MARUSCELLI, Giovanni Stefano
– Nacque a Firenze, in una famiglia originaria di Spoleto, nel 1582 (e non nel 1586 come riporta Baldinucci, p. 398), secondo quanto si evince dal testamento redatto nel dicembre del 1653, in cui il M. dichiara di avere settantuno anni. L’origine umbra era attestata da una lapide commemorativa un tempo collocata nel Camposanto pisano, trascritta alla metà del Settecento da Moücke (p. 223). Stando a Baldinucci (p. 398), il M. svolse l’apprendistato a Firenze con Andrea Boscoli, sebbene nelle opere che gli vengono ascritte non permangano tracce particolarmente evidenti dello stile del maestro. Per ragioni ignote il M. dovette trasferirsi abbastanza presto a Pisa, dove la sua attività pittorica è documentata a partire dalla fine del primo decennio del Seicento.
Tra il 1608 e il 1610 eseguì infatti gli affreschi, in larga parte perduti, della facciata del palazzo dell’Orologio in piazza dei Cavalieri a Pisa, collaborando con Lorenzo Paladini, cui in origine era stata assegnata la commissione unitamente al padre Filippo, morto nel 1608. Il ciclo rappresentava il buongoverno mediceo attraverso le personificazioni della Pace, della Terra, dell’Abbondanza, dell’Intelligenza, della Gloria. Il M. realizzò invece da solo, sempre a fresco, le pitture della volta del cosiddetto arco de’ Gualandi, che si apre nel corpo inferiore dell’edificio, raffiguranti figure allegoriche e grottesche.
Secondo Carofano e Paliaga (p. 166) sarebbe da collocare cronologicamente a ridosso dei lavori menzionati la Crocifissione con Dio Padre, la Vergine, i ss. Pietro e Verano, che si trova in S. Pietro in Belvedere nei pressi di Capannoli. Il dipinto, molto rimaneggiato, è ricordato già da Baldinucci (p. 399) come opera del M. insieme con una Ultima Cena, perduta ma con ogni probabilità da assegnare ad Aurelio Lomi. La Crocifissione fu verosimilmente commissionata da un membro della famiglia Berzighelli, che possedeva una villa nel borgo di Capannoli. Lo stesso Baldinucci ricorda, del resto, che Camillo jr. e Giovanni di Niccolò Berzighelli erano estimatori del M. e possedevano due «teste» da lui eseguite. Gli stessi Carofano e Paliaga (p. 168) assegnano al M., datandola all’incirca al secondo decennio, anche la Madonna col Bambino in cielo, s. Giuseppe, s. Francesco e due altri santi, conservata in S. Salvatore a Uliveto Terme, ma proveniente dalla vicina chiesa della Ss. Annunziata. L’attribuzione si fonda su stringenti considerazioni di carattere stilistico e sulla decisiva presenza di elementi che ricorrono in altre opere del M., come il putto rappresentato in alto a destra che compare praticamente identico anche nella più tarda pala di S. Nicola a Pisa.
Nel corso del secondo decennio dovette iniziare la lunga collaborazione del M. con l’Opera del duomo, che lo impiegò per circa trent’anni principalmente in operazioni di restauro di dipinti, manutenzione e doratura di cornici, oltre che per l’allestimento di scenografie e parati ornamentali per varie celebrazioni liturgiche.
Al 1614 si data un pagamento per le decorazioni messe in opera nella chiesa di S. Stefano in occasione della festa delle Quarantore. L’8 luglio dello stesso anno fu liquidato inoltre per alcuni lavori conservativi sulle Storie di Giobbe affrescate nel Camposanto, mentre al 1615 risale l’intervento su due tele di Lomi (Tanfani Centofanti, 1897, pp. 275 s.). Il fatto che Lomi all’epoca fosse ancora attivo a Pisa e la presenza di alcune cifre stilistiche tratte dal suo repertorio nel dipinto di Uliveto hanno fatto ipotizzare che il M. abbia frequentato la bottega dell’artista pisano in qualità di collaboratore.
Nell’ambito delle attività squisitamente «artigianali» del M. relative a questi anni si inserisce anche la realizzazione dello stemma del granduca e della granduchessa posto sulla porta d’ingresso della cattedrale, per cui ricevette un compenso il 24 sett. 1617. Lavori analoghi si ripeterono più volte nel ventennio successivo, come testimoniano i documenti citati da Tanfani Centofanti (1897, pp. 276 s.). Nello stesso 1617 l’«operaio» dell’Opera del duomo Curzio Ceuli lo incaricò di eseguire una tela per la tribuna della cattedrale raffigurante Elia cibato dalla vedova di Sarepta. La commissione passò, tuttavia, a Rutilio Manetti che, per probabili ragioni di opportunità politica e decoro istituzionale, dovette cambiare il soggetto, dipingendo un Elia svegliato dall’angelo (Ciardi, pp. 42 s.).
