SULTZBACH, Giovanni (Johann). – Fu originario di Hagenau, in Alsazia (Manzi, 1970, p. 3), e non dell’Aia (latinamente Haga), secondo l’equivoco risalente a Lorenzo Giustiniani (1793, p. 230), come risulta dall’aggettivo Hagenovensis (spesso accompagnato dall’etnonimo Germanus, talora Alemannus)
, con cui sottoscrisse i libri da lui stampati. Non si conosce la data di nascita, da collocare verso la fine del XV secolo.
Probabilmente iniziò il mestiere della stampa lavorando come operaio nelle officine esistenti nella città natale dagli albori del XVI secolo. Decaduta l’attività tipografica, schiacciata dalla concorrenza della vicina Strasburgo, si trasferì altrove per esercitare la professione. Sulla scelta di abbandonare la regione di origine pesò forse anche il controllo instaurato dal governo imperiale (l’Alsazia era dominio degli Asburgo) per impedire la diffusione della Riforma protestante, circostanza che limitò fortemente l’attività degli stampatori.
Può darsi che Sultzbach sia arrivato a Napoli nel 1527, al seguito delle soldatesche imperiali reduci dal sacco di Roma, nel pieno della crisi dovuta alla situazione di instabilità politica creatasi in Italia, che aveva prodotto l’esodo della popolazione dalla città verso i più sicuri centri dell’entroterra, portando alla paralisi della vita cittadina e con essa alla chiusura delle tipografie. È verosimile che Sultzbach abbia rilevato l’attrezzatura da stampatori che avevano cessato l’attività – Antonio Frezza, Evangelista da Pavia, Jean Pasquet de Sallo –, sebbene la riutilizzazione di caratteri e xilografie impiegati precedentemente sia più facilmente riscontrabile nelle stampe di Mattia Cancer, stabilitosi a Napoli da Brescia negli stessi anni di Sultzbach. Per entrambi la prima edizione impressa a Napoli fu il De bello Neapolitano di Camillo Querno, stampato in società nell’ottobre del 1529.
L’associazione con altri tipografi è caratteristica dei primi anni dell’attività, nei quali Sultzbach scontò inevitabili difficoltà finanziarie, ed è occasionale negli anni successivi. Nel 1531 fu insieme con Antonio de Jovino (Quaestio de matrimonio serenissimae reginae Angliae del minore conventuale Pietro Paolo Caporella; Canzone recitata in Napoli al illustrissimo S. Don Alfonso Avalo di Giovanni Filocalo da Troia), con Cancer rinnovò la società nel 1535 (Tiberio Claudio Donato, In libros duodecim Aeneidos; Benedetto Di Falco, Rimario; Niccolò Franco, Hisabella; Giovanni Domenico Lega, Rime; Lodovico Parisetti, Clarissimae virginis Beatricsi [sic] Cardonae epicedium), nel febbraio del 1540 stampò insieme con Giovanni Antonio da Caneto le Pragmaticae sanciones di Carlo V.
Sultzbach fu prevalentemente editore e stampatore insieme, ma non disdegnò di lavorare su commissione di altri: il Carmen sacrum ad Clementem VII di Alfonso Di Gennaro (1533) fu impresso su iniziativa del figlio dell’autore («studio et sumptu Aemilii Januarii filii»); le Epistolae familiares di Cicerone (1534) con il commento di Josse Bade Ascensius «ad instantiam Antonii Jubeni»; il De origine Hebraicarum Graecarum ac Latinarum literarum (1535) di Benedetto Di Falco «Marci Romani iussu»; l’Offitium, vita et miraculi beati Amati episcopi civitatis Nusci (1543) «per Iacobum de Crapellis et Mattheum de Ascoli», cittadini di Nusco; le Pragmatice Regni nove et antique cum pragmaticis invictissimi Caroli Quinti apparvero con il nome di Giovanni Paolo Suganappo sul frontespizio e la data 1545, e nel colophon si legge il nome di Sultzbach come tipografo e l’anno 1544 (Neapoli excudebat Ioannes Sultbachius anno M.D.XXXXIIII); identica situazione presentano le Constitutiones Regni Sicilie di Andrea da Isernia. Non risultano, invece, edizioni fatte eseguire presso altre officine con Sultzbach nel ruolo di editore.
