MONTORFANO, Giovanni
MONTORFANO, Giovanni. – nacque dal pittore Paolo o Paolino Montorfano, attivo a Milano nei primi decenni del XV secolo (Reghezza, 1908-11, p. 161).
La prima notizia che lo riguarda si colloca intorno al 1452, quando richiese al duca di Milano, Francesco I Sforza, il pagamento per alcuni lavori realizzati nel castello di Porta Giovia (De Floriani, M. G., 1991, p. 517). In un atto stipulato a Genova l’11 settembre 1455 il maestro Giovanni Pietro da Milano si dichiarò debitore di 32 lire nei confronti di Giovanni Montorfano «pictori habitatori dicte civitate ianue » (Alizeri, 1870, p. 274). Il 19 luglio dell’anno successivo compare a Pavia in qualità di fideiussore in occasione della commissione al maestro Baldino di Surso di un’ancona lignea destinata alla cattedrale di Voghera (Maiocchi, 1937, p. 88, doc. 40). Il 15 luglio 1457 nominò la madre Margherita e la moglie Battistina come procuratrici assieme a Raimondo degli Scaranasii e Beltramino Carrerio perché «si termini ogni dritto che rimanesse per sue fatiche con Cristoforo de’ Moretti pittore cremonese» (Alizeri, 1870, p. 275). Sulla base di quanto indicato da Alizeri, il 1° febbraio 1457 aveva consegnato una pala d’altare commissionata da Jacopo di leone, mentre una seconda tavola, raffigurante «San Beda», era stata realizzata precedentemente da un certo «Iohannem (de Mediolano)», secondo l’erudito identificabile nel Montorfano, per il monastero di S. Benigno a Genova (ibid., pp. 276 s.). Per entrambe le opere risultò necessario giungere a un compromesso riguardo al prezzo; il 3 febbraio 1448 fu stipulato un atto nel quale «Iohannem (de Mediolano)» è citato quale esecutore della pala di S. Benigno (ibid., p. 277), mentre l’11 febbraio 1457 il frate Ambrogio De Marini, abate di S. Fruttuoso di Capodimonte, e il pittore Cosimo Re compaiono quali arbitri per la commissione dell’ancona affidata da Jacopo di leone (ibid., pp. 276 s.). Per De Floriani (M. G., 1991, p. 517) non sembra tuttavia possibile identificare il «Iohannem (de Mediolano)», autore della tavola destinata a S. Benigno indicato da Alizeri, con Montorfano, del quale «nei documenti genovesi posteriori […] viene sempre specificata la località di provenienza, con funzione di cognome». la studiosa ipotizza inoltre che la presenza nel compromesso dell’11 febbraio 1457 dell’abate Ambrogio De Marini possa suggerire una originale destinazione dell’ancona alla chiesa di S. Fruttuoso di Capodimonte. Non condivisa (ibid.) è inoltre la proposta di inserire tra le notizie biografiche relative a Montorfano l’atto del 21 ottobre 1448 (Reghezza, 1908-11, p. 163; Gagliano Candela, 1987, p. 712) riguardante un accordo con il priore del monastero di S. Benigno per l’esecuzione a Pavia di una pala d’altare raffigurante al centro S. Gerolamo analoga a quella realizzata per la cappella di Antonio Gentile collocata nella chiesa genovese di S. Siro.
Il 2 gennaio 1460 Montorfano risulta debitore nei confronti del Comune di Genova (Alizeri, 1870, p. 286), mentre al 30 agosto 1463 si colloca l’affidamento a lui di una pala d’altare rappresentante i Ss. Crispino e Crispiniano, secondo la De Floriani (M. G., 1991, p. 517) destinata a una chiesa di Chiavari, centro da dove provenivano i committenti (Alizeri, 1870, pp. 279 s.). Il medesimo giorno il doge e gli Anziani della Repubblica di Genova affidarono ai sindacatori l’incarico di determinare una sentenza connessa a una lite nata tra Montorfano e il collega Gasparino dell’Acqua (ibid., pp. 286 s.). Del 5 maggio 1466 è il contratto con il quale gli venne affidato dal nobile Battista Spinola di Luccoli l’incarico di dipingere una pala d’altare con la Trinità e santi, verosimilmente destinata a decorare la chiesa genovese delle monache cistercensi di S. Tommaso, dove viveva la sorella di Battista (ibid., pp. 280 s.).
Al 7 gennaio 1470 si data la commissione al pittore, tramite l’orafo Eligio Lancia, da parte dei disciplinanti della Confraternita di S. Maria di Castello a Savona, di una croce lignea intagliata, dipinta e dorata, opera che, il 15 maggio dell’anno successivo, venne periziata a Genova «in apotecha Nicolai batirolo Alamani» alla presenza degli orafi Giovanni Antonio Achino, Antonio Coccio e Giovanni di Valerio, nonché dei pittori Cosimo Re, Bartolomeo d’Amico e Cristoforo Della Torre (Alizeri, 1870, pp. 284-286). Il manufatto raffigurava sul recto il Cristo crocifisso con le figure intagliate e a rilievo di S. Giovanni Evengelista, della Vergine, di Maria Maddalena e del Pellicano. Sul verso era inserita l’immagine della Madonna col Bambino corredata da quelle dei Quattro evangelisti, sempre in rilievo. Come ricostruito da Cervini (1999, p. 214), si trattava «di una croce astile, destinata ad essere esibita in processione».
