RASORI, Giovanni
RASORI, Giovanni. – Nacque a Parma il 20 agosto 1766, figlio unico di Francesco, direttore della spezieria dell’ospedale di Parma, e di Gaetana Vezzani.
Venne avviato allo studio della medicina dal padre, specializzato nella composizione di prodotti chimici a scopo terapeutico: fu allievo di Giovanni Battista Morgagni, primario di anatomia nell’Università di Parma, e nel 1785 si laureò con una tesi sulle origini del calore animale nell’opera di Adair Crawford, dove si riflette l’interesse per la chimica ereditato dal padre. Le sue brillanti doti gli valsero presto un sussidio governativo per specializzarsi a Firenze e poi fare ritorno, in qualità di chirurgo, a Parma. Nel 1788 arrivò in Toscana, dove si immerse negli studi e fece l’incontro con la dottrina medica dello scozzese John Brown. Nel 1791 venne autorizzato a concludere il suo periodo di specializzazione presso l’Università di Pavia.
Qui Rasori – che seguì i corsi di fisica sperimentale di Alessandro Volta, nonché le lezioni di storia naturale di Lazzaro Spallanzani – si legò in modo particolare al chirurgo piemontese Vincenzo Malacarne e al viennese Johann Peter Frank, la cui insistenza sulla scienza medica quale strumento essenziale di governo molto lo interessò. Al riguardo, assai più influenti furono però le nuove di Francia, che rivelarono il contributo della scienza medica alla trasformazione politica d’Oltralpe: all’arrivo a Pavia, agli inizi del 1792, Rasori, scrivendo al vecchio maestro Girardi, dette infatti conto di come, a suo avviso, proprio alla medicina spettasse il compito di accompagnare il rinnovamento civile della penisola.
Sulla scelta di andare in Lombardia molto influirono, però, anche i precedenti studi sulla dottrina di Brown. Non a caso, proprio nel 1792, Pietro Moscati, già professore di anatomia e chirurgia a Pavia e direttore dell’ospedale Maggiore di Milano, dette alle stampe la prima traduzione degli Elementa medicinae di Brown e nel clima di interesse suscitato da quell’iniziativa subito si inserì Rasori, che pubblicò, con il titolo di Compendio della nuova dottrina di G. Brown, l’ultima opera del medico scozzese. Due traduzioni nello stesso anno da parte di personalità tra loro tanto differenti (l’uno un insigne e affermato medico, l’altro un brillante ma giovane studioso) tutto dice dello scontro culturale in atto nell’Ateneo pavese. Rasori, molto magnificando rispetto a Moscati le teorie dello scozzese, ottenne non a caso il plauso di Malacarne, che volle in tal modo segnare le distanze tra la sua cerchia e quella di Frank. Della cosa molto profittò proprio Rasori: quando, nella seconda metà del 1793, prese la via dell’Inghilterra, l’entusiasmo per il sistema di Brown era alle stelle grazie al successo della traduzione.
Le fortune della nuova dottrina medica stavano nella sua semplicità. Per il medico scozzese le condizioni di vita erano definite dalla forza di determinati stimoli sull’organismo e qualora i livelli di eccitabilità si fossero discostati dalla norma si sarebbero determinate condizioni patologiche, ossia la diatesi stenica, che indicava uno squilibrio in eccesso, oppure quella astenica, di gran lunga più numerosa, che implicava un difetto. La diagnosi nasceva così dall’individuazione del tipo di diatesi, mentre la terapia si fondava su farmaci, per lo più stimolanti, che ristabilivano l’equilibrio interrotto.
Con il viaggio in Inghilterra, Rasori volle coronare il suo interesse mediante un approccio diretto alla scuola browniana: da un lato studiò a fondo l’opera di Erasmus Darwin sulle leggi della vita organica – che si ripromise sin da allora di portare in italiano – e dall’altro fece ampia pratica chirurgica. Tornato a Milano nel 1795, dopo un breve soggiorno in terra di Germania, si rifiutò di rientrare a Parma e preferì l’ambiente medico lombardo. Stavolta il suo punto di riferimento fu Moscati: benché riguardo a Brown avessero opinioni differenti, i due la pensavano in egual modo circa gli sviluppi rivoluzionari in Francia e frequentarono assieme una conventicola di stampo democratico. A quei tempi risale anche il suo matrimonio con Mirella Rubini, che morì nel 1804 avendogli dato una figlia, Sabina.
Nel frattempo la spedizione di Bonaparte in Italia aprì a Rasori la prospettiva di una vita politica. Il 15 maggio 1796, assieme al conte Gaetano Porro e a Carlo Salvador, tornato dalla Francia con il compito di preparare il terreno, Rasori si recò presso il comandante francese chiedendogli il permesso di aprire al pubblico le riunioni del loro club e sino al mese di ottobre fu tra i redattori del Giornale degli amici della libertà e dell’eguaglianza, dalle cui colonne tornava l’auspicio di un rinnovamento scientifico destinato ad accompagnare quello politico.
