PORTA, Giovanni (Giovanni Battista). – Compositore, nato intorno al 1685, è indicato come «veneziano» in un documento d’archivio del 1710 (Mantese, 1956, pp. 110 s.), sul frontespizio di una cantata del 1726 (Il ritratto dell’eroe)
e nei registri dell’Accademia Filarmonica di Bologna.
Fu «scolaro dell’impareggiabile sig. Francesco Gasparini» (così il libretto dell’Argippo, Venezia 1717); pare però infondata la notizia, già diffusa nel tardo Settecento, di un suo viaggio a Roma al seguito del maestro nel 1706, per servire il cardinal Pietro Ottoboni (cfr. Maccavino - Battista, 2005).
Nell’aprile 1710 Porta sposò Leonora di Iseppo Zanchi, dalla quale ebbe tre figli; il matrimonio fu gravato da preoccupazioni economiche, pare per la cattiva condotta della moglie, incline allo sperpero. Il 25 settembre dello stesso anno il musicista fu nominato maestro di cappella nella cattedrale di Vicenza, carica che tenne per poco più di un anno (nel dicembre 1711 gli succedette il vicentino Teofilo Orgiani).
Nella Quaresima 1712 il «trattenimento pastorale» Apollo in Tempe, con musiche di Porta, fu eseguito a Venezia in una sala privata in onore di Federico Augusto il Forte, elettore di Sassonia e re di Polonia. Nel 1714 Porta fu nominato maestro di cappella nella cattedrale di Verona, incarico che lasciò nel 1716. Nell’autunno dello stesso anno il teatro di S. Moisè di Venezia diede il suo primo dramma per musica, La costanza combattuta in amore, libretto di Francesco Silvani; sempre per le stagioni d’autunno Porta compose due drammi di Domenico Lalli, nel 1717 L’Argippo (S. Cassiano), nel 1718 L’amor di figlia (S. Angelo). I pochi brani superstiti arieggiano lo stile vivido e screziato di Antonio Vivaldi più che il gusto misurato e sostenuto degli operisti veneti allora dominanti, Antonio Pollarolo e Antonio Lotti (Tanenbaum - Talbot, 2003, pp. 64 s.).
Nel 1719 Porta fu in Inghilterra al servizio del duca di Wharton, che dall’Italia aveva portato con sé «a curious sett of musicianers [who] play’d every day, while his grace is at dinner» (furono poi congedati nel giugno 1720; Gibson, 1989, p. 131). Philipp Wharton fu tra i sottoscrittori della Royal Academy of Music costituita da nobili inglesi per allestire a Londra opere italiane. Il 2 dicembre 1719 l’impresario John Jacob Heidegger propose di affidare a Porta la composizione dell’opera inaugurale (Burrows et al., 2013, pp. 453 s.), Numitore, libretto di Paolo Antonio Rolli (il segretario italiano della Academy) sul soggetto liviano di Romolo e Remo: l’opera andò in scena il 2 aprile 1720 nel teatro di Haymarket, per sette recite, seguita da Radamisto di Händel e Narciso di Domenico Scarlatti; fu poi ripresa a Brunswick nell’inverno 1723 col titolo Rhea Silvia e nell’autunno 1724 ad Amburgo col titolo Die heldenmütighen Schäfer Romulus und Rhemus (arie in italiano e recitativi in tedesco). L’editore londinese John Walsh pubblicò i Songs in the new opera call’d Numitor (facsimile in J. Roberts, Handel Sources, IV, New York - London 1986): negli anni Trenta e Quaranta Händel ne estrasse abbondanti spunti melodici che elaborò in drammi ed oratorii suoi (segnatamente in Samson); e molti decenni più tardi Charles Burney poté affermare che «the music of this drama […] seems superior to that of any preceding opera which we had had from Italy» prima del 1720 (1789, p. 259; vantò in particolare Virtù de’ pensier miei, cantata da Romolo, atto III, scena 2, come «one of the most pleasing Sicilianas»).
