GIOVANNI PIETRO da Rho
Figlio di magister Paganino, nacque intorno al 1465 a Rho, presso Milano. La prima attestazione della sua attività risale al gennaio del 1481, quando, già orfano di padre, assunse autonomamente la commissione per il portale del palazzo di Manfredo Landi a Piacenza, che eseguì avvalendosi della collaborazione del fratello Gabriele. I pagamenti per l'impresa furono registrati nel dicembre dell'anno successivo, con la supervisione dell'architetto Antonio da Lugano, e di nuovo nel gennaio e nel maggio del 1483. Non resta alcuna notizia relativa alla sua formazione, ma i dati stilistici dichiarati sin da questa prima opera presuppongono la conoscenza del repertorio formale di Giovanni Antonio Amadeo e della sua cerchia, con la quale fu certamente a contatto. La presenza di G. a Piacenza è documentata fino al 1485; poco dopo l'artista dovette trasferirsi definitivamente a Cremona (Fiori).
Un'ulteriore riprova dell'influenza dell'Amadeo sulla maniera giovanile di G. è offerta da due bassorilievi, uno dei quali reca la firma "Opus Jo. Petri de Raude de Me(dio)l(an)o", ascrivibili ai suoi primi anni cremonesi, raffiguranti S. Antonio Abate e S. Girolamo, che oggi si conservano al Museo civico di Cremona; essi costituiscono una piana riproposta delle tipologie formali del maestro pavese, ridotte a schemi più sommari e impacciati. Il S. Girolamo è addirittura una replica con minime varianti di un rilievo appartenente alla decorazione scultorea dell'Arca di s. Arialdo dell'Amadeo, che venne installata nel 1484 all'interno della cattedrale di Cremona (Malaguzzi Valeri, 1902).
Al marzo 1488 risale la prima attestazione documentaria dell'attività di G. a Cremona, quando il maestro si impegnò a fornire entro un anno otto colonne in pietra per il palazzo di Benedetto Fodri, nonché a scolpire l'arme del committente che si intendeva apporre su un angolo esterno dell'edificio (Bonetti, 1930).
Il 17 settembre dello stesso anno G. fece richiesta alla Fabbrica del duomo di Milano di una certa quantità di marmo da destinare a un'impresa non precisata che Cristoforo Stanga e suo figlio Marchesino avevano in animo di attuare a Cremona (Caffi, 1879 e 1888). L'acquisto, certo da mettere in relazione con l'apertura del cantiere del palazzo di famiglia, è forse più precisamente correlato con il portale principale dell'edificio che nel 1875 venne rimosso per essere collocato nel Museo del Louvre.
Si ignora il nome del progettista di questo grandioso ingresso marmoreo, decorato con un ricco apparato plastico di ispirazione classica; ma la sua esecuzione, a cui parteciparono nel 1490 Pietro da Vimercate e Daniele Castello, può aver verosimilmente interessato anche Giovanni Pietro da Rho.
Nel 1509, ormai affermato come uno dei più richiesti lapicidi dell'ambiente cremonese, si trovò coinvolto in un processo per falso e bestemmia che contrappose Girolamo e Tommaso Della Fossa a Bernardino Bocoli De Lera, nel corso del quale G. venne accusato con Francesco della Torre detto il Riccio e Francesco Pampurino di aver reso falsa testimonianza per favorire il De Lera. A difesa dell'integrità morale e delle qualità professionali dei tre artisti furono presentate diverse testimonianze, i cui resoconti, ancora conservati tra gli atti processuali, forniscono importanti informazioni sull'intero arco del loro operato nella città. G. venne presentato da diversi testimoni come un buon lapicida, la cui attività consisteva principalmente nel "facere et construere de figuris marmoreis et aliis similibus et aliis necessariis ad ornandas domos et diversa edificia" (Scotti, p. 382). Da una di queste relazioni si apprende che, circa diciotto anni prima della celebrazione del processo, G. aveva partecipato ai lavori per la costruzione del palazzo cremonese di Eliseo Raimondi. Non è stata ancora identificata con chiarezza la portata dell'intervento dell'artista in questo edificio, forse realizzato su un progetto dello stesso committente, e la cui costruzione dovette concludersi nel 1496. Il coinvolgimento del maestro nel cantiere è comunque attestato anche da un atto di convenzione steso dal Raimondi il 3 genn. 1495 con i marmorari bresciani Battista e Antonio de Molinari, per la fornitura del materiale lapideo destinato al rivestimento della facciata del palazzo, stilato alla presenza di G. e di De Lera (Visioli). Durante il processo venne anche ricordato che nel periodo in cui attendeva a quest'impresa, o forse poco tempo più tardi, G. aveva collaborato con il Riccio all'edificazione di palazzo Meli. A questo intervento è riferibile una serie di colonne in botticino, oggi incassate nelle pareti del cortile del palazzo ma in origine appartenenti a un doppio loggiato smantellato, che presentano dei capitelli forse scolpiti personalmente da G. (Azzolini).
