TABACCO, Giovanni
TABACCO, Giovanni. – Di famiglia torinese, nacque il 7 novembre 1914 a Firenze (dove i genitori si trovavano provvisoriamente per lavoro), da Francesco, tipografo, e da Margherita Cerruti.
Compì i suoi studi con risultati eccellenti a Torino, fino all’Università, dove si laureò nel 1937 con Francesco Cognasso. Il relatore, sabaudista come studioso e monarchico per orientamento politico, riconobbe la grande qualità di un allievo tanto diverso (laico e progressista) e, dopo anni di lontananza per la guerra, nel 1947 gli fece attribuire la qualifica di assistente volontario, per averne la pur occasionale collaborazione negli intensi impegni didattici della disciplina.
Allievo ufficiale nel 1938-39, Tabacco trascorse un periodo del servizio militare a Draguignan (Francia) e nel settembre del 1943 fu catturato dai tedeschi. Da una caserma dove erano stati raccolti i rastrellati fuggì avventurosamente attraverso una finestra e un contrafforte: evitata la deportazione, iniziò allora la sua vita da civile e da studioso.
Vinti vari concorsi per l’insegnamento nei licei, scelse storia e filosofia e ottenne il posto di ruolo a Vicenza, in un primo tempo non raggiungibile per la guerra e la Repubblica di Salò: per questo insegnò italiano e storia in una scuola privata torinese, dove conobbe Maria Cavallero, che sposò nel 1947. Mentre era in servizio a Vicenza con il collega Mario Mirri – futuro eminente storico dell’età moderna – Tabacco si impegnò in un’appassionata attività propagandistica per il voto antimonarchico nel referendum del 1946: allora era militante del Partito d’azione, prima di un successivo e non duraturo avvicinamento al Partito socialista.
Nel 1948 ottenne il trasferimento a Novara e poi, sempre come insegnante liceale, a Vercelli, mentre proseguiva i suoi studi nelle biblioteche e negli archivi torinesi. Un’eccezionale capacità di lavoro gli consentì di pervenire a risultati di ricerca non solo rigorosi – secondo una cifra che caratterizzò poi tutta la sua vita di studi – ma anche, nonostante le evidenti difficoltà di quegli anni, singolarmente abbondanti.
Il primo libro, Lo stato sabaudo nel sacro romano impero, del 1939, nasceva dalla revisione della tesi di laurea e dimostrava quali sviluppi profondamente autonomi – certo non ispirati al finalismo risorgimentale – il giovane studioso riuscisse a dare a un tema evidentemente suggerito dal relatore Cognasso. Si era alla fine di quelli che nel 1980 (nella premessa alla II edizione dell’Andrea Tron) definì «i grotteschi anni Trenta», quando i «piccoli intellettuali laici» di cui si sentiva parte cominciavano ad auspicare «un mondo modernamente civile: aperto e demistificato» (p. 5).
Le leggi razziali del 1938 lo avevano indignato e il 1939 era stato un anno tormentato anche nel piccolo mondo della facoltà di lettere e filosofia dell’ateneo torinese: il titolare della cattedra di storia medievale, Giorgio Falco, era stato destituito in applicazione di quelle leggi e al suo posto era stato trasferito d’ufficio (dalla facoltà di magistero) proprio Cognasso, cui erano inevitabilmente legati i primi passi di studioso di Tabacco, così come quelli di altri giovani – democratici in politica e innovatori in storiografia – come Maria Clotilde Daviso di Charvensod e Anna Maria Patrone, che il pur ultraconservatore Cognasso protesse e fece reclutare come soci corrispondenti nella Deputazione subalpina di storia patria di cui era presidente.
Nel dopoguerra Tabacco pubblicò, oltre a importanti articoli, Pluralità di papi e unità di chiesa nel pensiero di Guglielmo di Occam (1949), La relazione fra i concetti di potere temporale e di potere spirituale nella tradizione cristiana fino al secolo XIV (1950), La Casa di Francia nell’azione politica di papa Giovanni XXII (1953), La vita di san Bononio di Rotberto monaco e l’abate Guido Grandi (1954).
