OLINI, Giovanni Paolo
OLINI (Ollini, Ulini), Giovanni Paolo (Gianpaolo, Paolo). – Figlio di Domenico e di Rosa Grazioli, nacque a Quinzano (Brescia) il 14 novembre 1773.
Nel 1797, insieme con il fratello Bortolo, fu attivo, sin dai prodromi (17-18 marzo), nella rivolta incruenta dei bresciani contro l’ormai esangue dominio veneziano, partecipando all’assalto del broletto, cui seguì la proclamazione della Repubblica bresciana, protetta dalle truppe francesi e bergamasche che dominavano il territorio. Poco dopo si arruolò volontario, col grado di ufficiale, nelle milizie della Repubblica bresciana comandate da Giuseppe Lechi. Al seguito di questo, nominato a Milano generale dell’esercito cisalpino, si segnalò nei successivi fatti d’arme contro l’esercito austriaco. Nel 1799 era a Mantova, capitano nella guarnigione cisalpina che si arrese con l’onore delle armi alle truppe del generale Paul Kray. Rientrato in Italia dopo sedici mesi di prigionia, fu reintegrato nell’esercito italico. Dopo vari incarichi a Milano, combatté nella guerra di Spagna (1808-1810), capitano – poi capitano di Stato Maggiore – nella divisione comandata dal generale Domenico Pino. Tornò in Italia capobattaglione nel 5° reggimento di linea, pluridecorato. Nel 1812 era capobattaglione nel 3° reggimento di linea inserito nella Grande Armée; nel 1813 combatté sotto il comando del viceré Eugenio Beauharnais nelle battaglie di Lipsia e Hanau, distinguendosi in particolare in quest’ultima, per cui fu promosso colonnello. Era stato insignito della Légion d’honneur e dell’Ordine della Corona di ferro. Tornato in Italia, nel 1814 combatté nell’esercito italico sino alla battaglia vittoriosa di Guastalla del 1° marzo, nella quale si distinse.
Cessato il Regno italico rimase nell’esercito che, dopo la creazione del Regno lombardo-veneto, venne rapidamente ridimensionato e austriacizzato dal neogovernatore generale austriaco Heinrich Bellegarde e destinato Oltralpe. Fu nominato colonnello in seconda o soprannumerario (il colonnello in prima era obbligatoriamente austriaco) del 4° reggimento di linea.
A metà settembre 1814 con il colonnello Silvio Moretti, anch’egli bresciano, ordì una congiura i cui connotati sono scarsamente controllabili e difficilmente definibili in base ai documenti processuali. Si può arguire che i vari piani prevedessero la ribellione delle truppe già italiche, seguita dall’occupazione di piazzeforti, insurrezioni popolari, cacciata degli austriaci, restaurazione del Regno italico o di uno Stato italico costituzionale con ampliamento dei territori pertinenti. La congiura si esaurì nella ricerca di un generale dell’ex esercito italico disposto ad assumerne il comando, vana «perché in tutto l’esercito del regno d’Italia non fu un sol generale che ardisse pigliar il comando di schiere avvezze alla vittoria, e condurle a combatter per la patria» (C. Beolchi, Reminiscenze dall’esilio, Torino 1853, p. 6). Inoltre, il generale Alessandro de Rege conte di Gifflenga, interpellato dai congiurati, avvisò del complotto il governo sardo, che a sua volta avvisò le autorità austriache. Nel frattempo, mentre gran parte dell’esercito italico era già Oltralpe (Olini aveva ottenuto il permesso di rimanere a Brescia per sistemare affari di famiglia), la dabbenaggine di alcuni cospiratori borghesi milanesi permise a una spia di fornire ampia documentazione dei loro progetti alle autorità austriache, che procedettero agli arresti. Olini fu catturato a Brescia la notte del 14-15 dicembre 1814.