Non sembra possibile inserire Montorfano tra i pittori che nel 1473 vennero convocati per periziare gli affreschi realizzati da Stefano de Fedeli e Giacomo Vismara nel castello sforzesco di Milano (Reghezza, 1908-11, p. 165; De Floriani, M. G., 1991, p. 518): come indicato in un documento successivo al dicembre 1473, per tale incarico vennero infatti coinvolti «magistro Stefano de li Magisti», «maestro Vincentio da Fopa», «maestro Cristoforo di Moreti » e «maestro Baptista de Montorfeno», personalità, quest’ultima, che non pare identificabile con Montorfano, indicato nelle attestazioni d’archivio sempre come «Johannes». Gli stessi pittori compaiono in un secondo atto del 17 luglio 1473 con il quale veniva presentata a Galeazzo Maria Sforza la stima di Foppa per alcuni lavori eseguiti nella cappella inferiore del castello (Leydi, 2003).
Il 10 dicembre 1474 venne ordinato a Montorfano un dipinto destinato alla chiesa di S. Maurizio della Riva presso Dolceacqua (Reghezza, 1908-11, p. 230), opera per la quale il 22 luglio 1476 l’artista ottenne una quietanza di 89 lire (ibid., pp. 127, 168; per lo studioso l’opera doveva raffigurare il santo titolare: Id., 1912, p. 80). Stabilitosi nel Ponente ligure, il 6 aprile 1475 Montorfano affidò al pittore Gian Giacomo da Lodi l’incarico di seguire e liquidare alcuni suoi interessi a Milano (Id., 1908-11, p. 127). Il 12 dicembre del medesimo anno (De Floriani, M. G., 1991, p. 518), il nobile Bartolomeo Doria risulta aver promesso al pittore dei terreni quale compenso per l’esecuzione di alcuni lavori, richiedendo nel contempo a Giovanni di stabilirsi definitivamente a Dolceacqua (Reghezza, 1912, p. 80). Il 16 dicembre Montorfano, «depintor mediolanensis habitator dulcisaque», accettò per il tramite di Cherubino Ardizzoni, incaricato da Bartolomeo Doria, di terminare una pala d’altare per la locale chiesa dedicata a S. Antonio (Id., 1908-11, pp. 167 s.).
Il 9 settembre 1479, ultima notizia certa attualmente emersa, Montorfano, «habitator Dulcisaque», accettò l’incarico affidatogli da Filippo Cohenda di Ventimiglia per l’esecuzione di un polittico raffigurante al centro S. Antonio da Padova con a destra S. Sebastiano e a sinistra S. Rocco (Bres, 1914).
L’unica opera appartenente con certezza al catalogo del pittore è una tavola raffigurante S. Martino e il povero, di attuale ubicazione sconosciuta, recante l’iscrizione «johan[ni]s de mo[n]te orphano / d[e] mediolano pinsit» (Boskovits, 1987, p. 362; De Floriani, Verso il Rinascimento, 1991, pp. 235, 237 fig. 215). Si deve alla De Floriani (ibid., p. 275 n. 22) la proposta di verificare la possibile appartenenza del dipinto, databile secondo la studiosa agli anni Sessanta del Quattrocento, a un polittico con «S. Martino e varj scompartimenti» segnalato dall’abate Lanzi in S. Domenico a Genova. Sempre la De Floriani ha inoltre accostato all’opera uno scomparto rappresentante il Martirio di s. Sebastiano (ubicazione sconosciuta; ibid., pp. 235, 237 fig. 216), suggerendo una provenienza dal Ponente ligure, forse da una comunità di terziarie francescane. A riguardo appare utile ricordare la presenza della figura di s. Sebastiano anche nel polittico realizzato da Montorfano nel 1479 per Ventimiglia.
È stato avvicinato al nome di Giovanni Montorfano il dipinto con S. Giorgio e il drago della Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia (Strehlke, 1997), riferito invece da Buganza (2003) a un anonimo artista bresciano. Si ricorda inoltre l’ipotesi della presenza del pittore nel cantiere della chiesa di S. Maria di Castello di Genova (Collobi Ragghianti, 1987) e il cauto riferimento alla sua mano di alcuni affreschi frammentari provenienti dalla chiesa di S. Domenico a Savona (Rossetti Brezzi, 1983, pp. 16 s.).
Non si conoscono il luogo e la data di morte dell’artista.
