MUZZIOLI, Giovanni
– Nacque a Modena il 10 febbraio 1854 da Andrea e Marianna Gilioli.
Terminati gli studi superiori, nel 1867 entrò all’Accademia di belle arti della città natale, allora diretta da Adeodato Malatesta, alfiere del rinnovamento purista e poi del verismo storico di Domenico Morelli. Qui studiò disegno con Luigi Asioli e figura con Antonio Simonazzi, seguì le lezioni di Mario Discovolo, che aveva introdotto nella pittura di paesaggio un nuovo approccio ai temi naturalistici mediante lo studio diretto del vero, e da Ferdinando Manzini, docente di decorazione e scenografo del teatro Comunale, apprese soluzioni compositive e repertori che si rivelarono presto utili alla mise en scène dei suoi soggetti storici.
Esordì all’Esposizione nazionale di Milano del 1872 dove presentò, tra le opere inviate dall’Accademia modenese, una Decollazione di s. Giovanni, studi di nudo, disegni da calchi di statue e rilievi da Donatello e Mino da Fiesole (G. M. [1854-94], 2009, p. 15 n. 6). Nello stesso anno, con Rebecca al pozzo ma soprattutto con Torquato Tasso all’ospedale di S. Anna (Modena, Museo civico d’arte), caratterizzato da una consapevole adesione al verismo di Morelli per la naturalezza della posa, si aggiudicò il premio Poletti, che prevedeva un pensionato di studio di quattro anni, per il primo triennio presso l’Accademia di S. Luca a Roma e per l’ultimo anno in quelle di Firenze o Venezia. Nel 1873 si trasferì quindi a Roma, dove seguì la lezione di Francesco Podesti, direttore dell’Accademia di S. Luca, e frequentò la scuola di statue (G. M. [1854-94], 2009, p. 16) e dal 1874 il corso del pittore Francesco Coghetti.
Compendiano i primi due anni la copia dalla Giustizia dipinta da Giulio Romano nella sala di Costantino in Vaticano (all’epoca ritenuta di Raffaello; 1873-74, Modena, Museo civico d’arte) e Abramo e Sara alla corte del faraone (1874-75, Modena, Museo civico d’arte, in deposito nel palazzo comunale), che fu una rivelazione a livello iconografico e stilistico, perché stravolgeva le convenzioni del soggetto biblico ricostruendo una scena dell’antico Egitto con una verità – nell’espressione degli affetti e nella ricostruzione dell’ambiente – mutuata dallo studio dei monumenti antichi e dall’attenzione per le coeve esperienze elaborate nel campo del melodramma.
Nel 1876 si trasferì a Firenze per terminare l’ultimo saggio del triennio: Poppea con Nerone che fa portare la testa di Ottavia (o La vendetta di Poppea o Nerone e Poppea, 1875-76, Modena, Museo civico d’arte), costruito su un’inedita subordinazione del soggetto principale all’impressione generale della scena, relegando l’imperatore nell’ombra del velario dipinto in secondo piano; la resa dello sfondo e dell’arredo rivela lo studio filologico di musei e repertori, come La vita dei Greci e dei Romani ricavata dagli antichi monumenti di Ernst Karl Guhl e Wilhelm David Koner (trad. it. Roma 1875), riassemblati in un allestimento plausibile e seducente. Esposta nell’ Accademia di belle arti di Firenze, alla fine dello stesso anno l’opera fu riproposta a Modena dove valse all’autore la nomina a professore onorario della locale Accademia e, nel 1877, fu inviata all’Esposizione nazionale di Napoli insieme con Abramo e Sara alla corte del Faraone. Contemporaneamente chiuse il quarto anno di perfezionamento con la presentazione del saggio L’uomo dal guanto, d’après la celebre tela di Tiziano (Modena, Museo civico d’arte, in deposito presso la Biblioteca civica d’arte Luigi Poletti), esposto a Modena nel 1877.
