RHO, Giovanni
RHO, Giovanni. – Nacque a Milano il 29 gennaio 1590 figlio di Alessandro, giurista, nobile e membro del Senato milanese, e di Livia Raggia (Raggi). Fu fratello di Giacomo (astronomo e missionario gesuita in Cina) e di Paolo (membro del Senato e autore di una storia della famiglia). Entrò nella Compagnia di Gesù il 24 aprile 1604 nella casa di Arona, dove fece il noviziato e iniziò gli studi di retorica, manifestando una forte vocazione missionaria. A 17 anni chiese al preposito generale Claudio Acquaviva di essere inviato nelle Indie «orientali come occidentali, come anche fra Turchi», ma indicando come sua preferenza la Cina (Archivum Romanum Societatis Iesu, Fondo Gesuitico, 734, n. 7). A questa prima lettera indipeta ne seguirono altre: una nel 1607, tre nel 1608, sette nel 1609, una delle quali era rivolta ad Antonio Mascarenhas, assistente di Portogallo, per favorire una sua chiamata da parte dei superiori, alla quale anche la famiglia non si sarebbe opposta. Nelle lettere ammetteva di non essere ancora un «huomo fatto», ma di non esser invasato da mirabolanti prospettive di convertire «regni interi» e, al contrario, di volersi seriamente impegnare a studiare le lingue «barbare e selvatiche» e i costumi della «straniera natione» per poter combattere l’idolatria per amor degli «Indiani», genti ingiustamente «sprezzate» (n. 292). Queste affermazioni non mutarono l’atteggiamento negativo dei superiori, malgrado Rho ripetesse ancora, seppure con minore intensità, le sue richieste fino al 1619, quando il fratello minore Giacomo, versato in matematica e astronomia, era già partito per la Cina pochi anni dopo essere entrato nella Compagnia.
Sembra quindi che fossero gli specifici talenti di Giovanni per lo studio e l’eloquenza a far propendere i superiori a trattenerlo a Milano, mandandolo un anno al Collegio romano. Nel 1618 risulta aver preso i voti sacerdotali. Nel 1619 era confessarius scholasticus a Milano e, mentre continuava gli studi di filosofia e teologia, insegnava la retorica.
È stata dimostrata l’erroneità dell’attribuzione (Melzi, 1863, p. 94; Sommervogel, 1895-1960, VI, col. 1717 e XII, col. 265) a Rho di un’operetta relativa all’osservazione delle comete, Assemblea celeste. Radunata nuovamente in Parnasso sopra la nuova cometa (Milano 1619), che difendeva le posizioni di Tycho Brahe e suscitò la reazione di Galileo Galilei cui Federico Borromeo l’aveva fatta recapitare (Besomi - Camerota, 2000, pp. 105-108).
Dal 1620 si trasferì nella Provincia romana e iniziò la sua brillante carriera di predicatore (concionator) che lo portò a percorrere l’Italia risiedendo ogni anno in luoghi diversi, da Orvieto a Siena e poi a Torino, Genova, Milano, Firenze, rientrando a Roma nel 1629. Per il decennio 1630 non ci sono tracce della sua presenza nei catalogi della Compagnia. Per questo motivo si è fatta l’ipotesi che abbia vissuto nella casa professa del Gesù a Roma, che non registrava i suoi membri in questi documenti. Spesso, tuttavia, lo ritroviamo in varie città italiane dove teneva prediche e orazioni di argomento spirituale e agiografico ma anche politico, che non di rado venivano pubblicate, così come altre operette. Nel 1620 tenne a Siena un’orazione per la vittoria nella battaglia della Montagna Bianca e nel 1622 predicava su s. Agata a Catania. Nel 1628 a Firenze pubblicò sotto altro nome un riassunto della lettera del 1599 del confratello portoghese Luis Frois, missionario in Giappone, ad Acquaviva che annunciava il martirio dei gesuiti giapponesi a Nagasaki. Nel 1629 pronunciò a Genova un’orazione durante la cerimonia dell’incoronazione del doge Andrea Spinola. L’attività e la fama di Rho si intensificarono nel decennio successivo. Nel 1634 pubblicò un’orazione tenuta a Roma in onore di Ferdinando II per le vittorie militari cattoliche in Germania; nel 1638 nel Duomo di Milano in occasione dell’apertura dei tribunali (5 novembre) dissertò intorno alla giustizia; nel 1639 a Roma partecipò con un sermone alla celebrazione della ricorrenza di un secolo dalla fondazione della Compagnia. Nel 1638, intanto, aveva ricevuto a Roma la notizia della morte del fratello Giacomo avvenuta a Pechino nell’aprile di quell’anno (Archivum Romanum Societatis Iesu, Lusitania, 58/II, cc. 309r-311v).