Documentato negli ultimi decenni del XV secolo fu Bernardo o Bernardino da Montorfano, figlio di Giovanni, il quale risulta iscritto al trentaquattresimo posto della matricola «Artis Pictoriae et Scutariae di Genova» (Spotorno, Matricola, 1827). Il 29 agosto 1488 l’artista, di cui è ignoto l’anno di nascita, viene segnalato in un atto relativo a un pagamento a favore del pittore Tuccio d’Andria (De Floriani, M. B., 1991). Bernardo Montorfano è stato ipoteticamente identificato nel «Bernardo M[…]» citato come testimone in un documento, datato 12 aprile 1489, riguardante il polittico con la Natività tra s. Francesco e Sisto IV, s. Antonio da Padova e Giuliano della Rovere di Giovanni Mazone destinato alla cappella Sistina di Savona (ibid.). Il 9 settembre 1496, assieme al pittore napoletano Raimondo Caracciolo, Bernardo risulta impegnato con Giacomo Corso per la decorazione della facciata della sua abitazione. Nel contratto viene specificato che i maestri avrebbero eseguito anche la decorazione del soffitto (ibid.). Tra il luglio del 1513 e il febbraio 1515 risultano registrati alcuni pagamenti da parte del Comune di Savona per affreschi realizzati da Bernardo Montorfano nella torre del Brandale (Alizeri, 1870, pp. 332 s.). Il primo febbraio 1516 è segnalato un pagamento da parte della masseria del duomo di Savona (De Floriani M. B., 1991). Secondo la critica l’artista morì prima del 1526 (ibid.).
Fonti e Bibl.: G.B. Spotorno, Matricola de’ pittori genovesi, in Giornale ligustico di scienze lettere ed arte, 1827, n. 3, pp. 309, 311; Id., Pittori che operavano in Savona tra il 1340 e il 1520, ibid., n. 4, pp. 436 s.; F. Alizeri, Notizie dei professori del disegno in Liguria dalle origini al secolo XVI, I, Genova 1870, pp. 275-281, 285-287, 328, 332- 335; II, 1873, pp. 273 s.; M. Caffi, Di alcuni maestri di arte nel secolo XV in Milano poco noti o male indicati, in Archivio storico lombardo, V (1878), 1, pp. 87 s.; L. Reghezza, Appunti e notizie ricavate da documenti inediti dell’Archivio comunale di Taggia, Sanremo 1908-11, pp. 127 s., 161-168, 230; Id., Les peintres Louis, Antoine et Pierre Bréa et leur oeuvres à Taggia et dans les environs, in Nice historique, febbraio 1912, pp. 80 s.; G. Bres, L’arte nell’estrema Liguria occidentale. Notizie inedite, Nizza 1914, pp. 75 s.; Id., Un errore nella Storia della pittura in Liguria. Un pittore mai esistito (Corrado d’Alemagna). Un’opera sconosciuta di Cristoforo de’ Moretti da Cremona a Camporosso. G. M. a Dolceacqua, Sanremo 1927, pp. 5 s.; Codice diplomatico artistico di Pavia dall’anno 1330 all’anno 1550, a cura di R. Maiocchi, I, Pavia 1937, p. 88 n. 410; E. Rossetti Brezzi, Per un’inchiesta sul Quattrocento ligure, in Bollettino d’arte, LXVIII (1983), 17, pp. 10, 16 s.; M. Boskovits, Nicolò Corso e gli altri. Spigolature di pittura lombardoligure di secondo Quattrocento, in Arte cristiana, n.s., LXXV (1987), pp. 360-362, 381, nn. 42-44; L. Collobi Ragghianti, S. Maria di Castello a Genova, 2. Collaboratori di Giusto, in Critica d’arte, LII (1987), 12, p. 46.; A. Gagliano Candela, M. G., in La pittura in Italia. Il Quattrocento, II, Milano 1987, pp. 712 s.; V. Natale, Alcune oreficerie liguri del Quattrocento, in Sisto IV e Giulio II mecenati e promotori di cultura. Atti del Convegno internazionale di studi… 1985, a cura di S. Bottaro- A. Dagnino - G. Rotondi Terminiello, Savona 1989, p. 372; A. De Floriani, Verso il Rinascimento, in G. Algeri - A. De Floriani, La pittura in Liguria. Il Quattrocento, Genova 1991, pp. 235-237; Id., M. Bernardo, ibid., p. 517; Id., M. G., ibid., pp. 517 s.; J. Shell, M., in The Dictionary of art, London-New York 1996, p. 31.; C.B. Strehlke, Una pala d’altare per Monza, in Monza: il polittico del duomo. Un recupero, un restauro, a cura di R. Conti, Milano 1997, p. 26 n. 10; F. Cervini, La croce perduta di G. da M. Sui rapporti tra oreficeria e scultura lignea nel secondo Quattrocento, in Tessuti, oreficerie, miniature in Liguria. XIIIXV secolo. Atti del Convegno di studi, Genova- Bordighera… 1997, Bordighera 1999, pp. 213- 234; S. Buganza, in Vincenzo Foppa. Un protagonista del Rinascimento (catal., Brescia), a cura di G. Agosti - M. Natale - G. Romano, Milano 2003, pp. 174 s. n. 41; S. Leydi, Regesto dei documenti, ibid., pp. 303 s., docc. 25, 27; M. Caldera, La pittura in Liguria nel XV secolo, Milano 2005, pp. 17, 72.