PERRONE, Giovanni
PERRONE, Giovanni. – Nacque a Chieri (Torino) l’11 marzo 1794 da Francesco ed Elisabetta Chiandana.
Studiò teologia nel seminario di Torino e il 10 novembre 1815 entrò nella Compagnia di Gesù. Nel 1816 fu inviato al collegio di Orvieto come insegnante di teologia. Quando papa Leone XII riaprì il Collegio romano, Perrone ebbe la docenza di teologia dogmatica (ottobre 1824). La professione solenne di gesuita avvenne il 15 agosto 1827.
Con l’insegnamento Perrone si propose, fin dall’inizio, di difendere la dottrina cattolica, avendo individuato nella Scolastica l’asse portante della teologia autentica, ma non accettando di seguire acriticamente il suo metodo. Non volle delineare un sistema teologico originale, ma esplicitare il dogma cristiano, con lo scrupoloso insegnamento della teologia positiva, e con le pubblicazioni copiose, anche di polemica.
Nel 1830 assunse la carica di rettore nel collegio di Ferrara, nel 1834 rientrò a Roma e riprese l’insegnamento principale di teologia dogmatica fino al 1848. Quando vennero interrotte le lezioni nell’ateneo dei gesuiti nel biennio 1848-49, si recò in Inghilterra. Rientrato nel 1851 al Collegio romano, ricoprì la carica di rettore dal 1853 al 1855, quindi divenne prefetto generale degli studi (1855-76). Fu nominato consultore di numerose congregazioni romane, tra le quali Propaganda Fide, Affari ecclesiastici straordinari, Vescovi e regolari, Concilio, Indice (solo nel 1854). Consigliere teologico di papa Gregorio XVI, venne anche ampiamente consultato da papa Pio IX – la cui grande stima nei confronti di Perrone è attestata da diverse fonti: per esempio, Bibliothèque da la Compagnie de Jésus, 1895; Boyer, 1933; Hocedez, 1952 –, che non poté crearlo cardinale a causa del rifiuto di lui, per umiltà.
La tranquilla carriera di Perrone, lontana da onori, non deve però far pensare che nella gestione degli organismi ecclesiastici dottrinali egli non fosse capace di operare. Si ricordano, per esempio, suoi decisi interventi per la condanna di alcuni movimenti o tendenze teologiche interne alla Chiesa. Si rivelò attento e prudente guardiano dell’ortodossia dottrinale. Non fece mai comunque parte della congregazione del S. Uffizio. Il primo obiettivo delle sue polemiche fu la teologia di Georg Hermes, ritenuta intrisa di spirito razionalistico. I suoi giudizi sul teologo tedesco, che furono decisivi per la condanna romana (1835), suscitarono in Germania forti opposizioni: la teologia insegnata da Perrone venne identificata con la «teologia romana», legata alla Scolastica più conservatrice. Successivamente egli intervenne nei confronti del pensiero di Vincenzo Gioberti, con l’autorità di teologo, affinché la condanna delle sue opere avvenisse davanti al S. Uffizio (Vincenzo Gioberti e le Congregazioni romane, a cura di L. Malusa - P. De Lucia, Pisa-Roma 2011, pp. 35-46, 115-120, 274-275). Agì inoltre per il rispetto dell’ortodossia nell’insegnamento dei maestri di Lovanio, accusati di ontologismo. Il suo contributo fu importante per la condanna del pensiero di Gerard Casimir Ubaghs (J. Ickx, La Santa Sede tra Lamennais e San Tommaso d’Aquino, Città del Vaticano 2005, pp. 80-87 e passim).
