RAFFAELE, Giovanni
RAFFAELE, Giovanni. – Nacque a Naso (Messina) il 24 giugno 1804 da Gaetano e da Rosaria Ioppolo.
Laureatosi in medicina all’Università di Palermo, si specializzò a Salerno in ostetricia, materia su cui avrebbe pubblicato un trattato in due volumi (Dei parti naturali e dell’igiene loro conveniente, Napoli 1841; Parti artificiali, Napoli 1843). Dopo la comparsa del colera, nel 1837, scrisse uno studio sul tema (Trattato del colera asiatico, Napoli 1837).
In coincidenza con l’emergenza sanitaria scoppiarono delle insurrezioni in Sicilia, soprattutto nella parte orientale. Con l’intento di punire l’isola, il governo borbonico avviò un nuovo impulso centralizzatore, sopprimendo il ministero di Sicilia a Napoli e stabilendo la promiscuità degli impieghi tra napoletani e siciliani. Tale provvedimento, che comportò il trasferimento dei funzionari siciliani nella parte continentale e viceversa, generò un forte malcontento. Proprio in quel periodo, Raffaele si trovava a Napoli, dove fin dal 1828 esercitava la professione di medico. Entrato nel movimento cospirativo, diresse, con Carlo Poerio e Mariano D’Ayala, il comitato rivoluzionario siculo-napoletano che lavorava per un’insurrezione generale del Regno e per un’autonomia amministrativa della Sicilia.
Nel corso degli anni Quaranta, il comitato cercò di organizzare insurrezioni, sempre fallite, e di denunciare il sistema repressivo dei Borbone tramite la stampa clandestina. In questo quadro va collocata la Protesta del popolo delle Due Sicilie (Napoli 1847) di Luigi Settembrini, all’interno della quale Raffaele scrisse il capitolo La città di Napoli. A seguito di questa pubblicazione, che provocò la repressione borbonica, il patriota siciliano si imbarcò per Tunisi e poi si diresse a Marsiglia, lasciando a Francesco Crispi, che si trovava a Napoli, il compito di tenere i contatti con i rivoluzionari dell’isola. In Francia Raffaele pubblicò sul Nouvelliste de Marseille numerosi articoli in cui denunciava il sistema tirannico dei Borbone.
Il 12 gennaio 1848 Palermo insorse contro i Borbone e il 27 dello stesso mese un movimento popolare a Napoli costrinse Ferdinando II a concedere la costituzione, promulgata l’11 febbraio. Dopo questi avvenimenti, Raffaele rientrò nella capitale del Regno e collaborò con il governo costituzionale. Agli inizi di marzo fu eletto deputato al Parlamento siciliano e il 25 dello stesso mese partecipò alla riunione che proclamò la decadenza della dinastia dei Borbone dal trono di Sicilia. Su incarico dei liberali napoletani, Raffaele svolse un’opera di mediazione per sanare le fratture fra i patrioti delle due parti dell’ex Regno. Fallite le trattative, i deputati siciliani elessero Ferdinando di Savoia, duca di Genova e secondogenito di Carlo Alberto, re di Sicilia con il nome di Amedeo I, che però non accettò la carica.
Il governo rivoluzionario dell’isola, che aveva riposto eccessiva fiducia nell’aiuto anglo-francese e nella simpatia degli altri Stati italiani, ottenne scarsi risultati sia sul piano interno sia su quello diplomatico e militare. Nel suo volume sulle Rivelazioni storiche della rivoluzione dal 1848 al 1860 (Palermo 1883), Raffaele avrebbe criticato «le smodate esigenze dei siciliani e il decreto di decadenza» (p. 121). Tutto ciò portò alla controffensiva di Ferdinando II che, agli inizi di settembre del 1848, inviò sullo Stretto un contingente di 16 mila uomini al comando del generale Carlo Filangieri di Satriano. Battuto l’esercito siciliano a Catania, i napoletani si avvicinarono a Palermo, che decise di arrendersi.
Non avendo partecipato attivamente alle vicende rivoluzionarie, Raffaele fu risparmiato dall’esilio. Nel decennio dal 1850 al 1860 egli denunciò sulla stampa inglese (in particolare sul Morning Post di Londra) il sistema della tortura adottato dai Borbone, contribuendo a far conoscere in Europa tali metodi repressivi.
Fra gli articoli pubblicati in quel giornale suscitarono enorme impressione sull’opinione pubblica le Lettere siciliane sulla fucilazione, dopo un processo farsa, del corleonese Francesco Bentivegna, avvenuta a Mezzojuso il 20 dicembre 1856, e La cuffia del silenzio sull’uso nelle carceri borboniche di questo strumento di tortura.