A Firenze venne presto in contatto con i principali esponenti del naturalismo toscano e della pittura di macchia; intrecciò rapporti con il gruppo dei ‘parionisti’ (per via della trattoria Sora Zaira in Parione dove s’incontravano Giovanni Fattori, Silvestro Lega, Nicolò Barabino) e con il Circolo artistico fiorentino (poi CAF), allora animato da Diego Martelli e Corrado Ricci. La frequentazione di questo ambiente stimolò una riflessione sul paesaggio, che fu però inizialmente surclassata dal successo dei dipinti di soggetto storico, dai ritratti e dalle scene di genere d’ambientazione romana.
Risalgono infatti a questi anni i primi ritratti: Rev. Luigi Bonetti (1876-78, Modena, Musco civico d’arte), Anziana signora (1878, Modena, Museo civico d’arte), Giuliano Giovanardi (ripr. in G. M. [1854-94], 2009, p. 21 n. 5), lodato all’Esposizione della Società d’incoraggiamento di Modena nel 1882; Marchese Giuseppe Campori (ripr. ibid., p. 21 n. 6) e Signora Diena, entrambi in mostra nel 1884 nella successiva edizione della rassegna modenese e seguiti da quello del Marchese Camillo Fontanelli (coll. priv.; ripr. in Modena Ottocento, 1991, p. 100 n. 60), marito di Anna Coccopani Imperiali, presso la cui rinomata collezione era l’opera Offerta agli dei lari (ubicazione ignota).
Attraverso Malatesta, mantenne i contatti con l’ambiente modenese e, nella seconda metà degli anni Settanta, realizzò per monsignor Luigi Della Valle, sacerdote, filantropo ed educatore, fondatore nel 1890 del ricreatorio del ‘Paradisino’ (la cui opera continuò nel 1899 con la nascita dell’Istituto d’istruzione Sacro Cuore), la prima commessa di soggetto sacro: un Transito di s. Giuseppe (1875, Modena, coll. Assicoop) che confermò la sua capacità di rielaborare in modo originale la lezione morelliana. All’Esposizione universale di Parigi del 1878, dove studiò da vicino l’opera di sir Lawrence Alma-Tadema, approfondì la riflessione sulla pittura di storia cosiddetta di genere: ambientata nell’antichità o in un piacevole e rassicurante ambiente Impero descritto con senso archeologico e aggiornato attraverso una cultura figurativa internazionale – dai romantici francesi alle incisioni di Gustave-Paul Doré – e una serrata dialettica tra ideale e vero. Alla Grecia di Alma-Tadema s’ispirò una delle sue prime commissioni impegnative, La danza delle spade o Cubisteteira (Modena, Raccolta d’arte della Provincia; il bozzetto è a Carpi, palazzo Foresti), eseguita nel 1878 a Firenze su incarico della Società d’incoraggiamento per gli artisti della Provincia di Modena.
Caratterizzata da un fondo paesaggistico dipinto all’aria aperta, mentre la figura della danzatrice rivela la conoscenza della ceramica attica, l’opera, lungi dall’essere solo una declinazione alla greca di un episodio di vita reale e quotidiana, fornì a Muzzioli occasione, da una parte, di sperimentare una percezione dell’atmosfera e della luce secondo le più avanzate correnti toscane; dall’altra, di riscoprire il purismo del Tre e Quattrocento, cui si rivolgevano gli stessi macchiaioli dopo il soggiorno fiorentino di Ingres del 1820-24. Un registro realistico si scorge invece nel gruppo degli spettatori che assistono alla danza, ove trapela lo studio delle espressioni poi sviluppato autonomamente dall’artista in Arena classica (Al teatro della farsa o Pantomima, s. d., Firenze, Galleria d’arte moderna).
