MIRA, Giovanni
– Nacque a Milano il 1° giugno 1891 da Francesco, commerciante serico, membro di una famiglia dell’agiata borghesia milanese, e da Eva Gorra. Dal 1° ott. 1897 fino ai tredici anni fu allievo della scuola internazionale di Milano, frequentata soprattutto dai figli degli stranieri residenti in quella città; quindi si iscrisse alla 3° classe ginnasiale del liceo-ginnasio Parini, di cui era preside L. Rostagno, al quale il M., ottimo allievo, rimase particolarmente affezionato.
Finito il liceo, affrontò il servizio militare con un anno di anticipo ma usufruendo della ferma ridotta grazie all’istituzione del «volontariato», che permetteva ai giovani in possesso di un titolo di studio e in grado di pagare una certa somma di evitare il servizio di due anni.
Il M. – che contava così di affrontare insieme gli obblighi di leva e il primo anno di università – si arruolò nel 68° reggimento di fanteria, di stanza a Milano. Quando stava iniziando a preparare qualche esame universitario in attesa del congedo, scoppiò la guerra tra Italia e Turchia; il suo reggimento fu selezionato per formare un corpo d’armata speciale per la Libia per cui, nell’ottobre 1911, si imbarcò per Bengasi.
Non partecipò a operazioni militari fino alla battaglia delle Due Palme (12 marzo 1912); promosso sottotenente di complemento e trattenuto alle armi oltre l’anno di volontariato, anche perché cominciava ad «assaporare le gioie del comando coi galloni di sottufficiale» (G. Mira, Memorie, Vicenza 1968, p. 65), divenne quindi ufficiale di complemento.
Lasciò la Libia dopo sette mesi, perché malato di tifo, e tornò agli studi universitari presso la facoltà di lettere e filosofia, dove conseguì successivamente il diploma di secondo grado di lingua e letteratura tedesca, il diploma di paleografia e diplomatica e la laurea in lettere; da subito si dimostrò interessato soprattutto alle lezioni di storia moderna, tenute da G. Volpe, che divenne il suo maestro.
A Volpe, tuttavia, avrebbe poi rimproverato l’incapacità di fondere rappresentazione e moralità, cioè l’incapacità di fornire un’interpretazione sintetica, per quanto rivedibile, del fatto storico. Secondo il M., l’indulgenza di Volpe verso una «concezione attivistica e dinamistica della storia epperò della vita, che in sostanza consiste nell’ignorare i valori morali» spiega l’adesione di quest’ultimo al fascismo (ibid., p. 72). E quando nel novembre 1920 B. Mussolini pubblicò sul suo giornale la lettera di adesione di Volpe al movimento fascista, il M. chiuse per sempre i suoi rapporti col maestro. Non a caso, nelle Memorie, il M. descriveva – subito dopo quella di Volpe – la figura di P. Martinetti, suo «maestro di filosofia», al quale riservava parole di profonda stima.
Tra il 1912 e il 1913 il M. rifiutò l’invito a iscriversi all’Associazione nazionalista, poiché riteneva che l’ideale di patria da questa sostenuto fosse altra cosa rispetto agli «ideali di libertà, di giustizia, di umanità in cui i condottieri del Risorgimento avevano sublimato il patriottismo» (ibid., p. 82). Nel luglio 1914 fu richiamato alle armi per tempo indeterminato presso il 24° reggimento di fanteria di Novara.
Entrata l’Italia in guerra, fu inizialmente impegnato nel guarnire le trincee scavate sul versante dell’Astico, in attesa del primo scontro contro gli Austriaci che avvenne nell’agosto sul monte Coston; nella zona, partecipando agli assalti per conquistare una certa trincea situata davanti ai forti austriaci, il M. fu gravemente ferito e ricoverato in ospedale.
Nell’estate del 1916, giudicato permanentemente invalido, fu quindi congedato. Dopo Caporetto, su invito del romanista P. Bonfante e dello storico del diritto A. Solmi, collaborò all’opera dell’Unione generale degli insegnanti italiani e fu segretario del comitato lombardo, scrivendo tra l’altro La parola del soldato (Milano 1918). Negli ultimi mesi della guerra, su consiglio di Volpe, tenne alcune lezioni di storia moderna alla scuola di perfezionamento per gli ufficiali dell’8ª armata. Dal 1917 fu consigliere del Circolo filologico e del Touring Club italiano. Il 10 apr. 1918, per gli esiti permanenti di una frattura alla gamba destra, si iscrisse all’Associazione mutilati. Negli stessi anni aveva anche cominciato a insegnare.
Fu docente presso il liceo Parini: di tedesco nel 1917-18, di storia e geografia nel 1918-19, di materie letterarie nel 1919-20 e 1920-21 e anche, come supplente, di storia e geografia al liceo Manzoni nel 1919-20. Poi, ancora, insegnò materie letterarie al Parini nel 1921-22.
L’8 marzo 1923 vinse, come dodicesimo classificato, il concorso ministeriale per cattedre di geografia e storia «in sedi di primaria importanza».
Fin dagli esordi del fascismo si era dedicato all’attività politica in posizione contraria al movimento, partecipando con F. Turati, C. Sforza, L. Albertini, G. Amendola e A. De Gasperi al comitato delle opposizioni. Collaborò attivamente con F. Parri, R. Bauer e F. Sacchi al periodico Il Caffè, dove pubblicò, tra l’altro, una «lettera aperta» a Volpe (A cuore aperto, 25 genn. 1925). Fra il 1924 e il 1925, insieme con Amendola e gli altri, contribuì alla formazione dell’Unione nazionale e, nel 1925, fu rimosso dalla cattedra al Parini per non aver accettato un trasferimento punitivo a Catania conseguente alla sua attività politica. Avendo presentato ricorso senza ricevere risposta, chiese l’aspettativa e, il 16 dic. 1925, fu dichiarato dimissionario dal ministro P. Fedele.
