OLIVA, Giovanni Paolo
OLIVA, Giovanni Paolo. – Di famiglia nobile, nacque a Genova il 4 ottobre 1600. Non sono noti i nomi dei genitori.
Entrò nella Compagnia di Gesù il 15 gennaio 1616. Pronunciò i tre voti solenni e il quarto voto di speciale obbedienza al papa circa missiones l’8 dicembre 1633. Compì la sua formazione nel Collegio Romano. Il catalogo del 1622 lo descrive di buona salute e studente al primo anno di filosofia. Terminati gli studi filosofici, nel 1624 iniziò il corso di teologia. Venticinquenne, fu giudicato definitivamente pronto per l’insegnamento (come magister novitiorum) e abile a ruoli di governo. Nel 1632 prese dimora presso il noviziato di S. Andrea dove assunse anche funzioni di responsabilità (ammonitore prima e rettore dal 1636 al 1645). Dotato di prudenza supra mediocritatem, nell’inverno 1631-32 prese parte alla visita della provincia siciliana (Archivum Romanum Societatis Iesu [ARSI], Epistolae nostrorum, 15: Epistolae Olivae 1627-62, cc. 3v, 24v). Trascorse la sua vita principalmente a Roma, tra gli istituti d’insegnamento della Compagnia e i palazzi apostolici.
Negli anni Quaranta, nonostante l’ufficio di rettore del noviziato, iniziò in modo continuativo l’attività di predicatore – nei primi mesi del 1644 era a Genova, «accolto e ascoltato soprattutto dai cittadini più illustri» (I gesuiti a Genova..., 1996, p. 266) – fino alla nomina nel decennio successivo a concionator pontificis, carica ricoperta fino al 1675 (ARSI, Prov. romana, 60, Catalogi triennales 1655-58, cc. 6r, 21r, 156r).
Non amava spostarsi per la penisola, come confidò a Gian Luca Chiavari – già senatore genovese e doge (1627-29) con cui mantenne una lunga corrispondenza – quando gli venne prospettato l’impegno quaresimale nella martoriata Napoli: «purtroppo mi hanno stretto i napoletani per la quaresima, ma non mi par quel pergamo mare per il battello mio. Io premo nei vitii non del secolo di Enoch ma del tempo che corre. Di questo linguaggio non è capace una città sì fresca del male e armata» (lettera del 17 ottobre 1648, in ARSI, Epistolae nostrorum, 15: Epistolae Olivae 1627-62, c. 10r).
Accolto benignamente da Innocenzo X, continuò a dedicarsi con rigore allo studio della Sacra Scrittura, faticoso in mezzo a molte altre occupazioni (di governo e insegnamento), ma necessario per ottemperare al compito non facile di predicatore dei palazzi pontifici.
Qui bisognava «dire senza parere di insegnare», evitando sia la «calca delle sentenze», che poteva annoiare, sia «l’amplificatione» talora necessaria ma pure foriera della «taccia d’ostentatione» (lettera del 10 agosto 1652, ibid., c. 50v). Non mancava di deplorare la propria «relegatione nel centro degli strepiti più noiosi e più plebei» (lettera del 19 agosto 1651, ibid., c. 48r), lontano dal paese natio, dalle spiagge e dalle «delizie» di Santa Margherita, ristoro invece per il suo invidiato interlocutore: «le Scritture e le pagine de’ Padri – scrisse – saranno le selve e le spiagge mie» (lettera del 30 settembre 1650, ibid., c. 44r). Ansia e timori lo assalivano talora, preoccupato soprattutto per l’attività omiletica: «riuscendomi il parlar in palazzo quanto splendido tanto doloroso per l’estrema attentione che conviene havere ad ogni sillaba proferita in quel consesso» (lettera del 9 marzo 1652, ibid., c. 49). Non erano infatti mancate contestazioni, spacciandolo alcuni «per lingua impotente a moderarsi nell’espositione de’ disordini» (lettera del 6 luglio 1652, ibid., c. 51). Per i numerosi impegni non gli fu facile redigere e portare a termine i propri discorsi, dati alle stampe tra il 1659 e il 1681 (diverse edizioni delle Prediche dette nel palazzo apostolico, ovvero Sermoni domestici e le Lettere, indirizzate ai superiori e ai fratelli dell’ordine).