La piena sintonia con il nuovo ordine valse a Rasori la chiamata a ricoprire la cattedra di patologia a Pavia, cui presto sommò la direzione del Collegio nazionale (ex Ghislieri), mentre gli studenti, chiamati dal nuovo governo repubblicano a scegliere il rettore, lo promossero anche alla guida dell’Ateneo. Sotto le insegne della scienza di Brown e in nome della cultura politica d’Oltralpe, Rasori salutò da rettore la nascita della Repubblica Cisalpina: da un lato, nelle lezioni, rifiutò la medicina tradizionale, i cui postulati e le cui origini pubblicamente discusse (e sempre respinse); dall’altro, al governo dell’Ateneo, introdusse l’uso dell’italiano in luogo del latino e lamentò nel corpo docente un atteggiamento passatista che presto gli valse, presso i colleghi, la fama di avventurismo politico. Pietro Moscati, che proprio sul rilancio al tavolo del brownismo era tornato a prender le distanze da Rasori, ebbe così facile gioco a farlo presto allontanare dall’incarico di rettore.
Già nella seconda metà del 1797, dopo un’attività di insegnamento nella quale aveva già indicato di voler correggere il sistema di Brown, Rasori, ormai in disgrazia in seno all’Università, venne destinato dal governo all’incarico di segretario generale del ministero dell’Interno. Le lotte di potere in seno alla Cisalpina, scandite dai ripetuti interventi negli equilibri di governo degli ambasciatori francesi, presto favorirono il suo ritorno all’insegnamento universitario. Di lì a un anno, ormai sul finire del 1798, il gruppo più pronunciatamente patriottico, preso momentaneamente il potere, lo chiamò sulla cattedra di clinica medica: tornarono le sue pubbliche professioni di fede browniane e un violentissimo, pubblico attacco al genio di Ippocrate, che gli valse la definitiva rottura con Moscati. Il suo trionfo fu d’altronde effimero, perché il lesto cambio di governo a Milano favorì l’accumularsi sulla sua persona delle critiche di quanti, miscelando scienza e politica, lo reputavano un pericoloso estremista. Nel febbraio del 1799 venne per una seconda volta richiamato a Milano, e al suo posto fu destinato proprio Moscati.
La riapertura delle ostilità con l’Austria lo vide servire in armi: e sempre nelle vesti di ufficiale medico, all’indomani dell’invasione austro-russa e del crollo della Cisalpina, riparò a Genova, rimasta ormai l’ultima enclave patriottica in tutta la penisola. Qui ebbe la responsabilità della cura della guarnigione durante l’assedio austriaco e affrontò con successo l’epidemia di febbre petecchiale che investì la città. Tornato a Milano a seguito della seconda discesa in Italia di Bonaparte, Rasori dette alle stampe una dettagliata relazione del suo metodo di cura dell’epidemia insorta durante l’assedio di Genova e venne premiato dalla restaurata Repubblica Cisalpina con la carica di ispettore generale alla Sanità.
Nella relazione, Rasori, tornando sulla scienza medica browniana, ne mise a punto quella revisione auspicata sin dalle prime lezioni universitarie a Pavia.
Rasori rovesciò l’impostazione browniana, perché stabilì che le malattie non fossero dettate da un difetto di stimolo, bensì da un eccesso e propose pertanto come strumento terapeutico il controstimolo mediante l’impiego di flebotomie e di tartaro stibiato. La sua proposta si inseriva nel dibattito culturale allora in corso a Milano sulla necessità di fondare una cultura nazionale attorno alla quale stabilizzare il nuovo ordine.
Dal 1802, in parallelo alla nascita della Repubblica Italiana, Rasori avviò la pubblicazione degli Annali di medicina, che si prefiggevano il compito di mettere in luce il contributo della scienza nazionale allo sviluppo della medicina, mentre a far data dal 1803 avviò la traduzione dell’opera di Erasmo Darwin che, pubblicata con il titolo di Zoonomia, gli consentì di porre su più ampie basi la sua teoria del controstimolo. Iniziava la lunga stagione del cosiddetto rasorismo, che gli permise – nonostante l’opposizione di Moscati – di disporre di larghi consensi dal governo del nuovo Regno d’Italia.
Mentre contraeva un infelice secondo matrimonio con Annetta Vadori, che in seguito mai gli volle riconoscere il divorzio e sempre lo assillò con richieste di mantenimento, l’esecutivo gli affidò prima la guida della scuola di perfezionamento dell’ospedale Maggiore e poi la cattedra di clinica medica nell’ospedale militare. In quelle vesti, assieme all’amico Ugo Foscolo, avviò la pubblicazione degli Annali di scienze e lettere, che volevano mettere in luce l’eccellenza della scuola italiana nei vari campi del sapere. Tuttavia, proprio mentre le sue fortune erano al massimo, arrivò un colpo imprevedibile: nel 1812, il francese Jean Antoine François Ozanam, fatto medico honoris causa a Pavia proprio da Moscati, lanciò, con tutta probabilità su suggerimento di quest’ultimo, un duro attacco contro il rasorismo, tacciandolo di sistema medico erroneo e pericoloso. La denuncia consentì ai molti dissensi presenti nel mondo scientifico e professionale verso la teoria del controstimolo di venire infine allo scoperto. Le autorità, che con tutta probabilità non attendevano altro, si decisero a destituire dagli incarichi Rasori, che si vide costretto alla sola libera professione.
