CROTTI, Giovanni Michele
Nacque a Savigliano in provincia di Cuneo dopo la metà del Cinquecento da Carlo.
Dopo aver ricevuto una prima istruzione nella sua città, il C. si trasferì a Torino dove studiò accuratamente le lingue antiche e moderne. Èprobabile che negli anni dal 1570 al 1600 il C. si sia dedicato ad attività umanistiche ed abbia ricoperto incarichi minori nell'amministrazione del ducato di Savoia. Nel 1598 egli pubblicò a Mondovì la traduzione in volgare del De peste di Oggerio Ferreri e Claudio Fabro, che recava in appendice la versione italiana del Portatecum di Giacomo Argenterio. Èquesta l'unica testimonianza di una produzione letteraria che dobbiamo supporre non molto cospicua né, a giudicare dall'opera prescelta dal C. per la sua versione, troppo impegnativa.
Tuttavia la sua cultura e la sua preparazione lo segnalarono nella ristretta cerchia della corte ducale e all'incirca negli stessi anni della pubblicazione del De peste ilduca Carlo Emanuele I lo rilevò dagli incarichi di minore importanza e lo creò consigliere segretario della Cancelleria (1597). Negli anni dal 1597 al 1610 si comportò con zelo e fedeltà e si acquistò a tal punto la stima di Carlo Emanuele che nel 1611, quando l'allora segretario di Stato Bernardino Baretti venne designato dal sovrano a fungere da segretario particolare del principe Emanuele Filiberto alla corte di Spagna, il C. fu chiamato a sostituirlo. Con lettera patente del 13 apr. 1611 l'incarico gli era conferito in forma ufficiale, con la clausola che i "diritti di segreteria" gli spettassero "dal giorno della partenza di esso Baretti" e godesse "dello stipendio ad esso Ufficio già altre volte dichiarato, et da' primi Secretarj goduto... di scudi mille ducento l'anno... cominciando al principio del presente anno, et continuando all'avvenire" (Galli, pp. 38-39). Per quattordici anni, dal 1611 al 1624, il C. tenne la carica di primo segretario di Stato, comportandosi con equilibrio, lealtà e senso politico, in uniformità con le direttive della politica ducale e senza interferirvi.
Prova ne sono alcune lettere di Carlo Emanuele, dalle quali appare che il C. era chiamato dal duca per consiglio su importanti affari di Stato, come quella del 24 luglio 1613 a Emanuele Filiberto, dove si dice che il C. legge la corrispondenza riservata del suo signore in merito al progettato matrimonio della figlia Maria con il principe di Galles (Claretta, p. 328). Che poi il C. facesse da intermediario e da confidente tra Carlo Emanuele e il figlio è dimostrato dalla lettera di questo ultimo, da Anguilara, 22 ott. 1617, al padre. Dopo uno sfogo ambizioso, Emanuele Filiberto conclude: "mando il Crotti, il quale vi rappresenterà tutto questo ed altri particolari che non sono per lettere" (ibid., p. 346). Inoltre Anastasio Germonio, ambasciatore di Piemonte in Spagna, scrivendo il 23 dic. 1621 a Emanuele Filiberto, si augura che "il segretario Crotti faccia partecipe V. A. di quanto scrive" (ibid., p. 354), e questo conferma la influente posizione che il C. aveva raggiunto alla corte ducale.
Il 1° febbr. 1620 il C. aveva acquistato dalla città di Savigliano il feudo di Levaldigi (elevato al rango di contea con lettera patente di nobiltà consegnata dal duca di Savoia alla R. Camera dei conti di Torino il 4 febbr. 1596), per cui egli poté fregiarsi di quello di conte di Levaldigi e consignore di Costigliole, riconosciuto dopo la sua morte anche al figlio Carlo Francesco (10 ott. 1625).
All'inizio del 1625 il C. fu nominato governatore di Savigliano e ringraziò il corpo civico della città con una lettera di accettazione da Torino del 19 gennaio dello stesso anno.
Delle sue relazioni con i contemporanei si hanno scarse notizie, e si deve supporre che siano state intense a livello di segreterie degli Stati europei e nei rapporti amministrativi tra i vari corpi del ducato sabaudo. t probabile che il C. abbia conosciuto, nel periodo del suo soggiorno torinese (1608-1615), il poeta Giambattista Marino. In questo caso si potrebbe identificare con il C. il personaggio menzionato dal Marino in una sua lettera del 1620 dall'esilio parigino a don Lorenzo Scotto: "scrissi... al signor Dionigi Meinier che sta col signor Crotti", a proposito di una cassa di libri suoi rimasti a Torino (Epist., p. 238), e in un'altra del 1621, sempre da Parigi ancora allo Scotto: "Ma il signor Conte di Verrua ed il signor Crotti scrissero qua che S. A. mi voleva mandare un regalo..." (ibid.). Di qui si ricava che il C., se di lui come par chiaro si tratta. aveva una posizione influente alla corte di Torino, al punto di ospitare nella sua casa personaggi ragguardevoli ed ambasciatori stranieri, se anche dopo la sua morte, in essa fu accolto nel 1628 il poeta Fulvio Testi: "Don Melchiorre... mi menò a casa del Crotti, che fu già segretario del signor Duca, dove fui alloggiato nella medesima stanza dove prima era stato il Vescovo di Ventimiglia" (Lettere, I, p. 148).
Pochi mesi dopo la nomina a governatore, il C. si ammalò e morì in pochi giorni, verso la metà del 1625, "con rammarico del Duca e con l'universale compianto" (Galli della Loggia, p. 42). Secondo il Marino e A. Olmo (Savigliano..., Savigliano 1970, p. 82), morì invece di un colpo d'archibugio a Savignone presso Genova, facendo scudo del proprio corpo al sovrano, il 16 maggio 1625.
Dalla moglie Lucrezia Vena, sposata nel 1602, ebbe cinque figli. Carlo Francesco, erede del titolo, fu maestro di cerimonie del duca Carlo Emanuele II e colonnello delle milizie del marchese di Saluzzo.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Torino, Sezioni riunite, Patenti Piemonte, reg. 30, 1610 in 1612, pp. 116-117; Controllo Finanze, reg. 20, 1607 in 1608, p. 302; 22, 1610 in 1611, p. 130; G. B. Marino, Epistolario, a cura di A. Borzelli-F. Nicolini, Bari 1911-12, I, pp. 238, 301 (lettere CXLV e CLXXV); F. Testi, Lettere, a cura di M. L. Doglio, I, Bari 1967, p. 148 (lettera 145); A. Rossotti, Syllabus scriptorum Pedemonti, Monteregali 1667, p. 374; S. Guichenon, Histoire généal. de la Royale Maison de Savoie, II, Torino 1778, p. 448; O. Derossi, Scrittori piemontesi, savoiardi, nizzardi, Torino 1790, p. 177; P. G. Galli della Loggia, Cariche del Piemonte, III, Torino 1798, pp. 38-42; C. Novellis, Biografia di illustri Saviglianesi, Torino 1840, pp. 90-92; G. Claretta, Il Principe Emanuele Filiberto di Savoia alla corte di Spagna, Torino 1872, pp. 328 s., 346 ss., 354; A. Franchi Verney, Armerista delle famiglie nobili e titolate della Monarchia di Savoia, Torino 1873, p. 61; A. Manno, Il patriziato subalpino, I, Firenze 1895, p. 252; VIII (datt., Roma, Bibl. d. Diz. Biogr. d. Ital.), pp. 426 s.