L’officina fu ubicata in un primo tempo «in la Giudecca», come si ricava dal colophon della Canzone di Filocalo da Troia stampata in società con de Jovino nel 1531; almeno dal 1536 (Triompho di Carlo Quinto di Giovan Battista Pino) risulta trasferita nel quartiere della Vicaria («presso la Gran Corte della Vicaria» nelle sottoscrizioni), dove il viceré Pietro da Toledo aveva concentrato gli uffici del governo e si svolgeva la vita culturale cittadina.
Dal 1540 al 1543 la nuova legislazione censoria introdotta da Toledo comportò difficoltà per Sultzbach, che decise di abbandonare la piazza napoletana. Le ultime opere edite a Napoli sono del 1544, atipiche: Recapricci del Carrara opera molto diletteuole con le dichiarationi di tutti gli sonetti fatti in enigme (28 gennaio) di Giovanni Lombardello, nativo di Carrara; l’Opus practicis perutile de vene sectione in utero gerenti del medico napoletano Giovanni Antonio Bozzavotra; la Praelectio in Claudii Galeni Micratechne habita in Neapolitana divi Thomae Aquinatis Academia decima. VI Id. Decembris MDXXI di Tommaso Dionisio Polio.
Sultzbach traslocò nella più tranquilla Capua. È lui con ogni probabilità lo stampatore che il Consiglio cittadino assunse l’11 marzo 1546 per un anno con pubblico salario (ma l’atto non porta il nome). Promotore del tipografo fu il cancelliere del Comune Giovan Battista Damiani, che aveva avuto modo di conoscerlo durante le sue missioni nella capitale. Sultzbach stampò a Capua nel 1547: Luca Cencio, De dictione paraclitus opus bifidum; Pietro Paolo Parisio, Aurea forma appretii in Regno Siciliae; Giovanni Francesco Scaglione, Breve compendium recollectum e Regia pragmatica de duello; Successo de lo combattimento delli Tredeci Italiani e Tredeci Franciosi (l’11 giugno), narrazione anonima sulla disfida di Barletta del 1503 (Ettore Fieramosca era di Capua), con proemio di Damiani indirizzato al «Senato et Popolo Capuano». Una edizione di Canzoni vilanesche napolitane nove scelte et di varii autori è al momento incerta (Toscano, 1992, p. 55). Dalle sottoscrizioni scomparve la qualifica Germanus o Alemannus.
La nuova sistemazione si rivelò in breve non stimolante e poco redditizia; il 9 maggio 1548 il Consiglio decise di non rinnovare per l’anno in corso la provvigione per il tipografo e Sultzbach rimase senza lavoro, o più probabilmente egli si era già allontanato dalla città.
Ignoti restano luogo e data di morte.
Il catalogo ammonta a 82 edizioni (secondo il rilevamento di Edit16, ottobre del 2018). Ma i libri editi da Sultzbach ci sono spesso giunti in poche copie o in esemplare unico, e la sua produzione, rimasta a lungo incerta, si è delineata solo negli anni recenti. Pubblicò i principali esponenti della letteratura napoletana contemporanea, latina e volgare: Iacopo Sannazzaro, Canzoni e sonetti (novembre 1530), Giano Anisio, Varia poemata et satyrae (1531); Pietro Gravina, Poematum libri (1532); Cosimo Anisio, Poemata (1533); Alfonso Di Gennaro, Carmen sacrum ad Clementem VII (1533); Niccolò Franco, Hisabella (1535); Fabrizio De Luna, Vocabulario di cinquemila vocabuli toschi (1536); Protogonos tragoedia (1536); Variorum poemata libri duo (1536); Gaetano Tizzone da Pofi, La grammatica volgare (1538). Nel 1536 pubblicò i poemi di Giovanni Beldando, Lo specchio delle bellissime donne napoletane, e Giovan Battista Pino, Il triompho di Carlo quinto a cavalieri e alle donne napoletane, composti per celebrare il passaggio di Carlo V nella città, reduce dall’impresa di Tunisi. Fu editore di Scipione Capece, ultimo scolarca dell’Accademia Pontaniana, chiusa d’autorità da Toledo nel 1542, e rimosso dall’ufficio di consigliere del Sacro Regio Consiglio nel febbraio del 1543: Inarime (1532), De vate maximo (1533 e 1535), Scripta Scipionis Capycii super ti. de acquir. poss. ubi multa utilia in prattica, et in materia feudorum et const. regni continentur (1537?); Magistratuum Regni Neap. qualiter cum antiquis Romanorum conveniant compendiolum, stampato senza data probabilmente dopo la caduta in disgrazia dell’umanista.
