SCOLA, Giovanni
– Nacque a Vicenza il 19 gennaio 1736 da Antonio e da Giacomina Bettinardi.
Fin dal Seicento la famiglia era investita di alcuni terreni a Creazzo, dove possedeva una villa, oltre a parecchie case, mentre a Vicenza gestiva una farmacia. Grazie ad Antonio e poi a Giovanni questa situazione economica sarebbe stata ulteriormente consolidata: alla sua morte Giovanni avrebbe lasciato in eredità un capitale superiore alle 400.000 lire (Pavan, 1971-72, p. 14).
Nel novembre del 1751 Scola s’iscrisse all’Università di Padova per conseguirvi la laurea in diritto. Fu tuttavia una falsa partenza, in quanto nel corso di quell’anno accademico si limitò a frequentare il primo trimestre e a farsi rilasciare la relativa fede di frequenza. Iscritto al secondo anno nel novembre del 1752, riprese il suo percorso universitario a partire dalla seconda terzeria del 1753, ottenendo l’ultima attestazione di frequenza del quadriennio di studi il 2 maggio 1756. Due giorni più tardi fu presentato al Sacro collegio giurista ed estrasse i due puncta che avrebbe discusso all’esame di laurea: superò quest’ultimo senza problemi l’8 maggio.
Lungo i decenni successivi condusse una vita – come scrisse egli stesso in tono autoironico in una recensione a De l’homme di Claude-Adrien Helvétius – da «piccolo avvocato di provincia». «Nel tempo avanzato dall’insipida attenzione agli affari forensi e da tutti i piaceri della vita che egli ha voluto gustare» (Giornale enciclopedico, 1774, n. 7, p. 119), si dedicò all’arricchimento della propria formazione culturale, che l’indusse a frequentare, anche sotto l’influenza di Melchiorre Cesarotti, di cui divenne amico intorno al 1760, soprattutto le opere dei protagonisti dell’Illuminismo francese.
Tuttavia la sua prima pubblicazione, il Saggio sopra i doveri degli uomini verso i vescovi [...] consegrato a S.E. Monsignor Marco Cornaro in occasione del suo arrivo al vescovato di Vicenza, edito a Vicenza nel 1767, se gli consentì di «superar il ribrezzo di diventar Autore, insuperabile sino ai trent’anni [...] per timor di strillante odiosità, che [l’]irritasse» (p. 3), rimase entro i binari della tradizione, come testimoniano affermazioni del tipo «non giunge a sparger lume la debole umana ragione senza l’ajuto di Religione» (p. 11) oppure la recisa condanna degli «spiriti forti, e spregiudicati, che spinti dal folle desio di rintracciar da se stessi il vero, e il bene, e nei delirj del proprio intelletto, e nell’uso arbitrario degli oggetti, cominciano dal ridurre al comune livello degli altri mortali i Sacri Ministri» (p. 14).
L’appartenenza al campo culturale illuminista divenne invece evidente a partire dal 1774, quando iniziò a collaborare al Giornale enciclopedico di Venezia e, poi, di Vicenza, che era diretto, di fatto, da Elisabetta Caminer, la quale nel 1772 aveva sposato il medico e botanico vicentino Antonio Turra. Tra Caminer e Scola si sviluppò un’amicizia, che non si limitò al piano culturale (i due condivisero la guida del periodico fino alla primavera del 1782, quando il posto di Scola fu preso da Alberto Fortis), ma riguardò anche quello sentimentale. Scola divenne il cavalier servente di Caminer «poco dopo che [si era] maritata» (Caminer a Clementino Vannetti, Vicenza 8 luglio 1778, in Lettere..., 2006, p. 195).
Caminer ci ha lasciato dello Scola di quegli anni un ritratto quanto mai accattivante: «onesto in tutti i sensi, e delicato quanto mai uomo stimabile può esserlo, benefico, buon amico, fornito di tutte le migliori qualità dell’animo egli si fa più stimar pelle sue azioni che amar pelle sue maniere troppo franche pella Società corrente [...]. D’un naturale felice, egli ride di tutto, quasi nessuna cosa può alterarlo internamente, e quelle medesime che dagli altri vengono riguardate come disgrazie, lasciano lui tranquillissimo e indifferente. Il suo talento è molto, e coltivato co’ buoni studj ch’egli ama infinitamente, e cui segue quanto la proffessione d’Avvocato lo gli permette [...]. Nato d’estrazione assai civile, e provveduto abbondantemente di beni di fortuna, egli fa un’ottima figura» (lettera a Vannetti, Vicenza 6 agosto 1778, ibid., pp. 199 s.).
