PACCAGNINI, Giovanni
PACCAGNINI, Giovanni. – Nacque a Livorno il 13 ottobre 1910 da Ezio e da Iginia Mazzantini.
Si diplomò presso la R. Scuola commerciale Dino Leoni di Livorno; dal 1929 fu allievo poi ufficiale di complemento. Nel 1933 si iscrisse alla facoltà di lettere della R. Università degli studi di Pisa dove si laureò il 15 novembre 1938 discutendo la tesi Il Passignano e l’eclettismo del tardo Rinascimento, relatore Matteo Marangoni. Si impegnò quindi su più fronti: affinamento scientifico, insegnamento, assistentato universitario, lavoro in Soprintendenza.
Nel novembre 1938 fu tra i tre concorrenti a due posti di perfezionamento nella Classe di lettere e filosofia della R. Scuola normale superiore, che vinse con ottimo giudizio dei commissari Marangoni e Ranuccio Bianchi Bandinelli; fruì di un significativo contributo per viaggi di istruzione ma non portò a termine l’anno di studi. Nel 1938-39 insegnò storia dell’arte al R. liceo classico Giovanni Battista Niccolini di Livorno. Il 13 gennaio 1939 fu nominato, su richiesta del direttore Marangoni, assistente volontario presso l’Istituto di storia dell’arte dell'ateneo pisano.
Nel 1939 lavorò come avventizio nella R. Soprintendenza ai Monumenti e Gallerie per le Provincie di Pisa, Apuania, Livorno e Lucca, diretta da Nello Tarchiani, con, in particolare, l’incarico di revisionare e completare le schede di Catalogo delle cose d’arte e di antichità d’Italia. Pisa, curato da Roberto Papini. Nei primi mesi del 1940 fu tra i 25 partecipanti al concorso bandito dal ministero dell’Educazione nazionale per laureati in lettere o in filosofia – esclusi gli ebrei e con solo un posto conferibile a una donna – a nove posti di ispettore aggiunto in prova nel ruolo del personale dei monumenti, musei, gallerie e scavi di antichità.
Risultato tra i vincitori, il 14 giugno 1940 fu assunto. Nonostante le richieste di Tarchiani di averlo a Pisa, il ministero lo assegnò alla R. Soprintendenza ai Monumenti e Gallerie della Calabria, con sede a Cosenza, da poco diretta da Umberto Chierici, ma dal 1° settembre 1940 venne richiamato alle armi.
Nell’aprile 1940 era uscito il suo primo scritto: ‘Poesia’ e ‘letteratura’ nelle arti figurative (Leonardo, XI (1940), pp. 103-107).
Nell’agosto 1940 aveva sposato Maria Teresa Figlioli, anch’essa laureata in lettere, che lo seguì come avventizia nelle diverse soprintendenze e lo affiancò in pubblicazioni, con la quale ebbe tre figli (Paolo, 1941, Grazia, 1946, Sergio, 1947).
Congedato il 30 giugno 1944, fu provvisoriamente assegnato alla R. Soprintendenza alle Gallerie di Roma I. Dopo pressanti richieste del ministero, il 1° gennaio 1945 tornò a Cosenza come soprintendente reggente. Al trittico in S. Maria della Consolazione ad Altomonte Calabro, e in particolare al pannello centrale con S. Ladislao dedicò An attribution to Simone Martini (The Burlington Magazine, XC [1948], pp. 73-80), unico scritto frutto della breve esperienza calabrese.