Perrone avversò anche il tradizionalismo senza subirne mai l’influenza, assumendo posizioni chiare, a differenza di diversi suoi confratelli. Non volle entrare nella lotta contro Antonio Rosmini, sostenuta dai neotomisti (Matteo Liberatore, Serafino Sordi, poi Giovanni Maria Cornoldi). Lontano dalla linea di coloro i quali interpretavano il ritorno a Tommaso come esclusione di altre posizioni speculative, riteneva che la filosofia rosminiana non fosse compromessa con l’ontologismo e potesse essere un aiuto per l’apologetica cattolica. Si recò il 3 ottobre 1846 a Stresa per affermare a Rosmini la sua stima (Della missione a Roma di Antonio Rosmini-Serbati negli anni 1848-49. Commentario, a cura di L. Malusa, Stresa 1998, pp. 415-420). Si tenne in disparte dalle polemiche nel periodo dell’esame delle opere di Rosmini. In una lettera scritta a un prete di Desenzano, Perrone dichiarò: «Nel merito intrinseco io, per proposito fattone da parecchi anni in qua, giammai vi volle entrare, giammai se non per ordine e però non mai lessi cosa alcuna né pro né contra, per poter dire con ogni verità a chiunque me ne interrogasse, che non conosco il merito di tal causa» (Roma, Archivio della Pontificia Università Gregoriana, Perrone, 96-I). Per sfuggire alle insidie della ‘questione rosminiana’, si dedicò con impegno rinnovato allo studio delle testimonianze della Chiesa antica sul privilegio di Maria. Fece parte attiva della commissione per la definizione del dogma dell’Immacolata Concezione. I suoi lavori costituirono, assieme agli scritti di Carlo Passaglia, il nucleo teologico fondamentale per la solenne proclamazione dell’8 dicembre 1854. La presenza di Perrone quale custode dell’ortodossia si fece sentire anche nei lavori preparatori del Concilio Vaticano I, intorno ai presupposti del dogma dell’infallibilità papale.
La produzione di Perrone fu molto ampia, e le sue opere furono ristampate e diffuse in tutta Europa e in America. Notissime furono le Praelectiones theologicae, Roma 1835-45, I-IX, di cui preparò un’edizione ridotta, egualmente fortunata: Praelectiones theologicae... in compendium redactae, Romae 1845-46, I-V.
Difese diversi aspetti della dottrina cristiana, collaborando assiduamente agli Annali delle scienze religiose. Costante la polemica contro le Chiese protestantiche, a partire dallo scritto Il protestantesimo e la regola di fede, Torino 1853, I-III. Vasta la sua produzione su aspetti dogmatici della dottrina cristiana: sull’Immacolata Concezione: De Immaculato B. V. Mariae Conceptu an dogmatico decreto definiri possit, Roma 1847; Thesis Dogmatica de Immaculata B. V. M. Conceptione, Roma 1855; sull’infallibilità papale: De Romani pontificis infallibilitate seu vaticana definitio contra novos haereticos asserta et vindicata, Torino 1874; sulla verità del cristianesimo: L’idea cristiana della Chiesa avverata nel cattolicismo, Genova 1862; De Jesu Christi divinitate adversus hujus aetatis incredulos, rationalistas et mythicos, Torino 1869, I-III. Ricordiamo tra i diversi contributi contro la teologia di Hermes: L’Ermesianesimo, Roma 1838-39; Riflessioni sul metodo introdotto da Giorgio Hermes nella teologia cattolica e sopra alcuni speciali errori teologici del medesimo, Roma 1843.
Perrone diede una chiara indicazione circa il rapporto tra fede cristiana e ragione nell’introduzione al compendio delle Praelectiones, intitolata Historia theologiae cum philosophia comparatae synopsis, pubblicata anche a parte, Roma 1845. Da questo conciso testo si desume la posizione di Perrone sul valore e sui limiti della teologia. Egli afferma che la teologia, avendo quale oggetto la Rivelazione divina, non poteva avere una sua evoluzione come scienza. Tuttavia la storia della teologia mescola l’elemento umano con il divino, cioè la speculazione, la ricerca delle verità, con la Rivelazione (Historia theologiae, p. 3). Perrone traccia una storia della teologia comparata con i passaggi incerti della scienza umana, per ricordare che la verità rivelata in se stessa è immutabile, ma che le vicende umane collocarono la ragione in una dinamica verso la fede che conobbe sviluppi notevoli.
