PEPOLI, Giovanni
PEPOLI, Giovanni. – Figlio primogenito di Taddeo di Romeo e di Bartolomea Samaritani, Giovanni Pepoli nacque a Bologna verso il 1310.
Dopo di lui, Taddeo ebbe altri tre figli (Giacomo, Romeo, Bornio) e tre figlie (Zanna, Zanna Chiara e Giovanna). Come i fratelli e le sorelle, Giovanni fu coinvolto nella complessa politica matrimoniale orchestrata dal padre Taddeo, dal 1337 signore di Bologna. Giovanni e Giacomo, in particolare, ebbero a questo proposito destini paralleli. Nel 1338, Giovanni sposò Caterina, figlia di Obizzo della Rosa, signore di Sassuolo, mentre Giacomo sposò la sorella di Caterina, Samaritana (Storia, genealogia, nobiltà, 24, cc. 78r-79v). Nel giro di pochi anni, tuttavia, entrambi questi matrimoni furono annullati per realizzare legami politicamente più prestigiosi e strategicamente più rilevanti per i Pepoli. Nel 1342 Giacomo sposò una figlia di Mastino della Scala; prima del 1341, invece, ma la data non è certa, Giovanni aveva sposato Beatrice, figlia di Guido da Correggio, dal 1338 vedova di Marsilio da Carrara (Sommari, 142, p. 301; Ghirardacci, 1669, p. 162).
Con questi matrimoni la signoria bolognese rafforzava il proprio ruolo nello scenario politico dell’Italia padana: Scaligeri e Correggio erano i principali alleati degli Estensi, cui i Pepoli erano già da tempo saldamente legati, grazie al matrimonio fra Giacoma, sorella di Taddeo, e Obizzo II d’Este. Nel 1341, tuttavia, Guido e il fratello Azzo da Correggio ordirono una congiura per sottrarre Parma agli Scaligeri, che dal 1334 ne avevano il controllo. Il matrimonio fra Giovanni Pepoli e Beatrice da Correggio dovrebbe precedere la rottura dell’alleanza fra Scaligeri e Correggio, considerando che nel 1342, come dimostra il matrimonio del fratello Giacomo, i legami fra i Pepoli e i signori di Verona erano ancora assai saldi.
Dal matrimonio con Beatrice da Correggio Giovanni ebbe tre figli (Galeazzo, Francesco e Guido), mentre altri tre (Andrea, Taddeo, Romeo) ne aveva avuti dalla prima moglie, Caterina della Rosa; anche le due figlie di cui si ha notizia (Bartolomea e Taddea) nacquero dalle seconde nozze (Sommari, 142, pp. 337, 341, 346, 356).
I primi impegni pubblici cui Taddeo chiamò il figlio primogenito furono di natura diplomatica. Nel 1336, alla vigilia dell’affermazione signorile del padre, Giovanni fu inviato a Ferrara per partecipare a una conferenza il cui scopo era comporre i contrasti fra Venezia e la signoria scaligera, trattative rinnovate l’anno successivo a Venezia, ancora una volta con la partecipazione del giovane Pepoli, che accompagnava in questa missione il marchese d’Este (Corpus chronicorum Bononiensium, II, 1938, p. 462). Nei primi anni Quaranta del secolo Giovanni ricevette dal padre analoghi incarichi, che lo portarono ripetutamente a Verona e Ferrara. Le questioni patrimoniali della famiglia furono invece delegate di preferenza a Giacomo, che, pur essendo di almeno cinque anni più giovane, fu emancipato da Taddeo nel 1338, assai prima di Giovanni, e curò direttamente alcuni affari di grande rilievo economico, come l’acquisto, nel 1340 al prezzo di 20.000 lire di bolognini, del castello e del feudo di Castiglione dei Gatti, dai conti Alberti di Prato (Sommari, 142, pp. 162-164; Trombetti Budriesi, 2007, p. 778). Ai suoi diritti su quel feudo, che sarebbe diventato in età moderna Castiglione dei Pepoli, Giovanni rinunciò già nel settembre del 1350, vendendoli a Giacomo per 10.000 lire di bolognini (Sommari, 142, pp. 297-300).
L’acquisizione del potere da parte di Giovanni e Giacomo, alla morte del padre Taddeo (29 sett. 1347), coincise con il momento più difficile per la signoria bolognese e la situazione politica ed economica della città si fece drammatica l’anno successivo, per le conseguenze dell’epidemia di peste, che colpì Bologna con particolare violenza, uccidendo in pochi mesi il 40% della popolazione urbana e rurale. I destini della città, del resto, erano già stati ampiamente delineati da Taddeo, quando, pochi mesi prima di morire, aveva rafforzato i legami d’alleanza con i Visconti, avviando Bologna verso l’area politica contrapposta, nello scacchiere emiliano e romagnolo, a quella pontificia, cui dal 1278 la città apparteneva (Trombetti Budriesi, 2007, pp. 804 s.).
