MESTICA, Giovanni
– Nacque a Favete di Apiro (Macerata) il 27 dic. 1831, terzogenito di Giacinto, sarto di campagna, e di Orsola Clementi.
Il padre acquistava, nei periodi di scarso lavoro, stoffe nell’Anconetano per confezionare abiti e rivoltava e rattoppava gli abiti vecchi dei contadini, per poi vendere tale merce nell’Agro romano durante la stagione invernale. La famiglia si distinse nel campo delle lettere e delle arti a partire da Francesco, fratello primogenito del M., e dalla sua discendenza, tra cui il letterato Enrico, l’elegante scrittrice Pia (1847-1882), maritatasi con il poeta e letterato A. Chiappetti, e la poetessa Luisa (1852-1944), sposatasi con il recanatese Filippo Galamini.
Dal 1843 al 1849 il M. compì gli studi liceali a Pesaro, dove teneva la cattedra di eloquenza il fratello Francesco, che gli fu maestro di vita e di letteratura; nel capoluogo marchigiano conobbe, tra gli altri, F. Cassi e T. Mamiani. Negli anni seguenti fu professore municipale di grammatica e di retorica ad Apiro. Morti nel 1864 il padre e Francesco, provvide al sostentamento della vedova di questo e dei sei figli orfani. Dopo aver insegnato nelle scuole medie di Tolentino, Cingoli e Jesi, vinse per concorso, nel 1881, la cattedra di ordinario di letteratura latina a Pavia e di letteratura italiana a Palermo, optando per quest’ultima. In questi anni il M. risiedé nella capitale e fece carriera nel ministero della Pubblica Istruzione: capo divisione con il ministro G. Baccelli, segretario particolare del sottosegretario F. Mariotti, gli venne affidata, nel 1887, la direzione degli studi classici dal ministro M. Coppino, carica che mantenne fino al 1890 e nell’ambito della quale rivelò una notevole preparazione sugli ordinamenti e sulla legislazione scolastica. Il 23 nov. 1890 fu eletto deputato per il collegio unico di Macerata con 5011 voti, dietro i nobili A. Costa e P. Ricci.
Alla Camera rimase per cinque legislature (XVII-XXI), eletto, dopo l’abolizione dello scrutinio di lista e fino al decesso, per il collegio di San Severino Marche. Notabile di schietta fede liberale, molto radicato nel territorio tanto che fin dagli anni Settanta risulta uno dei grandi elettori del collegio, incontrò qualche problema solo con le consultazioni per la XIX legislatura: il 26 maggio 1895 venne eletto l’avvocato C. Bernabei che però il 10 giugno 1896 si vide annullata l’elezione dalla Camera contro le conclusioni della Giunta delle elezioni che, constatati casi di corruzione in due sezioni, aveva proposto sia l’annullamento del voto sia il ballottaggio tra lui e il Mestica. La Camera decise invece elezioni suppletive, nelle quali, il 28 giugno 1896, il M. prevalse con il 53,7% dei voti sull’ex deputato A. Lazzarini, avvocato di Pollenza.
Giunto in Parlamento come esponente della Sinistra crispina, il M. abbracciò l’orientamento liberaldemocratico dei programmi di G. Giolitti (e dunque F. Crispi si attivò per evitare la sua rielezione alla Camera). Durante la crisi di fine secolo egli costituì nelle Marche, insieme con E. Stelluti Scala, deputato di Fabriano e futuro ministro, l’opposizione costituzionale ai governi Rudinì e Pelloux, opposizione che in seguito si riqualificò attorno ai programmi della sinistra giolittiana. Amico e intimo di G. Zanardelli, a Montecitorio fece parte di diverse commissioni, occupandosi soprattutto di istruzione pubblica: presentò un disegno di legge sul riordinamento dell’istruzione media e sull’istituzione della scuola popolare; si occupò dei problemi dell’istruzione obbligatoria, dell’autonomia universitaria e del riordinamento dei Consigli provinciali, degli istituti di magistero femminile e delle scuole italiane all’estero; ottenne il pareggiamento dell’Università di Macerata e l’istituzione della Deputazione marchigiana di storia patria, di cui fu, dopo il conterraneo F. Mariotti, secondo presidente (1900-02); fu infine relatore della legge che dichiarò monumento nazionale la tomba di G. Leopardi. Dopo aver disertato i lavori della XIX legislatura, si distinse nella XX intervenendo sul bilancio della Pubblica Istruzione e degli Esteri; scarsa, infine, fu la sua partecipazione alla XXI legislatura.
Il M. si dedicò molto agli studi letterari. Formatosi alla scuola classicista marchigiana e distintosi in gioventù come valente latinista, inaugurò un moderno indirizzo negli studi di critica letteraria. Nella sua produzione si segnalano studi latini, traduzioni (in particolare delle orazioni di Demostene e di Cicerone), poesie, iscrizioni, opere di legislazione e di amministrazione scolastica, discorsi politici (su G. Garibaldi, Vittorio Emanuele II, T. Mamiani), saggi di storia politica, civile e letteraria. Raggiunse la notorietà con i trattati scolastici (Istituzioni di letteratura, Firenze 1874-75; Manuale della letteratura italiana nel secolo XIX, ibid. 1882-87), con gli studi sul Seicento (T. Boccalini e la letteratura critica e politica del Seicento, ibid. 1868; Gli svolgimenti del pensiero italiano nel Seicento, Palermo 1893), con le esemplari edizioni delle opere di F. Petrarca, A. Manzoni, V. Alfieri, V. Monti, U. Foscolo e di poeti e scrittori marchigiani come L. Mercantini e T. Mamiani. Personalità di fama nazionale, venne definito «Dio Mestica» da F. Pintor in una lettera del 1898 a G. Gentile, in relazione alla sua edizione critica del 1895 delle Rime di Petrarca. Ma il maggior impegno critico e letterario il M. lo riservò a Leopardi.