Negli stessi anni gli esuli, nonostante la restaurazione, si orientavano oramai a conseguire l’unità italiana. Raffaele tenne i contatti con essi, soprattutto con Michele Amari e con il marchese Vincenzo Fardella di Torrearsa, che cominciavano a guardare all’opzione sabauda come l’unica che avrebbe potuto assicurare il raggiungimento dell’unificazione. Il patriota siciliano aderì a questa linea, non rinunciando alla richiesta di forti autonomie per la Sicilia nell’ambito dello Stato unitario.
Dopo lo sbarco dei Mille a Marsala, Raffaele si mise in contatto con Giuseppe Garibaldi. Riunito il comitato rivoluzionario di Palermo, contribuì all’ingresso del generale nella città. Con la costituzione del governo dittatoriale, fu nominato ministro dei Lavori pubblici (7 giugno 1860-3 luglio 1860). Proprio in quel periodo furono adottati alcuni decreti importanti sulla divisione delle terre demaniali, sulla leva obbligatoria e sul congedo ai contadini per i lavori agricoli. Raffaele, che dirigeva il giornale L’Unità politica, in quei mesi decisivi fu un autonomista democratico, ma il governo di Torino scelse la via del plebiscito che sancì la sconfitta dei sostenitori di un’Assemblea siciliana liberalmente eletta.
Chiusa l’esperienza della prodittatura, a Palermo fu inviato un luogotenente del re, Massimo Cordero di Montezemolo, affiancato da un Consiglio nel quale entrarono Giuseppe La Farina e Filippo Cordova, con l’obiettivo politico di emarginare il ceto garibaldino e democratico. Il primo provvedimento in questa direzione si concretizzò nell’arresto dei capi dell’opposizione. Crispi riuscì a fuggire, ma Raffaele fu condotto in questura e costretto a imbarcarsi per Genova, dove, per intercessione di Amari, fu posto in libertà.
Durante il primo decennio postunitario, Raffaele si distinse per la sua opposizione alla politica repressiva dei governi della Destra, facendo parte del cosiddetto partito regionista, in cui militava buona parte dell’intellettualità palermitana e molti alti burocrati. Nell’ottobre del 1862 si svolse a Palermo un episodio criminale inedito con l’uccisione di undici persone da parte dei cosiddetti pugnalatori. Tramite le rivelazioni di una spia, pilotata dalla questura, si arrivò alla formulazione di una congiura diretta a spargere terrore e a preparare un’insurrezione di segno congiunto borbonico-democratico-regionista. Le operazioni portarono all’arresto di alcuni esponenti del partito regionista, e tra questi Raffaele, che furono prosciolti in istruttoria.
Vent’anni dopo lo stesso Raffaele, nelle citate Rivelazioni storiche, formulò la seguente ipotesi, poi confermata dalle ricerche di Paolo Pezzino (La congiura dei pugnalatori, Venezia 1992): la congiura fu una montatura del giovane questore di Palermo, Giovanni Bolis, con lo scopo di colpire i ‘sovversivi’ operanti a Palermo (i borbonici, i democratici e i regionisti del partito siciliano) e di giustificare i provvedimenti repressivi adottati subito dopo la spedizione garibaldina conclusasi tragicamente in Aspromonte.
Ritornato alla professione di medico, Raffaele fu richiamato alla politica attiva nell’aprile del 1864 quando, in occasione di un’elezione suppletiva, con un risultato sorprendente per l’opposizione al governo, egli risultò eletto alla Camera nel primo collegio di Palermo. Nel novembre del 1876 fu nominato senatore del Regno. Con la caduta della Destra storica (ottobre 1876) i regionisti avevano vinto le elezioni amministrative di Palermo. Toccò a Francesco Paolo Perez ricoprire la carica di primo cittadino tenuta fino al novembre del 1878, quando fu sostituito da Raffaele.
Il nuovo sindaco, una volta insediatosi, adottò una linea contraria alle spese di lusso. Fece ricorso al calmiere per l’aggravamento della crisi annonaria, aumentò i fondi per la beneficenza e istituì inoltre la condotta medica a domicilio.
L’opposizione all’amministrazione divenne più dura dopo le elezioni politiche e amministrative del 1880, che sancirono la sconfitta dei regionisti. Nel settembre dello stesso anno il sindaco Raffaele si dimise lasciando la carica al barone Nicolò Turrisi Colonna, appartenente alla Sinistra liberale. Ormai quasi ottantenne e logorato in salute, si ritirò a vita privata.
Morì celibe a Palermo il 4 ottobre 1882.