A fianco dell’insegnamento liceale, e prima del compimento dei quarant’anni, Tabacco svolse una feconda attività di ricerca, dedicata soprattutto al tardo Medioevo e ai quadri teorici del potere, che lo condusse prima (1952) a conseguire la libera docenza poi, nel 1954, a vincere (insieme con Armando Saitta e Arsenio Frugoni) il concorso a cattedra che avrebbe dovuto destinarlo all’Università di Cagliari: Tabacco tuttavia approfittò della possibilità di optare per una sede universitaria del «territorio irredento» e fu chiamato nello stesso 1954 a Trieste, dove la cattedra era di storia medievale e moderna e prevedeva che si tenessero ad anni alterni corsi sui due diversi periodi.
I dodici anni di insegnamento triestino non interruppero i rapporti con Torino, dove continuò a vivere con la famiglia (nel 1951 era nata l’unica figlia Raffaella, poi divenuta docente di letteratura latina nell’Università del Piemonte orientale) e dove mantenne l’impegno nella Deputazione subalpina di storia patria, di cui fu eletto socio corrispondente nel 1953 e socio effettivo nel 1961 (ne divenne poi vicepresidente nel 1989). Quel periodo segnò un’apertura verso la storia moderna, rimasta isolata ma che testimonia dello scrupolo con cui interpretava i suoi doveri. Da un suo corso nacque il libro Andrea Tron (1712-1785) e la crisi dell’aristocrazia senatoria a Venezia (1957), riconosciuto in anni successivi come pionieristico per la capacità di analizzare senza pregiudizi ideologici le scelte di ambienti conservatori e perdenti del XVIII secolo: non per simpatia ma perché, come precisò nella ristampa del 1980, «dissacrare non necessariamente significa ignorare la forza delle acquisizioni profonde della coscienza collettiva» (p. 9).
Nello stesso 1957 pubblicò, presso l’Istituto storico italiano per il Medioevo di Roma, l’edizione della Vita beati Romualdi di Pier Damiani e da allora la sua attenzione si rivolse al Medioevo alto e centrale e ai temi su cui avrebbe poi conseguito i risultati più ricchi di innovazione: le strutture politiche dai Longobardi ai Comuni, la connessione fra potere e possesso, le dinamiche signorili liberate dai vecchi stereotipi «feudali», gli enti religiosi come espressione dei vertici della società. Con il volume I liberi del re nell’Italia carolingia e post-carolingia convinse la medievistica europea a cancellare per sempre la consolidata idea delle persistenze «arimanniche» nella storia post longobarda: era il 1966.
I colleghi dell’Università di Torino avevano ormai preso coscienza che un grande medievista si era formato, quasi da autodidatta e in contrasto con la storiografia tradizionale ed evenemenziale, in dialogo con i maggiori storici italiani ed europei: così appunto nel 1966 fu chiamato a succedere a Raoul Manselli (trasferito a Roma) nella facoltà di lettere e filosofia dell’ateneo torinese. Marc Bloch era il medievista del passato verso cui Tabacco manifestava una incondizionata ammirazione, Georges Duby lo storico quasi coetaneo a cui dedicò i suoi primi corsi torinesi, Robert Boutruche l’autore di cui promosse e introdusse, nel 1971, la traduzione italiana del primo volume di Signoria e feudalesimo.
Tra la fine degli anni Sessanta e gli anni Ottanta intraprese, a fianco della ricerca sulle fonti, un’attività di riflessione sulla medievistica europea, con una caratteristica netta: una storiografia ‘per temi’, quasi più un’«attività critica», attenta ai percorsi che in Germania, Francia e Italia avevano condotto ai risultati più aggiornati, aliena dalle biografie degli studiosi e dagli aspetti epistemologici, la cui astrattezza disancorata dalla ricerca non doveva a suo avviso condizionare il lavoro dello storico, pur aperto – in contrasto con la tradizione crociana – alla collaborazione con le scienze sociali. Molti dei suoi articoli così impostati sono poi confluiti nelle raccolte Sperimentazioni del potere nell’Alto Medioevo (1993) e Dai re ai signori: forme di trasmissione del potere nel Medioevo (2000), che sui temi regi, signorili e feudali costituiscono un punto d’arrivo da cui hanno continuato a muovere le ricerche della medievistica dei decenni successivi. Un’altra raccolta, Spiritualità e cultura nel Medioevo (1993), è testimonianza dell’equilibrio e dell’asettica acribia con cui un laico convinto – pur polemico contro la storiografia confessionale – dava sistemazione a temi religiosi ed ecclesiastici; ne è testimonianza anche un corso universitario dei suoi primi anni torinesi, Le metamorfosi della potenza sacerdotale nell’Alto Medioevo, pubblicato postumo, a cura di Grado Giovanni Merlo, nel 2012.