La danza delle spade fu applaudita all’Esposizione di belle arti di Torino del 1880, dove presentò anche Poppea che si fa portare la testa di Ottavia e La Maddalena(Trieste, Museo Revoltella; gli studi preparatori per la figura del Cristo e per la Vegetazionesono, rispettivamente, a Carpi, palazzo Foresti e Modena, Museo civico d’arte). Commissionata da Della Valle per lo stabilimento tipografico dell’Immacolata Concezione, quest’opera di accentuata teatralità nei moti dell’animo muoveva dallo studio della Maddalena di Morelli, vista a Napoli nel 1877 e riprodotta nel 1879 su L’Illustrazione italiana in un articolo dedicato all’iconografia orientalista (a.VI, n. 24, p. 375, ill. 381). Nel 1880 iniziò a collaborare al giornale modenese Mutina - Mutina. Nel 1881 con Al tempio di Bacco (Roma, Galleria nazionale d’arte moderna) si aggiudicò il premio Cantù all’Esposizione nazionale di Milano. Il soggetto, ripetutamente riprodotto in stampa, divenne presto popolare (vedi il Bozzetto di scena pagana nel tempio di Bacco, 1884, Parma, Museo Glauco Lombardi). Risalgono a questo periodo Rito nell’antica Grecia (o Rito greco, 1881, Carpi, coll. priv.; ripr. in G. M. [1854-94], 2009, p. 60 n. 13) o Baccanale e Scena romana (Milano, Galleria d’arte moderna), che interpretano il mondo pagano con sentimento moderno e che furono acquistati, rispettivamente, dall’editore Edoardo Sonzogno e dal pittore Vittore Grubicy de Dragon. Il carretto rosa (Modena, coll. Assicoop), invece, esposto nel 1882 al Circolo artistico fiorentino, rivela un’attenzione nuova per la vita quotidiana. Mentre Adolfo Venturi, con cui Muzzioli era in corrispondenza epistolare dal 1880, lo chiamava a illustrare il catalogo de LaR. Galleria Estense in Modena (P. Toschi, Modena 1882), a Firenze realizzava i bozzetti per le lunette della chiesa di S. Maria del Fiore, La Pietà e La Natività di Maria Vergine (legati al concorso per la facciata della chiesa ma mai sviluppati, furono esposti al Circolo della stampa di Bologna nella Mostra retrospettiva di G. M. con altri pittori dell’800, cfr. R. Buscaroli, Rivelazioni dell’800. Il sottile lirismo pittorico di G.M., in Il Resto del Carlino, 23 maggio 1937).
Degli stessi anni sono i primi paesaggi, esposti nel 1881 alla Promotrice fiorentina: Nell’aia (Carpi, coll. priv.; ripr. in Modena Ottocento, 1991, p. 21) e Paesaggio, ai quali seguirono nelle edizioni successive Ore calde (1882, Carpi, palazzo Foresti) e Vita tranquilla (1884, coll. priv.); La colta delle ulive e Al pozzo (1885), Pomeriggio e In vista (1886). Più che all’impegnata poetica macchiaiola l’interesse di Muzzioli si rivolse alle nuove istanze di un naturalismo disimpegnato e colto, teso a dare un’interpretazione aggraziata della vita campestre e dei suoi costumi. Ne sono un esempio: Ritorno dall’orto (1882, Modena, coll. priv.; ripr. in G. M. [1854-94], 2009, p. 101 n. 56), Sole di settembre (Brescia, coll. priv.; ripr. ibid., p. 98 n. 53), che mescola verismo e gusto borghese in sintonia con il livornese Adolfo Tommasi, e che fu presentato all’Esposizione nazionale di Venezia nel 1887.
Diventato nel 1882 socio del Circolo artistico fiorentino, ne fu consigliere e terzo presidente, collaborando alla redazione del libro strenna Pesce d’aprile. Fu quindi consigliere della locale Promotrice, della Società di incoraggiamento di belle arti di Firenze e professore onorario di merito della locale accademia. Le sue opere entrarono nelle più prestigiose collezioni della città, da quella Alinari a quella del barone Enrico Giorgio Levi.