La volontà di P. di tornare a Pisa, con richieste d’intervento a Bianchi Bandinelli, a Carlo Ludovico Ragghianti e al nuovo soprintendente Piero Sanpaolesi, fu presto soddisfatta. Il 23 febbraio 1946 prese servizio nella Soprintendenza ai Monumenti e Gallerie per le Provincie di Pisa, Livorno, Lucca e Massa Carrara nella nuova sede in via S. Cecilia a Pisa. Evitato un trasferimento a L'Aquila, nell’agognata soprintendenza pisana, dove già lavorava come salariato giornaliero il più giovane Franco Russoli e nel gennaio 1947 era giunto il coetaneo Giorgio Vigni, Paccagnini assunse più incarichi. Nel 1949 successe a Vigni alla direzione del Museo nazionale di S. Matteo completando il riordinamento delle raccolte civiche, in corso di statalizzazione, nell’ex monastero, già carcere, recuperato da Sanpaolesi e inaugurato il 13 novembre 1949. Fu responsabile delle Bellezze naturali notificate di parte della provincia di Livorno. Diresse il gabinetto di restauro, cui si collega l’intervento Sul restauroal Convegno promosso da Ragghianti nel giugno 1948 (Atti …, Firenze 1948, pp. 171-174) con cui pose in maniera pragmatica diverse questioni: la necessità di adeguate attrezzature in tutte le soprintendenze come condizione prioritaria per una unificazione dei metodi di restauro; il ruolo dell’Istituto centrale del restauro; il significato del restauro conservativo e di quello di rivelazione; il valore – tema ragghiantiano – non solo culturale ma anche economico della tutela.
Le altre pubblicazioni si concentrarono sull’arte pisana: La scultura pisana del Trecento (L'Illustrazione italiana, 4 gennaio 1948); Note sullo stile tardo di Giovanni Pisano (Belle arti, I [1946-48,], pp. 246-259); Nuove ricerche sulla ‘taglia’ di Nicola Pisano (Annali della Scuola normale superiore di Pisa, s. 2, 1949-51, voll. XVIII-XX, pp. 173-185); Il problema documentario di Francesco Traini con cui mise in discussione la tradizionale attribuzione delle due opere in S. Caterina a Pisa (La Critica d’arte, III [1949], 29, pp. 191-201); Una proposta per Domenico Veneziano (Bollettino d’arte, XXXVII [1952], pp. 115-126), suo primo intervento sulla rivista del ministero, in cui pubblicò, tentandone un’attribuzione, la Madonna dell’Umiltà della chiesa di Cedri. Si ampliarono all’arte toscana con la recensione Luigi Coletti: i primitivi (Convivium, 1949, n. 5, pp. 783-797), Le tavolette di Biccherna (Panorama dell’arte italiana, I [1950], pp. 348-353). Infine, la rivista diretta da Ragghianti pubblicò Poesia di De Pisis (Critica d’arte, V [1950], 31, pp. 383-395), raro intervento di Paccagnini sul contemporaneo.
Nell’aprile del 1949 fu nominato, su richiesta di Ragghianti, assistente volontario presso l’Istituto di storia dell’arte dell'ateneo pisano. Promosso direttore di 2° classe, il 1° giugno 1952 venne trasferito, succedendo a Leandro Ozzola, alla Soprintendenza alle Gallerie di Mantova, Verona e Cremona con l’incarico di soprintendente reggente e direttore del Museo di Palazzo ducale di Mantova. Nella più che ventennale sede mantovana ricevette le successive promozioni e, soprattutto, maturò la fusione tra l’attività di tutela del soprintendente e la ricerca dello storico dell’arte.
Conclusi gli studi toscani con Simone Martini per la collana 'I sommi dell'arte italiana' di Martello (Milano 1954), sua prima monografia con la quale inaugurò i rapporti con la crescente editoria d’arte, rivolse la sua ricerca pressoché esclusivamente alla civiltà artistica mantovana e alle figure di Mantegna e Pisanello.