Rientrato in patria, Porta lavorò alacremente per i teatri veneziani: qualche volta per il maggiore di essi, il S. Giovanni Grisostomo, dove musicò drammi preesistenti come Teodorico (ossia Il gran Tamerlano di Antonio Salvi adattato, autunno 1720), Venceslao (Apostolo Zeno, con Antonio Pollarolo e Giovanni Maria Capelli, carnevale 1722), L’Issipile (Metastasio, novembre 1732); più spesso per teatri di secondo rango come il S. Samuele (L’amor tirannico di Lalli, in collaborazione con Fortunato Chelleri, primavera 1722), il S. Moisè (per es. Agide re di Sparta di Luisa Bergalli, carnevale 1725) e il S. Angelo (per es. Ulisse di Lalli, carnevale 1725). Il nome di Porta, insieme con quelli d’altri compositori, impresari e cantanti, venne messo in burla sul frontespizio della satira Il teatro alla moda di Benedetto Marcello (1720), nobile musicista dilettante, che lo camuffò sotto un’indicazione topografica di fantasia: «Si vende nella Strada del Corallo alla Porta del Palazzo d’Orlando» (per le altre allusioni cfr. Strohm, 2008, p. 287).
Per quanto scarse e incerte siano le testimonianze circa i pregi della musica teatrale di Porta – in una lettera del 23 febbraio 1727 alla contessa di Caylus l’abate Antonio Conti ammise che la musica del suo Aldiso cantato a S. Giovanni Grisostomo «est si triste que j’y ai dormi pendant un acte» (Conti, 2003, p. 124 s.) –, non gli dové mancare un saldo possesso del mestiere, visto che ricevette frequenti commissioni da altre piazze. Nell’agosto 1723 fu a Milano con L’Arianna nell’isola di Nasso (dramma pastorale di Claudio Nicola Stampa), nel carnevale seguente con La caduta de’ decemviri (Silvio Stampiglia). Tra il 1725 e il 1726 opere sue furono date a Napoli: in ottobre Amore e Fortuna (Francesco Passarini; poi entrata nel giro dei teatri italiani), a carnevale La Lucinda fedele (Zeno), in estate Siroe, re di Persia (Metastasio). Alla Pergola di Firenze diede Il gran Tamerlano (Salvi, carnevale 1730); al teatro Malvezzi di Bologna Farnace (Antonio Maria Lucchini, primavera 1731, con un cast stellare: Antonio Maria Bernacchi, Francesca Cuzzoni, Vittoria Tesi, il Farinelli); a Milano Gianguir (Zeno, carnevale 1732) e La Semiramide (Silvani, carnevale 1733); al teatro delle Dame di Roma Lucio Papirio dittatore (Zeno, primavera 1732).
Il 2 maggio 1726 Porta fu aggregato all’Accademia Filarmonica di Bologna nella classe dei compositori; il 24 dello stesso mese fu eletto «maestro di coro» nell’Ospedale della Pietà di Venezia, successore di Carlo Luigi Pietragrua, al fianco di Antonio Vivaldi che vi lavorava quale ‘maestro dei concerti’. Gli toccò insegnare teoria e pratica alle allieve per almeno tre giorni a settimana, dirigere il coro nelle principali festività, comporre musiche nuove per celebrazioni liturgiche e paraliturgiche (una scelta è in G. Porta, Selected sacred music from the Ospedale della Pietà, a cura di F. Tanenbaum Tiedge, Madison, Wi., 1995). Il contratto prevedeva la fornitura annua di due messe e due vespri, due mottetti al mese più altre eventuali composizioni: un totale (invero cospicuo) che di fatto non raggiunse quasi mai. Per la Pietà compose inoltre un oratorio, Innocentiae triumphus seu Genovefa, nel 1736. Il salario annuo ammontava a 200 ducati (il doppio rispetto a Vivaldi) e le retribuzioni straordinarie potevano fruttare anche 50 ducati extra all’anno. Nell’ottobre 1726 Porta compose una cantata encomiastica a 5 voci, Il ritratto dell’eroe (testo di Lalli), in onore del cardinal Pietro Ottoboni che ritornava in patria per la prima volta dopo molti anni (la casata era stata radiata dall’albo della nobiltà veneta per motivi di politica estera). La stessa cantata fu ripresa nel 1753 a Stoccolma (Maccavino - Battista, 2005, pp. 349 s.). Si ha notizia di un suo oratorio dato a Brno nel 1736, Il candor vendicato di Nostra Signora, libretto di Antonio (recte Giacomo?) Cassetti.