Dopo aver pubblicato nel 1880 i saggi Gli amori di Giacomo Leopardi, nel Fanfulla della Domenica, e Il verismo nelle poesie di Giacomo Leopardi, nella Nuova Antologia, dedicò studi e passione costanti al poeta recanatese. Curò due importanti edizioni delle Poesie e, in particolare, in quella del 1886, edita a Firenze da Barbera, ricostruì l’ordine cronologico ed emendò i testi sui manoscritti e le stampe consultati, a cominciare da quelli puerili. L’opera maggiore del M. fu costituita dal volume di Studi leopardiani, edito a Firenze da Le Monnier nel 1901: in esso diede conto degli amori di Leopardi, indagando con rigore il significato poetico delle relazioni intrattenute con una femminilità reale e metaforica; ricostruì l’ambiente culturale e politico del tempo, evidenziando i rapporti tra la famiglia Leopardi e i conti Broglio d’Ajano; pose in relazione la «triplice conversione» (politica, filosofica, letteraria) del poeta con altrettante forme e caratteri delle sue opere; mantenne un livello misurato nell’esame dei fatti, degli episodi e degli aneddoti, alcuni dei quali raccolse dalla voce di quanti conobbero il poeta, come il conte Carlo Leopardi e lo scrittore santelpidiese Luigi Cicconi; condusse, inoltre, una severa analisi critica sulle edizioni delle poesie e prose originali, evidenziando la scarsezza di serie informazioni e i luoghi comuni nella traduzione francese di F.A. Aulard delle Poesie e delle Operette morali, correggendo sviste ed errori tipografici in cui erano incorsi i primi editori, tra cui G. Chiarini (1869); corresse e puntualizzò passaggi centrali della produzione leopardiana, come quelli relativi all’Infinito, relativamente alla storia del manoscritto e al percorso da infinità ad immensità. Identica, scrupolosa analisi M. dedicò agli originali delle Operette, dei Pensieri e dei Paralipomeni: alcuni personaggi di quest’ultima opera furono identificati dal M. che pubblicò nella Nuova Antologia un saggio (Il «sonatore di violino» nel poema eroicomico del Leopardi, 1901) in cui sottolineò che il concetto politico dominante del recanatese era il Risorgimento d’Italia, processo auspicato ma ritenuto per il momento irrealizzabile; nel personaggio centrale dello scritto, il re Senzacapo, va individuato l’imperatore d’Austria Francesco I d’Asburgo, ottuso e spietato reazionario ma buon suonatore di violino e componente di un quartetto speciale a corte, il cui primo ministro, il principe C.L.W. von Metternich (corrispondente nell’opera al personaggio di Camminatorto), cercò di impedire la pubblicazione degli scritti di Leopardi anche dopo la sua morte.
Accademico della Crusca e commendatore della Corona d’Italia, il M. associò agli studi letterari un profondo interesse verso la cultura e la storia marchigiana. Lasciò al Comune di Apiro la biblioteca di famiglia. Dopo lunga malattia, morì a Roma il 23 giugno 1903.
Fonti e Bibl.: C. Acquacotta, Memorie di Matelica, Ancona 1838; G. Cecconi, I due fratelli Lipaccio e Andrea Guzzolini da Osimo, Osimo 1873; G. M., in L’Ordine. Corriere delle Marche, 24-25 giugno 1903; G. Arangio Ruiz, L’Università di Macerata. Vicende storiche e condizioni attuali, Macerata 1905, II, pp. 69 s.; G. Natali, M. G., in Enc. Italiana, XXIII, Roma 1934, p. 14; G. Piangatelli, Vicende ed umori privati e pubblici del mondo politico maceratese attraverso l’Archivio Luzi (1847-1896), in Studi maceratesi, XV (1979), pp. 299-423, passim; C. Chiodo, Note sulla critica dantesca nelle Marche dal 1861 al 1915, ibid., p. 763; D. Borioni, Apiro e i suoi uomini illustri, Camerino 1967, pp. 39-44; Id., Enrico Mestica letterato e filologo: 1856-1936, San Severino Marche 1986 (alle pp. 52-56 riporta una bibliografia degli scritti del M. poi ripresa dal Foschi); G. Mestica, Studi leopardiani, nuova ediz. a cura di F. Foschi, Ancona 2000, pp. 16-20; M. Severini, Vita da deputato: Ruggero Mariotti 1853-1917, Venezia 2000, ad ind.; Id., Protagonisti e controfigure. I deputati delle Marche in età liberale (1861-1919), Ancona 2002, ad nomen; Giovanni Gentile e il Senato. Carteggio (1895-1944), a cura di E. Campochiaro- L. Pasquini - A. Millozzi, Roma 2004, p. 75; S. Serangeli, Università degli studi di Macerata, in Storia delle università in Italia, a cura di G.P. Brizzi- P. Dal Negro - A. Romano, Messina 2007, III, pp. 285-292; M. Vitaletti, Gymnasion. Storia del liceo classico «Giacomo Leopardi» di Macerata, Pollenza 2008, pp. 48-50, 58; Diz. biogr. dei Marchigiani, Ancona 2002, p. 337; Enc. biografica e bibliografica «Italiana», A. Malatesta, Ministri deputati e senatori d’Italia dal 1848 al 1922, II, p. 197.
M. Severini