Opere. Oltre ai testi citati, si segnalano: Sperienze e ragionamenti intorno all’uso igienico de’ bagni, Napoli 1840; Dei travagli laboriosi e delle cure che loro convengono, Napoli 1843; Intorno ad una questione ostetrica mossa dal dottore Girolamo Angeloni in una sua scrittura pubblicata nell’Ippocrate pisano. Osservazioni del professore G. R., Palermo 1845; Un periodo di cronaca contemporanea, Palermo 1862; Le elezioni politiche del 1865 e il malgoverno in Sicilia, 1865 (manoscritto nella Biblioteca comunale di Palermo, pubblicato in appendice da P. Alatri, Lotte politiche in Sicilia sotto il governo della Destra, 1866-1874, Torino 1954, pp. 633-659); Della abolizione della ruota in Palermo. Osservazioni critiche, Palermo 1876; Parole del comm. G. R. sindaco di Palermo all’apertura della sessione straordinaria del consiglio comunale il 15 novembre 1879, Palermo 1879; Relazione del sindaco di Palermo sen. G. R. al Consiglio comunale, Palermo 1880.
Fonti e Bibl.: Una parte delle carte di Raffaele concernenti la sua attività politica dopo l’unificazione è conservata presso la Biblioteca comunale di Palermo (2 Q q, H 255). La documentazione, manoscritta e a stampa, sulla rivoluzione siciliana fu donata da Raffaele alla Sovraintendenza degli Archivi siciliani. Si trova ora presso l’Archivio provinciale di Stato di Palermo. Fonti importanti sono anche le testimonianze coeve: G. La Farina, Istoria documentata della Rivoluzione siciliana e delle sue relazioni co’ governi italiani e stranieri (1848-99), Capolago 1850, passim; P. Calvi, Memorie storiche e critiche della Rivoluzione siciliana del 1848, I-III, Londra (Malta) 1851, passim; C. Gemelli, Storia della siciliana rivoluzione del 1848-49, II, Bologna 1867, passim; Memorie della Rivoluzione siciliana dell’anno MDCCCXLVIII pubblicate nel cinquantesimo anniversario del XII gennaio di esso anno, Palermo 1898, passim; V. Fardella di Torrearsa, Ricordi su la rivoluzione siciliana degli anni 1848 e 1849, introduzione di F. Renda, Palermo 1988, ad indicem. Sulla figura, il pensiero, l’attività culturale e politica di Raffaele: U. De Maria, L’opera degli emigrati siciliani nel Carteggio Torrearsa, in La Sicilia nel Risorgimento italiano, I (1931), 1, pp. 57-112; G. R. a Michele Amari. Lettere inedite, a cura di E. Zacco, Palermo 1950; R. Composto, Gli esuli siciliani alla vigilia della rivoluzione del 1860, Palermo 1961, ad ind.; G. Berti, I democratici e l’iniziativa meridionale nel Risorgimento, Milano 1962, ad ind.; O. Ziino, Francesco Crispi e le elezioni politiche del 1880 (con una lettera inedita a G. R.), in Studi in onore di Gioacchino Scaduto, V, Diritto pubblico e scritti vari, Padova 1970, pp. 373-390; R. Romeo, Il Risorgimento in Sicilia, Bari 19702, ad ind.; L. Sciasca, I pugnalatori, Torino 1976, passim; G. Ciampi, I liberali moderati siciliani in esilio nel decennio di preparazione, Roma 1979, ad ind.; F. Renda, Storia della Sicilia dal 1860 al 1970, I-III, Palermo 1987, ad indices; O. Cancila, Palermo, Roma-Bari 1988, ad ind.; M. Grillo, L’isola al bivio. Cultura e politica nella Sicilia borbonica (1820-1840), Catania 2000, ad ind.; E. Iachello, La politica delle calamità. Terremoto e colera nella Sicilia borbonica, Catania 2000, ad ind.; E.G. Faraci, I sindaci di Palermo. Tra moderatismo e regionismo, in I sindaci del Re, a cura di E. Colombo, Bologna 2010, pp. 213-231; G. Astuto, Cavour. Con la rivoluzione e la diplomazia. La crisi degli equilibri europei, le operazioni militari in Italia e la lotta politica per le istituzioni unitarie, Acireale-Roma 2011, ad ind.; Id., Garibaldi e la rivoluzione del 1860. Il Piemonte costituzionale, la crisi del Regno delle Due Sicilie e la spedizione dei Mille, Acireale-Roma 2011, ad ind.; E.G. Faraci, La Luogotenenza nel Mezzogiorno. I conflitti politici e l’unificazione amministrativa, in Le carte e la storia, XIX (2013), 1, pp. 77-90; F. Benigno, La mala setta. Alle origini di mafia e camorra 1859-1878, Torino 2015, pp. 43, 87, 91 s., 117, 123, 179, 219, 237, 269; Camera dei Deputati, Portale storico, http:// storia.camera.it/deputato/giovanni-raffaele-18040624# nav (10 maggio 2016); Archivio storico del Senato, Banca dati multimediale I senatori d’Italia, II, Senatori dell’Italia liberale, sub voce, http://notes9.senato.it/Web/senregno.nsf/R_ Regno?OpenPage (10 maggio 2016).