Tonsi, Giovanni (detto erroneamente anche Giovanni Enrico)
Di distinta famiglia di Fano, nacque probabilmente nel primo decennio del sec. XV ed, entrato nei frati minori, divenne maestro di teologia nell'ottobre 1430 (senza fondamento una lunga tradizione lo fa di San Marino e una più recente lo attribuisce a Monte Cerignone, dove fu una famiglia omonima).
Poco si sa della sua carriera nell'ordine, se non che probabilmente visse nei conventi di San Marino e di Firenze, dove fu decano del collegio teologico e ne compilò gli Statuti. Alla morte di Giovanni Bertoldi da Serravalle (v.), vescovo di Fano, fu designato dal consigliò del comune a succedergli (4 febbraio 1445) e rimase vescovo di Fano fino alla morte (1482). Documenti ufficiali del comune, e meglio ancora un passo dell'orazione funebre di Ottavio Cleofilo per l'umanista fanese Antonio Costanzi (in A. Costanzi, Epigrammatum libellus..., Fano 1502, f. m 1 r), attestano la sua fama di larga dottrina. Si può aggiungere che possedette un importante codice di Cesare, poi passato al Costanzi (ora Vaticano lat. 3324).
Il T. è noto ai dantisti come presunto autore di un commento latino alla Commedia considerato perduto, ma che quasi sicuramente non è mai esistito. La prima, ma sostanzialmente la sola, menzione che se ne ha è quella del Rodolfi (1586), che registra tra i religiosi illustri fioriti nel convento di San Marino, certamente attingendo a memorie dello stesso convento, " Magister Franciscus [sic] de Tonsis, Episcopus Fanensis, qui compilavit Commentarium super Dantem, quemlibet versiculum egregie componens ". Tutta la successiva tradizione erudita che giunge fino a noi, sempre più arricchita di confusioni e inesattezze, dipende unicamente dal Rodolfi e dai ricordi di un manoscritto dantesco con commento, esistito fino alla fine del sec. XVIII nella biblioteca del convento e in seguito disperso. Ma uno di quei ricordi si riferisce esplicitamente a fra Giovanni da Serravalle, e se il manoscritto, com'è probabile, fu uno solo, negli altri casi l'attribuzione al T. poté troppo facilmente nascere da confusione con il Bertoldi, suo contemporaneo e comprovinciale e a lui accomunato dal medesimo nome Giovanni, dal medesimo ordine religioso, dalla medesima dignità di vescovo di Fano, e infine dall'opinione - probabilmente erronea ma invalsa già alla fine del Cinquecento - che anche il Bertoldi fosse stato figlio del convento sammarinese. Nonostante tutto ciò, fino a oggi solo qualche studioso isolato (Castellani, Campana) ha espresso dubbi sulla reale esistenza del comnento del Tonsi.
La prima notizia del manoscritto si deve a due lettere dell'agosto-settembre 1521 del vescovo di Fano Goro Gheri, personaggio della cerchia medicea, ben noto anche per riflessi storici e interessi letterari, che si era rivolto per averlo a prestito ai capitani reggenti della repubblica, " intendendo che nella libraria vostra di Santo Francesco si trova un Dante con un comento che non è in stampa, et intendo che lo auctore del comento fu un vescovo di Fano ", e l'aveva debitamente restituito. Più tardi sarà sorta l'attribuzione al T., ma che si trattasse invece del Bertoldi sembra attestare la Visita triennale (1594-96) del padre provinciale Orazio Civalli: " illustrò non poco questa casa M. Giovanni de Bertoldis da Serravalle... in particolare l'ho veduto sopra il Purgatorio nella libraria del P. M. Innocenzio Gelli da S. Marino " (un religioso dello stesso convento, m. 1613). Questo manoscritto incompleto riappare in un'inedita " Nota de' principali M.S. [manoscritti] esistenti nella Libreria de' Padri Francescani della Repubblica di San Marino " mandata nel 1774 da A. Stramigioli al dotto pesarese A. Olivieri (Pesaro, ms. Oliveriano 376, vol. IV, f. 397 V): era un codice miscellaneo cartaceo, contenente all'inizio Svetonio, seguito come in altri manoscritti da certi " Versus Ausonii " e dal Liber augustalis di Benvenuto da Imola, poi una versione volgare del II libro dei Maccabei, e infine " Dante comentato in varie parti interrotte ". All'incirca nello stesso tempo, il segretario della repubblica G. B. Bonelli annota che il codice prestato al Gheri (e cioè, è da credere, quello ricordato anche più tardi) " si conserva ancora in detta