PALADINO, Giovanni Michelangelo
PALADINO, Giovanni Michelangelo. – Nacque a Potenza il 24 aprile 1842 da Saverio e da Gaetana Sileo.
Nell’agosto 1860 partecipò all’insurrezione lucana, evento cruciale dell’ultima fase risorgimentale (Nel Cinquantenario del 18 Agosto 1860. Ricordi, in «Il Lucano» nel Cinquantenario della Rivoluzione Lucana, Potenza, 1910, p. 89). Compiuti gli studi universitari a Napoli, il 12 febbraio 1861 conseguì la laurea in medicina e chirurgia veterinaria. Nel gennaio 1862 venne nominato assistente in anatomia e fisiologia sperimentale presso la Scuola superiore di medicina veterinaria di Napoli che, con il decreto del 24 settembre 1860 firmato da Giuseppe Garibaldi, era passata dalla direzione del sacerdote don Francesco Furinzano a quella del professor Almerico Cristin.
Nel 1867, spinto dal suo interesse per la morfologia funzionale, Paladino intraprese un lungo viaggio che lo portò a visitare le scuole di medicina veterinaria di Modena, Bologna, Monaco e Lipsia e gli permise di avere rapporti scientifici con importanti anatomici e biologi quali Andrea Ghiselli, Giovanni Canestrini, Moritz Schiff, Wilh Probstmayr, Franz Wilhelm Schweigger-Seidel. In Germania frequentò i principali laboratori di fisiologia e avviò un serrato confronto con il gruppo di studio di fisiologia di Lipsia guidato da Carl Ludwig.
Con il suo allievo Elias von Cyon, Ludwig era stato autore della descrizione del nervo depressore cardio aortico e del suo ruolo nella funzione cardiaca. L’interesse di Paladino per le ricerche di Cyon e Ludwig rimase costante, come è attestato dalla recensione dei loro lavori sul Sistema nervoso regolatore della meccanica del cuore e dei vasi e sue applicazioni cliniche, pubblicata sulle pagine dell’Archivio della veterinaria italiana, il periodico mensile della Scuola superiore di medicina veterinaria di Napoli, allora diretto da Domenico Vallada, ordinario di zootecnia, igiene e giurisprudenza presso l’Università partenopea (Cecio, 2000, p. 141), di cui Paladino fu redattore dal 1868.
Gli intensi rapporti che Paladino mantenne con la Scuola tedesca gli permisero di divenire membro della Società anatomica di quel paese. Allievo di Antonio De Martino, che si era interessato alla struttura muscolare delle valvole atrio-ventricolari e del foro di Botallo, operò importanti scoperte, come quella del complesso sistema di connessione tra muscolatura atriale e ventricolare che porta il suo nome. Lavorò anche sull’ovogenesi, sulla placentazione nei Mammiferi, sulle multiple sorgenti del sangue, sul sistema nervoso centrale.
Quando De Martino fu chiamato come professore ordinario di patologia generale presso la Regia Università di Napoli, Paladino divenne prima incaricato poi straordinario, e infine, dal 10 febbraio 1869, professore ordinario di zoologia, anatomia e fisiologia sperimentale presso la Scuola superiore di medicina e veterinaria di Napoli. Vi rimase fino al 28 dicembre 1902, data del collocamento a riposo.
Nel 1876, nel lavoro dal titolo Della trasmissione fisiologica della voce attraverso le ossa del cranio mercè il fonifero, e del valore di questo nella clinica otojatrica, pubblicato sulle pagine del quindicinale Il Movimento medico-chirurgico, annunciò la messa a punto di uno dei primi strumenti finalizzati alla risoluzione dei problemi comunicativi nelle sordità trasmissive, cui aveva dato il nome di ‘fonifero’.
Costituito da una barra in legno d’acero terminante in un archetto di metallo – una ‘forca’ – da porre intorno al collo dell’interlocutore mentre l’altro capo veniva posto sulla mastoide o tra i denti del non udente, il ‘fonifero’ aveva la speciale capacità di trasmettere la parola per via dei solidi e non per via aerea. Lo strumento si rivelò particolarmente utile anche per la diagnostica delle diverse forme di sordità e per la valutazione della qualità uditiva.
Pochi anni più tardi, nel 1880, Paladino fu costretto a difendere la primogenitura del suo fonifero rispetto a strumenti introdotti successivamente, come l’audiofono e il dentafono, in una nota dal titolo Dell’arrivo della voce e della parola al laberinto a traverso le ossa del cranio e come ciò siasi ottenuto dal fonifero prima che dall’audiofono, dal dentafono ed apparecchi simili, che pubblicò sul Giornale internazionale delle scienze mediche (n.s., vol. 2, 1880, pp. 853-857; come estratto, Roma-Napoli 1880). Tornò ad occuparsi di audiologia nel lavoro Un caso di audizione colorata, pubblicato in Atti della Regia Accademia delle scienze fisiche e matematiche di Napoli s. 3, X [1904], 2).
Il 21 febbraio 1882, come attestazione del suo prestigio internazionale, la facoltà medica del Rush Medical College di Chicago decise di conferirgli «un diploma d’onore» (v. La clinica veterinaria, 1882, vol. 5, p. 286).
Dopo essere stato nominato professore straordinario, in applicazione dell’art. 69 della Legge Casati, l’11 maggio 1884 divenne professore ordinario di istologia e fisiologia generale presso l’Università di Napoli e gli venne affidata la direzione del relativo gabinetto e poi dell’istituto. Nel 1895, essendo la carica direttiva della Scuola veterinaria di Napoli divenuta elettiva, Paladino venne scelto tramite il voto. Nel 1898, al termine del triennio, venne rieletto per un secondo mandato direttivo, anche grazie all’impulso che aveva dato alla Scuola.