Nel 1967-68 Tabacco considerò con simpatia (ma senza alcun cedimento verso valutazioni collettive) il movimento studentesco torinese e perseguì subito, con grande determinazione, il progetto di costruire una ‘scuola’ che desse corpo alla sua convinzione che ogni argomento fosse degno oggetto della ricerca storica: attraverso i suoi scolari aprì il campo della medievistica torinese all’economia, alla storia degli insediamenti, a quella dei movimenti ereticali e della scrittura. Temi non suoi che si aggiungevano ai suoi (trattati da alcuni scolari) nel garantire raggio tematico ampio a quella che fu presto riconosciuta e apprezzata in ambito internazionale come «scuola di Torino». Ben poco praticata personalmente da lui era anche la storia locale, verso cui stimolò invece molti discepoli proponendo come modello le ricerche francesi di storia regionale, per fare del Piemonte il campo concreto di risposta a domande della grande storia europea: la sede privilegiata di queste pubblicazioni, da lui seguite con estrema attenzione, era il Bollettino storico-bibliografico subalpino, di cui assunse la direzione nel 1970 mantenendola fino al 2001, anno precedente la sua morte.
Agevolarono la costruzione della scuola le possibilità di scelta dei giovani più promettenti consentite dalle sue affollatissime lezioni e dal gran numero di tesi di laurea da lui seguite sempre in presenza del laureando, con cui analizzava ogni passaggio: ne discusse 170 dal 1967 al 1985 (anno della sua collocazione fuori ruolo), alcune anche di paleografia e diplomatica, insegnamento che aggiunse a quello di storia medievale fino al 1971.
Nel pieno del suo insegnamento torinese affiancò alle assidue ricerche originali la stesura di importanti opere di sintesi. Nel 1974 contribuì al secondo volume della Storia d’Italia Einaudi, con 272 pagine che nel 1979 divennero le 436 del volume autonomo Egemonie sociali e strutture del potere nel Medioevo italiano. Sempre per Einaudi, negli Annali dedicati a Intellettuali e potere, pubblicò nel 1981 Gli intellettuali del Medioevo nel giuoco delle istituzioni e delle preponderanze sociali e nel 1986, negli Annali su La Chiesa e il potere politico, inserì Il volto ecclesiastico del potere nell’età carolingia. Nel 1981, insieme con Merlo, pubblicò per Il Mulino il manuale universitario Medioevo (V-XV secolo): la parte altomedievale, tutta di Tabacco, è stata ripubblicata con aggiornamenti e con il titolo Alto Medioevo dalla UTET nel 2010. Nel 1983, nel secondo volume della Storia delle idee politiche, economiche e sociali della UTET, sono di Tabacco le sessanta pagine dedicate a Il feudalesimo, pietra miliare sull’argomento. Per il suo Profilo di storia del Medioevo latino-germanico (sviluppo della parte generale dei suoi corsi universitari) del 1996, gli è stato attribuito nel 1998 il premio Finale Ligure Storia, che nelle prime due edizioni aveva visto vincitori Jacques Le Goff e Juan Gil. Negli anni Ottanta diresse il dottorato interuniversitario (in consorzio fra gli atenei di Bologna, Pisa e Torino) che aveva contribuito a progettare con Ovidio Capitani e Cinzio Violante e che, con l’ulteriore adesione di Parma e Roma II, fu per un decennio una importante sede di formazione.
A Torino fu eletto socio dell’Accademia delle scienze (corrispondente nel 1976, nazionale nel 1985), ma la sua capacità d’indirizzo della medievistica italiana si è fatta avvertire negli ultimi decenni del Novecento soprattutto in altre sedi: come accademico dei Lincei e come membro del consiglio direttivo e vicepresidente dell’Istituto storico italiano per il Medioevo di Roma e del Centro italiano di studi sull’Alto Medioevo di Spoleto (delle cui Settimane fu costante protagonista). È stato anche componente del comitato di consulenza di Archivio per l’Alto Adige. Rivista di studi alpini.
