GNOCCHI, Giovanni Pietro
La data di nascita di questo pittore milanese, collocata da De Boni intorno al 1550, non è stata finora messa in dubbio, sebbene non si basi su specifici documenti ma sul rapporto cronologico con le prime opere conosciute dello G., collocabili entro l'ottavo decennio del Cinquecento. Sempre De Boni tramanda la notizia del suo alunnato presso Aurelio Luini.
L'attività dello G. fu piuttosto intensa e si svolse principalmente a Milano, in Valtellina, in territorio lariano e a Como; plausibilmente proprio in quest'ultima città egli iniziò un'attività autonoma. Infatti lo G. vi risiedeva già nel 1577, quando stipulò un contratto con la Confraternita di S. Pietro in S. Vitale per un gonfalone, oggi disperso (Zani, p. 170).
Forse nello stesso anno gli fu commissionata la pala d'altare con l'Assunzione della Vergine per la parrocchiale di S. Maria Assunta a Santa Maria Rezzonico, dove tuttora si conserva, firmata e datata "Gio(vanni) Pietro Gniochi Milanese 1578", molto probabilmente la sua prima opera giunta fino a noi (Virgilio).
L'anno successivo firmò e datò due pale d'altare: una Madonna col Bambino tra i ss. Margherita, Domenico, Liberata, Faustinae un santo vescovo per la chiesa del monastero benedettino di S. Margherita a Como (oggi nel Museo civico) e l'Annunciazione per il santuario del Crocifisso (attualmente nella parrocchiale di Albiolo).
Contemporaneo a queste pale è un affresco con le Storie di s. Pietro che lo G. eseguì nella cappella intitolata al santo della chiesa di S. Angelo a Milano, dove egli tornò più tardi, nel nono decennio del Cinquecento, per dipingere la pala d'altare per la stessa cappella, una Crocifissione con la Madonna e santi, oggi collocata nel transetto destro.
Tra la fine del Cinquecento e l'inizio del Seicento la sua pittura sembra aver incontrato un notevole consenso in quanto egli fu attivo in molti dei più importanti cantieri artistici del capoluogo lombardo, mentre continuava a spedire opere in provincia. In S. Vittore al Corpo a Milano dipinse un S. Pietro che riceve le chiavi, firmato e datato 1591.
Nello stesso anno firmò e datò un Martirio di s. Stefano per la chiesa di S. Martino a Morbegno e, quattro anni dopo, tre fra le sue opere migliori, la S. Lucia per la chiesa di S. Rocco a Meride (Canton Ticino) e due tele pendants con Ester e Assuero e Giuditta e Oloferne eseguite per la cappella della Madonna del Rosario nella chiesa domenicana di S. Giovanni Pedemonte a Como, ora nel Museo civico della città. Un Crocifisso conservato nella chiesa parrocchiale di Beregazzo, firmato e datato 1600, è considerato, per la precisione dei dettagli e l'equilibrio compositivo, una delle sue opere più felici, nella quale si può senz'altro riconoscere quella accuratezza di cui parlava De Boni (Colombo, p. 103).
Un momento chiave della carriera artistica dello G. fu la sua partecipazione all'affollata e composita maestranza capeggiata da Aurelio Luini, attiva nella chiesa di S. Maurizio al monastero Maggiore a Milano. Ritenuta unanimemente vero e proprio tempio del manierismo milanese, a partire dal 1555 la chiesa fu sottoposta a un'intensa campagna decorativa cui parteciparono, oltre a Luini, suo fratello Giovan Pietro (con cui lo G. è stato più volte confuso) e Antonio Campi. Allo G. venne affidata la decorazione a fresco della cappella Cerreto con Storie di s. Stefano (Predica e Lapidazione). La Lapidazione riprende quasi letteralmente il dipinto con lo stesso soggetto eseguito da Giulio Romano nel 1524 per la chiesa di S. Stefano a Genova. L'iscrizione dedicatoria riporta la data 1608; ma gli affreschi dello G. dovrebbero collocarsi entro l'ultimo decennio del Cinquecento.
Il pittore si mostra qui incerto e piuttosto goffo nella resa delle figure che tendono a un raffaellismo esageratamente drammatico, senza la gentilezza che il suo maestro Aurelio Luini ancora derivava dai modi paterni. Solo nei paesaggi riesce, più che a copiare, a tradurre con qualche originalità il capolavoro di Giulio Romano (Ottino Della Chiesa - Reina, p. 88).
Zani ha pubblicato un ciclo di tre tele dell'artista, che costituiva originariamente l'apparato decorativo della cappella Lucino, dedicata ai Ss. Giacomo e Filippo, in S. Francesco a Como, che si trova oggi nella parrocchiale di S. Giorgio a Lurago Marinone: la Madonna col Bambino e i ss. Francesco, Giacomo Minore e Filippo, la Nascita di Maria, la Visitazione di Maria a Elisabetta. Quest'ultima reca in basso, sui gradini, l'iscrizione: "Io Petrus Gnocheus f(ecit) MDCV".
