigiose magistrature comunali. Il padre fu notaio del camerario del Comune nel 1388 e nel 1390 e priore nel 1421, mentre lo zio Ludovico fu vescovo di Terni dal 1406 al 1458. Anche i due fratelli del M., Bartolomeo ed Eleuterio, occuparono uffici di rilievo: il primo fu eletto priore nel 1426, il secondo fu inviato più volte a Roma in qualità di ambasciatore e prese parte alla revisione degli Statuti comunali nel 1459.
Il M. ebbe una formazione di tipo giuridico: legum doctor – come egli stesso ebbe a definirsi nel 1455 (Arch. di Stato di Terni, Arch. Manassei) –, fu iudex generalis causarum civilium et criminalium nelle Marche nel 1424 e vicario di Sigismondo Pandolfo Malatesta a Rimini dal 1433 al 1438, anno in cui ricoprì l’ufficio podestarile nella stessa città. Nel 1443 fu tra i testimoni dell’atto con cui il pontefice Eugenio IV concesse in feudo i territori delle Marche a Francesco Sforza. Nel 1446 divenne tesoriere delle armate pontificie, sempre nelle Marche, e l’anno successivo fu nominato governatore di Città di Castello, ufficio che ricoprì altre due volte, nel 1455 e nel 1470.
Tra il 1450 e il 1458 assunse l’importante incarico di auditor causarum Camerae apostolicae, divenendo un personaggio eminente della Curia pontificia. Dal 1460 al 1470 fu governatore di Terracina e rettore di Campagna e Marittima.
All’apice della carriera il M. coronò il proprio prestigio con un’imponente residenza nella sua città di origine, che fu costruita fra il 1450 e il 1458.
L’edificio, in cui nell’inverno 1459 il M. ospitò il pontefice Pio II diretto con la sua corte a Mantova, dove era stata convocata la Dieta, fu certamente preferito alla casa romana, ubicata in Campo Marzio presso la chiesa di S. Lucia, che nel 1469 il M. impegnò per restituire la dote alla vedova del fratello Eleuterio, morto in quell’anno.
Il forte legame con la terra natia, che il M. sempre mantenne nonostante le frequenti e prolungate assenze, è dimostrato anche dall’attiva partecipazione alla vita comunale.
Il suo interessamento agli affari cittadini è testimoniato dal 1429, quando fu eletto fra i 24 consiglieri de capite superiore; ma fu negli anni della maturità, quando il M. aveva già consolidato la propria posizione in Curia, che la sua opera a favore del Comune ternano fu più consistente. Nel 1446, anno in cui era tesoriere delle armate pontificie, fu nominato avvocato del Comune per un semestre; nel 1447, per conto della stessa istituzione, diede inizio alle trattative per acquistare dalla Camera apostolica il castello di Miranda, operazione che portò a termine con successo nel 1453; nel 1455, su richiesta dello zio Ludovico, fece da arbitro nella controversia sorta tra il capitolo e i canonici della cattedrale da un lato e i Priori dall’altro.
L’ultima notizia sul M. in vita risale all’8 genn. 1472, quando stipulò un contratto notarile nella sua casa di Terni (Arch. di Stato di Terni, Comune, Instrumenti, vol. 1805, cc. 212v-213). Il 21 ott. 1474 fu redatto un atto di divisione dei beni conseguente alla sua morte (Ibid., Notarile…, 20, cc. 274v-278): con tutta probabilità il M., che fu sepolto nella cappella di famiglia della cattedrale di S. Maria, doveva essere morto poco tempo prima.
Uomo di successo sul piano professionale, il M. coltivò anche vasti interessi culturali, testimoniati dalla ricca biblioteca che fu spartita tra gli eredi alla sua morte, comprendente oltre 150 volumi, fra testi giuridici, classici e umanistici. Frequentò alcuni fra i più noti letterati dell’epoca: nel 1465 Giovanni Tortelli gli dedicò la sua traduzione latina della Vita Romuli di Plutarco, mentre Roberto degli Orsi, che su sua sollecitazione lasciò la poesia per la carriera amministrativa, gli dedicò uno dei suoi poemi. Fu inoltre il destinatario dell’opera De constructione partium orationis di Giovanni Sulpizio da Veroli e di una delle tre versioni della Grammatica di Pomponio Leto, in cui l’autore ricorda gli studi comuni e l’antica amicizia. Ebbe uno scambio epistolare con Pier Candido Decembrio e fu elogiato da Biondo Flavio che, parlando di Terni nella sua Italia illustrata, scrisse: «Ornatur ea civitas Ioanne Macincollo Camerae Apostolicae auditore legum ac bonarum artium studiis decorato» (p. 77).
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