GIOVANNI PAOLO II, papa (card. Karol Wojtyla)
Nato a Wadowice (Polonia) il 18 maggio 1920 e morto nella Città del Vaticano il 2 aprile 2005. Primo papa non italiano dell'epoca moderna dopo Adriano vi (1522-23) e primo papa polacco della storia. Eletto il 16 ottobre 1978 mentre era in corso una delicata crisi di assestamento della Chiesa dopo gli anni 'gloriosi' del Concilio Vaticano ii e le tensioni esplose, dal 1968 in poi, durante gli anni di Paolo vi (1963-1978). Le società erano travagliate dall'instabilità della coesistenza pacifica tra i grandi blocchi. Nel giro di un decennio il comunismo giungeva a una crisi finale, emblematicamente rappresentata dal crollo del muro di Berlino e dei regimi sovietici dell'Europa orientale. Acquistava così un'accelerazione imprevista il processo di unione europea, che compiva passi giganteschi durante la seconda parte del pontificato di Wojtyla. Inoltre, la crisi del marxismo lasciava campo aperto a un'ideologia del libero mercato, che diveniva l'unico riferimento del processo di globalizzazione economico-sociale. Con il nuovo secolo le inquietudini sociali (economiche, etniche, culturali e religiose) tendevano a esprimersi in forme di rivendicazioni spesso violente fino a giungere a veri e propri episodi di terrorismo. Su questo sfondo si è situato l'atto più solenne e significativo del pontificato, quando, nel 2000, G. P. ii ha riconosciuto gli errori della Chiesa e ne ha pubblicamente chiesto perdono a Dio e agli uomini. Pur evitando di parlare di 'peccato della Chiesa', il papa ha scritto che "è giusto che la Chiesa si faccia carico con più viva consapevolezza del peccato dei suoi figli", per concludere che "la Chiesa, pur essendo santa per la sua incorporazione a Cristo, non si stanca di fare penitenza: essa riconosce sempre come propri, davanti a Dio e davanti agli uomini, i figli peccatori". Tra i peccati che richiedono maggior impegno di penitenza ha indicato "quelli che hanno pregiudicato l'unità voluta da Dio per il suo popolo", come "l'acquiescenza manifestata, specie in alcuni secoli, a metodi di intolleranza e persino di violenza nel servizio della verità" (crociate e Inquisizione). Inoltre "l'anno giubilare deve ristabilire l'eguaglianza tra tutti i figli d'Israele" venendo in aiuto ai più bisognosi. L'attenzione dell'opinione pubblica a questo atto, tenacemente voluto dal papa superando dure resistenze interne, ne ha testimoniato l'importanza straordinaria, anche se l'impatto all'interno della Chiesa appare, a una più meditata analisi, sempre più modesto. Quasi si fosse trattato di un atto della pietà privata di Wojtyla, collocato in un contesto liturgico, ma non fatto oggetto di un documento solenne. Anche l'impegno fermo e coraggioso per un rinnovamento dei rapporti interreligiosi ha trovato eco più nell'opinione pubblica che nelle strutture ecclesiastiche, non essendo stato oggetto di un atto di magistero, ma di iniziative personali - solenni e ufficiali - di Wojtyla negli incontri ad Assisi con esponenti delle principali religioni (1986 e 2002). Nell'ultima fase del pontificato sono stati avviati, inoltre, contatti con la Repubblica popolare cinese in vista di relazioni non conflittuali.
La scelta di una concentrazione sulla visibilità del papa ha reso meno incisivi impegno e attenzione per le questioni istituzionali della Chiesa. Analogamente a quanto era ancora embrionale nel pontificato di A. Roncalli, anche con Wojtyla il coinvolgimento effettivo del papa negli atti di governo (scelta dei vescovi, indicazione di criteri per la vita morale, interventi in difficili questioni ecclesiali ecc.) è stato esiguo. Questi aspetti sono stati in prevalenza gestiti dalle congregazioni della Curia romana, che hanno così accelerato e radicalizzato la propria trasformazione da strumenti esecutivi della volontà del papa in organi suppletivi, operanti con un elevato livello di autonomia. Da parte sua G. P. ii non è intervenuto nella vita della Chiesa con atti di segno innovatore e di forte impatto istituzionale, tali da equilibrare l'egemonia curiale. La spiccata simpatia nei confronti dei movimenti - dall'Opus Dei a Comunione e Liberazione, dai Pentecostali ai Focolarini, sino a S. Egidio - potrebbe essere stato un tentativo di controllare tale egemonia. Difficile esserne sicuri, mentre è evidente che il favore papale ha messo di frequente in difficoltà le Chiese locali (parrocchie e diocesi) a fronte dell'invadenza attivistica dei movimenti stessi.