Ben poco si sa di Olini oltre il patriottismo e le notevoli doti militari (memorie e scritti gli furono sequestrati dagli austriaci a Venezia e non furono mai restituiti). La migliore chiave di lettura della vita sua e di tantissimi suoi commilitoni, dagli esordi giacobini in poi, è fornita dall’ampio studio di F. Della Peruta (Esercito e società nell’Italia napoleonica. Dalla Cisalpina al Regno d’Italia, Milano 1988, pp. 421 s.): questa congiura, «collocata com’è sul crinale tra periodo napoleonico e Restaurazione, assume un significato emblematico e fa meglio comprendere il valore e la portata che la pluriennale esperienza vissuta dalle milizie cisalpino-italiche ebbe nel processo di formazione della coscienza nazionale e del sentimento patriottico risorgimentali». Gli «anni di vita passati nell’armata operarono una trasformazione profonda nel modo di pensare e di sentire» dei molti ufficiali e soldati i quali «continuarono a servire e a morire sotto la bandiera tricolore divenuta punto di raccordo di uomini che, sbalzati in terre lontane e straniere, iniziarono […] a superare i limiti posti dal municipalismo e dalla corrispettiva visione localistica e a riconoscersi in una superiore unità nazionale».
Nel corso dei lunghi interrogatori cui furono sottoposti nel gennaio 1815 a Mantova, i militari – a differenza dei civili – non seppero opporre una difesa valida. Olini «valoroso sui campi di battaglia, non era altrettanto abile nelle schermaglie sottili della giustizia»: il suo interrogatorio fu «particolarmente fruttuoso» per gli inquirenti (Spadoni, 1936-37, II, pp. 203, 207). Il 18 novembre 1815, come Moretti, fu condannato a morte, pena tramutata dal Consiglio aulico di Guerra di Mantova (9 novembre 1816) in otto anni di fortezza, prima a Mantova poi a Josephstadt in Boemia, e privazione dei gradi militari e degli Ordini cavallereschi.
Nel 1818, liberato quattro anni dopo l’arresto, tornò in Italia e si stabilì a Pontevico, presso Brescia. Nel marzo 1821, già affiliato da Filippo Ugoni alla Federazione italiana, fu inviato a Torino, su ordine di Federico Confalonieri (che aveva anticipato 4000 franchi per tale missione) con l’incarico di assumere il comando dei volontari bresciani, sull’arrivo dei quali i rivoluzionari piemontesi riponevano grandi speranze. Già dall’ agosto 1820 provvisto di passaporto regolarmente vistato per la Francia, partì il 18 marzo e sostò a Milano: a Torino risulta alloggiato nell’albergo Dufour dal 22 al 25 marzo allorché, nominato dal neoministro costituzionale della Guerra, Annibale Santorre di Santarosa, colonnello aiutante generale a disposizione del comandante in capo, fu inviato ad Alessandria per assumervi il comando del battaglione dei volontari lombardi. Ripartì da lì il giorno 30, ma non sono noti i suoi incarichi e i movimenti successivi. Dopo la sconfitta dei costituzionali a Novara il 7-8 aprile riparò in Liguria. A Genova il 13 aprile si imbarcò con otto compagni sul brigantino spagnolo La Speranza; sbarcato ad Antibes, proseguì per Lione. In autunno si trasferì a Barcellona. In Catalogna entrò col grado di colonnello brigadiere nell’esercito del generale Francisco Espoz y Mina al comando di una compagnia di emigrati italiani (200-300 uomini), da lui formata, e di volontari spagnoli e francesi. Si distinse a Casa de la Selva e a Pineda. Nel 1823, dopo la capitolazione di Tarragona, si rifugiò in Francia.
Rientrò in Italia l’anno successivo: a Brescia ottenne regolare permesso di trasferirsi a Bologna. Qui si inserì con successo nella società cittadina; per sopperire alle esigenze economiche amministrava le terre di un ex commilitone. Dopo la rivoluzione del luglio 1830, si recò in Francia, forse su consiglio o per mandato di patrioti bolognesi. A Parigi fu ospite di Filippo Ugoni. Operò in stretto contatto con esuli italiani di varie tendenze che progettavano rivoluzioni in Italia centrale: soprattutto perorò la causa italiana – ossia l’assicurazione d’un intervento militare francese in caso di invasione austriaca – presso suoi compagni d’arme francesi ora in posizione di potere nel governo.