Il cristianesimo ebbe buon gioco sulle incertezze dei filosofi dimostrando la superiorità del suo metodo. Contro lo scetticismo e la debolezza delle argomentazioni la rivelazione cristiana, nei suoi passaggi essenziali, ricostruì un corpo unico da sparse membra. I primi teologi cristiani esercitarono una sorta di revisione critica delle antiche dottrine, affermando i titoli di credibilità della rivelazione di Gesù che si costituiva come religione universale e salvifica (ibid., pp. 4-6). Il contrasto con le nascenti eresie produsse nei pensatori cristiani della scuola di Alessandria la necessità di un’elaborazione razionalmente rigorosa che sfuggisse agli errori dei sistemi pagani, platonismo e neoplatonismo soprattutto. Si dovette ai Luminari della Cappadocia l’elaborazione di una posizione lontana dalle dottrine circa l’emanazione (ibid., pp. 6-10) Lo stesso Agostino non si avvalse interamente del neoplatonismo. La grandezza del suo pensiero filosofico-teologico trasse ispirazione dalla Rivelazione (ibid., pp. 13-14).
La teologia medievale fu contrassegnata, fin dall’inizio del dibattito sugli universali, dal ‘realismo’ cristiano: la presenza di Anselmo d’Aosta significò un’ideale contrapposizione all’emanatismo. Il lungo periodo della Scolastica esplicitò il realismo filosofico e la conseguente armonia fra teologia e filosofia; esso fu scandito dalla teologia dei commenti ai Libri Sententiarum, di Pier Lombardo, e dalle grandi figure di Tommaso d’Aquino e di Bonaventura da Bagnoregio. Due interpretazioni della Scolastica vengono respinte da Perrone: quella che la considerava un’epoca «barbaram et tenebricosam»; e quella, portata avanti dagli eclettici francesi, che la considerava epoca di confusione tra filosofia e teologia, con conati autonomistici e razionalistici (ibid., pp. 22-23). Perrone sottolinea che la nuova civiltà cristiana medievale richiese l’unificazione delle dottrine, sparse nelle opere dei Padri, avvalendosi della dialettica aristotelica, intesa come lo strumento più adatto alla sistemazione. L’epoca successiva della storia della teologia, segnata nel suo inizio dalla celebrazione del Concilio tridentino, si concluse con la filosofia kantiana. Questa periodizzazione di Perrone coinvolge sia eventi della Chiesa cattolica sia filosofi, la cui influenza sullo sviluppo di tutta la teologia, e non solo cattolica, era stata decisiva. Il teologo piemontese afferma, innanzitutto, che i deliberati del concilio giovarono allo sviluppo del dogma, della teologia e dell’educazione; tuttavia il metodo che fu propugnato dopo Trento non privilegiò la sola teologia positiva, sacrificando quella speculativa. La teologia scolastica infatti fu rimessa in vigore in Spagna con Vives, Cano, Vitoria e prosperò con Suárez, ricevendo molti ampliamenti, anche filosofici. Secondo Perrone il grande merito della teologia cattolica del periodo fu quello di aver combattuto il ‘nichilismo’ di Lutero (ibid., pp. 27-28).
Perrone considerò anche come esasperazioni di una teologia deviata dalla sua vocazione di un giusto rapporto con la ragione sia l’ontologismo sia il tradizionalismo. Egli non credette però che tale separazione fosse dovuta all’influsso del pensiero di Cartesio che, secondo lui, era stato male interpretato come promotore dell’emancipazione della filosofia dall’autorità teologica. Cartesio propugnò un metodo che intendeva, nello studio delle verità naturali, essere «indipendente», ma non astruso o contrario, rispetto ai principi rivelati (ibid., p. 29). Non vi fu relazione tra i principi di Cartesio e lo sviluppo panteistico del razionalismo in Spinoza. Così pure non vi fu mai un’alleanza di Lutero e del protestantesimo con razionalismo cartesiano contro la Scolastica (ibid., pp. 32-35). La cooperazione, nella distinzione, tra la ragione filosofica e l’investigazione teologica fu assente nelle scuole teologiche protestantiche. Con la conseguenza non solo di una teologia ‘liberale’ e ‘anarchica’, ma anche di una filosofia razionalistica assoluta. L’abbandono della visione realistica, basata su un equilibrio tra esperienza ed esame razionale delle prove sensibili e percettive, portò al trascendentalismo e quindi all’errore scettico, da un lato, e agli sviluppi del pensiero panteistico di Fichte, Schelling ed Hegel, dall’altro (ibid., pp. 35-36).