Nel 1641 rientrò a Milano e, proseguendo la sua attività di concionator, iniziò ad assumere cariche direttive nell’Ordine, svolgendo la funzione di consultore del provinciale. La sua attività di predicatore si allargava e continuava la sua produzione di panegirici e orazioni d’occasione di vario argomento: nel 1641 pubblicò una vita del benedettino s. Lidano da Sezze, nel 1644 celebrò a Napoli la ricorrenza di s. Tommaso d’Aquino con una predica sul Dottor Angelico e nel 1646 pronunciò l’orazione funebre della duchessa di Modena Maria Farnese d’Este. Trasferitosi a Bologna nel 1647 vi pubblicò una raccolta di undici sue orazioni (Orazioni del molto R.P. Gio: Rho della Compagnia di Gesù). Predicava in S. Petronio e in varie ricorrenze, ad esempio nel 1648 per la beata Caterina da Bologna, poi canonizzata nel 1712, e anche altrove: nel medesimo 1648 si recò a Lucca per dissertare nell’aula del Senato dell’Armonia in cui consiste d’una Repubblica la Felicità.
In questi anni la produzione di Rho si indirizzò verso opere di carattere spirituale. Profondamente legato all’ascetismo ignaziano, egli praticò e diffuse la spiritualità del fondatore della Compagnia di Gesù, che difendeva anche in scritti polemici, pubblicati. Nel 1641 respinse l’opinione di Giovanni Battista Castaldo, chierico regolare, il quale sosteneva che Ignazio volesse diventare teatino, pubblicando a Lione le Interrogationes apologeticae. La controversia ebbe un seguito di fronte al cardinale Luigi Capponi con un incontro tra Rho e il teatino Agostino de Bellis, registrato in un libro manoscritto dialogico (Archivum Romanum Societatis Iesu, Vitae, 38; Institutum, 118, c. 23), in cui si dice che Rho abbandonò il dialogo il giorno 26 ottobre 1645. Nel 1644 si trovò a polemizzare con Costantino Gaetano, bibliotecario alla Vaticana, che sosteneva negli Esercizi spirituali di Ignazio vi fossero vasti prestiti dal venerabile benedettino García Jiménez de Cisneros, abate di Montserrat, morto nel 1510, le opere del quale Ignazio aveva letto soprattutto relativamente alla devotio moderna. Rho rispose con forza e ironia, utilizzando lo strumento retorico di fingere che il suo avversario non fosse il vero autore del trattato, con l’apologetico Adversus ineptias et malignitatem libelli Pseudo-Constantiniani de Sancti Ignatii institutione et exercitiis (Lugduni 1644), che non esaurì la questione sulla quale ci furono anche interventi di altri religiosi (Roma, Archivio della Pontificia Università Gregoriana, 248). Entrambe queste opere polemiche vennero poi messe all’indice (Sommervogel, 1895-1960, IX, col. 803).
Dal 1643 Rho iniziò a scrivere riguardo agli «atti di varie virtù» (l’amore, la fede, la speranza, la carità) e poi anche sull’eucarestia, sulla Vergine, su Cristo. Questi testi erano strutturati in raccolte di cento capitoli e per questo detti centurie. Nella vasta produzione editoriale erano poi riuniti in opere più ampie o in più volumi come gli Atti di varie virtù Centurie X in dieci volumi distincti (Milano 1643), oppure le Variae virtutum historiae (Lugduni 1644). Negli anni successivi questi trattatelli vennero ripubblicati singolarmente in edizioni di piccolo formato. Dopo aver partecipato alla festa di s. Omobono a Cremona e pubblicato la sua orazione sulla bontà nel 1651, Rho si stabilì a Roma nella casa professa, continuando un’indefessa produzione di testi sulle Sacre Scritture come L’Essamerone (Venezia 1653), le orazioni quaresimali e altre prediche come i Sabbati de Giesù di Roma overo Esempi della Madonna (Roma 1655). Nel 1656 pubblicò In Passionem Domini cogitationes variae ad Anversa presso Plantin-Moretus. Questa soverchiante produzione scrittoria lo indusse a rifiutare nel 1653 la proposta fattagli dal preposito generale della Compagnia di Gesù, Goswin Nickel, di continuare la storia della Compagnia in latino (Archivum Romanum Societatis Iesu, Epistolae Nostrorum, 96, cc. 182 s.).
