PANCIATICHI, Giovanni
PANCIATICHI, Giovanni. – Nacque a Firenze il 7 maggio 1665, nel popolo di S. Felice in Piazza (lo stesso della famiglia regnante) da Francesco di Giovanni e da Maria Caterina di Giovanni Marchetti; fu battezzato lo stesso giorno nel battistero di S. Giovanni con il nome di Giovanni Benedetto.
I Panciatichi erano un’antichissima e nobile famiglia di Pistoia, per secoli a capo dell’omonima fazione, le cui lotte con il partito avversario capeggiato dai Cancellieri segnarono la storia della città anche dopo il 1402, quando essa passò sotto il dominio di Firenze. Dal XVI secolo un ramo della famiglia si insediò a Firenze con Niccolò, nominato nel 1554 da Cosimo I depositario a Siena, e con Bartolomeo, senatore dal 1567. Alla famiglia fu conferita la cittadinanza fiorentina nel 1555, ma alcuni rami di essa, come quello cui apparteneva Giovanni, continuarono a risiedere a Pistoia, città in cui conservavano importanti interessi economici e fitti rapporti di parentela e amicizia. Solo con il padre di Giovanni, Francesco, titolare di importanti incarichi presso la corte granducale (fu segretario del cardinale Giovan Carlo e poi primo segretario di Stato, segretario di guerra, gran cancelliere dell’Ordine di S. Stefano, senatore dal 1680 e accademico della Crusca) avvenne il trasferimento definitivo nella capitale.
Francesco morì il 13 giugno 1696, destinando la maggior parte della sua eredità al figlio primogenito Iacopo Andrea, che fu sovrintendente alle poste del Granducato dal 1688 e anche l’unico a sposarsi e a continuare la famiglia. Ai due figli cadetti provvide destinando il secondogenito Orazio Maria (1660-1715) allo status ecclesiastico (fu vescovo di Fiesole dal 1703), e facendo entrare precocemente il terzo, Giovanni, nell’Ordine di S. Stefano. L’unica figlia, Elena Felice, sposò nel 1683 il nobile pistoiese Ippolito Antonio Bagnesi.
Il 27 gennaio 1674 Panciatichi vestì l’abito di cavaliere di S. Stefano, l’ordine militare nautico fondato da Cosimo I, in cui la famiglia Panciatichi era rappresentata fino dai primi del Seicento. L’età minima per l’ingresso nell’Ordine era fissata dagli Statuti stefaniani in diciassette anni, ma il gran maestro, cioè il granduca, aveva il potere di concedere deroghe, come nel caso di Panciatichi, che all’atto dell’investitura aveva poco più di 8 anni. Data l’età infantile entrò nell’Ordine in qualità di paggio e in virtù di una commenda di grazia, costituita dal padre il 27 maggio 1674, per concessione granducale, con le entrate della Dogana di Firenze. La commenda di grazia, essendo dotata di rendita autonoma, non gravava sulle casse dell’Ordine e consentiva l’ingresso anche a chi non presentava tutti i requisiti richiesti di età, di nascita o di altro genere. L’investitura avvenne a Firenze, nella chiesa del convento di S. Agata, per mano del gran conestabile conte Ludovico Caprara. (Arch. di Stato di Pisa, Ordine di S. Stefano, AA 1188, c. 97v, cit. in Casini, 1994, p. 245).
In seguito, presumibilmente al compimento dei diciassette anni, Panciatichi dovette trasferirsi a Pisa, sede dell’Ordine, dove nel convento dei cavalieri aveva luogo la loro formazione culturale e militare, che in genere durava un triennio. Essa consisteva in un corso di studi comprendente varie materie (storia, cosmografia, matematica, geometria, architettura militare, scienze nautiche) e in un addestramento pratico comprendente la ginnastica, il nuoto, il tiro a segno e l’uso delle armi. Il tirocinio prevedeva anche la partecipazione a cerimonie religiose e a viaggi per nave.
Compiuto il periodo di studi, Panciatichi alternò la permanenza a Pisa, dove si trovava a esempio il 15 febbraio 1685 (lettera da Pisa ad Alfonso Maria Bracciolini, Firenze, Biblioteca nazionale, Rossi Cassigoli, cass.VIII.III.127), con soggiorni presso la famiglia a Firenze e a Pistoia, ma soprattutto nella villa di Montebuono, nelle campagne a Est di Pistoia. Questa dimora, che per volere del padre Francesco (testamento del 1692 in Arch. di Stato di Firenze, Notarile moderno, Protocolli, 18697) era destinata a restare proprietà comune dei tre fratelli, fu completamente ristrutturata e ampliata sotto la direzione di Giovanni negli anni immediatamente precedenti al 1692. Ne è testimonianza una lettera del 16 luglio di quell’anno al fratello Iacopo, con la quale egli dà notizia dell’avvenuto pagamento al pittore Giuseppe Tonelli dei lavori di decorazione delle sale e della loggia.
Non risulta che abbia preso parte a imprese militari dell’Ordine di S. Stefano. Il 6 aprile 1691 il padre, che nel frattempo era diventato uno dei funzionari di vertice dell’amministrazione granducale, ottenne da Cosimo III l’ereditarietà a favore di Giovanni di una delle numerosissime cariche da lui detenute, quella di cancelliere dell’Ordine di S. Stefano, passaggio che si verificò effettivamente nel 1696. Dal 15 giugno 1697 Panciatichi entrò a far parte per tre mesi dei Dodici Buonuomini, istituzione di antica origine medievale, che aveva ormai solo una funzione onorifica; l’accesso a questo collegio era a beneplacito del sovrano e, nonostante l’assenza di funzioni politiche, era comunque molto ambito perché costituiva il primo passo verso cariche più importanti, fra quelle destinate al patriziato. Prima di esservi ammesso, la sua candidatura fu attentamente vagliata e la sua biografia velocemente schematizzata dal segretario alle Tratte: «E’ d’età di anni 33, non ha moglie, è segretario della Religione di santo Stefano. Non ha [mai] havuto offizi». Queste brevi notizie provano che a questa altezza cronologica egli non era ancora entrato nello status ecclesiastico.