Il 7 giugno 1661 l’XI Congregazione generale nominò Oliva vicario dell’ormai ottantenne e malato Goswin Nickel, con pieni poteri e diritto di successione (decreto 29). Il 31 luglio 1664 divenne quindi ufficialmente l’XI preposito generale. In quegli anni Oliva aveva potuto riflettere sui problemi della Compagnia, in particolare su quello che riteneva il male peggiore: l’assenza di comunicazioni oneste e sincere tra i superiori e la curia generalizia, conseguenza anche delle pressioni dei principi per disporre dei religiosi al pari di loro sudditi naturali. Il rapporto con la curia papale e soprattutto con Innocenzo XI, contraddittorio per lo più, trovò un terreno d’incontro sul tema del nepotismo. La polemica tra Leopold von Ranke e Ludwig von Pastor vide il primo riportare la testimonianza di un Oliva favorevole alla chiamata a corte dei consanguinei (1657), il secondo ritenere inattendibile la documentazione citata dallo storico protestante. Quali fossero le idee del gesuita al riguardo appare tuttavia chiaramente nella Lettera inviata a tutta la Compagnia nel 1666 (la prima da generale, dopo cinque anni dalla nomina a vicario).
In essa sosteneva che per promuovere ai gradi e nominare agli incarichi di maggiore responsabilità occorreva che il padre generale ricevesse dai provinciali, dai consultori, dai rettori di collegi e noviziati, dai prepositi delle case professe informazioni precise e corrette (Lettera del nostro padre, 1666, pp. 2 s.). Invece a Roma giungevano sovente informazioni frutto di «mostruose protettioni», la cui origine, precisava senza mezzi termini, era «l’affetto disordinato verso le patrie e verso la parentela» (p. 30). Quanto scrisse più tardi, nel 1676, richiesto del suo parere sul nepotismo da parte dell’entourage di Innocenzo XI, fu di una chiarezza e di una forza esemplari. L’attacco ai pontefici per le loro pratiche e per l’uso del tesoro della Chiesa fu feroce: «le loro passioni mercenarie, il pensiero d’ingrandire i congiunti» impedivano di finanziare l’opera di conversione delle «province alienate» e la conquista «dei paesi infedeli» (cit. in Scapinelli, 1948, p. 267). Sottolineava inoltre i «tempi troppo offesi e troppo scandalizzati da molti de’ sommi pontefici eccessivamente immersi nel loro sangue […] Quasi tutte le ruine della chiesa, massimamente terrene», erano «derivate dall’indipendenza con cui» erano state «intraprese attioni più da principe secolare che da ecclesiastico» (ibid.).
Oliva guidò la Compagnia in una fase non facile della sua storia. In quel ventennio emersero gravi conflitti all’interno della Chiesa tra i diversi ordini regolari e tra gli stessi ignaziani, in particolare su questioni dottrinali: lo scontro tra probabilismo, probabiliorismo e giansenismo, la querelle sui riti cinesi e malabarici, le polemiche sul quietismo.
Le differenti posizioni in materia di teologia morale coinvolsero trasversalmente gli ordini religiosi, anche se la Compagnia si trovò coinvolta più di altri, complici le forti discordie interne. L’anti-probabiliorismo di Oliva si contrappose al rigorismo sia del gesuita (e futuro generale) Tyrso Gonzales sia degli oratoriani vicini a Innocenzo XI. Padre generale e curia romana furono protagonisti di una serie di censure incrociate che colpirono i gesuiti coinvolti. Lo stesso accadde anche in occasione dello scontro sul quietismo, che sfociò nella messa all’Indice nel 1681 per volontà dell’entourage papale di alcuni testi contrari alle teorie di Miguel Molinos composti dai gesuiti Gottardo Bellomo, Daniello Bartoli e Paolo Segneri.
Non mancarono tensioni anche per la nuova organizzazione dell’attività missionaria rivendicata, dopo decenni di dipendenza dei regolari dal potere secolare, dai vicari apostolici, istituiti da Propaganda fide e sovente avversati dai missionari. Sofferti furono anche i rapporti con le corti regie. Nonostante le direttive ufficiali risultò impossibile ai gesuiti (e allo stesso generale) astenersi dai negozi di Stato.
