PINAMONTI, Giovanni Pietro
PINAMONTI, Giovanni Pietro. – Nacque a Pistoia il 27 dicembre 1632 da Giovanni Pinamonti del Torchio e da Caterina Campanelli, sua seconda moglie.
Compì i primi studi nella città natale; poi, contro il parere della famiglia, il 7 ottobre 1647 entrò nel noviziato romano della Compagnia di Gesù. Fu alunno, tra gli altri, di Atanasius Kircher, Pietro Sforza Pallavicino e Daniello Bartoli. Durante gli anni di formazione insegnò grammatica a Città di Castello e a Pistoia, dove emise la professione semplice (1661). Sospesi gli studi per motivi di salute, fu destinato al Collegio di Pistoia. Là fu ordinato sacerdote e impegnato nell’ufficio di ministro e procuratore del Collegio e della tenuta di Montefoscoli. Emise la professione solenne il 2 febbraio 1665.
Fu incaricato di accompagnare il confratello Paolo Segneri nelle missioni itineranti o ‘interne’. Ben affiatati, insieme furono in centinaia di luoghi e in diverse diocesi d’Italia. Segneri predicava, mentre Pinamonti guidava le processioni penitenziali, confessava e insegnava i principî della dottrina cristiana. Il legame tra i due missionari gesuiti fu molto stretto, cementato da ventisei anni di lavoro comune. La breve biografia di Segneri scritta da Pinamonti, infatti, contribuì a diffonderne la fama in tutta Europa.
Il contributo di Pinamonti alle opere di Segneri fu da questi rivelato in una lettera del 1679 al generale: «Vorrei, se potessi, innanzi al morire ajutare il P. Pinamonti in un’Opera salutare per tutti di cento discorsi pratici, che, se potrà compirsi, sarà a mio credere, un’opera buona assai. Perché il P. Pinamonti è mirabile a sapere nelle cose toccare il punto: ed a lui molto si debbono i tre Libretti del Confessore, del Penitente, e del Divoto di Maria Vergine, che abbiamo formati insieme; benché egli onninamente ha voluto che vadino tutti e tre sotto nome mio; perché per varj rispetti estrinseci l’ha stimato maggior servizio di Dio».
Oltre al centinaio di discorsi del Cristiano istruito, e ai tre libretti qui accennati, Pinamonti compose anche il volume L’incredulo senza scusa e Il Parroco istruito, stampati in seguito.
Di statura media, capelli neri e folti, naso pronunciato, aspetto serio e colorito abbronzato, temperamento malinconico, dai tratti delicati, con un carattere sanguigno, addolcito dalla ricerca della mansuetudine e dalla carità, Pinamonti appariva austero nei comportamenti e nello stile di vita.
In più di un’occasione fu proposto come rettore e maestro dei novizi a Roma. Nel noviziato di Firenze fu destinato come vicerettore e istruttore ai religiosi che, terminati gli studi, svolgevano il terzo anno di probazione nella casa di Borgo Pinti. Rifuggì da tutti questi incarichi, a causa di una perenne emicrania, di cui soffriva da giovanissimo.
Per ordine del granduca Cosimo III, nel giugno del 1675 con Segneri, poi da solo nella quaresima del 1677, Pinamonti ricevette l’incarico di ‘provare lo spirito’ di suor Francesca Fabbroni, accusata di simulazione di santità. Degli esami da lui compiuti ricavò una precisa relazione, esprimendo un giudizio negativo, poi confermato nel processo inquisitoriale.
Non volendo abbandonare il ministero delle missioni, Pinamonti rifiutò diversi altri impegni, inclusa la direzione spirituale di qualche cardinale di Curia. Ma con Lucrezia Barberini, duchessa di Modena, non poté evitarlo. Nel 1683, infatti, scelto dalla duchessa mentre era di passaggio in città, dopo molte resistenze accolse il compromesso di esercitare la direzione spirituale secondo la rotazione stagionale adottata per le missioni, trattenendosi a Modena e a Roma, dove Lucrezia risiedeva nel monastero delle Orsoline di S. Maria Maddalena de’ Pazzi, detto delle Barberine; tenne l’ufficio fino al 1699.