In data imprecisata, ma verosimilmente in coincidenza con la morte del fratello Orazio Maria, avvenuta il 2 maggio 1715, prese gli ordini sacri; viene infatti definito «chierico pistoiese» nell’atto del 3 giugno di quell’anno con il quale gli fu conferito dal vescovo di Pistoia e Prato il beneficio della cappella di S. Maria Maddalena nella chiesa di S. Sebastiano a Piuvica, vacata per morte di Filiberto Dondori e di patronato della famiglia Panciatichi. A esso si aggiunsero l’11 settembre dello stesso anno il priorato del capitolo della cattedrale di Pistoia, beneficio istituito dalla stessa famiglia Panciatichi nel 1613 e la cappella della Ss. Annunziata nella chiesa parrocchiale di S. Paolo a Pistoia, entrambi vacati per morte del fratello Orazio. Il 1° agosto 1713 fu nominato segretario dello Studio pisano, succedendo a Benedetto Quaratesi; nell’atto di nomina si fa riferimento, come motivazione della nomina, alle «benemerenze acquistatesi dal fu senatore suo padre» (Arch. di Stato di Firenze, Tratte, 1340, c. 744r).
In questa qualifica egli divenne collaboratore dell’auditore allo Studio, Girolamo da Sommaia, che rivestiva anche l’incarico di auditore presidente dell’Ordine di S. Stefano. In questo modo Panciatichi prestava servizio contemporaneamente nei due dicasteri, controfirmando i rescritti e i motupropri sovrani.
Il fatto che si trattasse di un cumulo di cariche nella stessa persona e non di fusione di due dicasteri è comprovato da un dispaccio inviato al granduca Gian Gastone nel 1732 dall’allora auditore Pier Francesco Ricci, in cui si diceva che, dovendo Panciatichi «ritornare in patria», cioè a Pistoia, vi era pericolo che la spedizione degli affari ne risentisse e si suggeriva di distaccare due addetti della Segreteria di Stato a firmare uno gli affari dell’Ordine di S. Stefano e l’altro quelli dello Studio. Il relativo rescritto sovrano affidò il primo compito a Vincenzo Antinori, il secondo a Zanobi de’ Ricci, ma si trattò di mere supplenze; di lì a poco Panciatichi tornò a esercitare cumulativamente i due incarichi, almeno fino al 31 marzo 1739, data di un decreto granducale riguardante lo Studio, controfirmato da lui: evidentemente non aveva patito conseguenze per la morte dell’ultimo granduca della famiglia Medici, avvenuta nel 1737 e per il cambio della dinastia.
Dal 1691 ad almeno il 1715 risulta membro dell’Accademia dei Risvegliati di Pistoia, un sodalizio di filodrammatici, che organizzava rappresentazioni teatrali e feste cittadine, occupandosi anche della gestione di un teatro.
Morì nella villa di Montebuono il 12 dicembre 1739.
Fonti e Bibl.: Firenze, Archivio dell’Opera di S. Maria del Fiore, Battesimi, reg. 55, c. 205r; Arch. di Stato diFirenze, Ceramelli Papiani, 3570; Tratte, 1340, c. 744r; 1331, cc. 376r, 381r; Reggenza, 638, cc. n.n.; Miscellanea Medicea, 91, ins. 2 (Ruolo dei pubblici professori dell’Almo Studio di Pisa e di Firenze tenuto da me cavaliere G. P. priore della cattedrale di Pistoia, segretario della Religione di santo Stefano, il 11 nov. 1719); Segreteria del Regio Diritto, 4444, cc. 98r, 116r; Notarile moderno, Protocolli, 18699, c. 8r; Firenze, Biblioteca nazionale, Rossi Cassigoli, cass. VIII, 3, c. 127r; G. Prezziner, Storia del pubblico Studio e delle società scientifice e letterarie di Firenze, II, Firenze 1810, pp. 111, 114; L. Passerini, Genealogia e storia della famiglia Panciatichi,Firenze1858, p. 208; G. Pansini, Le Segreterie del Principato mediceo, in Inventario del Carteggio universale di Cosimo I de’ Medici (1536-1541), a cura di A. Bellinazzi - C. Lamioni, Firenze 1982, p. XLVIII; D. Marrara, I rapporti istituzionali tra lo Studio di Pisa e l’Ordine di S. Stefano, in Atti del convegno «L’Ordine di Santo Stefano e lo Studio di Pisa», Pisa 1993, p. 40; B. Casini,I cavalieri delle città e dei paesi della Toscana occidentale e settentrionale membri del Sacro Militare Ordine di S. Stefano papa e martire, Pisa 1994, p. 245; V. Pinchera, Lusso e decoro: vita quotidiana e spese dei Salviati di Firenze, Pisa 1999, p. 85; M. Gennari - M.C. Gesualdo, La villa e il giardino di Montebuono a Pistoia: vicende architettoniche della proprietà dai Panciatichi ai de’Franceschi, in Le dimore di Pistoia e della Valdinievole: l’arte dell’abitare tra ville e residenze urbane, a cura di E. Daniele, Firenze 2004, pp. 159, 167; M. Fedi, Tuo lumine. L’Accademia dei Risvegliati e lo spettacolo a Pistoia fra Sei e Settecento, Firenze 2012, pp. 435 s., 560, 593 (con il cognome Panciatici).