Wojtyla lascia dietro di sé una Chiesa segnata da un pervasivo, ma effimero, prestigio personale e appesantita da una centralizzazione, potenzialmente sclerotica, delle decisioni relative alla vita del popolo di Dio. Ci sono, è vero, le lettere encicliche, pubblicate durante l'arco del pontificato, e la lettura di questa piccola biblioteca evidenzia alcuni temi centrali della riflessione del papa: colpisce, in tal senso, l'insistenza sul Cristo che ricorre in ogni documento, mentre l'attenzione alla Chiesa risulta essere molto minore. Altre tematiche del suo pensiero sono le società contemporanee e soprattutto la cultura dominante nell'Occidente. In questa direzione il confronto, continuo e serrato, porta il segno della formazione filosofica di Wojtyla e della sua lunga esperienza polacca, sotto un regime di marchio sovietico, ostile nonché alternativo al Cristianesimo.
Infatti G. P. ii ha assunto come interlocutore l'uomo occidentale, mostrando un atteggiamento di autentica simpatia per le sue istanze, ma anche una diffidenza insuperabile verso la sua cultura, al punto da suscitare l'impressione di un'attitudine antimoderna. Al tempo stesso, ha posto una continua attenzione alla fine del millennio, che sorprende di ravvisare sin dall'enciclica programmatica del marzo 1979, e coniugata solo in seguito con l'annuncio del Giubileo. In questo confronto con la cultura occidentale un polo significativo è rappresentato dalla strenua rivendicazione dei diritti umani, soprattutto sino alla scomparsa dei socialismi reali. Dalla Laborem exercens (1981) alla Sollicitudo rei socialis (1987) e, ancora, nella Centesimus annus (1991), forte è l'interesse del papa per la problematica sociale trattata nella prospettiva della dottrina sociale cattolica della prima metà del Novecento. Anzi, egli notava che "mentre nel periodo che va dalla Rerum novarum alla Quadragesimo anno di Pio xi, l'insegnamento della Chiesa si concentra soprattutto intorno alla giusta soluzione della cosiddetta questione operaia nell'ambito delle singole nazioni, nella fase successiva esso allarga l'orizzonte alle dimensioni del globo". Veniva così proposta una visione della presenza della Chiesa nella società ispirata all'ideale preconciliare della 'cristianità', dominata invece che da un modello politico da preoccupazioni antropologico-morali per "porgere al mondo un'umile e cordiale parola di speranza, non solo religiosa, ma sociale altresì, non solo spirituale, ma anche terrena, non solo per i credenti in Cristo, ma egualmente per tutti".
La cesura più significativa, che ha segnato il pontificato in tutti i suoi aspetti, è costituita dalla caduta del muro di Berlino e dalla fine dei regimi sovietici tra il 1989 e il 1990. È unanimemente riconosciuto il peso che G. P. ii ha avuto, valorizzando la spinta al rinnovamento generata dal Concilio Vaticano ii, nel determinare il crollo di quei regimi. Forse proprio un esito tanto radicale del mandato storico che portò all'elezione del cardinale Wojtyla nel conclave del 1978, sembrò poi averlo messo in difficoltà, privandolo del suo intento originario. Anche come conseguenza di ciò, l'insegnamento successivo si è spostato su temi essenzialmente morali con la Veritatis splendor (1993), la Evangelium vitae (1995) e la Fides et ratio (1998). Il papa si è impegnato in una risposta alla crisi etica, aprendo una severa polemica con la teologia morale postconciliare responsabile - secondo lui - di cedimenti nei confronti dell''etica della coscienza' e ponendo alcune questioni fondamentali della dottrina morale della Chiesa. Veniva affermata come prioritaria la connessione tra fede e morale e l'imprescindibilità di una morale trascendente, sino a sostenere che la pratica della verità morale può richiedere anche il martirio. La concentrazione sui problemi della morale personale appare esclusiva; mentre l'attenzione ai grandi nodi della morale collettiva (violenza, guerra, armi, droghe) sembra minore e meno articolata. Con l'Evangelium vitae il papa denunciava una crisi culturale dell'Occidente per affermare l'importanza della legge naturale e il valore della vita minacciata da aborto ed eutanasia.