All’inizio della Quaresima del 1692, Innocenzo XII chiamò Segneri a Roma come predicatore del Palazzo apostolico, incarico prestigioso che, però, comportò la dolorosa separazione da Pinamonti. Questi, però, già nello stesso anno riprese l’attività missionaria con il confratello Fulvio Fontana. Nel 1692 e 1693 attraversò le diocesi di Urbino, S. Angelo, Montefeltro e una parte di quelle di Forlì, Ancona (1693), Senigallia, Recanati e Osimo, fino al 1694, anno in cui, ammalatosi gravemente, dovette trattenersi nel noviziato di Roma.
Alla presenza di Pinamonti, morì a Roma l’amato confratello Segneri (9 dicembre 1694), di cui dieci giorni dopo egli lodò le virtù in una lettera indirizzata al rettore di Firenze, su richiesta del granduca Cosimo III.
Gli ultimi anni di vita di Pinamonte corrisposero a un tempo di fervida produzione letteraria e di intenso apostolato di penna, da cui emerge quello che Massimo Petrocchi ha definito «un equilibrato ottimismo cristiano» (Storia della spiritualità italiana, II, Roma 1978, p. 186).
Dal 1695 all’anno santo del 1700, Pinamonti tenne le missioni nelle città di Arezzo e di Cortona, percorrendo le loro diocesi e una parte di quelle di Spoleto, Montecassino, Modena (1697), Loreto (1698), della Garfagnana e del Bolognese. Nel corso dell’anno santo preferì impegnarsi in alcune missioni nel Lazio, in particolare nei castelli romani, così da poter acquistare il giubileo, tornando poi nel 1701 ancora a Bologna.
Nel biennio 1701-1702 percorse la diocesi di Como, i suoi territori svizzeri, la Valtellina e la Val Chiavenna. Le missioni in queste due valli, dove si trovavano le case gesuitiche di Ponte e di Bormio, furono le penultime della sua vita con una presenza maggiore di quelle precedenti, poiché vi giunsero molti dalle diocesi di Bergamo, Brescia, Trento e dai Grigioni. Sempre nel 1702 tenne una missione a Tirano, nella terra dei Grigioni.
Nel 1703, la fama delle missioni nelle valli alpine indusse il granduca di Toscana a invitare Pinamonti a Livorno e nei suoi territori. Da qui, con il confratello napoletano Casimiro Muscettola, egli partì per nave alla volta di Genova, per poi raggiungere la diocesi di Novara. Tenne missioni a Oleggio, Mescia, Orio, Gozzano, Borgomanero e Orta, dove scelse di iniziare le funzioni settimanali dalle cappelline del Sacro Monte disseminate sul monte S. Francesco.
Il 20 giugno, avendo già trascorso due giorni a confessare e catechizzare, dopo sei ore nel confessionale le forze gli vennero meno, tanto da dover ricorrere a un sacerdote del luogo per sostituirlo. Si pensò che si fosse trattato solo di un episodio di stanchezza ma, rientrato nella casa canonica, Pinamonti fu costretto a letto con dolore al petto. Sentendosi vicino alla morte, volle il crocefisso, il libretto di preparazione e l’immagine di Segneri. Sei medici furono interpellati, ma solo nella mattina del quarto giorno si definì la diagnosi: «punta con infiammazione di petto». Allora Pinamonti chiese e ricevette i sacramenti, contento di morire ‘missionante’.
Morì in fama di santità a Orta il 25 giugno 1703.
Nella dettagliata relazione di Ottaviano Gemello, protomedico della Riviera d’Orta, feudatario regio ed ecclesiastico, si annotava che dalle sponde del lago e da quelle del Maggiore, in molti giunsero a onorare la salma, compresi medici e cerusici, colpiti dall’insolita vivacità del colorito. A dodici ore dalla morte, il chirurgo Antonio Tonso gli effettuò un salasso, raccogliendone il sangue in panni di lino, quasi si trattasse di reliquie da custodire. I maggiorenti del posto intervennero affinché fosse sepolto là dov’era morto ma, in attesa della decisione di Roma, il rettore della città, Baldassarre Nesro, ne fece ripulire il corpo, che restò in deposito a Orta, dove si celebrarono esequie in pompa magna nella chiesa parrocchiale di S. Maria Assunta. La salma di Pinamonti, rivestita dagli abiti sacerdotali, venne riposta in una cassa di cipresso, con una lamina di piombo incisa con una breve memoria del defunto. Questa cassa venne collocata nel lato sinistro della prima cappella dedicata all’Immacolata Concezione, dove non era ancora stato sepolto nessuno, dando inizio a una precoce venerazione. Tuttora una lapide ne ricorda la sepoltura.