Sotto la sua direzione, essa venne ampiamente ammodernata e si arricchì di nuove strutture. Tra queste, un salone chirurgico ricavato grazie alla realizzazione di una costruzione in ferro e vetro collocata nel chiostro dell’ex convento di S. Maria degli angeli alle croci, in cui la Scuola aveva sede fin dal 1815, che fu completata nel 1908 dal successivo direttore della scuola, Salvatore Baldassarre.
Anche il Museo di anatomia risentì del riordino generale; fu trasferito e riorganizzato in un più ampio locale al secondo piano della Scuola. Ugo Barpi, allievo di Paladino, distintosi particolarmente nel campo della morfologia animale, curò l’allestimento di numerosi preparati anatomici destinati ad arricchire le collezioni del Museo e si occupò della loro catalogazione. Barpi trovò particolare incoraggiamento in Paladino, il quale aveva già provveduto ad acquistare una collezione di modelli in cera eseguiti da Friedrich Ziegler, figlio dell’altrettanto noto ceroplasta Adolf Ziegler, relativi allo sviluppo embrionale dei diversi organi umani e animali. Il Museo conservava arti e cuori iniettati di varie specie di Mammiferi, nonché un bel preparato del nervo di Ludwig e Cyon di coniglio.
Dal punto di vista scientifico, l’impostazione di Paladino si collegò a quella di Salvatore Tommasi, di Jacob Moleschott, di Claude Bernard, di Ernst Wilhelm von Brücke. Era, infatti, interessato a una fisiologia intesa come esame delle funzioni condotto sino agli elementi cellulari. Questa visione è chiaramente espressa nel discorso inaugurale tenuto presso l’Università di Napoli il 2 novembre 1890, intitolato Gl’infinitamente piccoli o i trionfi della dottrina cellulare, pubblicato dalla Tipografia della Regia Università nello stesso anno (ora in M. Martirano, Le orazioni inaugurali dell’Università degli studi di Napoli Federico II (1861-2001), Napoli 2002, pp. 679-697).
Nel 1899 la vita della Scuola venne turbata dalla cosidetta ‘questione Straticò’. Il consenso accordato dal ministro della Pubblica Istruzione Guido Baccelli alla richiesta del quarantaduenne Salvatore Straticò di iscriversi alla Scuola, pur essendo questi – maniscalco presso la medesima Scuola dal 1886 al 1893 – sprovvisto del titolo legale di studio prescritto dal regolamento per l’ammissione, trovò la ferma opposizione del direttore Paladino. Nonostante la solidarietà espressa a Paladino dal Consiglio accademico, il ministro non esitò a disporre la destituzione del direttore e la chiusura della Scuola. La notizia provocò vivaci dimostrazioni dei frequentanti, lo sciopero generale degli studenti di tutte le scuole veterinarie italiane e vibrate mozioni di protesta contro Baccelli (v. La Civiltà cattolica, VI [1899], 1171, p. 110). La ‘questione Straticò’ venne affrontata anche durante i lavori della Regia Società nazionale e Accademia veterinaria italiana, svoltisi proprio nel marzo del 1899; fu approvato un ordine del giorno di protesta contro il ministro e il fatto gravissimo fu riportato nel fascicolo 11 del 18 marzo 1899 del giornale sociale in un articolo a firma del direttore. La questione fu risolta da Nicolò Gallo, successore di Baccelli al ministero della Pubblica Istruzione, nel 1900, «con la cessazione del commissariamento e la riconsegna della direzione della Scuola al professore-anziano che era proprio Paladino» (Cecio, 2000, p. 98). Proprio in quell’anno, peraltro, la Scuola aveva ricevuto la medaglia d’oro alla Esposizione universale di Parigi (v. La clinica veterinaria, 1900, n. 23, p. 420).
Nel 1902, ottenuto il collocamento a riposo per aver raggiunto il limite dei 40 anni di insegnamento nella Scuola, si dedicò esclusivamente alla cattedra di istologia e fisiologia generale della facoltà di scienze dell’Università di Napoli. Nel 1904 venne nominato presidente della Società nazionale di scienze, lettere e arti di Napoli.
Giunto alla massima notorietà nel campo della morfologia funzionale, fu membro, dal 1905 e per un quinquennio, del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione anche per la sua profonda conoscenza delle leggi e degli ordinamenti scolastici nazionali e stranieri. Nel biennio 1907-09 fu rettore dell’Università di Napoli e il 6 marzo 1908 venne nominato senatore del Regno. Fu inoltre cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia (1871) e ufficiale dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro (1905).
Coniugato con Elena Buoncristiano, ebbe un figlio, Raffaele.
Morì a Napoli il 25 gennaio 1917.
Fonti e Bibl.: S. Baldassarre, La Regia Scuola superiore di medicina veterinaria di Napoli dalla sua origine ad oggi (1795-1910), Napoli 1911, passim; A. Cecio, Due secoli di medicina veterinaria a Napoli 1798-1998, Napoli 2000, passim; M. Martirano, Le orazioni inaugurali dell’Università degli studi di Napoli Federico II (1861-2001), Napoli 2002, passim; Repertorio biografico dei senatori dell’Italia liberale 1861-1922, a cura di F. Grassi Orsini - E. Campochiaro, VI, Napoli 2009, ad nomen.