SARACENI (in alcune trascrizioni Saracino), Giovanni Michele
SARACENI (in alcune trascrizioni Saracino), Giovanni Michele. – Nacque a Napoli il 1° dicembre 1498 da famiglia di antica nobiltà in possesso di numerosi feudi nel Regno di Napoli, tra cui il più rilevante era quello di Torella nel Principato Ultra.
Il padre Sigismondo, morto nel 1525, fu consigliere di Alfonso II d’Aragona e acquistò nel 1497 il feudo di Guardia Lombardi, ottenendo nel 1503 la conferma del possesso di Torella e degli altri feudi da Ferdinando il Cattolico. Sposò Ippolita, figlia di Luigi di Mondragone dei Carafa della Stadera, e da lei ebbe numerosi figli e figlie. Fratelli e sorelle di Giovanni Michele furono il primogenito Giovanni Camillo e Giovanni Fabrizio, Giovanni Luigi, Giovanni Annibale, Andreana, poi sposa di Giovanni Michele Riccio, Lucrezia, sposa di Giovanni Battista Tocco di Montemiletto, e Raimondella, sposa di Innico de Guevara.
Nelle guerre d’Italia, durante la spedizione di Odet de Foix visconte di Lautrec, i fratelli Giovanni Camillo e Giovanni Fabrizio si schierarono per la Francia e, nel 1528, subirono la confisca di tutto il patrimonio feudale di famiglia. Rientrarono nel ‘perdono’ concesso da Carlo V il 10 luglio 1529, anche in considerazione dei precedenti servizi resi alla corte e della prigionia che Giovanni Fabrizio aveva subito a opera dei francesi dopo la battaglia di Pavia. I Saraceni restarono però privati definitivamente degli importanti feudi di Torella e di Guardia Lombardi.
Non è possibile conoscere le tappe della formazione di Giovanni Michele. Fu consacrato arcivescovo di Acerenza e Matera il 23 marzo 1536 dall’arcivescovo di Taranto Antonio Sanseverino e ne restò titolare fino al 1555.
Matera, cattedra di nomina regia, era una tipica diocesi che vedeva dinastie di episcopi assumerne la carica. Per lungo tempo fu ricoperta da rappresentanti della famiglia Palmieri. Giovanni Michele interruppe la sequenza e inaugurò quella della sua famiglia, poiché alla sua morte fu nominato vescovo Sigismondo Saraceni.
Fu padre conciliare e partecipò attivamente alla prima fase del Concilio di Trento, soprattutto alla discussione sulla residenza dei vescovi, che si tenne nelle congregazioni generali del 9 e 10 giugno 1546 nelle quali fu avanzata la proposta di approvare l’obbligo di residenza come ius divinum, incontrando la ferma opposizione di molti padri conciliari. Saraceni si schierò con forza contro i fautori dello ius divinum di residenza. In occasione della stesura dei canoni sul battesimo fu poi contrario alla consuetudine dei padrini per procura; altresì si oppose fermamente alla possibilità che i laici potessero toccare l’eucarestia. Pur essendo considerato suddito imperiale, in quanto nativo di Napoli, appoggiò la volontà pontificia della traslazione del Concilio da Trento a Bologna, in contrasto con la volontà di Carlo V. Quando, a seguito della dura protesta dell’imperatore, Paolo III dovette convocare, per sentirne le ragioni, le delegazioni di coloro che erano rimasti a Trento e di coloro che invece erano andati a Bologna, Saraceni fu uno dei sei vescovi designati per sostenere la scelta bolognese.
Svolse una carriera soprattutto romana, grazie molto probabilmente alle posizioni filopapiste tenute a Trento. Fu infatti molto apprezzato per la sua dottrina dal cardinal legato Giovan Maria Ciocchi Del Monte, che divenuto papa Giulio III lo nominò come primo titolare dell’ufficio di governatore di Borgo e successivamente anche governatore di Roma, dal 29 dicembre 1550 al 20 novembre 1551. A quella data lo stesso pontefice lo creò infine cardinale. Prese parte alla revisione degli atti del Concilio di Trento con altri messi papali e nel corso del pontificato di Giulio III partecipò, con posizioni sempre contrarie, ai dibattiti sui progetti di riforma in materia di vescovi, assumendo quindi una fisionomia marcatamente conservatrice. Prese parte a ben quattro conclavi: nell’aprile 1555, nel maggio 1555, nel 1559 e in quello che si tenne dal 20 dicembre 1565 al 7 gennaio del 1566. Fu anche chiamato in qualità di amministratore apostolico della diocesi di Lecce dal settembre al dicembre 1560, un governo breve che gli consentì tuttavia di spianare la strada alla nomina a guida della diocesi del nipote Annibale. Membro dell’Inquisizione romana dal 1563, partecipò tra il novembre di quell’anno e il 12 luglio 1565 a quasi tutte le congregazioni del S. Uffizio. L’ultima cui pose la sua firma fu quella del 24 gennaio 1566. Fu anche tra i protettori della casa romana dei catecumeni.
Morì a Roma il 27 aprile 1568.
Fonti e Bibl.: Catholic Church and modern science. Documents from the Archives of the Roman Congregations of the Holy Office and the Index, 1, Sixteenth-century documents, a cura di U. Baldini - L. Spruit, Roma 2009, I, pp. 823-840, III, p. 2063, IV, p. 2930.
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