Alla fortuna delle opere di Pinamonti, testimoniata da numerose edizioni e traduzioni, non seguì fama letteraria. La sua prosa, semplice ed elegante, benché apprezzata da qualche intellettuale a lui contemporaneo, come Ludovico Antonio Muratori, era considerata infatti priva di originalità, svolta all’ombra della scrittura di Segneri. Esponente della scuola gesuitica dal tipico orientamento ascetico-mistico, ebbe tuttavia una grande influenza su quel sentimento religioso di età moderna che avrebbe avuto nuova vitalità nei decenni della Restaurazione.
Opere. Le opere di Pinamonti, stampate e tradotte singolarmente a partire dal 1669, sono state raccolte in due grandi collezioni: anzitutto la Raccolta di varie operette spirituali, Modena 1698 (Bologna 1698, Parma 1700, Firenze 1702, Venezia 1719, Roma 1769); poi le Opere del padre Gio. Pietro Pinamonti della Compagnia di Gesù, con un breve ragguaglio della sua vita, nell’edizione parmense presso Paolo Monti dal 1706 (poi 1710, 1711, 1718, 1772, 1805), e in quella veneziana presso Niccolò Pezzana dal 1714 (poi 1719, 1725, 1733, 1742, 1751, 1762). L’elenco dettagliato è riportato da C. Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, VI, Bruxelles 1895, coll. 763-792.
Fonti e Bibl.: Documentazione su Pinamonti, sulla sua attività missionaria e sui suoi scritti è conservata principalmente in diversi fondi e manoscritti dell’Archivum Romanum Societatis Iesu (specialmente in Veneta, Romana, Italica, Opera Nostrorum) e dell’Archivio storico della pontificia Università Gregoriana di Roma. Sulla sua morte sono conservate due inedite cronache: la prima anonima presso l’Archivio Parrocchiale di Orta (NO); la seconda (Relatione della morte del P. G. P. P. fiorentino Giesuita) stesa dal gesuita Casimiro Muscettola e custodita presso la Biblioteca Ambrosiana di Milano (Mss., S.Q.II. 1-4).
G. F. Durazzo, Breve ristretto della vita del padre G. P. P. della Compagnia di Giesù, Parma 1708; G.A. Patrignani, Menologio di pie memorie d’alcuni religiosi della Compagnia di Gesù, II, Venezia 1730, pp. 186-194; G. Boero, Lettere inedite del Padre Paolo Segneri D.C.D.G., Napoli 1842 e Milano 1851; F. Faber, The lives of Father Paul Segneri S. J., Father Peter P. S. J. and Ven. John De Britto S. J., London 1851, pp. 157-312; É. de Guilhermy, Ménologe. Assistance d’Italie, I, Paris 1893, pp. 717-719; A.M. Casoli, Le missioni dei padri gesuiti Paolo Segneri e G. P. nella diocesi bresciana (9 aprile-9 giugno 1676), in Brixia Sacra, I (1910), pp. 9-18, 49-58, 97-107, 299-313; G. Mellinato, G. P., in Dictionnaire de spiritualité, XII, Paris 1986, coll. 1763-65; A. Guidetti, G. P. P., in Diccionario histórico de la Compañía de Jesús. Biográfico-temático, a cura di C.E. O’Neill, S. I. - J. M. Domínguez, S.I., IV, Roma-Madrid, 2001, pp. 3136-37; A. Malena, L’eresia dei perfetti. Inquisizione romana ed esperienze mistiche nel Seicento italiano, Roma 2003, pp. 74-79.