Nel 1733 l’Ospedale dei Derelitti (Ospedaletto) avrebbe voluto Porta per «maestro di composizione», anche a tempo definito: ma l’accordo non fu trovato. Nel 1736 il compositore concorse per il posto di maestro di cappella in S. Marco, ma soccombette di fronte a Lotti. Fu infine chiamato come maestro di cappella con una paga di 1423 fiorini annui alla corte di Carlo Alberto, elettore di Baviera, che doveva averlo apprezzato in occasione di un viaggio a Venezia nella primavera 1737 (il posto era rimasto vacante per la scomparsa di Pietro Torri il 6 luglio); mantenne tuttavia i rapporti con la Pietà almeno fino al 1739, quando inviò a Venezia un mottetto e quattro salmi. A Monaco fu maestro di musica della principessina Maria Antonia Walpurgis, adolescente (che sposò poi l’elettore di Sassonia e divenne un’apprezzata compositrice). Per la corte bavarese compose nel 1738 Ifigenia in Aulide (Zeno); nel luglio dello stesso anno andò in scena a Nymphenburg la serenata Dafne; in ottobre, per il genetliaco della consorte dell’elettore, Maria Amalia, fu ripreso il Gianguir milanese del 1732 (del cast originario era presente Giovanni Carestini). Per l’Artaserse del 1739 (Metastasio) collaborò col suo secondo, Giovanni Ferrandini; nel 1740 riprese il Farnace del 1731, adattandolo. Nel 1744 musicò Der Traum des Scipio, ossia Il sogno di Scipione del Metastasio voltato in tedesco: nella dedica a Carlo Alberto (che da poco era stato eletto imperatore) dichiarò di aver «dovuto più indovinare che comporre le parole». Oltre gli impegni teatrali, Porta dovette assicurare alla corte un’assidua produzione di musiche da chiesa (cfr. Haberkamp - Münster, 1982).
Nel 1742 morì la moglie e nel 1749 sposò Maria Josepha Katherina Sprunnerin de Merz, vedova con due figli minorenni. A Monaco si accasarono i tre figli di primo letto, Antonio (musicista), Giuseppe (cameriere a corte, sposò la prima donna Margarita Kampmeir) e Lucia Stella.
Porta morì il 21 giugno 1755. L’indomani fu seppellito nel cimitero dell’arciconfraternita di St. Michael a Berg-am-Laim presso Monaco. Il 6 settembre 1755 l’elettore concesse alla vedova una pensione annua di 200 fiorini.
Fonti e Bibl.: I documenti bavaresi (compendiati in Westerman 1921) sono conservati in due archivi di Monaco di Baviera: Bayerisches Hauptstaatsarchiv, Verlassenschaftsakten, f. 62, n. 6 (Kapellmeister Johann Baptist Porta 1755); 18, n. 92 (kurfürstlicher Kammerdiener Joseph Porta 1784); Hofamtsregistratur I, 463/203 (Personalakt des Kapellmeisters Johann Porta); Archiv des Erzbistums München und Freising, AEM Matrikeln 9307, c. 113r (atto di matrimonio 8 dicembre 1749); 9328, c. 125v (atto di morte); A. Conti, Lettere da Venezia a Madame la Comtesse de Caylus, 1727-1729. Con l'aggiunta di un discorso sullo stato della Francia, a cura di S. Mamy, Firenze 2003, pp. 124 s.
