ROSSO, Giovanni
– Originario forse di Lessona, nel Vercellese, non si conosce la sua data di nascita. Ignoto anche il nome dei genitori.
Spinto dalle condizioni economiche e politiche di Vercelli, sfavorevoli all’arte tipografica fino al 1528, come altri stampatori piemontesi (Bernardino Guerralda, Tommaso Ballarino, Albertino Viani) cercò fortuna a Venezia, dove giunse in data imprecisata, comunque qualche tempo prima del 1480.
Rosso più che un cognome sembra essere un soprannome, e nelle sottoscrizioni dei libri è quasi sempre preferita o aggiunta l’indicazione ‘Vercellense’ («Ioannes Rubeus Vercellensis»). È fratello di Albertino Viani, che figurò nei colophon come corresponsabile di alcune edizioni dal 1499 al 1500, anche se una forte collaborazione reciproca deve esserci stata, dal momento che, alla stesura del proprio testamento (26 luglio 1505), Viani nominò propri commissari i due fratelli Giovanni Rosso e Bernardino.
Le prime fasi della produzione editoriale non sono ben definibili e i libri a lui attribuiti o da lui esplicitamente sottoscritti fino al 1482 non hanno indicazioni sul luogo di stampa, cosicché sono stati assegnati variamente a Treviso o Venezia. I materiali di stampa però sono abbastanza riconoscibili, e sulla base di una serie di raffronti con i caratteri e le matrici xilografiche utilizzate come capolettera (che pure appartenevano in alcuni casi a serie che tra i tipografi editori veneziani avevano una certa diffusione) è possibile proporre una nuova e più plausibile cronologia dell’attività, anche se il catalogo dei libri a lui attribuiti (nel computo complessivo di oltre 120 titoli editati) resta ancora in buona parte da verificare.
Se è vero, infatti, come già suggerito dal British Museum Catalogue (VI, p. L: «Johannes Rubeus was either identical or closely allied with the Printer of the 1480 Valla»), che sono da assegnare a lui i libri finora attribuiti genericamente a un anonimo «Stampatore del Valla 1480 (H 15809)», allora è probabile che i primi anni di attività siano da riferire a Venezia, e non a una sede periferica com’era Treviso. I primi libri realizzati furono dunque Guarino Veronese, Regulae grammaticales con i Carmina differentialia. De diphthongis, con data Venezia 26 gennaio 1480; Svetonio, Vitae XII Caesarum, s.l. 1480; Lorenzo Valla, Elegantiae linguae latinae con il De pronomine sui, Venezia 1480; e le Institutiones oratoriae di Quintiliano a cura di Ognibene Lonigo (s.l. s.d.).
Il primo libro sottoscritto esplicitamente da Rosso è la Geografia di Strabone nella traduzione di Guarino Veronese e Gregorio Tifernate e con la cura editoriale di Johannes Andreas, senza indicazione di luogo e datato 26 agosto 1480 («Ioannes Vercellensis propria impensa viventibus posterisque exactissima diligentia imprimi curavit»); tradizionalmente attribuito a Treviso come luogo di edizione, in realtà questo libro potrebbe essere un altro documento dell’attività veneziana di quegli anni (dopo la serie dei libri già attribuiti allo «Stampatore del Valla»).
Probabilmente, Rosso proseguì la propria attività a Venezia fino al 26 marzo 1482 (quando si sottoscrisse nel colophon di una nuova edizione delle Regulae grammaticales di Guarino Veronese). A Venezia il mercato editoriale proprio negli anni Ottanta si era enormemente espanso, mentre a Treviso, nel primo entroterra veneziano, dopo la vivace attività tipografico-editoriale avviata da Gerardo da Lisa e portata avanti fino alla metà del 1482 da Michele Manzolo, con la cessazione dell’attività di quest’ultimo si era creato uno spazio per altri operatori.
Il primo libro in cui viene dichiarato esplicitamente Treviso come luogo di stampa è, nel 1482, Tito Livio, Historiae Romanae decades a cura di Lucas Porrus con l’aggiunta dell’Epitome di Lucio Anneo Floro, titolo poi ripubblicato ricomponendo integralmente il testo sempre a Treviso nel 1485 (e riproposto in seguito a Venezia nel 1491, a cura di Marcantonio Sabellico [Coccio] e ancora nel 1493 nel volgarizzamento italiano, per conto di Lucantonio Giunta), cui seguirono i Rudimenta grammatices di Nicolò Perotti (di cui sono rimasti pochissimi esemplari). Sempre a Treviso Rosso pubblicò nel 1483 le epistole di Plinio il Giovane (riprese poi per ben due volte a Venezia, nel 1490 e nel 1492) e forse anche le Elegantiolae di Agostino Dati (opera anch’essa giuntaci in pochissimi esemplari, e in seguito riproposta). L’opuscolo antisemita del veronese Giorgio Sommariva Questo è il secondo eulogio e la sentenza contro gli ebrei, del 1484, che si inserisce in una fitta serie di stampe dedicate alle polemiche contro gli ebrei e legate alle accuse di omicidio rituale di Trento e di Portobuffolè, è a lui soltanto attribuito; rientra in un gruppo di stampe di poche pagine non sottoscritte (come in seguito il commento a Virgilio di Giovanni Rivio o altri opuscoli noti in pochissimi esemplari), ma che furono certamente realizzate con materiali suoi. Sempre a Treviso vennero stampate, oltre la riedizione del Tito Livio, le Vitae pontificum di Bartolomeo Platina, datate 10 febbraio 1485.
Almeno dall’ottobre 1486, data in cui sottoscrisse l’edizione di Giuseppe Flavio, De antiquitate Iudaica, De bello Iudaico, a cura di Girolamo Squarzafico, Rosso si stabilì definitivamente a Venezia, dove proseguì con una certa regolarità l’attività editoriale fino al 1519. Ebbe forse a bottega come apprendista Bernardino Guerralda. Con il fratello Bernardino sottoscrisse alcune edizioni a partire dal 1506 (e nel 1510 in maniera esplicita si firmano «fratres de Lisona»).
Oltre ai lavori in collaborazione con Albertino Viani e con il fratello Bernardino, realizzò anche opere per conto di imprese editoriali allora di grande nome (come Lucantonio Giunta e Gregorio de’ Gregori), nonché testi che si distinguono per l’utilizzo di grandi frontespizi xilografici (tra tutti, oltre alla celebre Bibbia di Nicolò Malerbi, con centinaia di xilografie, la Vita di Gesù e della Vergine Maria, del 1492, lo Specchio della fede di Roberto Caracciolo del 1495, il Tito Livio del 1493 e l’Ovidio del 1497). Molti gli autori classici latini presenti nel suo catalogo e più volte riproposti nel corso degli anni: Svetonio, Tito Livio, Plinio, Ovidio, Tacito, prevalenti rispetto ai titoli di carattere religioso o didattico, mentre sono solo occasionali le edizioni di opere in volgare, e forse un solo libro fu stampato, su commissione, con caratteri gotici.
Non si hanno notizie sul luogo e sulla data di morte.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Miscellanea Pergamene, b. 15, 16 ottobre 1505; Notarile testamenti, b. 999, n. 21, 26 luglio 1505, notaio Marco de Tassis.
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