Scola esordì nel Giornale enciclopedico con la recensione critica di un’opera di diritto, la Concordanza del diritto comune col veneto di Antonio Zuanelli (gli rimproverava di essere «attaccatissimo agli antichi principi legali senza ardire di richiamarsi alla Ragione»: Giornale enciclopedico, 1774, n. 1, p. 115), ma ben presto affiancò agli interventi ‘professionali’ (che continuarono anche successivamente, come testimoniano l’attacco contro il De jure naturae di Giorgio Bartolomeo Podestà oppure le difese di Cesare Beccaria e di Gaetano Filangieri) incursioni sui fronti più diversi, dalla letteratura (pubblicizzò, tra l’altro, le opere di Caminer e dell’amico Cesarotti) alla filosofia (Helvétius, Blaise Pascal, Jean-François de Chastellux, John Locke, Antonio Genovesi, Iacopo Stellini e, tramite quest’ultimo, soprattutto Giambattista Vico: i suoi nemici furono Christian Wolff e in genere il razionalismo dogmatico), dalla politica contemporanea (il Tableau de l’Europe di Alexandre Deleyre) alla storia (William Robertson), dalla medicina (Antonio Pimbiolo degli Engelfreddi, Simon-André Tissot, Scipione Piattoli) all’agricoltura (importante il suo contributo Sull’agricoltura di ispirazione fisiocratica; il suo impegno quale proprietario terriero sarebbe stato riconosciuto nel 1780 quando divenne socio ordinario dell’Accademia agraria di Vicenza), dall’educazione (Discorso intorno all’educazione della gioventù, un adattamento del Plan d’une université di Denis Diderot alle esigenze della società veneta e dell’istruzione privata) all’economia (Pietro Verri).
I contributi di Scola al Giornale enciclopedico hanno indotto Marino Berengo (1962) a indicarlo, con un’enfasi apparsa eccessiva a Gianfranco Torcellan, quale «unica piena e matura testimonianza del pensiero illuministico» (p. LVI) nel Veneto di quei decenni. Certamente fu «uno dei pochi che [...] riesca a recepire nel loro vero significato e nella loro portata riformistica, se non proprio rivoluzionaria, tutti i principali temi dell’illuminismo europeo, e francese in ispecie» (Piva, 1972, p. 141).
Fu membro – probabilmente dal 1774 – della loggia vicentina Veri amici, che sarebbe stata chiusa nel 1785: di questa loggia fu anche ‘maestro in cattedra’. Quando, nel 1778, fu costituita, a un livello latomistico superiore, la ‘prefettura di Verona’ sotto la guida del professore padovano Marco Carburi, Scola ne divenne cancelliere.
Negli anni della collaborazione al Giornale enciclopedico e della stretta amicizia con Caminer, che s’interruppero entrambe probabilmente a causa della decisione di Scola di prendere in moglie Anna Cappellari, dalla quale avrebbe avuto nel 1785 un figlio, Bartolomeo, contribuì alla Raccolta d’opuscoli attenenti all’educazione della gioventù pubblicata nel 1779 a Vicenza con due saggi, la riproposta del Discorso già apparso nel Giornale enciclopedico e un altro Discorso sopra l’educazione. Inoltre nel 1780 attaccò alcune tesi di Gian Rinaldo Carli, che giudicava lontane da quella concezione della società, che aveva maturato sotto l’influenza di Vico e di Stellini, in un Esame critico intorno ad alcune proposizioni contenute nel libro d’un autore anonimo intitolato L’uomo libero e pubblicato in Milano, che fu stampato a Padova e dedicato a Cesarotti, colui che «per la prima volta [gli aveva fatto] comprendere che lo studio può star assieme colla giovialità, e col piacere» (p. n.n.).
La soppressione della loggia massonica vicentina nel 1785 non comportò conseguenze negative per Scola, che, come testimonia il Saggio sopra le pubbliche imposte dedicato a S.E. Zaccaria Morosini, che termina il suo reggimento di Vicenza (scritto nel 1786, fu stampato nel 1787 a Venezia), ritornò ben presto alla ribalta pubblica in una posizione di rilievo (nella dedica a Morosini definiva quest’ultimo suo «amico»). Anzi grazie al Saggio, che testimoniava una sua notevole e quanto mai avanzata cultura economica, si guadagnò l’aggregazione all’Accademia di scienze, lettere ed arti di Padova. Nel 1788 fu incaricato dai deputati di Vicenza di curare la Collezione delle parti prese in onore di sua eccellenza Camillo Bernardin Gritti podestà di Vicenza.
