PICCIONI, Giovanni
PICCIONI (Picionio, Pizzoni, Piccione, Pisoni), Giovanni. – Organista, maestro di cappella, compositore, nato nel 1548-49 da una famiglia originaria di Montescudo nel Riminese.
Le prime informazioni su di lui si leggono negli atti della visita apostolica effettuata nel 1571 da Giovanni Francesco Sormani, vescovo di Montefeltro, alla diocesi di Rimini. In data 9 maggio 1571 venne interrogato «Giovanne Picionio organista», che affermò di avere 22 anni. Dall’interrogatorio risultò che già da due anni era organista nella cattedrale di S. Colomba di Rimini e percepiva «libbre cinque dalli reverendi canonici ogni mese per la sua mercede», essendo «obligato a tutte le feste alla messa et al vespere, et il sabbato alla messa della Madonna» (G. P. - Niccolò Zingarelli, 2006, pp. 17-21). Era figlio di Melchiorre Piccioni e abitava in Rimini. Non si sa se fosse nativo di Rimini; nel Quarto libro delle canzoni a cinque voci (Venezia, erede Scotto, 1582) egli chiama bensì Rimini «patria mia» (che la famiglia fosse originaria di Montescudo lo affermano sia Giacomo Antonio Pedroni, canonico nella cattedrale riminese, nei suoi Diarij, sia il notaio Pietro Merenda in un atto del 24 dicembre 1572 in cui Piccioni venne citato come testimone; cfr. Righini, 2008, p. 46).
Dopo la permanenza a Rimini (non si sa quanto durò), le tappe della vita di Piccioni si fanno discontinue. I frontespizi e le dediche delle prime raccolte di canzoni e madrigali a cinque voci, stampate tra il 1577 e il 1582 dagli eredi Scotto a Venezia, attestano che il musicista rimase in un ambito adriatico. Nel 1577 (Primo libro de madrigali) e nel 1578 (Primo libro delle canzoni) si dichiara «maestro di musica delli magnifici signori Desiosi di Conegliano». Il Secondo libro delle Canzoni (1580) è dedicato al nobile riminese Pier Maria Tingoli, «cavaliere di Portugallo», nella cui casa il compositore afferma d’essere stato accolto. Nel 1582 uscirono due altri libri di canzoni: il terzo è dedicato (15 febbraio) al bolognese Nicolò Scadinari, governatore di Rimini nel 1580 e ora di Forlì; il quarto (20 novembre) a don Giovanni Riccio, «che questi anni adietro si trattenne per suo diporto in Rimini patria mia»; entrambi i libri contengono brani del bolognese Alessandro Spontone, poi maestro di cappella nella cattedrale di Forlì.
In assenza di informazioni per gli anni 1583-1586, si suppone un periodo trascorso oltre Adriatico: negli Affettuosi madrigali a cinque voci ... Libro settimo (Venezia, Vincenti, 1605) il musicista ricorda infatti d’essere stato al servizio di Marc’Antonio Veniero, «mio singular patrone in Dalmatia», senza però dire quando (cfr. Righini, 1995, p. 13). Dai libri delle entrate e uscite dell’Archivio capitolare di Gubbio si apprende che Piccioni fu organista nel duomo della città umbra dal 20 settembre 1586 al 31 dicembre 1591; e che era sposato. In quest’epoca vennero in luce le sue prime composizioni ecclesiastiche, il Primo libro delle Messe a cinque voci (Venezia, erede Scotto, 1589).
Dopo Gubbio, Giovanni Piccioni ottenne l’incarico più duraturo e notevole della sua carriera: dal 1592 al 1615 fu organista nel duomo di Orvieto. In questa mansione è ricordato anche da Adriano Banchieri nelle Conclusioni nel suono dell’organo (1609). A questi anni risalgono la maggior parte della produzione sacra e le opere più mature del genere madrigalistico: spicca Il Pastor fido musicale (Venezia, Vincenti, 1602), che ‘drammatizza’ buona parte della scena VI nell’atto III (11 madrigali sui versi 814-847, 944-995 e 1000-1061, preceduti dai primi 9 versi dell’atto I). Nel 1609 prese parte a una collettanea di madrigalisti in prevalenza romani (tra cui Giovan Francesco e Felice Anerio, Ruggero Giovanelli, Giovanni de Macque) dedicata al cardinal Pompeo Arrigoni: Sonetti novi di Fabio Petrozzi romano sopra le ville di Frascati a 5 voci. Ma la condizione esistenziale di Piccioni non doveva essere florida se, nel 1602, il capitolo deliberò un aumento di provisione, per «quanto sia grave […] alla povertà sua il peso della sua famiglia […] per il numero de’ figliuoli come per l’età di quelli […] inabili al guadagnio» (Brumana - Ciliberti, 1990, p. 68).
Dal 1615 al 1617 Piccioni fu organista e maestro di cappella a Montefiascone, ma l’ultima tappa nota fu di nuovo Orvieto, dove, dal 21 gennaio 1619, fu organaro della cattedrale. Dello stesso anno è l’ultima pubblicazione nota.
Non si hanno notizie della morte.
La cospicua produzione vocale di Giovani Piccioni, profana e sacra (21 opere tra il 1577 e il 1619), è pervenuta lacunosa: mancano all’appello quattro degli otto libri di madrigali a 5 voci (libri II, III, V, VIII), due di canzoni a 4 (I) e a 5 voci (V), e uno di messe a 4 voci; e vari libri superstiti sono incompleti, non però i cinque di musica da chiesa (oltre le Messe del 1589, sono: Concerti ecclesiastici a 1-8 voci, op. XVII, Venezia 1610; Psalmi sex … et aliae cantiones a 2-3 voci, op. XVIII, Roma 1612; Salmi intieri a 4 voci, op. XIX, Venezia 1616; e Concertus ecclesiastici a 2-4 voci, op. XXI, Roma 1619). Una manciata di madrigali e mottetti di Piccioni trovò discreta accoglienza in florilegi transalpini tra il 1585 e il 1622. Sebbene abbia fatto per tutta la vita l’organista, di lui restano pochissime composizioni da tasto: solo qualche brano manoscritto conservato nell’archivio della collegiata di S. Maria Maggiore a Spello (ms. 158).