Gli studi mantegneschi iniziati con Sul disegno della ‘Madonna della Vittoria’ nel palazzo ducale di Mantova (Bollettino d’arte, XLI [1956], pp. 177-182), e affiancati dalla divulgativa monografia illustrata La Camera degli Sposi a Mantova (Milano 1957 e 1967), proseguirono con Il Mantegna e la plastica dell’Italia settentrionale (Bollettino d’arte, XLVI [1961] pp. 65-100), in cui non resistette alla tentazione di un Mantegna scultore, e culminarono con la responsabilità scientifica della mostra Andrea Mantegna, con introduzione e cura del catalogo (Venezia 1961), svoltasi nelle sale appositamente restaurate del Castello di S. Giorgio attigue alla Camera degli Sposidal 6 settembre al 15 novembre 1961.
Fu una mostra capitale per diversi aspetti: le quasi 200 opere con circa 50 di Mantegna; l’attenzione per la grafica; i restauri presentati, tra cui lo strappo degli affreschi e delle sinopie della facciata di S. Andrea e la ricomposizione di alcuni frammenti della bombardata cappella Ovetari condotti dall’Istituto centrale del restauro. Lo fu soprattutto per più ampie implicazioni culturali e sociali che ne fecero un fenomeno di costume e la ‘mostra del boom economico’: le sue ricadute politico-economiche sulla città, trasformata da dannunziana ‘città del silenzio’ a ‘città di Mantegna’; la pervasiva campagna di comunicazione e promozione; l’enorme e inaspettato successo sancito da 250000 visitatori, 20000 copie del catalogo vendute, un attivo di 45 milioni di lire; gli stretti rapporti con l’editoria artistica che portarono all'eccezionale numero di riproduzioni della sua monografia Mantegna (Milano 1961).
Gli studi mantegneschi proseguirono con Appunti sulla tecnica della Camera Picta di Andrea Mantegna (in Scritti di Storia dell’arte in onore di Mario Salmi, Roma 1962, pp. 395-403) e Cronologia della cappella Ovetari (Atti del VI Congresso di studi sul Rinascimento, Firenze-Venezia-Mantova 1961, Firenze 1965, pp. 77-86).
Contemporaneamente proseguì e intensificò il recupero del vasto palazzo ducale di Mantova, che descrisse in Palazzo ducale di Mantova (Milano 1957), sia nella complessa stratificazione storica, sia nelle collezioni di dipinti, sculture, arredi, antichità, affreschi staccati ecc. I lavori si svolsero dal 1954 al 1968 secondo il programma sintetizzato sulla rivista dell’Associazione nazionale dei Musei italiani in Problemi della reggia dei Gonzaga e Lavori di restauro nel palazzo ducale di Mantova (Musei e Gallerie d’Italia, I [1956], pp. 36-40; ibid., IV [1959], pp. 13-18), e le fasi riepilogate in Restauri e riordinamento del palazzo ducale (Gazzetta di Mantova, 10 novembre 1968). Giunto pressoché alla conclusione e grazie a una lunga ricerca, il recupero culminò nel 1969 nell’eccezionale ritrovamento, sotto uno scialbo nel salone della loggia di Corte Vecchia, del ciclo affrescato da Pisanello nel 1436-1444 Torneo-battaglia di Louverzep, oltre 200 mq di sinopie e pitture murali di straordinaria importanza per qualità artistica, conoscenza dell’artista e del gotico internazionale, rappresentazione della cultura di corte.
Paccagnini ne diresse il completo stacco e il lungo restauro condotto da Ottorino Nonfarmale e Assirto Coffani; ne annunciò il ritrovamento il 26 febbraio 1969 in una conferenza stampa ripresa con risalto anche daiquotidiani; lo presentò in articoli(Bollettino d’arte, LII [1967], pp. 17-19; Commentari, XIX [1968], 4, pp. 253-258) e in Il palazzo ducale di Mantova (Torino-Roma 1969); lo studiò negli aspetti iconografici, stilistici e tecnici nel catalogo della mostra Pisanello alla corte dei Gonzaga, con cui nel 1972 fu reso visibile al pubblico, e nella monografia Pisanello e il ciclo cavalleresco di Mantova (Milano 1972); continuò a indagarlo nei due scritti pubblicati postumi Il ciclo cavalleresco del Pisanello alla corte dei Gonzaga (Studies in late medieval and Renaissance painting in honor of Millard Meiss, New York 1977, pp. 205-218) e Note sulla formazione e la tecnica del ciclo cavalleresco della ‘Sala del Pisanello’ (Mantova e i Gonzaga nella civiltà del Rinascimento, Mantova 1977, pp. 191-200).