Nel 1621 realizzò il catafalco e le pitture per la celebrazione delle esequie di Cosimo II in S. Stefano e in duomo. All’anno seguente dovrebbe risalire, invece, l’Ascensione di Cristo dipinta per la chiesa di S. Spirito a Pistoia e oggi conservata in S. Leone (Carofano - Paliaga, p. 168 n. 138). Nel 1624 il M. partecipò con altri artisti all’allestimento di una commedia nella sala della residenza dei consoli del Mare su commissione dell’Accademia dei Lunatici (Fanucci Lovitch, 1991); l’anno successivo tornò a occuparsi dell’organizzazione delle Quarantore nella chiesa di S. Stefano. Sempre nel 1625 eseguì il Convito di Abramo per la tribuna del duomo pisano, come risulta dalle memorie dello stesso Ceuli (Carofano - Paliaga, p. 165 n. 126).
Il dipinto - certamente una delle commesse più prestigiose della sua carriera - si inscrive nel complesso programma iconografico concepito per la zona superiore della tribuna. Esso rappresenta l’annuncio della miracolosa gravidanza di Sara, simboleggiata dal melone, attributo della fertilità, che campeggia al centro della tavola intorno alla quale siedono i tre angeli; ma contiene anche, del tutto verosimilmente, rimandi a fatti coevi, in sintonia con le altre opere della fascia sommitale.
Nel terzo decennio dovrebbe collocarsi anche la pala della pieve di S. Alessandro a Vecchiano raffigurante i Ss. Andrea e Caterina d’Alessandria e realizzata per la famiglia Gaddera.
In un documento del 1635 (Fanucci Lovitch, 1991) il M. riferisce in effetti che il dipinto era stato consegnato «molti anni sono», legittimando una datazione almeno agli anni Venti, confermabile del resto attraverso l’analisi dello stile. Al M. e a Iacopo Benettini, detto il Sordo, sono inoltre attribuiti gli affreschi delle lunette superstiti del chiostro della stessa chiesa raffiguranti Episodi della vita di santi carmelitani e di Gesù. Tratti non molto dissimili dalle opere precedenti presenta altresì la Madonna col Bambino adorata dai ss. Antonio Abate e Filippo della chiesa di S. Torpè a Pisa, assegnata al M. già da Baldinucci (p. 399) e forse in parte ridipinta. La tela, tuttavia, confermata sia pure dubitativamente al M. da Contini (1992, p. 131), è stata di recente spostata nel catalogo di Domenico Salvi, ancorché in via ipotetica (Carofano - Paliaga, p. 189).
Nel 1626 il M. divenne collaboratore di Gabriello Ughi al servizio dell’Ufficio dei fossi di Pisa. Fu assunto definitivamente solo dieci anni più tardi, il 31 luglio del 1636 (Severini, p. 147), quando succedette allo stesso Ughi come ingegnere dell’Ufficio dei fossi e delle fortificazioni.
Nel contesto di tale incarico rientra il disegno che documenta gli interventi di manutenzione da realizzare sulla strada di Toiano; mentre alla sua attività di architetto vanno ricondotti i progetti di una fontana da edificare nel giardino di palazzo Lanfreducci a Pisa, concepiti nel 1628.
Dopo il 1631 dovrebbe porsi l’esecuzione della pala di S. Carlo Borromeo conservato a Pisa nella chiesa di S. Torpè.
Nel testamento redatto in quell’anno, infatti, Iacopo Monti, responsabile dell’erezione nel 1622 dell’altare dedicato a s. Carlo, ordina agli eredi di completare il dipinto a esso destinato (Carofano - Paliaga, p. 20).
Un altro testamento, stilato da Cristoforo Pfaut il 26 sett. 1633, permette di stabilire – facendo menzione dell’opera – la data ante quem per la realizzazione dei Misteri del Rosario che il M. aveva dipinto per la chiesa pisana di S. Caterina (ibid., p. 31). La tela andò perduta nell’incendio che devastò l’edificio nel 1650. Tra la metà del quarto decennio e quella del decennio successivo si data generalmente l’Autoritratto in veste di pittore e architetto conservato agli Uffizi. Nel 1641 il M. fu responsabile dei restauri di S. Maria della Spina (Tanfani Centofanti, 1871); nel 1647 progettò la chiesa della Ss. Concezione, detta della Madonna dell’Acqua, nei dintorni di Pisa.
