SANTUCCIO, Giovanni
(Gianni). – Nacque a Clivio (piccolo paese collinare nei pressi di Varese) il 21 maggio 1911, figlio di Paolo e di Luigia Donadoni. Diplomatosi ragioniere, interruppe il lavoro al Credito varesino, dove era impiegato, per iscriversi, nel 1938, all’Accademia nazionale d’arte drammatica di Roma.
Debuttò ai microfoni dell’EIAR (Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche) nella commedia È passato qualcuno di Enrico Bassano per la regia di Nino Meloni (1941) ed esordì in teatro con l’attore napoletano Giulio Donadio. Nel 1946, ottenne un grande successo all’Excelsior di Milano in Piccoli borghesi di Maksim Gor´kij, per la regia di Giorgio Strehler, che l’anno successivo lo portò al Piccolo Teatro per lo spettacolo inaugurale L’albergo dei poveri anch’esso di Gor´kij. L’evento riunì buona parte del gruppo di attori che, nei cinque anni successivi, fu stabile al Piccolo, in particolare, oltre allo stesso Santuccio, Lilla Brignone e Marcello Moretti.
Dal 1947 al 1952 partecipò a oltre trenta spettacoli del Piccolo, quasi sempre con la regia di Strehler, affrontando grandi autori classici e percorrendo importanti filoni del repertorio moderno: i russi (oltre a Gor´kij, Anton Čechov, Aleksandr Ostrovskij e Fëdor Dostoevskij), William Shakespeare (fu protagonista nel Riccardo II, mai fin ad allora rappresentato in Italia, fu a fianco di Renzo Ricci nel Riccardo III e poi interprete di rilievo in La tempesta, Macbeth, Romeo e Giulietta, Enrico IV e La dodicesima notte), Molière (Don Giovanni e Il misantropo), Carlo Goldoni (debuttava l’Arlecchino servitore di due padroni di Strehler) e poi, tra gli altri testi, La famiglia Antropus di Thornton Wilder, I giganti della montagna di Luigi Pirandello, La morte di Danton di Georg Büchner, Oplà, noi viviamo di Ernst Toller.
Durante gli anni al Piccolo, ebbe la possibilità di lavorare a fianco di Ruggero Ruggeri, Luigi Cimara e Sara Ferrati, oltre che di Lilla Brignone, incontro decisivo quest’ultimo dal punto di vista professionale e personale. Difatti la coppia Santuccio-Brignone fu una delle più celebri del teatro italiano del dopoguerra. Santuccio in quel periodo mise a punto una recitazione che si allontanò dalla tradizione istrionica propria del grande attore ottocentesco, trovando uno stile personale, caratterizzato al contempo da grande prestanza fisica e da modi sobri e aristocratici, con una voce pastosa, elegante e fortemente riconoscibile.
Negli anni Cinquanta, Santuccio fece compagnia con Brignone, alla quale si unirono nelle stagioni successive Memo Benassi (I fratelli Karamazov di Copeau-Dostoevskij, Tartufo di Molière, L’allodola di Jean Anouilh), Salvo Randone, Lina Volonghi e Camillo Pilotto. Con un repertorio ampio (da La parigina di Henry Becque a Casa di bambola di Henrik Ibsen), che comprese anche testi italiani contemporanei (da Diego Fabbri a Curzio Malaparte), la compagnia, con sede al teatro Manzoni di Milano, fu caratterizzata dalle grandi qualità degli interpreti, riscuotendo molti successi. Tra gli altri si ricordano Come le foglie (1954) di Giuseppe Giacosa e Il Crogiuolo (1955) di Arthur Miller, entrambi per la regia di Luchino Visconti.
Attore di grande talento, attraversato da una frenesia impetuosa, Santuccio con l’esperienza andò acquistando una maturità espressiva, grazie anche all’incontro con vari registi di prestigio (oltre a Strehler, Luigi Squarzina, Franco Enriquez, Gianfranco De Bosio).
Tornò a lavorare al Piccolo di Milano in Marat-Sade (1967) di Peter Weiss, regia di Raffaello Maiello, e poi nel Giardino dei ciliegi di Čechov, regia di Strehler (1973-74), in un’interpretazione memorabile «con la conquista ammirevole di una semplicità rarefatta, di una naturalezza incantevole» (Quadri, 1989). Vinse il premio Riccione per Danza di morte di August Strindberg (1969), che recitò con Brignone e Achille Millo e di cui curò anche la regia. Lo spettacolo ebbe pure una fortunata messa in onda televisiva (1971).
Negli ultimi anni, affrontò soprattutto testi e personaggi che gli permisero grandi prove di recitazione, spesso in ‘duello’ con altri attori, come Umberto Orsini in Servo di scena di Ronald Harwood (1980) e Giancarlo Dettori in Finale di partita di Samuel Beckett (1982).
A fine carriera, segnato profondamente dalla malattia che da tempo lo tormentava, diede voce, con semplicità inquietante e poetica, al mago Crotone nei Giganti della montagna in un allestimento a Erice.
Alla pratica sul palcoscenico affiancò sempre un’intensa attività nel teatro radiofonico. Con una voce penetrante, capace di restituire elaborate interpretazioni psicologiche, si distinse in numerosi adattamenti radiofonici, tra i quali Macbeth, regia di Enzo Ferrieri (1951), Casa di bambola, regia di Enzo Convalli (1953), L’aiuola bruciata di Ugo Betti, regia di Pietro Masserano Taricco (1960), Paesaggio di Harold Pinter, regia di Sandro Sequi (1970). Negli anni Settanta, recitò anche per le celebri Interviste impossibili, in particolare Ponzio Pilato e Copernico di Luigi Santucci, Denis Diderot e Marco Attilio Regolo di Umberto Eco, Gabriele D’Annunzio di Alberto Arbasino (1974).
Per la televisione fu interprete di grande successo in vari sceneggiati: La sorridente signora Beudet (1956), regia di Guglielmo Morandi; Romanzo (1956) e Ma non è una cosa seria (1957), regia di Daniele D’Anza; L’idiota (1959) con Giorgio Albertazzi e Anna Proclemer, per la regia di Giacomo Vaccari; Una tragedia americana (1962), regia di Anton Giulio Majano; e L’affare Dreyfus (1968), regia di Leonardo Cortese.
Meno significativa fu la presenza nel cinema, per il quale svolse ruoli secondari e di solito limitati alla parte del ‘cattivo’ (Vortice di Raffaello Matarazzo, 1954; I sogni muoiono all’alba di Mario Craveri, Enrico Gras e Indro Montanelli, 1961; Venere imperiale di Jean Delannoy, 1962; Domani non siamo più qui di Brunello Rondi, 1967, e Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto di Elio Petri, 1970).
Morì il 29 settembre 1989, dopo una lunga malattia.
Nel 2008 il Comune di Varese gli ha intitolato il teatro di via Sacco, con il nome di Teatrino di Gianni Santuccio, nel cuore della città, poco distante dal palazzo comunale.
Fonti e Bibl.: Il fondo che raccoglie lettere, ritagli di stampa, libri, foto si trova presso la Biblioteca e il Museo teatrale del Burcardo di Roma.
F. Quadri, È morto G. S., in la Repubblica, 30 settembre 1989; Enciclopedia della radio, a cura di P. Ortoleva - B. Scaramucci, Roma 2003, ad vocem; M. Della Porta Raffo, Eminenti varesini, Varese 2006; C. Capitini, Le voci del teatro: interviste ai grandi della scena, Venezia 2014, pp. 397-401.