libreria ". Poi il manoscritto scompare, e a partire dal 1842 si diffonde e ripete in varie forme la leggenda che un manoscritto (" autografo "!) del commento del T. (secondo altri, del Bertoldi), prestato (o ceduto) dai frati a Melchiorre Delfico, non fosse più restituito dopo la sua partenza dall'esilio sammarinese (o perisse per un accidente di viaggio). Si può dimostrare che si tratta di una leggenda: un codice miscellaneo che corrisponde con certezza a quello descritto dallo Stramigioli ricompare (in possesso, come sembra, di Francesco Longhena) in un catalogo di vendita del 1857 (Catalogo di codici e manoscritti diversi..., Milano 1857, 6; la sezione dantesca è così descritta: " Diversi pezzi della divina Commedia, commentati ed annotati, con in fine il Credo di Dante, e la traduzione letterale del Credo della Chiesa; e coi dodici Comandamenti in terza rima "; il codice è detto provenire dalla biblioteca Antaldi, e " notato Antaldino 40. " tra i danteschi di quella collezione). Non si conosce però l'odierna collocazione del codice. A. F. Massèra, uno studioso espertissimo e solitamente acuto, ma convinto come tutti della realtà del commento del T., ha proposto di riconoscere una derivazione di esso in una lunga chiosa a If XXVII 29, importante per la genealogia dei conti di Montefeltro, composta a quanto sembra nel 1440 e conservata in copie dei secoli XVI-XVII in vari luoghi del Montefeltro e altrove, e più volte pubblicata. L'ipotesi, non priva di buoni argomenti, mancava della base di partenza; ma quella chiosa, di cui si sono poi trovate due copie più antiche, una delle quali ha dato luogo a nuove fantasie e confusioni inestricabilmente intrecciate con le precedenti, ha interesse per sé stessa, indipendentemente dal fantomatico commento del T., per la sua importanza storica e quale testimonianza dello studio del testo di D. nell'area urbinate e feltresca.
Bibl. - P. Rodolfi (Rodulphius), Historiarum Seraphicae religionis libri tres, Venezia 1586, f. 258 r; M. Delfico, Memorie storiche della Repubblica di San Marino, Milano 1804, 174 (e ristampe); G.G. Sbaraglia (J. H. Sbaralea), Supplementum et castigatio ad Scriptores trium ordinum S. Francisci..., Roma 1806, 730 (e rist., II, ibid. 1921, 136); A. Billi, Monumenti dell'episcopio fanestre, Fano 1864, 9-11, 45-48; C. Eubel, Hierarchia catholica medii aevi, ediz. alt., Münster 1914, 152; A. F. Massèra, Il vescovo G. T. e il suo commento dantesco, in " Museum " (San Marino) V (1921) 107-113 (con la più vecchia bibliografia, specialmente sammarinese); ID., Cronache malatestiane dei secoli XIV e XV, in Rerum Ital. Script.² XV 2, Bologna 1924, 104 nn. 6 e 7; P. Borgogelli-Ottaviani, Di due vescovi fanesi commentatori di D., Fano 1922; ID., Fra Giovanni de Tonsis da Fano, in Memorie francescane fanesi. Omaggio a S. Francesco d'Assisi nel VII centenario della sua morte, ibid. 1926, 42-51 (poi rielaborato in " Studia Picena " VII [1931] 139-149); G. Castellani, Vescovi di Fano commentatori del poema dantesco nel secolo XV (inedito, ms. nella Bibl. Com. Federiciana di Fano, mss. Castellani); A. Campana, Scritture di umanisti, I. Antonio Costanti, in " Rinascimento " I (1950) 250-253 (codice di Cesare).
Sulla questione dei codici danteschi a San Marino: Batines, Bibliografia II 339-340; P. Franciosi, Due lettere inedite del Cinquecento riguardanti un codice dantesco a San Marino, in " Museum " I (1917) 86-88; A. F. Massèra, op. cit., 110-112 (il meglio informato, ma discutibile); L. Nicolini, Giovanni da Serravalle..., in " Museum " V (1921) 34-38.
Sulla chiosa feltresca: L. Tonini, Sopra un codice con supposto commento di D. creduto essere nella Gambalunghiana di Rimini, in " Arch. Stor. Ital. " n.s., III (1856) 231-234 (poi nelle sue Memorie storiche intorno a Francesca da Rimini, Rimini 1870², 147-154; A. F. Massèra, op. cit., 112-113; N. Fabrini, Il " Dante di Monte Cerignone ", in " Giorn. stor. " CXXIX (1952) 105-107 (romanzesco e incompetente); M. Arzilli, Motivi danteschi sul Titano, San Marino 1965, 19-23 e tavola; ID., Monte Cerignone (notizie storiche), Monte Cerignone 1965, 31-33 e tav. a p. 28; L. Michelini Tocci, introduzione a Il Dante Urbinate della Bibl. Vaticana, Città del Vaticano 1965, 18 e tav. III.