Nel 1655 accettò invece cariche di governo all’interno della Compagnia che fino ad allora aveva esercitato solo nella direzione di qualche collegio. Il 5 febbraio di quell’anno fu nominato provinciale della Provincia romana, carica che tenne fino al 1658, e nel maggio 1660 assunse la medesima per la Provincia napoletana che tenne fino alla morte. Partecipò alla nona congregazione generale della Compagnia che si aprì l’8 maggio 1661 e che vide la nomina a generale di Giovanni Paolo Oliva, lasciando un racconto dettagliato di tale elezione (Congregationes, 20, cc. 31r-41v).
Morì a Roma il 10 settembre 1662 (Historia Societatis, 48, c. 81v). Alcune sue opere, in particolare quelle sulle virtù, le orazioni e i sermoni quaresimali continuarono a essere ripubblicate postume.
Opere. Oltre alle principali opere a stampa segnalate nel testo, quelle manoscritte sono riunite in due tomi conservati in Roma, Biblioteca Casanatense, Mss., 2646, 2647; per un quadro completo si veda Sommervogel, 1895-1960, s.v. con aggiornamenti.
Fonti e Bibl.: La numerosa documentazione manoscritta di e su Rho si trova soprattutto presso l’Archivum Romanum Societatis Iesu, in particolare, oltre ai documenti citati nel testo, nella serie Provincia romana.
L. Allacci, Apes urbanae, Romae 1633, p. 164; F. Picinelli, Ateneo dei letterati milanesi, Milano 1670, p. 327; F. Argelati, Bibliotheca Scriptorum Mediolanensium, II, Mediolani 1745, coll. 1218 s., 2024; G. Melzi, Dizionario di opere anonime e pseudonime, I, Milano 1863, p. 94; C. Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, I-XII, Bruxelles-Paris 1895-1960, VI, coll. 1711-1718, IX, coll. 803 s., XII, coll. 265, 739; Synopsis historiae Societatis Iesu, Lovanii 1950, coll. 640, 642; J. de Guibert, La spiritualité de la Compagnie de Jésus. Esquisse historique, Roma 1953, pp. 141, 321; A. Guidetti, Rho (Jean), in Dictionnaire de Spiritualité, XIII, Paris 1988, coll. 521-523; O. Besomi - M. Camerota, Galileo e il Parnaso Tychonico. Un capitolo inedito del dibattito sulle comete tra finzione letteraria e trattazione scientifica, Firenze 2000, pp. 105-108, 110, 131 s.; A. Maldavsky, Società urbana e mobilità missionaria: i milanesi e la missione lontana all’inizio del Seicento, in Rivista di Storia del Cristianesimo, VI (2009), 1, pp. 159-184, passim; Ead., Entre mito, equivoco y saber. Los jesuitas italianos y las misiones extraeuropeas en el siglo XVII, in Missions d’évangélisation et circulation des savoirs XVIe-XVIIIe siècle, a cura di Ch. De Castelnau-L’Estoile et al., Madrid 2011, pp. 52-54; Milano, l’Ambrosiana e la conoscenza dei Nuovi Mondi (secoli XVII-XVIII), a cura di M. Catto - G. Signorotto, Milano 2015 (in partic. A. Maldavsky, Les familles du missionnaire. Une histoire sociale des horizons missionnaires milanais au début du XVIIe siècle, pp. 125-134, 149-152; J.A. Cervera Jiménez, Giacomo Rho (1592-1638), mathematician and astronomer at the Chinese court, pp. 475-477).