PESARO, Giovanni
PESARO, Giovanni. – Nacque a Venezia, nella parrocchia di S. Maria Mater Domini, il 20 ottobre 1652, da Leonardo, di Francesco di Vettore, e da Maria Priuli di Girolamo, sposatisi il 1° febbraio 1648.
Entrambe le famiglie erano facoltose e politicamente influenti. Il padre, nipote ed erede del doge Giovanni Pesaro di Vettore, comprò la Procuratoria di S. Marco di sopra nelle emergenze della guerra di Candia per 20.500 ducati (9 maggio 1649), riuscendo, in seguito, provveditore alle Pompe, riformatore dello Studio di Padova e uno dei quattro ambasciatori di complimento a papa Innocenzo XI. La madre, latrice di ben 50.000 ducati di dote, era a sua volta nipote di un altro doge, Antonio Priuli di Girolamo. Oltre a Giovanni, la coppia ebbe almeno tre figli e tre figlie: Francesco (il primogenito, senatore e consigliere di Venezia), Girolamo, Antonio (l’unico che ebbe discendenza legittima), Pisana e Bianca (monache nel monastero delle Vergini) ed Elena (andata in moglie a Pietro Contarini, del procuratore di S. Marco di citra Marco, con 46.000 ducati di dote).
Accurata la formazione culturale di Pesaro, stando allo stile, chiaro ed elegante, del suo scrivere, e al libello di componimenti poetici, di autori per lo più di ambito bolognese, dedicatogli a chiusura del suo capitanato di Padova (Nella partenza dal reggimento di Padova dell’illustrissimo, et eccellentissimo signor Giovanni Pesaro kavalier…, Padova 1716). Il comportamento ‘brogliesco’ del fratello Francesco, senatore quasi ininterrottamente dai primi anni Ottanta del Seicento fino alla morte, finì per condizionare la sua carriera politica. Nominato savio agli Ordini il 9 dicembre 1677, fu eletto capitano a Vicenza il 16 gennaio 1678. Arrivato in città il 24 settembre 1678, fece esperienza, accanto ai podestà Andrea Bragadin di Daniele e Marino Zorzi, in una realtà piuttosto tranquilla. Nell’anno della sua permanenza fu alle prese con piccoli furti nelle chiese, risse di taverna con qualche omicidio e più inquietanti traffici di denaro falso. Di nuovo a Venezia il 25 settembre 1679, attese al Collegio come savio di Terraferma (23 dicembre 1681), venendo confermato negli anni seguenti, per tre volte con la responsabilità di cassiere del Collegio (5 gennaio 1684, 4 gennaio 1685 e 2 gennaio 1686), quindi deputato a pagare le milizie impiegate nella guerra di Morea.
Grazie a tale pratica politica e al consistente patrimonio familiare fu candidato ad ambasciatore in Spagna. Eletto il 16 maggio 1686, ebbe la commissione il 13 marzo 1688 e giunse a Madrid il 10 giugno. Sua principale preoccupazione fu quella di mantenere salde le alleanze, a rischio per la perdurante guerra di Morea e per i forti attriti tra Spagna e Francia, cercando di evitare qualsiasi disputa con gli altri ambasciatori, anche solo formale. Preoccupato di giustificare il suo operato, fece riordinare dal segretario, Giacomo Resio, l’archivio dell’ambasciata, avendo poi la cura di spedire a Venezia l’elenco delle scritture e copie dei cerimoniali di ingresso dei suoi predecessori.
Smussò i conflitti che si verificarono per il sequestro di navi veneziane da parte di corsari maiorchini e del Regno di Napoli. Seppe destreggiarsi tra i maneggi dei nobili della corte, tanto da avere il riconoscimento del Senato, con la nomina – lui assente – a savio del Consiglio (30 dicembre 1690), e del re Carlo II, che lo armò cavaliere quando prese congedo presentando il suo successore, Carlo Ruzini di Marco, il 17 gennaio 1691 (Archivio di Stato di Venezia, Senato Dispacci, Spagna, f. 129, n. 10).
A poco più di tre mesi dal suo ritorno, fu eletto ambasciatore in Francia (30 aprile 1691), ma rifiutò. Fu presente, invece, in Collegio, favorendo il fratello Francesco nelle sue strategie politiche. Savio di Terraferma nel 1693 e 1694, fu poi votato per tre volte come ambasciatore a Roma (30 luglio, 26 settembre 1695, 8 novembre 1696), venendone però sempre dispensato. Fu di nuovo in Collegio come savio di Terraferma il 9 settembre 1702, e savio del Consiglio il 30 dicembre successivo; ottenne il capitanato di Brescia (3 maggio 1703) e Padova (22 luglio 1703), ma entrambe le volte non partì. Nemmeno due anni dopo partì per Costantinopoli, pur essendo stato nominato bailo in due elezioni consecutive (14 settembre, 4 ottobre 1706). Uscito per qualche anno dalla politica, occupatosi del patrimonio di famiglia e della nuova villa da lui fatta edificare a Este, affidata alle cure dell’architetto Antonio Gaspari, vi rientrò come consigliere di Venezia il 2 aprile 1714, per essere il 20 gennaio 1715 destinato capitano a Padova, dove collaborò con il podestà Andrea da Leze di Matteo.