Alla fine della carriera pubblica si aggiunse presto la disgrazia politica: nel 1814, al momento del crollo dell’Impero napoleonico e del rientro degli Asburgo a Milano, Rasori venne arrestato con l’accusa di aver partecipato a una congiura antiaustriaca mediante la stesura di un proclama ‘agli italiani’. Il carcere durò trentanove mesi, giusto lenito dallo studio e dalla traduzione dal tedesco di opere di Friedrich Engel, di Christoph Martin Wieland e di Friedrich Schiller: si concluse nel 1818 e Rasori, nella Milano ormai austriaca, accettò con entusiasmo, sempre nel quadro di un programma di affrancamento nazionale, di collaborare al Conciliatore. La sua pretesa di non escludere il canone classico lo mise però in rotta con gli altri estensori del foglio, tutti dichiaratamente romantici. Poi vennero le torbide e mai provate accuse della polizia austriaca di aver molestato la figlia Sabina, che lo costrinsero a ritirarsi dalla scena giornalistica e molto gli nocquero nella ricerca di un incarico universitario, anche se le offerte, da Londra sino a Palermo, sembra non gli mancassero.
Rimase a Milano, privo di incarichi, ma la sua teoria del controstimolo continuò a dominare a lungo la scena medica italiana ed egli stesso continuò a contribuirvi con ulteriori interventi.
Solo la morte, avvenuta a Milano nella notte tra il 13 e il 14 aprile 1837, segnò la definitiva battuta d’arresto alle fortune della sua teoria, che rimane l’esempio di maggior rilievo del proposito, nutrito dalla generazione degli anni di Bonaparte, di costruire, anche in campo scientifico, una cultura dai tratti propriamente nazionali.
Opere. Compendio della nuova dottrina medica di Brown, Pavia 1792; Lettera al dott. Rubini, Pavia 1793; Prolusione letta dal citt. Rasori [...] assumendo la scuola di patologia, Milano 1797; Rapporti sullo stato dell’Università di Pavia, Milano 1797; Analisi del preteso genio d’Ippocrate, Milano 1799; Storia della febbre epidemica di Genova negli anni 1799 e 1800, Milano anno IX [1800-1801]; Zoonomia, ovvero leggi della vita organica di Erasmo Darwin, Milano 1803-1805; Osservazioni sul prospetto dei risultati della clinica medica nel R. Spedal militare di Milano, Milano 1808; Sul metodo degli studi medici, Milano 1809; Lettere intorno alla mimica di G. G. Engel, Milano 1818; Opuscoli di medicina clinica, Milano 1830; Opere complete, Firenze 1837;Teoria della flogosi, Milano 1837; Principi nuovi di terapeutica, Parma 1843; Due versioni poetiche dal tedesco, Firenze 1867; Ricordi di prigionia, Torino 1919.
Fonti e Bibl.: G.A. Del Chiappa, Della vita di G. R.: libri sei, Milano 1838; G. Federigo, Il genio di Rasori è stato utile o no pei progressi e pella riforma della medicina?: riflessioni, Padova 1839; I carteggi rasoriani della Biblioteca Palatina, a cura di A. Ciavarella, Parma 1967.
A. Monti, G. R. nella storia della scienza e dell’idea nazionale, Pavia 1928; G. Bilancioni, G. R., medico e patriota, Pisa 1929; I. Clivio, G. R. e la febbre epidemica di Genova degli anni 1799-1800, Pavia 1940; B. Pincherle, Lo stendhalesco dottor R., s.l. [Roma], 1948; A. Cazzaniga, La grande crisi della medicina italiana nel primo Ottocento, Milano 1951, passim; E. Agazzi, La passione per la cultura tedesca di due medici nella Goethezeit: Giuseppe Gautieri e G. R., in Letterati, erudizione e società scientifiche negli spazi italiani e tedeschi del Settecento, a cura di G. Cusatelli et al., Tübingen 1999, pp. 79-89; G. Cosmacini, La vita e i tempi di G. R., Roma-Bari 2002; D. Tongiorgi, R., la “Biblioteca” e “Il Conciliatore” (o dell’integrazione impossibile). Idee e figure del Conciliatore, a cura di G. Barbarisi - C. Cadioli, Milano 2004, pp. 235-255; M. Scazzoso, L’intervento pubblico in campo sanitario: il giacobinismo scientifico di G. R. (1766-1837), in Cahiers Adriana Petracchi, a cura di G. La Rosa, Firenze 2010, pp. 1-25.