Un altro polo della sua meditazione è costituito dalla preoccupazione ecumenica. L'ansia per l'unione dei cristiani emersa già nella Slavorum apostoli (1985), dedicata al centenario della evangelizzazione degli Slavi, è ritornata in un altro importante documento quale la lettera apostolica Tertio millennio adveniente (1994), per culminare nella Ut unum sint (1995). G. P. ii, richiamando il Concilio e reiterando una richiesta di perdono, ha sottolineato che per la realizzazione della via ecumenica verso l'unità è necessaria la conversione del cuore, sia personale sia comunitaria. La disponibilità del papa a discutere le modalità di esercizio del primato e il riconoscimento del valore ecumenico del martirio anche fuori dal cattolicesimo, hanno avuto notevole impatto sull'opinione pubblica. Inoltre l'attenzione alla complementarità tra Roma e i protestanti è stata letta come una nuova e significativa disponibilità al dialogo. Malgrado ciò, il pontificato ha preso o condiviso iniziative che altre Chiese cristiane giudicano ostili. Basti ricordare la sorprendente decisione di erigere alcune diocesi cattolico-romane nel cuore della Chiesa ortodossa russa, quasi si trattasse di un territorio di missione. La sincera devozione di Wojtyla per Maria ha poi coperto un'assoluta intransigenza sulla condizione femminile nella Chiesa, rimasta sostanzialmente immutata durante tutto il pontificato: punto questo sul quale la distanza tra il cattolicesimo e gran parte dell'umanità contemporanea, è aumentata a dismisura. In ultimo la ferma opposizione alla guerra 'preventiva' degli Stati Uniti in ̔Irāq nel 2003, superando il precedente consenso dato alle tesi dell'intervento umanitario nei Balcani, ha ripreso con una svolta di grande rilievo, una delle ansie del Concilio Vaticano ii portandola a effetto.
Negli ultimi anni di vita, i viaggi che hanno caratterizzato l'attività di questo instancabile papa sono stati connotati da una dimensione di crescente sofferenza fisica del cristiano Wojtyla, ormai vecchio e malato: una sofferenza inesorabile e sempre più aggressiva, non dissimulata ma vinta con un'innegabile prova di coraggio e di fede. Rispetto a questa ininterrotta testimonianza giunta ovunque nel mondo, le parole dette e scritte, i documenti di maggiore o minore impegno hanno avuto una vita breve, un'attenzione sempre minore e un impatto effimero. La priorità della testimonianza è stata sottolineata dal papa anche attraverso la proclamazione di nuovi santi: con incalzante frequenza ha infatti canonizzato centinaia di cattolici. È difficile affermare che così Wojtyla abbia introdotto nello stile del pontificato romano una svolta, ma è innegabile che il suo insegnamento - concentrato su dibattuti temi morali, sessuali e genetici - sia affidato a ciò che il papa è stato e alla relazione stabilita con i fedeli. Sarebbe, tuttavia, banale e sviante ritenere che si sia trattato solo di culto della personalità. Anche se il lungo e complesso ventennio del suo papato ha avuto in G. P. ii una personalità emergente senza eguali nel mondo occidentale, il contatto da lui cercato e stabilito con la gente appare il lascito più vistoso, e secondo vari osservatori ambiguo, del suo mandato. Gli ultimi anni della sua vita e l'agonia conclusiva hanno accentuato la personalizzazione del pontificato come mai accaduto prima. Ancora più sconcertante è stata l'istanza, sviluppata a opera dei movimenti, per una canonizzazione immediata presente cadavere, che ha trovato riscontro nell'introduzione a Roma della causa canonica di beatificazione il 28 giugno 2005.
Bibl.: A. Silvestrini, I diritti dell'uomo nell'insegnamento di Giovanni Paolo ii, Firenze 1987; L. Accattoli, Quando il papa chiede perdono. Tutti i mea culpa di Giovanni Paolo ii, Milano 1997; J. Ratzinger, Giovanni Paolo ii. Vent'anni nella storia; Cinisello Balsamo 1998; G. Weigel, Testimone della speranza. La vita di Giovanni Paolo ii, protagonista del secolo, Milano 1999; La libertà religiosa negli insegnamenti di Giovanni Paolo ii, 1978-1998, a cura di A. Colombo, Milano 2000; Insegnamenti di Giovanni Paolo ii, 25 voll., Città del Vaticano 1978-2005.