SCOTTONI, Giovanni
SCOTTONI (Scotton), Giovanni. – Nacque a Bassano attorno al 1737 (nel processo intentatogli nel 1769 è indicato come trentaduenne). Il cognome era Scotton, ma usò sempre la forma italianizzata e, nel periodo in cui fu francescano minore conventuale, si firmò come Giovanni Francesco.
Avviato nell’Ordine dei francescani minori conventuali, fu affiliato al convento di Portogruaro e, nel 1756, passò ai Frari di Venezia. Ebbe modo di viaggiare in Italia centrale, tra Roma e Toscana e, nel giugno del 1763, conseguì a Padova il dottorato in teologia.
A Venezia entrò presto in contatto con il vivace mondo editoriale locale, lavorando per i librai e presentando proposte editoriali ai Remondini. Contemporaneamente, allacciò rapporti con gli esponenti del patriziato lagunare più impegnati nelle riforme giurisdizionali, come Sebastiano Giustinian e Andrea Tron. Conobbe Tommaso Antonio Contin, con cui collaborò a una neoistituita Accademia di storia ecclesiastica.
Nel 1764 fu nominato revisore alle stampe, con il compito di fornire i pareri preventivi per la censura libraria, attività che proseguì sino al 1780, distinguendosi sempre per liberalità e disinvoltura. Non sfuggì per questo ruolo a conflitti dirompenti. Nel 1765, sulle pagine della Frusta letteraria, Giuseppe Baretti lo ritenne responsabile, assieme a Ferdinando Facchinei e al libraio Paolo Colombani, della ristampa del Bue pedagogo di Appiano Buonafede, violento attacco contro la sua opera di scrittore.
Nel frattempo iniziò a essere attivo anche come autore e giornalista. Nel 1765 avviò la pubblicazione, con il falso luogo di stampa di Trieste, degli Avvisi utili risguardanti le scienze, la letteratura, le arti, un periodico bisettimanale che intendeva divulgare nozioni pratiche per il miglioramento dei sistemi di cultura e delle manifatture. Malgrado l’originalità del progetto, Scottoni faticò a mantenere il giornale all’altezza dei propositi e vide rapidamente scendere il numero di associati che nei primi mesi del 1766 erano meno di 150. Quella esperienza gli consentì, tuttavia, di individuare che i suoi principali interessi erano di carattere agronomico. Già negli Avvisi utili aveva iniziato a tradurre l’Essai sur la nature du commerce en général (1755), opera postuma dell’irlandese Richard Cantillon, caposaldo del pensiero fisiocratico che influenzò François de Quesnay e Adam Smith, considerato ancora nel XX secolo uno degli scritti alla base dell’economia politica moderna. Nel 1767 Scottoni ne predispose, presso il tipografo Carlo Palese, un’edizione autonoma sostanzialmente fedele e con il titolo di Saggio sulla natura del commercio in generale.
Nel 1766 aveva intanto pubblicato anonimo un breve scritto, Semi per una buona agricoltura pratica italiana, grazie al quale era entrato in contatto con il conte Vinciguerra di Collalto, abate di Nervesa, fortemente impegnato nel miglioramento dei sistemi produttivi nelle sue terre nell’alto Trevigiano. Alla stessa epoca risale l’avvio della collaborazione con Francesco Griselini, che aveva da poco fondato il Giornale d’Italia spettante alla scienza naturale e principalmente all’agricoltura, alle arti ed al commercio, uno dei periodici più interessanti dell’Illuminismo italiano, che per quasi un trentennio promosse la conoscenza del dibattito europeo sulle riforme delle campagne e delle tecniche manifatturiere. Griselini presentò Scottoni ai lettori come «uomo che all’erudizione aggiunge l’amore della patria, amante del ben pubblico» (Giornale d’Italia, VI (1770), p. 308), impegnato nel far «intendere che, siccome l’agricoltura è la sorgente dell’interno ed esterno commercio, così è dessa pure la molla vera che la medesima civil vita rende prospera e felice» (IX (1773), pp. 345-349).
Sulla scia di questi interessi, oltre a vari articoli sul Giornale, nel 1772 curò il Ricordo d’agricoltura di Camillo Tarello, agronomo cinquecentesco teorico della rotazione delle culture, edito con un ampio corredo di note che traevano spunto dalle sperimentazioni che andava intanto facendo assieme al conte Vinciguerra di Collalto. L’opera fu ampiamente e favorevolmente recensita sulle riviste europee di carattere economico, in Francia, Germania e Inghilterra.
In tutti questi scritti caratterizzati da una forte impronta etica circa i doveri civili del suddito e da una piena adesione alle concezioni fisiocratiche, Scottoni esprimeva la radicale esigenza di una riforma complessiva dei sistemi di conduzione delle campagne, non risparmiando critiche severe ai proprietari, sostenendo la necessità di migliorare decisamente le condizioni dei contadini, riconoscendone adeguatamente il lavoro e provvedendo alla loro istruzione.
