POSSENTI, Giovanni Pietro
POSSENTI, Giovanni Pietro (Gian Pietro). – Nacque a Bologna nel 1618 da Benedetto, anch’egli pittore (Malvasia, 1678, p. 580).
L’attività del padre, nato nel 1587 ma morto in data imprecisata (Landolfi, 1994, p. 217), oscilla, nelle poche e dibattute opere superstiti o attribuite, tra rimandi al classicismo carraccesco, la conoscenza della pittura di paesaggio praticata a Roma da Paul Bril e affinità con Giovanni Andrea Donducci, detto il Mastelletta (Malvasia, 1678, p. 580; Landolfi, 1994, pp. 217 s.).
Scarsissimi sono gli appigli utili a ricostruire la biografia di Possenti, il quale, oltre forse ad apprendere i primi rudimenti dal padre, potrebbe essere stato allievo di Lucio Massari, che morì nel 1633 lasciando imperfette in S. Barbaziano a Bologna alcune opere, che l’esordiente Giovanni Pietro concluse (Malvasia, 1678, p. 555). La sua attività negli anni Trenta e nei primi anni Quaranta è legata al territorio di Bologna. A Budrio gli sono state attribuite, alternativamente, due tele raffiguranti S. Giovanni Evangelista; una prima, riferitagli da Francesco Landolfi (1994, pp. 219 s.) e posta in S. Maria del Borgo, si è rivelata opera di Vincenzo Spisanelli (Benati, 2005); mentre una seconda, ora nella locale Pinacoteca civica e attribuitagli da Daniele Benati (2005), è invece opera giovanile di Pietro Fancelli (Mazza, 2015).
Entro il 1646 dipinse tre lunette a fresco sotto il portico della chiesa bolognese di S. Francesco; le due superstiti raffigurano Un angelo che legge un foglio al santo e il Finto cieco alla tomba di s. Francesco (Landolfi, 1994, p. 218): sono pitture legate al gusto di Ludovico Carracci, ma la seconda tradisce anche l’interesse per Annibale Carracci.
Le fonti bolognesi ricordano alcune opere di Possenti, oggi perdute, in chiese cittadine: tre tele (Apparizione di Cristo alla Madonna, Presepe e Deposizione nel sepolcro) in S. Barbaziano, in una cappella nella quale aveva anche affrescato la volta; una pala raffigurante Tutti i santi nella chiesa d’Ognissanti (ibid., p. 218). Sono perdute anche le lunette con Miracoli di s. Antonio di Padova, dipinte entro il 1651 nel portico del tempio di S. Francesco a Castel San Pietro (p. 221 n. 17), e sono scomparse le opere di soggetto profano dipinte per residenze patrizie bolognesi, come le sei Battaglie che nel Settecento erano in palazzo Bonfilioli (p. 219).
Carlo Cesare Malvasia (1678) ricordava che «in far battaglie mostrò come un genio particolare, così una furia, et uno stile molto commendabile», ma in generale in tutti i suoi dipinti scorse «un fare bravo e bizzarro, e per così dire appunto, violento» (p. 580). Simile giudizio riservò anche alle giovanili pitture in S. Barbaziano, «tenebrose operazioni, spiritose, ma poco aggiustate» (Malvasia, 1704, p. 195); ciò contrasta con i modi carracceschi delle opere a lui sin qui riferite.
Non è noto quando Possenti lasciò Bologna e se raggiunse subito Padova o se invece si spostò a Mantova, per recarsi a Padova solo in seguito. Nell’aprile del 1649 prese in affitto una casa a Mantova (L’Occaso, 2010, p. 118 n. 31) e poco dopo, nel settembre dello stesso anno, fu ascritto tra i salariati del duca Carlo II Gonzaga Nevers (Berzaghi, 1988, p. 90).
Le date del soggiorno mantovano permettono di circostanziare la cronologia, attorno al 1650, del Miracolo di s. Eligio, dipinto per il primo altare a destra del Duomo cittadino e assegnatogli già da Malvasia (1678, p. 580). Il quadro rimane l’opera più importante di Possenti, nella quale il pittore mostra una facies guercinesca, con un forte iato stilistico rispetto ai pochi altri dipinti superstiti.
Il soggiorno mantovano dovette fruttare anche un Ratto delle Sabine, citato nell’inventario dei beni di Carlo II del 1665 (d’Arco, 1859), ma oggi perduto. Si potrebbe inoltre ragionare sul riferimento a Possenti del pastoso e corrusco Ritratto di ingegnere, oggi a Brescia (Pinacoteca Tosio Martinengo, inv. 2387; V. Zani, in Pinacoteca Tosio Martinengo. Catalogo delle opere. Seicento e Settecento, a cura di M. Bona Castellotti - E. Lucchesi Ragni, Venezia 2011, p. 386 scheda 256).