G. viene tuttavia principalmente ricordato dai suoi sostenitori per gli incarichi svolti al servizio della Fabbrica della cattedrale di Cremona, che lo tenne costantemente impegnato, nel corso di diversi anni, nell'opera di rivestimento marmoreo della parte alta della facciata, in precedenza affidata a Alberto da Carrara; nelle carte del duomo il nome di G. compare per la prima volta nel maggio del 1496, quando il suo lavoro doveva essere già iniziato da qualche tempo, in quanto l'artista si dichiarava costretto a sollecitare il saldo di una serie di pagamenti arretrati (Malaguzzi Valeri, La porta degli Stanga, 1901).
Nelle testimonianze del processo del 1509, in cui pure è menzionato un non precisato intervento di G. nella chiesa di S. Antonio, non si trova cenno dell'attività del maestro nel campo della scultura funeraria, a cui pure attese, e dove ripropose senza introdurre sostanziali innovazioni la sperimentata tipologia del sepolcro monumentale ad arca, assai diffusa nell'ambiente cremonese del secondo Quattrocento. Gli viene infatti attribuita, in collaborazione con un anonimo aiuto, pure identificato con Lorenzo Trotti, la tomba dell'astronomo e matematico Giovan Battista Plasio, morto nel 1497, eretta nella chiesa di S. Agostino a Cremona dal figlio Eliseo, e che l'epigrafe attesta essere stata terminata nel 1501.
Il tradizionale monumento si compone di un'arca decorata con tre bassorilievi raffiguranti S. Agostino, la Natività e S. Girolamo, al di sotto della quale è posta l'immagine del defunto assiso; è in quest'ultima figura che possono risultare più evidenti i tratti vigorosi della maniera dell'artista (Monteverdi, 1953; Puerari, 1976).
Due anni dopo il completamento della tomba Plasio, G. eseguì un secondo monumento funerario, oggi perduto, dall'analogo schema compositivo, che gli fu allogato in presenza dello stesso Eliseo Plasio. L'opera, voluta da Giovanni Cavalcabò per sé e la sua consorte, da installare nella chiesa cremonese di S. Francesco, doveva comporsi di un'arca in marmo e pietra ornata con rilievi raffiguranti S. Francesco, la Natività e S. Girolamo, posta al di sopra delle effigi della coppia (Bonetti, La chiesa di S. Francesco, 1927; Nova, 1985). Nel frattempo il maestro non aveva mai interrotto i lavori per il duomo che prevedevano l'apposizione sulla facciata delle effigi in marmo di Francesco Sforza e Bianca Maria Visconti, oggi perdute, commissionate nel 1491 ma pronte solo il 1° dic. 1501, quando due periti stimarono il lavoro svolto da G. nel cantiere (Bonetti, Le statue di Francesco Sforza, 1927). Più tardi si procedette all'apertura di quattro nicchie conchigliate in marmo nel coronamento della facciata, destinate a ospitare altrettante figure scolpite. G. provvide all'acquisto e al pagamento del trasporto dei marmi per le statue, che scolpì e collocò al loro posto il 7 ott. 1507 (Grasselli, 1818). Queste massicce figure dei Ss. Pietro, Paolo, Pietro Esorcista e Marcellino, ancora in situ, dai connotati pesanti e inerti, costituiscono l'unica testimonianza finora nota di G. nell'ambito della statuaria monumentale. Una volta completata la ricopertura in marmo della facciata si provvide all'edificazione di un torricino al vertice del coronamento, menzionato anche negli atti processuali del 1509, che fu realizzato su disegno di G.; i lavori erano in corso nel 1508, quando l'opera veniva esa-
minata da Giuseppe Sacchi, Bernardino De Lera, Evangelista di Ronco e Lazzaro Pozzali (Caffi, 1888). La costruzione venne sostituita dall'attuale organismo architettonico poligonale al tempo di Gregorio XIV (1590-91).