Quando nel 1662 il governatore di Milano chiese a Oliva un padre spagnolo «per accomodamento della sua casa e per qualche sfogo de’ suoi sentimenti» (lettere dell’agosto 1762, in ARSI, Epistolae nostrorum, 15, Epistolae Olivae 1627-62, cc. 75v-76), il generale precisò senza indugi di avere il padre giusto per quell’impiego, «intendentissimo di ogni affare sì politico come divoto» (ibid.). Un predecessore ne aveva goduto i servigi, volendolo «seco ne’ viaggi e co’ cui pareri maneggiò gl’importantissimi affari e del suo governo e delle sue ambasciarie» (ibid.). Nel caso ancor più significativo del padre austriaco Everardo Nithard, confessore, primo ministro e inquisitore della reggente Marianna d’Austria (e perciò membro dei principali consigli regi) il generale non ebbe modo di opporsi al suo eccessivo intervento negli affari della corte madrilena. Il coinvolgimento politico di Nithard funzionò da modello: Laura Martinozzi, vedova del duca d’Este, volle che il proprio confessore Andrea Garimberti fosse suo consigliere e sedesse nel consiglio di Stato. In alleanza con il papa e con il re di Francia, Oliva non mancò inoltre di profondere la propria opera a favore dell’unione matrimoniale del principe e futuro re d’Inghilterra Giacomo Stuart con Maria d’Este, figlia della Martinozzi.
In campo artistico si ricordano i suoi rapporti con Gian Lorenzo Bernini, ma soprattutto la promozione dell’opera pittorica del confratello Andrea Pozzo, poi voluto a Roma verso la fine del generalato per la decorazione della chiesa di S. Ignazio. Durante il suo governo vennero inoltre completate la chiesa di S. Andrea al Quirinale e la decorazione della chiesa del Gesù.
Morì a Roma il 26 novembre 1681.
Fonti e Bibl.: Le principali informazioni su G.P. O. si trovano in Roma, Archivum Romanum Societatis Iesu [ARSI]: per il periodo giovanile i Catologi triennales della Provincia romana, 55, cc. 228v, 236v; 56, cc. 17r, 70v, 153v, 200r, 279v, 324r; 60, cc. 6r, 21r, 156r; Fondo Gesuitico, 552: Calunnie contro di lui quando era rettore di S. Andrea, cc. 134r-136r; Epistolae nostrorum, 15: Epistolae O.1627-62; per la fase del generalato i registri delle Epistolae generalium delle diverse province e assistenze gesuitiche; altra fonte indispensabile sono gli Acta delle Congregationes provinciales e generales; inoltre le Epistolae nostrorum, 18: Epistolae Generalis P. O. ad nostros et externos (secretae) 1663-1677; Vitae, 99: G. Agnelli, Il ritratto celeste del padre G.P. O. preposito generale della Compagnia di Gesù. Predica istorica, S. Crisostomo 1682. Tra le fonti edite, oltre a quelle ricordate da C. Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, V, Paris-Bruxelles 1894, coll. 1884-1892, si veda la Lettera del nostro padre generale G.P. O. A’ padri e fratelli della Compagnia, 8 settembre 1666, Roma 1666; alcune lettere sul tema della direzione spirituale in P. Fontana, La principessa Violante Lomellini Doria (1632-1708), Roma 2004, pp. 66-68. Sui conflitti teologici: P. Dudon, Le premier livre d’un Jésuite contre la “Guide spirituelle” et la “Pratique facile”. Correspondance entre Molinos et le générale des Jésuites J.-P. O. (1678-1680), in Recherches de Sciences Religieuses, III (1912), pp. 259-270. A. Astrain, Historia de la Compañía de Jesús en la Asistencia de España, VI: Nickel, O., Noyelle, Gonzáles, 1652-1705, Madrid 1920; L. von Pastor, Storia dei papi dalla fine del Medio Evo, XIV, 1, Roma, 1932, p. 326; G.B. Scapinelli, Il memoriale del p. O. S.I. al cardinal Cybo sul nepotismo (1676), in Rivista di storia della Chiesa in Italia, II (1948), pp. 262-273; R. Kuhn, G.P. O. und Gian Lorenzo Bernini, in Römische Quartalschrift, LXIV (1969), pp. 229-233; F. Haskell, The role of patrons: Baroque style changes, in Baroque Art: The Jesuit contribution, a cura di R. Wittkover - I.B. Jaffe, New York 1972, pp. 51-61; G. Boudouin, J.-P. O. (†1681), general de jésuites et les bollandistes, in Revue d’Histoire ecclésiastique, LXIX (1974), pp. 760-765; M. Fois, Il generale G.P. O. tra obbedienza al papa e difesa dell’Ordine, in Quaderni Franzoniani, V (1992), pp. 29-40; I gesuiti a Genova nei secoli XVII e XVIII. Storia della casa professa di Genova della Compagnia di Gesù dall’anno 1603 al 1773, a cura di G. Raffo, in Atti della Società ligure di storia patria, XXXVI (1996), pp. 151-419; M. Fois, O., J. P. (sub voce Generales), in Diccionario histórico de la Compañía de Jesús. Biográfico-temático, a cura di C. E. O’Neill - J.M. Domínguez, II, Madrid 2001, pp. 1633-1642.