Landolfi (1994, p. 220) – al quale spetta la più completa analisi dell’artista – ritiene che Possenti si sia trasferito a Padova solo nel 1655, mentre è probabile che ciò sia avvenuto alcuni anni prima, anche solo a giudicare dal numero di opere che le fonti riferiscono al pittore a Padova e nelle vicine Venezia e Vicenza.
Delle numerose opere attestate nelle chiese padovane – in S. Lorenzo (Malvasia, 1678, p. 580), S. Antonio Pellegrino, S. Andrea (Brandolese, 1795), S. Matteo, S. Stefano, S. Giorgio (Fantelli, 1987, il quale pubblica una guida di Girolamo Ferrari del 1731) – nessuna è a oggi nota. Il 1° maggio 1656 Possenti stipulò un accordo per la pittura delle «quatro [sic] portelle degli organi del Santo con figure grandi dentro e fuori», impegnandosi a consegnarle entro due mesi, per un compenso di 250 ducati (Archivio Sartori, 1989). Anche questi dipinti sono purtroppo scomparsi.
Alla metà del secolo operò a Venezia, nel palazzo del doge Lorenzo Dolfin, dipingendo i (perduti) fregi «nel portico sopra Canal grande» (Borean, 1999, p. 286); il Martirio di s. Lorenzo nella chiesa della Madonna dell’Orto, riferitogli da Antonio Masini (1666), è stato invece restituito da tempo all’anversano Daniel van den Dijck (Landolfi, 1994, p. 219). Lavorò anche a Vicenza, dove Marco Boschini segnalava che in S. Biagio «nell’inclaustro secondo sono dipinte trenta sei meze lune, nelle quali s’esprime tutta la vita di Giesù Christo dalla nascita, fino alla morte, rissurezione, et ascesa al Cielo: opera di Gioan Possenti» (1676, p. 98); alcuni frammenti di queste pitture potrebbero essere ancora in sito, coperti da scialbature.
Gli inventari delle collezioni bolognesi annotano diverse opere di soggetto profano o di genere, ma sovente non precisano se il Possenti loro autore sia Giovan Pietro o Benedetto. Un Paesaggio del Musée des beaux-arts di Orleans (inv. 1170), catalogato già nel 1828 come di Benedetto Possenti e nel 1876 come opera del figlio, dovrebbe spettare al primo (Musées de France. Répertoire des peintures italiennes du XVIIe siècle, a cura di A. Brejone de Lavergée - N. Volle, Parigi 1988, p. 261).
L’esiguità di dipinti è in parte riscattata da un significativo corpus grafico. Adam Bartsch (1819) raccolse un gruppo di sette incisioni omogenee sulle quali lesse il monogramma «CP» e che giudicò di un allievo di Guido Reni: la Crocifissione, S. Michele abbatte il demonio e cinque soggetti profani, la Fucina di Vulcano, la Morte di Nesso, Apollo e Marsia, Ercole e Anteo, Venere, amorini e un satiro. Charles Le Blanc (1858), senza spiegarne le ragioni, assegnò a un Giacomo Possenti queste stampe, che Georg Kaspar Nagler (1863) riferì a Georg Pecham. In seguito, diversi studiosi hanno ribadito a Possenti questo corpus, anche per le forti affinità con i suoi disegni (Agosti, 1992; Compostella, 1992; Landolfi, 1994, p. 219); Robert Zijlma (1991) vi aggiunse anche un Loth e le figlie e un Nettuno con tridente e tritoni, che tuttavia reca un’incompatibile data 1592.
John T. Spike (1981) e Marjorie B. Cohn (1992, p. 160) mantennero dubbi sull’identificazione del monogrammista, rispettivamente ravvisando affinità con la grafica di Pier Francesco Mola e di Salvator Rosa, e con le incisioni di artisti emiliani come Guido Reni, Simone Cantarini e Flaminio Torri.
L’assegnazione a Possenti delle incisioni è stata definitivamente confermata da Nadine M. Orenstein (1994), sulla base di una stampa con le Fatiche di Ercole, firmata per esteso «Io(hannes) Pet(r)us Possens. In(venit)», stilisticamente analoga alle altre e conservata nel Metropolitan Museum di New York (inv. 51.501.2829).
Un raro stato della Fucina di Vulcano reca il verso virgiliano «arma acri facienda viro» (Aen. VIII, 441) e lo stemma Borghese, che lascia sospettare rapporti con Roma (Marini, 1998). Soggetto, stemma e motto analoghi sono in una stampa di Johann Friedrich Greuter (da Giovanni Lanfranco), forse dedicata al cardinale Camillo Borghese (L. Ficacci, Claude Mellan, gli anni romani… (catal. 1989-90), Roma 1989, p. 270 n. 73).
Giovanni Agosti (1992, p. 28 n. 31) ricorda i vari disegni degli Uffizi riferiti a Benedetto (Gabinetto disegni e stampe, inv. 928E, 18687F, 18688F, 18689F, 18690F, 18691F, 18692F, 862P) e a Gian Pietro (12208F, 12210F, 12211F, 18693F); a quest’ultimo Agosti accosta il foglio 129730 del Fondo Corsini dell’Istituto nazionale per la grafica di Roma. Anche il Museo del Louvre conserva alcuni fogli riferiti a Benedetto (Département des arts graphiques, inv. 12518, 12519, 14168); il secondo e il terzo sono attribuiti da antiche scritte a «Gio(vanni) Benedetto Possenti».