Nel 1796, quando anche il Veneto fu direttamente investito dall’impatto della Rivoluzione francese, intraprese una cronaca, che intitolò Compendio storico e che continuò fino al 1805 (Vicenza, Biblioteca Bertoliana, ms. Gonzati 23.8.27). Anche se si distingueva per la sua moderazione (avrebbe inizialmente puntato le sue carte su un’autoriforma del governo aristocratico veneziano), Scola fu comunque incluso tra i «geniali del nuovo governo francese», che frequentavano il caffè della Cioccolata (Pavan, 1971-72, p. 53). Quando, il 28 aprile 1797, i francesi installarono a Vicenza una Municipalità provvisoria, non solo fu uno dei suoi trentadue membri, ma ne divenne, fino alla sua estromissione dalla carica a fine maggio, uno dei tre presidenti. Successivamente, il 3 luglio, in conseguenza della nascita del Governo centrale vicentino-bassanese, i membri della Municipalità di Vicenza furono ridotti a undici, Scola fu uno di essi e rivestì l’incarico di presidente del Comitato di sanità, che si occupava anche dell’educazione.
In luglio promosse un piano di educazione della gioventù, pubblicando egli stesso due operette dirette al figlio, le Istruzioni del cittadino G. S. vicentino composte per Bortolo suo figliuolo. Opera che può servire ad ogni classe di persone per l’educazione de’ fanciulli e il Corso di studj del cittadino G. S. Vicentino diretti a suo figlio Bortolo. Utili ad ogni fanciullo (entrambe stampate a Vicenza), in effetti da un lato una ripresa del Cours d’étude pour l’instruction du prince de Parme di Étienne Bonnot de Condillac e dall’altro una sorta di catechismo (Pater noster, una parafrasi dei dieci comandamenti, nove parabole tratte dal Vangelo), che testimoniavano la sua involuzione ideologica.
Nell’ombra durante la prima dominazione austriaca (1799-1805), ritornò alla ribalta con il ritorno dei francesi, che accolse tuttavia non senza perplessità (non aveva apprezzato la metamorfosi della repubblica francese in un impero). Dopo aver rifiutato di far parte, nel novembre del 1805, del governo provvisorio di Vicenza, in dicembre divenne presidente del tribunale d’appello. Due anni più tardi fu scelto quale primo presidente del tribunale civile e penale, una carica che mantenne fino al 1812. Membro del Collegio dei dotti del dipartimento del Bacchiglione, nell’ottobre del 1809 fu premiato per la sua adesione al regime napoleonico con la nobilitazione a barone.
Morì a Vicenza il 21 aprile 1820.
Fonti e Bibl.: Padova, Archivio generale di Ateneo, mss. 47.f.145, c. 145, 47.f.166, cc. 258v, 260rv.
S. Rumor, Il blasone vicentino, Venezia 1899, p. 70; G. Fabris, Alcuni pedagogisti veneti dei secoli XVIII e XIX, Vicenza 1904, pp. 31-35; S. Rumor, Gli scrittori vicentini dei secoli decimottavo e decimonono, III, Venezia 1908, pp. 91-94; M. Berengo, La società veneta alla fine del Settecento. Ricerche storiche, Firenze 1956, pp. 185-187; Id., Introduzione, in Giornali veneziani del Settecento, Milano 1962, pp. LVI s.; G. Torcellan, Giornalismo e cultura illuministica nel Settecento veneto, in Giornale storico della letteratura italiana, CXL (1963), pp. 234-253; M.L. Pavan, G. S. (1736-1820), tesi di laurea, Università di Padova, a.a. 1971-72; F. Piva, Illuminismo e cultura francese nel Veneto del secondo Settecento: G. S., in Contributi dell’Istituto di filologia moderna dell’Università cattolica di Milano. Serie francese, 1972, vol. 7, pp. 51-146; U. Meoli, Un economista veneto del settecento: G. S., in Atti del Convegno: Venezia e la terraferma attraverso le relazioni dei Rettori, Milano 1981, pp. 311-333; M.C. Barbetta, Appunti per una lettura critica dell’illuminista veneto G. S., Negrar 1983; F. Seneca, Appunti sul “Compendio storico” di G. S., «illuminato» vicentino, in Miscellanea di studi in onore di Vittore Branca, IV, Tra Illuminismo e Romanticismo, Firenze 1983, pp. 57-73; P. Preto, I ‘lumi’ a Vicenza, in Storia di Vicenza, III, 2, Vicenza 1990, pp. 385-387; Lettere di Elisabetta Caminer (1751-1796), organizzatrice culturale, a cura di R. Unfer Lukoschik, Conselve 2006.