Gli effetti delle scelte strategiche di Taddeo e, dal 1347, di quelle dei figli si manifestarono ben presto. Per arginare l’espansionismo visconteo e le ribellioni dei signori di Romagna, Clemente VI chiese ai fratelli Pepoli di appoggiare la missione militare del rettore pontificio Astorgio di Durfort. La risposta dei Pepoli fu piuttosto tiepida e il rettore, attirato Giovanni in un tranello a Solarolo, lo fece prigioniero nel luglio del 1350 e iniziò ad avanzare militarmente verso Bologna. Nell’organizzare la difesa, Giacomo si rivolse all’alleato milanese e Giovanni Visconti, fedele al trattato del 1347, intervenne militarmente a sostegno di Bologna. Nel frattempo, Giovanni Pepoli riuscì a recuperare la libertà e, alla fine di agosto, riparò a Milano, dove iniziò la trattativa che il 16 ottobre 1350 si sarebbe conclusa con la vendita a Giovanni Visconti della signoria su Bologna. Dal punto di vista patrimoniale l’operazione fu per i fratelli Pepoli piuttosto lucrativa: oltre alla cifra considerevole di 170.000 fiorini d’oro pattuita per la vendita (si ricorderà che pochi anni prima Parma era stata venduta per 70.000 fiorini dai Correggio agli Estensi e poi per 60.000 fiorini dagli Estensi ai Visconti stessi), Giovanni e Giacomo avevano ottenuto di conservare i castelli e i feudi di Castiglione e quelli di San Giovanni, Crevalcore, Cento, Sant’Agata e Nonantola (Sommari, 142, p. 301).
Quelle condizioni di vendita ebbero però brevissima applicazione. Nel giugno 1351, Giacomo Pepoli fu accusato, con il figlio maggiore Obizzo, di tramare con i fiorentini ai danni dei Visconti, per sottrarre loro la città. Nel settembre di quell’anno, Giacomo fu trasferito a Milano e condannato all’ergastolo, mentre i castelli dei Pepoli furono recuperati al controllo diretto dei Visconti. Giovanni Pepoli, tuttavia, non fu mai accusato di quella congiura, e anzi già dal 1351 entrò al servizio della signoria viscontea, ottenendo incarichi di rilievo. Il centro dei suoi interessi si spostò definitivamente verso l’area lombarda, e anche quando Giacomo ottenne il perdono da Galeazzo Visconti, nel novembre 1354, e rientrò in possesso dei suoi beni allodiali e feudali, Giovanni invece continuò la sua carriera nell’amministrazione viscontea (Sommari, 142, p. 316; Corpus chronicorum Bononiensium, III, 1839, pp. 3, 7, 49, 59, 63). Nel 1367 viveva a Pavia, come vicario dei Visconti, e il 13 agosto di quell’anno dettò il suo testamento al notaio Ruggero Strazzapata, istituendo eredi i figli Andrea, Taddeo, Romeo, Galeazzo, Francesco e Guido (Sommari, 142, p. 340). Giovanni Pepoli morì a Pavia il 28 agosto 1367 e fu poi trasportato a Bologna e sepolto nell’arca del padre Taddeo (Corpus chronicorum Bononiensium, III, 1839, pp. 212 s.). Di lì a poco anche Giacomo, morto a Forlì il 23 settembre 1367, avrebbe raggiunto il padre e il fratello maggiore nella solennità della chiesa di S. Domenico.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Bologna, Famiglia Pepoli, Istrumenti, serie I/A, Sommari, 142; Storia, genealogia, nobiltà, 24, «Volume in foglio in cui si mostra a grado a grado i sogetti che ha avuto la famiglia Pepoli»; Corpus chronicorum Bononiensium, a cura di A. Sorbelli, II-III, RIS2, XVIII, pt. 1, Bologna 1938-1939.
C. Ghirardacci, Historia di vari successi d’Italia e particolarmente della città di Bologna, avvenuti dall’anno 1321 fino al 1425, Bologna 1669; G. Antonioli, Conservator pacis et iustitie. La signoria di Taddeo Pepoli a Bologna (1337-1347), Bologna 2004; A.L. Trombetti Budriesi, Bologna 1334-1376, in Storia di Bologna, 2, Bologna nel Medioevo, a cura di O. Capitani, Bologna 2007, pp. 761-866; G. Lorenzoni, Conquistare e governare la città. Forme di potere e istituzioni nel primo anno della signoria viscontea a Bologna (ottobre 1350-novembre 1351), Bologna 2008.