Lettore accanito e meticoloso, la sua attività di recensore è stata particolarmente intensa, contraria alle letture schematiche e totalizzanti, con speciale attenzione per la medievistica tedesca (spesso criticata per i condizionamenti ideologici che vi riscontrava almeno fino alla metà del Novecento): mole e qualità di questa produzione sono constatabili nella loro interezza nei due volumi di Medievistica del Novecento. Recensioni e note di lettura (1951-1999), pubblicati a cura di Paola Guglielmotti nel 2007. I giudizi, spesso intrecciati con le ricerche che stava conducendo, sono di uno studioso convinto che la storia si debba fare con l’accertamento e assolutamente non con le opinioni.
La circolazione delle sue opere, i contatti assidui con i maggiori storici europei, la partecipazione ai più importanti convegni internazionali, lo resero uno dei più celebrati medievisti del mondo, attivo ben oltre la cessazione del servizio universitario nel 1985 (sono stati pubblicati postumi nel 2004 i suoi due contributi sui secoli XI e XII in Italia per la New Cambridge Medieval History); nel suo ateneo, da professore fuori ruolo ed emerito, proseguì l’impegno nelle commissioni d’esame e nell’ordinazione di libri – che voleva il più possibile sistematica e non legata ai propri interessi di ricerca – per il Dipartimento di storia, che gli intitolò la biblioteca dopo la sua morte, giunta dopo breve malattia il 17 febbraio 2002 a Torino.
Fonti e Bibl.: O. Capitani, Medioevo passato prossimo. Appunti storiografici, tra due guerre e molte crisi, Bologna 1979, passim; Piemonte medievale. Forme del potere e della società. Studi per G. T., Torino 1985; G. Tabacco, Sperimentazioni del potere nell’Alto Medioevo, Torino 1993 (alle pp. 371-379 la bibliografia completa, curata dall’autore, fino al 1993); V. Fumagalli, Scrivere la storia. Riflessioni di un medievista, Roma-Bari 1995; E. Artifoni, La medievistica in Piemonte nel Novecento e il problema dell’identità regionale, in La cultura del Novecento in Piemonte: un bilancio di fine secolo, San Salvatore Monferrato 2001, pp. 45-56; P. Cancian, La medievistica, in La città, la storia, il secolo: cento anni di storiografia a Torino, a cura di A. d’Orsi, Bologna 2001, pp. 197-214; R. Bordone, Ricordo di G. T., in Quaderni medievali, LIV (dicembre 2002), pp. 5-13; G. Sergi, G. T., in Bollettino storico-bibliografico subalpino, C (2002), pp. 771-775; F. Pessotto, G. T. e l’esegesi del passato, in Quaderni medievali, LVI (dicembre 2003), pp. 239-242; O. Capitani - G. Sergi, Ricordo di due maestri: G. T. e Cinzio Violante nella medievistica europea, Spoleto 2004; E. Artifoni et al., G. T. e l’esegesi del passato, Torino 2006; G. T., Lezione sulla medievistica del Novecento, in Reti medievali. Rivista, VII (2006), 2, pp. 1-8; Id., La relazione fra i concetti di potere temporale e di potere spirituale nella tradizione cristiana fino al secolo XIV, Firenze 2010 (con saggi di L. Gaffuri, G. Miccoli, G.M. Varanini alle pp. XI-XLIII; disponibile anche all’url http://www.rmoa.unina.it/ 2235/1/tabacco2010.pdf); G. Sergi, Antidoti all’abuso della storia. Medioevo, medievisti, smentite, Napoli 2010, pp. 237-284; E. Artifoni, Una questione di libertà... (a proposito di Medievistica del Novecento di G. T.), in Reti medievali. Rivista, XI (2010), 2, pp. 7-16; R. Delle Donne, Leggere il Medioevo. Medievistica del Novecento di G. T., ibid., pp. 3-6; M. Meriggi, Molti lettori ma “con giudizio”. G. T. storico delle istituzioni, ibid., pp. 17-19; G. Sergi, Soglie del Medioevo. Le grandi questioni, i grandi maestri, Roma 2016, pp. 147-164; G.M. Varanini, Lettere di G. T. a Paolo Sambin (1951-1971), in Bollettino storico-bibliografico subalpino, CXV (2017), pp. 201-220; G.G. Merlo, G. T.: un grande medievista al lavoro, ibid., CXVI (2018), pp. 435-449.