Scottoni, intanto, collaborava con le magistrature veneziane impegnate nella riduzione della manomorta ecclesiastica e per un maggiore controllo degli Ordini monastici. Sulla base di un’ampia ricognizione negli archivi veneziani affrontò il tema degli studi dei regolari e predispose una relazione che si proponeva di «rendere utili quei studi che ora sono tanto dannosi» (Archivio di Stato di Venezia, Provveditori sopra monasteri, b. 280). Chiedeva tra l’altro di avviarli allo studio delle ‘filosofie matematiche’ per renderli più utili allo Stato. Sulla base del suo operato, il Senato veneto approvò, nel 1768, una disciplina circa l’obbligo per i regolari di dottorarsi nello Studio di Padova.
Fu molto probabilmente l’azione incisiva che Scottoni condusse contro gli Ordini religiosi ad animare la reazione contro di lui. Nel gennaio del 1767 fu accusato, probabilmente a seguito di una denuncia anonima, di diffondere la versione italiana dell’Ode à Priape di Alexis Piron. Due anni dopo, il padre guardiano del convento dei Frari lo denunciò ai provveditori sopra Monasteri per una serie impressionante di accuse. Scottoni venne allora presentato come frate libertino, ‘miscredente e atteista’, corruttore della gioventù, negatore del celibato ecclesiastico, propagatore di materiali pornografici grazie anche alle opportunità che gli forniva l’incarico di pubblico revisore. Rifugiato presso i Collalto nel castello di San Salvatore, Scottoni cercò di sfuggire all’ordine di costituzione, sinché, il 29 novembre 1770, non fu costretto a presentarsi a Venezia nelle prigioni dei capi del Consiglio dei dieci. La detenzione non gli impedì di continuare a svolgere le funzioni di censore e di scrivere per il Giornale d’Italia. Rifiutò tuttavia a lungo, malgrado i solleciti, di presentare una memoria difensiva. Lo fece solo nell’agosto del 1773, quando in un’articolata memoria sostenne le motivazioni politiche delle accuse determinate dagli incarichi pubblici svolti per la Repubblica, giustificando il ritardo con cui aveva avviato la propria difesa con l’indignazione per essere stato posto sotto accusa solo per aver svolto i suoi doveri di suddito. Il 12 gennaio 1774 i provveditori sopra Monasteri lo scagionarono e disposero la sua scarcerazione. Immediatamente chiese di essere secolarizzato.
Al di fuori del convento e sempre più frequentemente ospite dei Collalto, Scottoni riprese le sue attività di pubblico revisore, di giornalista e di studioso di questioni agronomiche. Nel 1775 successe a Francesco Griselini alla direzione del Giornale d’Italia, che tenne per un anno. Negli stessi mesi potrebbe avere avuto qualche parte della redazione del Novellista veneto, un foglio quotidiano che uscì tra il febbraio del 1775 e il luglio del 1776. Nel 1779 una sua Dissertazione sopra il quesito se in uno stato di terreno fertile si debba favorire maggiormente l’estrazione delle materie prime, ovvero quella delle manifatture (Mantova 1781) fu premiata dalla Reale Accademia di Mantova.
Alla fine del 1780 fu invitato dal conte Antonio Ottaviano di Collalto nei suoi possedimenti di Pirnitz, in Moravia e, in veste di bibliotecario, nel palazzo di Vienna, dove conobbe il barone Joseph de Sperg e Luigi Lambertenghi, tra i responsabili della politica imperiale in Lombardia. Nel 1782 tornò a Venezia. Le ultime notizie risalgono a una drammatica lettera del 21 maggio 1785 in cui si descrive semiparalizzato, «privo di soldo e di libri» (Passolunghi, 1991-1992, p. 141).
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Riformatori dello Studio di Padova, f. 32 (25 aprile 1764); Provveditori sopra i monasteri, b. 280; Inquisitori di Stato, b. 1085; Journal de l’agriculture, du commerce, des arts et des finances par M. l’abbé Roubaud, gennaio 1774, pp. 165-175.
B. Gamba, De’ bassanesi illustri, Bassano 1807, pp. 91-94 ; R. Cantillon, Saggio sulla natura del commercio in generale, a cura di S. Cotta - A. Giolitti, introduzione di L. Einaudi, Torino 1955; C. Tarello, Ricordo d’agricoltura, a cura di M. Berengo, Torino 1975; F. Venturi, Settecento Riformatore, Torino 1976-1990, II, La chiesa e la repubblica dentro i loro limiti (1758-1774), pp. 122 s.; V, L’Italia dei lumi, 2, La Repubblica di Venezia (1761-1797), pp. 84-95, 101-105, 101-113; M. Infelise, Appunti su Giovanni Francesco Scottoni, illuminista veneto, in Archivio veneto, s. 5, 1982, vol. 119, pp. 39-73 (con annessa bibliografia di Scottoni); P. Del Negro, Una nota su G. S. e il Giornale d’Italia, ibid., 1985, vol. 124, pp. 115-129 (con completamento della bibliografia); M. Infelise, L’editoria veneziana nel ’700, Milano 1989, ad ind.; P.A. Passolunghi, Libero in ca’ Collalto. Dai carteggi dell’agronomo veneto Giovanni Scottoni, in Atti e Memorie dell’Ateneo di Treviso, 1991-1992, vol. 9, pp. 123-149; A. Barzazi, Gli affanni dell’erudizione. Studi e organizzazione culturale degli ordini religiosi a Venezia tra Sei e Settecento, Venezia 2004, pp. 400-408; P. Sraffa, Lettere editoriali (1947-1975), a cura di T. Munari, Torino 2017, pp. 46, 84-86, 176 s.