Ricevette alcune lettere di solidarietà tra le quali quelle di S. Jacini, del deputato G.B. Boeri e di G. Ansaldo. Intrattenne, in quel periodo, affettuose corrispondenze con molti illustri personaggi, tra i quali E. Vigorelli, Bettina Gemma Ochs, A. Albertini, Bauer, R. Morandi, F. Santi, Turati, Antonio e Lelio Basso, Fabio Luzzatto, G. Visconti di Venosta.
Nel dicembre 1927, mentre si recava in Germania per conto dell’editrice De Agostini al fine di collocare alcune monografie dal titolo «Visioni italiche», edite sotto gli auspici della Compagnia italiana turismo (CIT), da poco fondata, fu fermato in quanto iscritto nell’elenco degli oppositori del regime. Lasciato libero di espatriare per il diretto intervento della De Agostini e grazie all’interesse che il fascismo riconosceva all’iniziativa editoriale, al ritorno da Lipsia fu nuovamente fermato, gli fu ritirato il passaporto e fu iscritto nella rubrica di frontiera (con numero 20526) al fine di impedirne l’espatrio.
Era inserito nell’elenco degli oppositori perché, come scriveva la prefettura di Milano, egli era: «Liberale. Già direttore del periodico Il Caffè». Nel 1928 fu sospettato di appartenenza alla Giovane Italia ma non furono trovate prove in proposito.
I suoi incarichi pubblici furono pian piano resi impossibili e dovette lasciare anche il consiglio del Touring Club italiano. Mantenne comunque il ruolo di consulente, seppur non dichiarato, dell’Istituto per gli studi politici internazionali (ISPI), fondato nel 1934, e fu direttore della rivista dell’Istituto, Relazioni internazionali, pubblicata dal 1935, fino allo scoppio della guerra. Nel 1932 pubblicò, per la Mondadori, Autunno 1918 (Milano), un saggio di storia nel quale venivano analizzati gli avvenimenti che avevano condotto alla fine della prima guerra mondiale. Per la stessa casa editrice svolse in quegli anni anche lavori di traduzione e valutazione di opere. Sempre nel 1932 chiese il passaporto per motivi di studio, ottenendo parere favorevole dalla prefettura e dalla divisione di polizia politica, perché lontano dall’attività militante, ma fu lo stesso ministero dell’Interno a bloccare la richiesta e chiese anzi che il M. venisse sottoposto a stretta sorveglianza per evitarne l’espatrio clandestino. Medesimo trattamento fu riservato alla moglie Elena Fiorentino.
Trascorse lunghi periodi in Campania. Il 27 marzo 1937 un comunicato della prefettura segnalava al ministero dell’Interno che il M. proseguiva l’attività presso l’ISPI, mentre nel 1940 la prefettura di Salerno, che lo controllava in quanto al momento residente presso villa Cimini a Mainzi, dichiarò la sua condotta «non rilevante». Dal 1942 fu nuovamente a Roma, dove avrebbe partecipato alla Resistenza. Sotto il governo Badoglio gli fu affidato l’incarico di riorganizzare l’Opera nazionale combattenti (ONC) di cui fu commissario dal giugno del 1944 fino al 1952; nel 1945 fu capo della segreteria personale del presidente del Consiglio F. Parri. Nel dopoguerra fu vicepresidente del Touring Club italiano (1946) e membro del consiglio direttivo dell’Istituto per gli studi di economia (ISE). Continuò, comunque, a svolgere attività di storico.
Il M. collaborò con L. Salvatorelli alla compilazione dell’importante Storia del fascismo (Roma 1952), quella «monumentale opera alla quale restano in maniera duratura legati i nomi di Salvatorelli e di Giovanni Mira» (Saitta, p. 250) che, riveduta e ampliata, fu nuovamente pubblicata quattro anni dopo – e in successive edizioni – con il titolo La storia d’Italia nel periodo fascista (Torino 1956). Il M. aveva inoltre accettato di dedicarsi alla continuazione dell’opera Storia del Risorgimento italiano e dell’Unità d’Italia (8 voll., Milano 1934-65) iniziata da C. Spellanzon, per cui produsse una notevolissima mole di appunti organizzati in capitoli e moltissime schede bibliografiche, ma che fu conclusa da E. Di Nolfo.
Di fatto, per il riacutizzarsi dell’infermità legata alle ferite di guerra, il M. fu costretto a sospendere l’attività lavorativa e a ritirarsi in campagna, ad Alzano Lombardo (Bergamo), dove morì il 6 luglio 1966.
Fonti e Bibl.: Milano, Archivio delle civiche raccolte storiche, Fondo Giovanni Mira (materiali di lavoro, manoscritti di opere, corrispondenza, pagelle scolastiche, documenti ufficiali); Ibid., Istituto nazionale per la storia del movimento di Liberazione in Italia, Fondo Basso (alcune lettere del M.); Ibid., Università degli studi, Biblioteca del Dipartimento di storia della società e delle istituzioni, Fondo Mira (843 opere della biblioteca del M.); Roma, Archivio centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Direzione generale Pubblica Sicurezza, Casellario politico centrale, fasc. Giovanni Mira. Cfr. ancora: Il Caffè: Giornale dell’antifascismo, introduz. e cura di B. Ceva, Milano 1961, ad ind.; A. Saitta, Momenti e figure della civiltà europea. Saggi storici e storiografici, V, Roma 1997, ad ind.; Enciclopedia dell’antifascismo e della Resistenza, III, Milano 1976, s.v.; Dizionario enciclopedico italiano, VII, sub voce.
L. Vergallo