Perrone non chiarì il ruolo della teologia nell’evoluzione del dogma, pur avendo egli avuto uno scambio epistolare su ciò con il ‘convertito’ John Henry Newman. Se si giudica della storia filosofica, si può dire che Perrone intendesse affermare un certo progresso nella ricerca teologica razionale. Gli stessi errori compiuti tanto nel mondo antico quanto nel Medioevo e nell’età moderna avevano sollecitato, secondo lui, revisioni, ricostruzioni e mutamenti nella sistematica della verità della fede. Fu cauto nel parlare di progressi nella comprensione del dogma, preferendo spesso far riferimento a concetti come «difesa», «illustrazione», «esplicitazione». Preferì pertanto parlare solo degli sviluppi delle scienze sacre, propugnando una stretta connessione tra l’indagine storica sull’origine della religiosità e l’indagine storico-filosofica sui principi razionali presso gli antichi popoli: egli accettò di buon grado che fossero sottoposte al vaglio della critica storica le testimonianze sulla conoscenza del divino e delle verità divine, senza coinvolgere l’approfondimento delle verità assolute (ibid., p. 47).
Morì a Roma, presso la residenza di S. Andrea al Quirinale, il 28 agosto 1876.
Fonti e Bibl.: Archivio capitolare del duomo di S. Maria della Scala di Chieri, Catalogus renatorum ex aqua et Spiritu Sancto ab anno 1766 usque ad annum 1798 exeunte novembri; Roma, Archivum Romanum Societatis Iesu, Documenta ex-Assistentiae Italiae - Epistolae Italiae 1016: 1831-1884; 1017: 1830-1880; 1018: 1830-1880; Roma, Archivio della Pontificia Università Gregoriana, Fondo Perrone, 105 I-IV, Corrispondenza.
Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, n. éd. par C. Sommervogel, t. VI, Paris-Bruxelles 1895, coll. 558-571; S. Casagrande, De claris sodalibus Provinciae taurinensis SI, Torino 1906, pp. 315-326; P.G. [Pietro Galletti], in L’Università Gregoriana del Collegio Romano nel primo secolo dalla restituzione, Roma 1924, p. 177; C. Boyer, in Dictionnaire de théologie catholique, XII/1, Paris 1933, coll. 1255-1256; T. Lynch, The Newman-Perrone papers on development, in Gregorianum, XVI (1935), pp. 402-477; E. Hocedez, Histoire de la théologie au XIX siècle, t. II, Epanouissement de la théologie (1831-1870), Bruxelles-Paris 1952, pp. 352-355; G. Filograssi, Teologia e filosofia al Collegio Romano dal 1824 ad oggi (Note e ricordi), in Gregorianum, XXXV (1954), pp. 526-528; G. Da Nembro, La definibilità dell’Immacolata Concezione negli scritti e nell’attività di G. P., Milano 1961; W. Kasper, Die Lehre von der Tradition in der Römische Schule (G. P., Carlo Passaglia, Clemens Schrader), Freiburg i.B. 1962, pp. 29-181; G. Rambaldi, P., G., in Diccionario histórico de la Compañía de Jesús, a cura di K.E. O’Neill - J.M. Domínguez, III, Roma-Madrid 2001, p. 3102; L. Malusa, Storia della teologia e storia della filosofia nel Collegio Romano: G. P., in Storia delle storie generali della filosofia, a cura di G. Santinello - G. Piaia, IV/2, Padova 2004, pp. 309-316; Prosopographie von Römischer Inquisition und Indexkongregation 1814-1917, von H. Schwedt - T. Lagatz, Paderborn 2005, pp. 1173-1178.