Rivolse attenzione anche ad altri aspetti della civiltà artistica mantovana: il Medioevo in Mantova. Le Arti (con altri, Mantova 1960), l’altra emergenza monumentale cittadina in Il palazzo Te (Milano 1957), la pittura seicentesca in Dipinti di Domenico Feti a Mantova (Studi in onore di Matteo Marangoni, Firenze 1957, pp. 253-259).
Diresse numerosi altri restauri sia a Mantova sia nelle province, ad esempio sugli affreschi nel santuario di S. Maria delle Grazie a Curtatone o sui dipinti del Museo civico Ala Ponzone di Cremona (rassegna in Bollettino d'arte, LII [1967]).
Dal dicembre 1961 all’ottobre 1965 tenne, succedendo a Vittorio Moschini, anche la Soprintendenza alle Gallerie e alle Opere d’arte per le Provincie di Venezia, Belluno, Padova, Rovigo, Treviso e Vicenza. Qui tra i numerosi restauri (Arte veneta, 1962, 1963, 1964) portò avanti quello degli affreschi di Giotto nella cappella degli Scrovegni, condotto da Leonetto Tintori, improntandolo al coordinamento degli interventi su pittura e architettura, e dunque alla collaborazione tra Stato e Comune, e all’attenzione alle condizioni ambientali, in particolare all’inquinamento atmosferico. Diresse il recupero di ampi complessi decorativi, come le tele dei soffitti dell’oratorio dei Battuti di Chioggia o della chiesa della Beata Vergine del Soccorso di Rovigo, i dipinti su tela, tavola e murali di Paolo Veronese in S. Sebastiano a Venezia, o gli stucchi rimossi da un edificio demolito presentati in Ricupero e restauro di decorazioni rinascimentali in stucco (Il monumento per l'uomo. Atti del II Congresso internazionale del restauro, Venezia… 1964, Venezia 1971, sez. 2 B).
Ricevette diverse riconoscimenti tra cui dalla Presidenza della Repubblica l’onoreficenza di cavaliere dell’Ordine al Merito dalla Repubblica Italiana (1956) e la Medaglia d'oro ai benemeriti della scuola della cultura e dell’arte (1973), dall’Accademia nazionale dei Lincei il Premio nazionale per la Classe di Scienze morali, storiche e filologiche (1974).
Il 16 maggio 1973, su sua richiesta per motivi di salute, venne collocato a riposo.
Trasferitosi a Firenze, morì in questa città il 9 agosto 1977.
Nel 1980 si tenne a Pisa una mostra di dipinti da lui realizzati a partire dagli anni Trenta. Nel 1986 uscì, il suo nome affiancato a quello della moglie, il volume Palazzo ducale di Mantova (Milano 1986). Nel 1993 il suo fondo fotografico venne acquistato dall’Università di Siena.
Fonti e Bibl.: C. Gnudi, Ricordo di G. P., in Musei e gallerie d’Italia, XXII (1977), 62-63, pp. 4-9; Id., G. P., in Arte veneta, XXXI (1977), pp. 308 s.; Bibliografia in memoriam. G. P., a cura di C. Gnudi, in Bollettino d’arte, LXV (1980), 7, pp. 131 s.; Ricordo di G. P. (catal., galleria Bagno di Nerone, Pisa), Pisa 1980; M. Ragozzino, G. P., in Dizionario biografico dei soprintendenti storici dell’arte (1904-1974), Bologna 2007, pp. 430-433.