Morì a Padova «in fresca età da un tiro d’Archibugiata l’anno 1659 d’anni 41 per affari d’amore» (Brandolese, 1795, p. 295).
Fonti e Bibl.: A. Masini, Bologna perlustrata. Terza impressione notabilmente accresciuta, Bologna 1666, p. 627; M. Boschini, I gioielli pittoreschi. Virtuoso ornamento della città di Vicenza, Venezia 1676, p. 98; C.C. Malvasia, Felsina pittrice. Vite de pittori bolognesi, I, Bologna 1678, pp. 555, 580; Id., Le pitture di Bologna, Bologna 1704, pp. 195, 289.
P. Brandolese, Pitture, sculture, architetture ed altre cose notabili di Padova, Padova 1795, ad ind.; A. Bartsch, Le peintre graveur, XIX, Vienne 1819, pp. 183-186; C. Le Blanc, Manuel de l’amateur d’estampes, III, Paris 1858, p. 239; C. d’Arco, Delle arti e degli artefici di Mantova, II, Mantova 1859, p. 182; G.K. Nagler, Die Monogrammisten und diejenigen bekannten und unbekannten Künstler aller Schulen, III, München 1863, pp. 85 s., n. 276; G. Campori, Raccolta di cataloghi ed inventari inediti…, Modena 1870, pp. 309, 419; J.T. Spike, Italian Masters of the Seventeenth Century, in The illustrated Bartsch, XLII, New York 1981, pp. 158-164; Scritti originali del Conte Carlo Cesare Malvasia spettanti alla sua Felsina Pittrice, a cura di L. Marzocchi, Bologna 1983, pp. 119, 349; P.L. Fantelli, Un’inedita guida di Padova, in Bollettino del Museo civico di Padova, LXXVI (1987), pp. 207, 210 s.; Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi. Inventario, II, Disegni esposti, a cura di A. Petrioli Tofani, Firenze 1987, pp. 394 s., n. 928E; R. Berzaghi, Cicli pittorici secenteschi nel Palazzo Ducale di Mantova, in Paragone. Arte, XXXIX (1988), 459-463, p. 90; C. Tellini Perina, P., G.P., in La pittura in Italia. Il Seicento, II, Milano 1988, p. 849; Archivio Sartori. Documenti di arte e storia francescana, IV, Guida della basilica del Santo, varie, artisti e musici al Santo e nel Veneto, a cura di G. Luisetto, Padova 1989, p. 494 doc. 57; R. Zijlma, Hollstein’s German engravings, etchings and woodcuts, XXXI, Roosendaal 1991, pp. 112-119; G. Agosti, Le nozze di Perseo, Milano 1992, pp. 26-28 nota 31; M.B. Cohn, A noble collection. The Spencer albums of old master prints, Cambridge 1992, pp. 158-162 scheda 30; A. Compostella, G.P. P., in Storia dell’incisione italiana. Il Seicento (catal.), a cura di P. Bellini, Piacenza 1992, p. 97; F. Landolfi, Benedetto Possenti; G.P. P., in La scuola dei Carracci. Dall’Accademia alla bottega di Ludovico, a cura di E. Negro - M. Pirondini, Modena 1994, pp. 217-224; N.M. Orenstein, P. and Hercules, in Print Quarterly, XI (1994), pp. 20-25; G. Marini, Fisionomia di una raccolta ritrovata, in Impressioni ritrovate. Antiche stampe su rame e legno dalla collezione vescovile, a cura di G. Marini - D. Primerano, Trento 1998, p. 34; R. Morselli, Collezioni e quadrerie nella Bologna del Seicento. Inventari 1640-1707, a cura di A. Cera Sones, Los Angeles 1998, ad ind.; L. Borean, Appunti per una storia del collezionismo a Venezia nel Seicento: la pinacoteca di Lorenzo Dolfin, in Studi veneziani, XXXVIII (1999), pp. 274 nota 65, 286; D. Benati, in I dipinti della Pinacoteca civica di Budrio. Secoli XIV-XIX, a cura di D. Benati - C. Bernardini, Bologna 2005, pp. 141-143 n. 45; S. L’Occaso, Spigolature sui pittori e scultori emiliani a Mantova dal 1637 al 1707, con un’apertura su Marcantonio Donzelli, in Acme, LXIII (2010), 3, p. 118; A. Mazza, Ai primordi della catalogazione del patrimonio artistico. Il censimento del 1820 nel territorio bolognese, in M. Fanti - P.L. Perazzini, La schedatura delle opere d’arte a Bologna e nel suo territorio nel 1820. Il primo tentativo di censimento a salvaguardia del patrimonio artistico, Bologna 2015, pp. 209, 227 s. n. 79.