Ch. Burney, A General history of music, IV, London 1789, pp. 259, 535; F. Caffi, Storia della musica sacra nella già Cappella ducale di San Marco in Venezia dal 1318 al 1797, I, Venezia 1854, p. 346; G. von Westerman, G. P. als Opernkomponist, diss., Universität München, 1921; G. Mantese, Storia musicale vicentina, Vicenza 1956, pp. 110 s.; Die Musik in Geschichte und Gegenwart, X, Kassel 1962, coll. 1473-1476; D. Arnold, Orphans and ladies: the Venetian Conservatories (1680-1790), in Proceedings of the Royal Musical Association, LXXXIX (1962-63), pp. 36 s., 45; R. Strohm, Italienische Opernarien des frühen Settecento (1720-1730), 2 voll., Köln 1976, ad ind.; G. Ellero, L’Ospedale dei Derelitti ai Santi Giovanni e Paolo, in Arte e musica all’Ospedaletto, Venezia 1978, pp. 111 s.; G. Rostirolla, L’organizzazione musicale nell’ospedale veneziano della Pietà al tempo di Vivaldi, in Nuova Rivista musicale italiana, XIII (1979), pp. 179; G. Haberkamp - R. Münster, Die ehemaligen Musikhandschriftensammlungen der Königlichen Hofkapelle und der Kurfürstin Maria Anna in München. Thematischer Katalog, München 1982, pp. X, XIII-XVIII, 106-112, 190 s., 213, 215; M. Talbot, The serenata in eighteenth-century Venice, in R.M.A. Research Chronicle, XVIII (1982), pp. 38 s.; Die Musik in Geschichte und Gegenwart. Personenteil, XIII, Kassel 1989, coll. 795-798; E. Gibson, The Royal Academy of Music, 1719-1728, New York - London 1989, pp. 118-134; L. Callegari Hill, L’Accademia filarmonica di Bologna, 1666-1800, Bologna 1991, ad ind.; K. Vlaardingerbroek, Faustina Bordoni applauds Jan Alensoon: a Dutch music-lover in Italy and France in 1723-4, in Music & Letters, LXXII (1991), pp. 542 s., 547; O. Gambassi, L’Accademia filarmonica di Bologna: fondazione, statuti e aggregazioni, Firenze 1992, p. 451; The New Grove dictionary of opera, III, London 1992, pp. 636, 1096 s.; T. Tanenbaum, The partbook collection from the Ospedale della Pietà: the sacred music of G. P., diss., New York University, 1993; The New Grove dictionary of music and musicians, XX, London 2001, pp. 180 s.; T. Tanenbaum - M. Talbot, The Berkeley Castle manuscript: arias and cantatas by Vivaldi and his Italian contemporaries, in Studi vivaldiani, III (2003), pp. 42-49, 62-65, 70, 75-81, 86; N. Maccavino - T. Battista, Il ritratto dell’eroe (Venezia 1726): una serenata di G. P. dedicata al cardinale Ottoboni falsamente attribuita a Leonardo Vinci, in Leonardo Vinci e il suo tempo, a cura di G. Pitarresi, Reggio Calabria 2005, pp. 339-396; G. Gillio, L’attività musicale negli Ospedali di Venezia nel Settecento, Firenze 2006, pp. 157-165, 203-205, 285 s., 458-472; J. Spáčilová, Hudba na dvoře olomouckého biskupa Schrattenbacha (1711-1738). Příspěvek k libretistice barokní opery a oratoria, diss., Università Masaryk, Brno 2006, pp. 173 s.; R. Strohm, The operas of Antonio Vivaldi, Firenze 2008, ad ind.; S. Werr, Politik mit sinnlichen Mitteln: Oper und Fest am Münchner Hof (1680-1745), Köln 2010, pp. 68 s., 294-296; D. Burrows et al., George Frideric Handel: collected documents, I, Cambridge 2013, ad ind.; M. White, Antonio Vivaldi: a life in documents, Firenze 2013, pp. 216, 228, 257.