Si ignora l'esito del processo del 1509, che comunque non sembra aver pregiudicato l'attività dello scultore; il 5 luglio 1511 G. ricevette infatti la richiesta di fornire dieci colonne in marmo per il chiostro della chiesa di S. Domenico, oggi demolita, e subito dopo venne impiegato, probabilmente sotto la direzione di Bernardino De Lera, nella cappella di S. Martino, che si stava edificando per volontà della famiglia Pallavicini all'interno della stessa chiesa (Malaguzzi Valeri, 1902).
G. viene menzionato per l'ultima volta, nei registri del duomo cremonese, il 3 ott. 1513 (Kreplin). Si ignora la data della sua morte.
Fonti e Bibl.: G. Grasselli, Guida storico sacra della città e sobborghi di Cremona, Cremona 1818, pp. 10 s.; Id., Abecedario biografico dei pittori, scultori e architetti cremonesi, Milano 1827, pp. 219-222; M. Caffi, La porta già degli Stanghi in Cremona, in Arch. stor. lombardo, VI (1879), pp. 150-152; Id., Di alcuni artisti cremonesi e specialmente maestri di legname dei secoli XV e XVI, ibid., XV (1888), pp. 1089 s., 1094; L. Lucchini, Il duomo di Cremona, I, Cremona 1894, p. 77; F. Malaguzzi Valeri, Arte retrospettiva: l'architettura a Cremona nel Rinascimento, in Emporium, XIV (1901), pp. 272-275, 283 s.; Id., La porta degli Stanga e l'arte cremonese, in Rassegna d'arte, I (1901), 1, pp. 10 s.; Id., Note sulla scultura lombarda, in Rassegna d'arte, II (1902), pp. 27-29; Id., Amadeo, Bergamo 1904, p. 413; A. Venturi, Storia dell'arte italiana, Milano 1908, VI, pp. 896-902, 912-914; VIII, 2, ibid. 1924, p. 654; F. Malaguzzi Valeri - A. Venturi, Polemiche artistiche, in Rassegna d'arte, IX (1909), pp. 101-106; A. Monteverdi, A proposito dell'arca dei martiri persiani a Cremona, in Arch. stor. lombardo, XXXVI (1909), pp. 186-194; B.C. Kreplin, in U. Thieme F. Becker, Künstlerlexikon, XIV, Leipzig 1921, pp. 140 s.; C. Bonetti, La chiesa di s. Francesco (1260-1777), in La Vita cattolica, 6 ag. 1927, pp. 126-131; Id., Le statue di Francesco Sforza e Bianca Maria nella facciata della cattedrale di Cremona (1491-1494), in Arch. stor. lombardo, LIV (1927), pp. 118-131; Id., Il palazzo Fodri, in Cremona, II (1930), p. 342; M. Monteverdi, La chiesa di S. Agostino in Cremona, Cremona 1953, pp. 34 s.; G. Fiori, Le sconosciute opere piacentine di Guiniforte Solari e G. da R.: i portali di S. Francesco e del palazzo Landi, in Arch. stor. lombardo, XCIII-XCIV (1966-67), pp. 131-139; A. Puerari, Museo civico Ala Ponzone Cremona. Raccolte artistiche, Cremona 1976, pp. 55 s.; A. Nova, Dall'arca alle esequie. Aspetti della scultura a Cremona nel XVI secolo, in I Campi. Cultura artistica cremonese del Cinquecento (catal.), Milano 1985, pp. 410-413; A. Scotti, Architetti e cantieri: una traccia per l'architettura cremonese del Cinquecento, ibid., pp. 372, 375 s., 381-384; M. Visioli, Documenti per palazzo Raimondi, in Artes, I (1993), pp. 84-87; L. Azzolini, Palazzi del Quattrocento a Cremona, Cremona 1994, pp. 63, 101, 105; V. Guazzoni, in La Pinacoteca. Origine e collezioni. Cremona, Museo civico Ala Ponzone, Cremona 1997, p. 84.