Sulla scia del naturalismo toscano si volse alla rappresentazione di idilli e corteggiamenti in costume, di cui sono un esempio La lezione di canto (coll. priv.; ripr. in G. M.[1854-94], 2009, p. 37 n. 4) o il Ritratto di giovane signora bionda (Piacenza, Galleria Ricci Oddi), memore della pittura rinascimentale veneta. Contemporaneamente, L’offerta nuziale (1883, Trieste, Museo Revoltella; il bozzetto in coll. priv., ripr. ibid., p. 63 n. 18), dipinto dominato da una gradazione di bianchi, fu ben accolto al concorso Saverio Fumagalli dell’Accademia di Brera e nel 1884 fu riproposto all’Esposizione di belle arti di Torino; mentre un Baccanale (Roma, Galleria naz. d’arte moderna) figurò a Milano nel 1886 e poi all’Esposizione universale di Parigi del 1889.
Dopo il 1887 espose nelle mostre istituzionali solo opere ispirate all’antica Roma. Grazie al sostegno del gallerista fiorentino Luigi Pisani, fu riconosciuto come l’Alma-Tadema italiano, pur senza negare la propria recettività nei confronti di diversi modelli artistici, compreso quello preraffaellita mutuato dai contatti con il cenacolo anglofilo di Nino Costa e Frederic Leighton.
Datano alla seconda metà degli anni Ottanta, accanto a opere su commissione di tematica elegiaca e galante (Per la festa, 1888 circa, Carpi, palazzo Foresti; Donna romana conghirlanda di fiori, Modena, Antichità Molinari; Fontinalia, Firenze, Galleria d’arte moderna; Corteggiamento, Carpi, palazzo Foresti), scene borghesi d’interno, come Lo scialle (1886, ripr. in G. M. [1854-94], 2009, p. 39 n. 6; il bozzetto è a Carpi, UniCredit Group), Le sorelline (Milano, Galleria dell’Esame), e scene di vita quotidiana en plein air, come Al parco (Bologna, Pinacoteca nazionale, in deposito presso caserma aerobrigata Friuli), in cui il motivo dell’ombrello bianco trova eco e diverso sviluppo nelle frequenti vesti bianche che attraversano la produzione coeva (Ritratto di signora in abito bianco, Ritorno dal giardino, Modena, coll. Assicoop; Dama seduta in abito Impero con fiori, coll. priv.; Ritratto di signora con ventaglio, Modena, coll. priv. ripr. ibid., 2009, p. 91 n. 47), portando con sé la conquista di quella luminosità già cara al mercato estero.
Particolare successo riscosse all’Esposizione nazionale di belle arti di Bologna del 1888 Il funerale di Britannico (1888, Ferrara, Pinacoteca nazionale; i cartoni preparatori, 1887, sono a Modena, coll. priv.; ripr. ibid., p. 72 n. 28; il bozzetto, 1887, a Modena, coll. Assicoop), di cui lo studio dell’espressione, tanto gestuale quanto facciale, fu sottolineato nella recensione di Matilde Serao sul Corriere di Napoli (maggio 1884; cit. in G. M. Il vero, 2009, p. 38). Appartiene al filone orientalista la pala con S. Teopompo vescovo di Nicodemiache battezza s. Senesio, collocata nel 1889 sull’altare maggiore della vecchia parrocchiale di Castelvetro di Modena (sconsacrata; oggi nel presbiterio dell’attuale), opera che coniuga insieme ricerca filologica di modelli bizantini e paleocristiani e repertorio teatrale.
Nel 1890 collaborò insieme ad altri artisti fiorentini alla prima edizione illustrata di Le veglie di Neri di Renato Fucini (Ulrico Hoepli, Milano) e nel 1891 partecipò all’Esposizione di bozzetti al Circolo artistico, che raccoglieva studi dal vero di piccole dimensioni ispirati alla vita quotidiana: un genere che trovò fortuna, in Toscana e fuori, per il carattere estemporaneo e aneddotico.