La musica superstite è di salda fattura, pur condividendo solo in parte le innovazioni del momento. Nella prefazione ai madrigali del 1605 Piccioni enunciò una posizione oscillante tra osservanza delle regole e ricerca della novità: «Le stravaganze ch’oggi si veggono in questa nostra professione son tante e tali che quasi, intricato, era risoluto, non che dar fuora il Settimo libro di miei madrigali, ma di abandonare in tutto e per tutto […] il più comporli, diffidando […] non poter giungere all’altezza ed al sublime stato nel quale la musica oggi si ritrova; […] considerate da me dunque esser i gusti già guasti da buonissimi cibi, ho cercato non in tutto fuggire né in tutto appigliarmi a tale stile, ma andare e fuggendo ed appigliandomi ora al sottoposto alle buone regole di nostri primi maestri ed ora allo stravagante moderno». Le canzoni appartengono al tipo tardocinquecentesco, di conio madrigalesco: organico vocale ampio, scrittura musicale contrappuntisticamente più impegnativa, scelte poetiche di peso (cfr. Assenza, 1997, pp. 211-257). Quanto ai madrigali, Piccioni passò dal generico petrarchismo degli inizi (nel 1577 figurano il Petrarca, l’Ariosto, Girolamo Parabosco) al madrigale concettoso (nel 1596 compare il Tasso, nel 1598 Battista Guarini e Cesare Rinaldi, nel 1605 il Marino). Nella musica da chiesa si dichiarò ammiratore di Andrea e Giovanni Gabrieli: «Da poi ch’ioviddi molti anni sono i bellissimi Concerti delli signori Andrea e Giovanni Gabrielli, […] invaghito di quelle sorte di compositione, sono andato di tempo in tempo facendo de simili Concerti» (prefazione all’op. XVII).
Giovanni Piccioni non va confuso col musicista bresciano Giovanni Maria Piccioni, mansionario a Coccaglio, editore delle postume Sacrae cantiones a 5-7 voci di Luca Marenzio (Venezia 1616). Il domenicano Giacinto Bondioli da Quinzano, nel dedicargli i suoi Salmi intieri a 4 voci (Venezia 1622), ne traccia il succinto profilo biografico: «musico di S. Marco di Venezia, maestro nel’istessa professione del Seminario di Brescia per quatro anni, duo del Nobilissimo Collegio di Signori convitori di Padoa, e di tant’altri luoghi».
Fonti e Bibl.: Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, Congr. del Concilio, Visitationes apostolicaes, I, Visitatio apostolica dioecesis ariminensis, 1571, cc. 319v-320r.
A. Banchieri, Conclusioni nel suono dell’organo, Bologna 1609, p. 14; O. Pitoni, Notizia de’ contrappuntisti e compositori di musica dal 1000 al 1700 [circa 1713-1730], a cura di C. Ruini, Firenze 1988, p. 218; P. Ledda, “Il Pastor fido musicale” di G. P., tesi di laurea, Università di Cremona, a.a. 1962-63; M.P. Iommi, La musica sacra concertante di G. P., tesi di laurea, Università di Bologna, a.a. 1967-68; O. Mischiati, Indici, cataloghi e avvisi degli editori e librai italiani dal 1591 al 1798, Firenze 1984, ad ind.; F. Piperno, Gli eccellentissimi musici della città di Bologna: con uno studio sull’antologia madrigalistica del Cinquecento, Firenze 1985, p. 19; B. Brumana - G. Ciliberti, Orvieto: una cattedrale e la sua musica (1450-1610), Firenze 1990, pp. 66-72, 90-98; M. Caraci Vela, Lamento polifonico e lamento monodico da camera all’inizio del Seicento: affinità stilistiche e reciprocità di influssi, in Seicento inesplorato, a cura di A. Colzani - A. Luppi - M. Padoan, Como 1993, p. 342; A. Morelli, Una raccolta madrigalistica del 1609: i ‘Sonetti novi’ di Fabio Petrozzi sopra le ville di Frascati, in Il madrigale oltre il madrigale, a cura di A. Colzani - A. Luppi - M. Padoan, Como 1994, pp. 159-174; M. Gemmani - P. Righini, G. P. da Rimini: un musicista da scoprire, Rimini 1995; C. Assenza, La canzonetta dal 1570 al 1615, Lucca 1997, pp. 45, 79, 101, 253-255; Guarini: la musica, i musicisti, a cura di A. Pompilio, Lucca 1997, passim; The new Grove dictionary of music and musicians (ed. 2001), XIX, p. 715; Die Musik in Geschichte und Gegenwart. Personenteil, XIII, 2005, coll. 542-544; B. De Mario - G. Salis, «Tirsi morir volea». G. P. e le metamorfosi di un madrigale tardocinquecentesco, in G. P.- Niccolò Zingarelli, a cura di E. Sala, Rimini 2006, pp. 63-103; S. Franchi, Annali della stampa musicale romana dei secoli XVI-XVIII, Roma 2006, pp. 135, 323 s.; P. Righini, La cappella musicale dell’antica cattedrale di Rimini nel Cinquecento, Rimini 2008, passim.