Tornato a Venezia, la morte del fratello Francesco (12 maggio 1716) gli aprì le porte del Senato e delle magistrature da questo dipendenti. Dispensato dall’incarico di ambasciatore in Austria avuto il 2 agosto 1717, fu aggiunto ai Deputati per la provvisione del denaro (11 dicembre 1717), sopraprovveditore alla Sanità (3 settembre 1718), deputato alla Provvisione del denaro (9 maggio 1722), deputato al Commercio (23 gennaio 1723), provveditore all’Armar (13 gennaio 1724), sopraprovveditore alle Pompe (9 marzo 1724), provveditore alla Esazione del denaro (17 agosto 1726). Ottenne il prestigioso saviato del Consiglio nel 1722 e nel 1723.
Morì a Venezia, nel palazzo di S. Maria Mater Domini, il 27 dicembre 1727.
Lasciò erede del patrimonio di famiglia il nipote Leonardo, figlio del fratello Antonio, con il vincolo fideicommissario (Archivio di Stato di Venezia, Notarile, Testamenti, b. 1044, n. 204). Con eguale vincolo, la sua compagna di vita, Prudenza Caterina Romanelli, di diciotto anni più giovane, lasciò nel suo testamento (27 settembre 1730, b. 949, n. 257) i non pochi legati avuti al figlio naturale Antonio Pesaro.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Avogaria di Comun, Libri d’Oro, Nascite, bb. 60 (=X), c. 258v; 83/III/18 (5 novembre 1652); Capi del Consiglio di dieci. Lettere ai rettori, Padova, b. 103, nn. 212-215, 217-220, 224, 225-234, 238-240, 242, 243, 250, 264, 265, 267-271, 276-279, 281-293, 295, 301-307, 309, 310; Vicenza, b. 233, nn. 266-325; Gradenigo di Rio Marin, Pesaro, bb. 1-90 (ampio archivio con situazione patrimoniale della famiglia Pesaro); Misc. codd., I, Storia veneta, 22: M. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de patritii veneti…, VI, c. 87; Segretario alle Voci, Pregadi, reg. 20, c. 79; Senato Deliberazioni, Commissioni agli ambasciatori, f. 12, cc. 97r-101v, 347r-v; Senato Deliberazioni, Corti, regg. 65-68, ad indices; Senato Dispacci, Spagna, ff. 126 (al n. 44 l’elenco delle scritture degli ambasciatori in Spagna 1560-1688), 127, 128, 129 nn. 1, 6, 7, 9, 10; Venezia, Biblioteca del Civico Museo Correr, Mss. P. D., Venier: Consegi, 83 (12 dicembre 1677, 16 gennaio 1678); 84 (23 dicembre 1681, 29 settembre 1682, 30 dicembre 1683, 5 gennaio 1684, 30 gennaio 1684, 29 dicembre 1685, 2 gennaio 1686); 85 (30 dicembre 1690); 86 (31 dicembre 1693, 31 dicembre 1694, 30 luglio 1695); 87 (8 novembre 1696); 88 (29 settembre 1702, 30 dicembre 1702, 3 maggio 1703); 89 (14 settembre 1706, 4 ottobre 1706); 90 (2 aprile 1714, 20 gennaio 1715); 91 (31 dicembre 1716, 2 agosto 1717, 30 settembre 1717, 11 dicembre 1717, 3 settembre 1718, 30 settembre 1718, 31 dicembre 1718, 29 settembre 1720, 30 settembre 1720); 92 (30 settembre 1721, 9 maggio 1722, 30 giugno 1722, 30 settembre 1722, 29 gennaio 1723, 30 giugno 1723, 30 settembre 1723, 13 gennaio 1724, 9 marzo 1724, 30 settembre 1725); 93 (4 agosto 1726, 17 agosto 1726, 3 agosto 1727); Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, Mss. It., VII.851 (=8930), c. 274v; 853 (=8932), alla data 22 luglio 1703; Relazioni dei rettori veneti…, a cura di A. Tagliaferri, IV, Podestaria e capitanato di Padova, Milano 1975, p. LI, VII, Podestaria e capitanato di Vicenza, Milano 1976, p. XXXIX.
L. Perini, Villa Pesaro ad Este…, in Archivio Veneto, s. 5, 1999, vol. 152, 187, pp. 87-106, in partic. pp. 89 s., 92-97; A. Pasian, Este-Villa Pesaro, in Gli affreschi delle ville venete…, a cura di G. Pavanello, I, Venezia 2010, p. 258.