Avrebbe dovuto recarsi a Ginevra per importanti incontri, ma alla notizia della rivoluzione modenese ripartì precipitosamente. Giunto a Bologna, il 7 marzo 1831 fu nominato dal governo provvisorio di Bologna generale di brigata, stanziato in Romagna meridionale. In seguito al fallimento della politica del non intervento, il governo delle Province unite affidò il comando dell’esercito al generale Carlo Zucchi e gli permise il riarmo delle truppe modenesi già disarmate al loro ingresso nello Stato. Il 20 marzo il governo, minacciato dall’approssimarsi degli Austriaci, si trasferì ad Ancona. Zucchi decise di ripiegarvi anche l’esercito lungo la via Emilia. Il 25 marzo la retroguardia sotto il comando di Olini respinse con successo a Celle di Rimini due attacchi di forze austriache molto superiori (1500 volontari e due cannoni contro 5500 – fanteria e cavalleria – e quattro cannoni austriaci) infliggendo gravi perdite al nemico. Fu il primo fatto d’arme in campo aperto vittorioso del Risorgimento. Infine la battaglia fu combattuta dai due eserciti: nella notte gli austriaci entrarono in città, gli italiani proseguirono la marcia verso Ancona.
Dopo la capitolazione, firmata ad Ancona dal governo bolognese il 26 marzo con il cardinale Giovanni Antonio Benvenuti, Zucchi affidò il comando dell’esercito a Olini, che doveva condurlo ad Ancona per deporvi le armi e sciogliersi. Il 28 marzo 1831 i novanta tra i più compromessi nella rivoluzione, tra cui Olini e Zucchi, si imbarcaromo sul brigantino pontificio Isotta diretto a Marsiglia, ma in violazione degli accordi la Marina austriaca costrinse la nave a rientrare ad Ancona. I patrioti, trasferiti a Venezia, dovettero sottostare a lunghi interrogatori. Ai cittadini pontifici fu concessa la remissione completa dal cardinale Benvenuti (remissione revocata dal papa ma confermata per l’intervento di Francia e Inghilterra). Olini, cittadino pontificio e in possesso del passaporto fornitogli da Benvenuti, fu lungamente interrogato: gli austriaci nutrivano sospetti circa la sua attività nell’ambito della rivoluzione piemontese del 1821 (già il 24 dicembre 1823 l’imperatore Francesco I aveva chiesto indagini sul suo conto) ma Olini, ora sicuro e battagliero, non ebbe difficoltà a difendersi vittoriosamente. Liberato il 30 maggio 1832, fu imbarcato alla volta di Marsiglia. Abbandonati vari progetti militari in Portogallo, poté stabilirsi a Parigi, dove visse in ristrettezze economiche.
Morì a Parigi il 7 marzo 1835, e fu sepolto nel cimitero di Montmartre.
I suoi funerali diedero luogo a un imponente corteo degli esuli politici italiani di Parigi. Il vibrante discorso commemorativo di Gustavo Modena, soprattutto un durissimo confronto tra la vita di Olini e quella dell’imperatore Francesco I, provocò violenti proteste austriache seguite dall’espulsione dello stesso Modena.
Fonti e Bibl.: Memorie del generale Carlo Zucchi, a cura di N. Bianchi, Milano-Torino 1861, pp. 87, 109, 111; G. Ruffini, Note biografiche sul colonnello Paolo O. di Quinzano d’Oglio, in Commentari dell’Ateneo di Brescia per l’anno 1928, Brescia 1929, pp. 2-35; Id., Le cospirazioni del 1831 nelle memorie di Enrico Misley. Biografia del cospiratore, Bologna 1931, ad ind.; A. Sorbelli, L’epilogo della rivoluzione del 1831. Da Rimini a Venezia, Modena 1931, ad ind.; D. Spadoni, Milano e la congiura militare nel 1814 per l’ìndipendenza italiana, I-III, Modena 1936- 37, ad ind. (con ampia biografia); L. Pasztor - P. Pirri, L’Archivio dei governi provvisori di Bologna edelle provincie Unite del 1831,Città del Vaticano 1956, ad ind.; Storia di Brescia, IV, Milano 1964, ad ind., sub voces Olini Giuseppe e O., Paolo;P. Crociani - V. Ilari - C. Paoletti, Storia militare del Regno Italico, 1802-1814, I, 1-2, Roma 2004, ad ind.; A. Bistarelli, Gli esuli del Risorgimento, Bologna 2011, ad indicem.