Alla fase tarda della sua attività pittorica vanno infine ricondotte le quattro tele (Maria, Giovanni Evangelista e due Putti) che circondano la Croce duecentesca conservata in S. Matteo a Pisa, nonché l’Incoronazione della Vergine della chiesa pisana di S. Nicola, che esibisce una cultura figurativa accostabile, almeno in parte, alla pittura lombarda e a quella genovese.
Di difficile cronologia appare invece il Martirio di s. Bartolomeo della chiesa di S. Bartolomeo a Capannoli. La tela, menzionata da Baldinucci (p. 398), tradisce una certa attenzione per lo stile naturalistico e per il chiaroscuro accentuato, elementi che mal si accordano con il profilo stilistico che sino a oggi è stato possibile tracciare a partire dai pochi dati a disposizione.
Il 2 dic. 1653 fu redatto il già citato testamento del Maruscelli. Dal momento che il 5 dello stesso mese venne stilato un primo inventario dei beni, è possibile presumere che l’artista fosse morto a Pisa subito dopo aver dettato le ultime volontà.
Fonti e Bibl.: F. Baldinucci, Notizie dei professori del disegno… (1681), a cura di F. Ranalli, IV, Firenze 1846, pp. 398-400; F. Moücke, Serie di ritratti degli eccellenti pittori che esistono nell’Imperiale Galleria di Firenze colle vite in compendio de’ medesimi, II, Firenze 1754, pp. 223-225; L. Tanfani Centofanti, Della chiesa di S. Maria del Pontenovo detta della Spina e di alcuni uffici della Repubblica pisana. Notizie inedite, Pisa 1871, p. 93; Id., Notizie di artisti tratte dai documenti pisani, Pisa 1897, pp. 274-277; D. Frosini, Il palazzotto del Buonuomo e la «Torre della fame» in Pisa: l’intervento celebrativo di Rodolfo Sirigatti, in Annali della Scuola normale superiore di Pisa, s. 3, IX (1979), 4, pp. 1482-1487; S. Meloni Trkulja, in Gli Uffizi. Catalogo generale, Firenze 1979, p. 929; M.T. Lazzarini - R. Lorenzi, in Livorno e Pisa: due città e un territorio nella politica dei Medici (catal.), Pisa 1980, p. 79; D. Frosini, ibid., pp. 128 s.; E. Karwacka Codini, Piazza dei Cavalieri. Urbanistica e architettura dal Medioevo al Novecento, Firenze 1989, pp. 171-175; Importanti dipinti antichi, Christie’s, Roma, 19 nov. 1990, lotto 160, p. 108; M. Fanucci Lovitch, Artisti attivi a Pisa fra XIII e XVIII secolo, I, Pisa 1991, p. 155; II, ibid. 1995, p. 227; L. Gai, La chiesa di S. Leone, in Il Tremisse pistoiese, XVI (1991), 1-3, pp. 53 s.; R. Contini, in R.P. Ciardi - R. Contini - G. Papi, Pittura a Pisa tra manierismo e barocco, Milano 1992, pp. 123-137; R. Castiglia, La chiesa della Madonna dell’Acqua, in C. Caciagli, Pisa. Città e architettura del Settecento, Pisa 1994, pp. 176 s.; R.P. Ciardi, «Una galleria regia»: arte e politica nella tribuna del duomo, in La tribuna del duomo di Pisa. Capolavori di due secoli, a cura di R.P. Ciardi, Milano 1995, pp. 29-51; R. Contini, Convito di Abramo, ibid., pp. 224-229; G. Severini, Fortificazioni e controllo delle acque in Toscana fra Cinquecento e Seicento. Il caso di Pisa, Pisa 1999, pp. 98 n. 27, 144, 147; P. Carofano - F. Paliaga, Pittura e collezionismo a Pisa nel Seicento, Pisa 2001, pp. 20, 31, 160-170, 189 (con bibl.); F. Paliaga, Il patrimonio artistico, in M.L. Ceccarelli Lemut - F. Paliaga, La chiesa di S. Maria del Carmine, Pisa 2002, pp. 30 s.; F. Paliaga - S. Renzoni, Chiese di Pisa. Guida alla conoscenza del patrimonio artistico, Pisa 2005, pp. 54, 64, 105, 131, 149, 165; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, p. 187.