Per quasi tutte le opere edite a Napoli Sultzbach godette di privilegio decennale, concesso dall’imperatore Carlo V a partire dal 1529, confermato dai viceré di Napoli negli anni seguenti. Nel 1532 per Flavio Sosipatro Carisio, Institutionum grammaticarum libri quinque, 1532, apparve per la prima volta il privilegio congiunto dell’imperatore e del papa («Cum privilegiis Caesaris et Pont. Max.»).
Formato prevalente è l’in quarto, seguito dall’in ottavo, mentre sono rari gli in folio. Stampò prevalentemente in corsivo, che utilizzò in parecchi formati di disegno elegante e buon taglio, in tondo specialmente all’inizio dell’attività, quando impiegò i caratteri ereditati dai predecessori. Adoperò anche caratteri greci, limitatamente ai frontespizi o a qualche citazione, e gotici, rari, per opere minori (per es. De morte Christi libri tres, 1531, del certosino Vincenzo Manerio) o nei frontespizi, mischiati ai caratteri romani.
Non adottò una marca tipografica e circa una trentina di edizioni non presenta illustrazione nel frontespizio. Altrimenti, nei frontespizi alternò immagini, talora reimpiegate all’interno dei volumi o utilizzate per un numero limitato di volte, cosicché si può escludere abbiano funzione identificativa della tipografia; piuttosto, sono talora in rapporto con elementi quali il nome dell’autore (il falcone ad ali spiegate con allusione al nome di Di Falco, nel Rimario) o il contenuto del libro, ovvero veicolano significati relativi alle vicissitudini della stessa tipografia, come l’immagine della Fortuna accompagnata da motti controversi, allusivi alle difficoltà incontrate da Sultzbach nella sua attività. Ad esempio, un medaglione contenente un uomo in piedi, scalzo, che poggia il piede destro su una valva di una grossa conchiglia galleggiante sul mare e con le braccia distese regge una vela gonfiata dal vento, motto «Non semper sic». Nelle stampe capuane adoperò il Tempo che flagella la Fortuna, in piedi su una conchiglia galleggiante sull’acqua, che regge una vela rigonfia, nella Regia pragmatica di Scaglione l’immagine accompagnata dal motto «Tempore quam cernis caedi: Fortuna vocatur. Sic mihi dat poenas Tempus habendo ducem».
Fonti e Bibl.: L. Giustiniani, Saggio storico-critico sulla tipografia del Regno di Napoli, Napoli 1793, pp. 230-237; D.E. Rhodes, The early bibliografy of Southern Italy. VIII. Capua and Aversa, in La Bibliofilia, LXII (1960), pp. 290-292 (in partic. p. 290); P. Gasparrini, Le rarissime cinquecentine capuane e in particolar modo quelle concernenti la disfida di Barletta, ibid., LXIV (1962), pp. 301-317; P. Manzi, La tipografia napoletana del Cinquecento. Annali di G. S. (Napoli, 1529-1544 - Capua, 1547), Firenze 1970; G. Passaro, Tipografi ed edizioni nei centri minori della Campania nei primi cento anni dell’arte della stampa, Napoli 1984; G. Zappella, Tipografia campana del Cinquecento: centri e stampatori, Napoli 1984, pp. 28 s.; Ead., Le marche dei tipografi e degli editori italiani del Cinquecento, Milano 1986, ad ind.; Short-title Catalogue of books printed in Italy [...] from 1465 to 1600, London 1986, ad nomen; F. Ascarelli - M. Menato, La tipografia del ’500 in Italia, Firenze 1989, pp. 31-33, 44; T.R. Toscano, Contributo alla storia della tipografia a Napoli nella prima metà del Cinquecento (1500-1553), Napoli 1992, pp. 44-55; Id., Letterati corti accademie. La letteratura a Napoli nella prima metà del Cinquecento, Napoli 2000, ad ind.; Id., L’enigma di Galeazzo di Tarsia. Altri studi sulla letteratura a Napoli nel Cinquecento, Napoli 2004, ad ind.; Edit16. Censimento nazionale delle edizioni del XVI secolo, a cura dell’Istituto centrale per il catalogo unico, http://edit16.iccu.sbn.it/web_iccu/ (27 gennaio 2019).