Zani ha ipotizzato che la sistemazione attuale delle tele, che non rispetta l'organicità della disposizione originaria, sia da considerare la principale responsabile della disattenzione critica verso di esse. Un documento del 1717, contenente memorie di legati relativi alla cappella, riferisce di pitture a fresco e a olio di mano dello Gnocchi. In base a questo documento gli era già stato attribuito l'affresco con l'Incoronazione di Maria nella volta, unico dipinto ancora in situ. L'affresco e le tele di Lurago Marinone sono stilisticamente molto distanti e, dal momento che nel 1579 un'ordinanza del vescovo sollecitava la famiglia Lucino a provvedere alla decorazione della propria cappella, si è ipotizzato che l'affresco fosse la prima opera a essere commissionata allo G., che a quella data risiedeva ancora a Como, e che solo in seguito, circa venti anni dopo, egli ottenesse dalla famiglia Lucino l'incarico di completare la decorazione della cappella con le tre tele datate 1605. Si tratta delle ultime opere note dell'artista, di ritorno a Como verosimilmente in seguito a una progressiva emarginazione dalla scena artistica milanese, che confermano in modo diretto gli esiti del suo percorso stilistico. Accanto ai consueti prestiti dalla pittura lombarda di Giovanni Paolo Lomazzo, dei Campi e soprattutto del maestro Aurelio Luini è qui evidente un tentativo di aggiornamento sul linguaggio del bolognese Camillo Procaccini, che aveva ormai imposto all'ambiente milanese i caratteri di un'arte ufficiale riformata secondo i dettami del concilio di Trento. Lo G. non riuscì ad accogliere la complessità compositiva dell'artista bolognese e si limitò a ricalcarne alcune delle figure, ma le collocò sempre in un contesto marcatamente manieristico. Solo nella Visitazione egli riuscì a disporre le proprie figure nello spazio con maggiore sicurezza e grazia.
Poco prima della fine del primo decennio del Seicento, lo G. morì suicida (Zani, p. 176 n. 27).
Un recente restauro ha portato all'attribuzione allo G. di una Crocifissione con la Madonna, s. Giovanni, s. Martino e il povero, già sull'altare della cappella dell'ospedale civile di Sondrio, oggi nel Museo valtellinese di storia e d'arte. Non confortata da fonti documentarie o d'archivio, l'attribuzione si basa su evidenti affinità stilistiche con la Crocifissione di Beregazzo e, come quest'ultima, è databile intorno al 1600 (Sicoli).
Nonostante l'apprezzamento dei contemporanei (Lomazzo), il giudizio della critica successiva è stato complessivamente piuttosto severo con lo G.: basti per tutti il "marchio costante della mediocrità" con cui veniva bollato da Bona Castellotti (1981). In effetti la personalità pittorica che emerge dall'esame delle opere, se si eccettuano forse quelle degli esordi, marcatamente luinesche, appare segnata in modo sostanziale da una crisi di ispirazione e di modelli. I suoi tentativi di aggiornamento sugli esempi moderni di Ambrogio Figino e di Procaccini sono forzati e l'esito finale è quello di una pittura nella quale i vari apporti risultano giustapposti e non fusi e il cui modus operandi, fortemente disorganico, è ancora totalmente permeato dal carattere concettuale e formale proprio della tarda maniera.
Fonti e Bibl.: G.P. Lomazzo, Idea del tempio della pittura (1590), a cura di R. Klein, I, Firenze 1974, p. 395; C. Torre, Il ritratto di Milano, Milano 1674, pp. 153, 160, 210, 249, 269, 282; S. Latuada, Descrizione di Milano, Milano 1738, IV, pp. 382, 459; V, pp. 266, 316; F. De Boni, Biografie di artisti, Venezia 1840, p. 437; G.A. Dell'Acqua, La pittura a Milano dalla metà del XVI secolo al 1630, in Storia di Milano, X, Milano 1957, pp. 682, 684; A. Ottino Della Chiesa - P. Reina, S. Maurizio al monastero Maggiore, Milano 1962, pp. 87 s., 96; S. Colombo, Schede di pittura lombarda: G. - Miradori - Petrini, in Arte lombarda, II (1967), pp. 102 s.; M. Bona Castellotti, Proposte, scoperte, restauri. Collezioni civiche di Como, Milano 1981, pp. 62 s.; S. Sicoli, Contributi ai pittori Giuseppe Brina e P. G., in Bollettino della Società storica valtellinese, XLIV (1992), pp. 225-230; G. Virgilio, Santa Maria Rezzonico. Una presenza domenicana nel Comasco, Milano 1993, p. 52; F. Frangi, La pittura a Como e nel Canton Ticino dal Mille al Settecento, Cinisello Balsamo 1995, pp. 300 s.; Id., Il secondo Cinquecento in Alto Lario e in Valtellina, presenze e assenze, in Pittura in Alto Lario e in Valtellina dall'Alto Medioevo al Settecento, a cura di M. Gregori, Milano 1995, pp. 36-41; V. Zani, Tre nuove tele di G.P. G.: un inedito ciclo già in S. Francesco a Como, in Periodico della Società storica comense, LIX (1998), pp. 169-183; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIV, pp. 275 s.