La visione idealizzante portata dal simbolismo è direttamente chiamata in causa nel tema dei fiori associato alla figura femminile (Donna romana con ghirlanda di fiori, Modena, Antichità Molinari; Festa dei fiori nel tempio, Cerimonia nel tempio, [1888], Carpi, coll. priv.; ripr. in G. M. [1854-94], 2009, pp. 69-71 nn. 25-27) o nelle figure danzanti di Sponsali romani (ripr. ibid., p. 31 n. 8), esposto nel 1891 alla Mc Lean’s Gallery di Londra.
Nel 1891 fu eletto nella Giunta di belle arti presso il ministero della Pubblica Istruzione, lavorando dal 1893 nella commissione per gli acquisti della Galleria d’arte moderna di Roma. Risale a questo periodo un nutrito gruppo di ritratti, tra i quali il Dittico dei coniugi Palazzi (1893, Modena, Museo civico d’arte), Signore in un interno e Signora in un interno (Modena, coll. priv.; ripr. ibid., pp. 92 s. nn. 48, 49). Nel 1893 tornò a Modena. Alla committenza di Della Valle risalgono infine un Santo Cuore di Maria (Modena, Istituto d’istruzione Sacro Cuore) dalla tradizionale iconografia e il ritratto dello stesso Luigi Della Valle (ibid.).
Tra le ultime opere, L’idillio o Pastorale (ubicazione ignota; ripr. in L’Illustrazione italiana, 9 dicembre 1894) fu acquistato nel 1894 dal collezionista Pietro Foresti di Carpi alla chiusura della mostra postuma dedicata a Muzzioli presso la Triennale di Modena, quindi esposto alla I Biennale di Venezia nel 1895.
Morì a Modena il 5 agosto 1894.
Fonti e Bibl.: Modena, Fotomuseo Giuseppe Panini, Fondo Regina Ferrari; R. Monti, I pittori di Fucini, in I macchiaioli di Renato Fucini (catal.), a cura di E. Matucci - P. Barbadori Lande, Firenze 1985, pp. 15-19; G. Martinelli Braglia, G. M., in La raccolta d’arte della Provincia di Modena (catal.), a cura di G. Guandalini, Modena 1990, pp. 15, 51; Modena Ottocento e Novecento: G. M. (catal.), a cura di E. Pagella - L. Rivi, Modena 1991 (con bibl.; alle pp. 35-37: F. Tibertelli de Pisis, Il pittore G. M. [1917]); Gli artisti modenesi alla Biennale di Venezia (catal.), a cura di M. Fuoco, Modena 1993, pp. 18-20; E. Landi, La fortuna postuma di un artista modenese: G.M. e Pietro Foresti, in Gli anni modenesi di Adolfo Venturi. Atti del Convegno… 1994, Modena 1994, pp. 93-97; S. Valeri, L’iconografia del frontespizio della R. Galleria Estense in Modena di A. Venturi, in A. Venturi e l’insegnamento della storia dell’arte, a cura di S. Valeri, Roma 1996, pp. 77-89; A. Barbieri, A regola d’arte: pittori, scultori, architetti, fotografi, scenografi, ceramisti, galleristi, critici e storici d’arte nel Modenese dell’Ottocento e del Novecento, Modena 2008, pp. 208-210; Da Fattori a Corcos a Ghiglia: viaggio pittorico a Castiglioncello tra ’800 e ’900 (catal., Rosignano Marittimo), a cura di F. Dini, schede critiche di S. Bietoletti, Milano 2008; S. Balloni, Castiglion-cello teatro di incontro fra pittura e letteratura, ibid., pp. 57-61; G. M. (1854-1894): il vero, la storia e la finzione (catal., Carpi), a cura di G. Martinelli Braglia - P. Nicholls - L. Rivi, Torino 2009 (con bibl.); R. Severi, G. M. Il vero, la storia e la finzione, in Bollettino del CIRVI, XXX (2009), 2, pp. 365-373; A. M. Comanducci, I pittori italiani dell’Ottocento, III, Milano 1962, pp. 1267 s.; L. Luciani - F. Luciani, Dizionario dei pittori italiani dell’800, Firenze 1974, pp. 301 s.; G. Falossi, Pittori e scultori italiani del900, Milano 1987, p. 392.