TOSELLI, Giovanni. –
Nacque a Cuneo, il 6 gennaio 1819, da Giacomo e da Anna Clara Pignetta.
Orfano di madre, fu cresciuto dalla nonna. Avviato agli studi di legge e alla professione di avvocato, scoprì la vocazione artistica nei salotti della città natale, animando feste danzanti e dilettandosi di canto e recitazione.
Intorno al 1843 si trasferì a Milano. Fallita l’ammissione al conservatorio, si propose inutilmente come cantante a diversi impresari, prima di ripiegare, non senza difficoltà, sul teatro di prosa. L’accento piemontese, le cicatrici del vaiolo sul viso, il fisico corpulento abbinato alla giovane età non lo rendevano adatto a rivestire alcun ruolo specifico. Grazie alla preparazione culturale fu comunque scritturato in compagnie minori, quali la Ternacchi e la Tassani (Drovetti, 1956, p. 17), come copista, suggeritore e generico.
Nel 1848 partecipò in Lombardia ai moti rivoluzionari. Deluso dal loro esito, riparò in Svizzera.
Tornato al teatro, fu scritturato nella compagnia Mancini (tra il 1848 e il 1849) e nella Romagnoli e Dondini (nel 1849-50). Forse per breve tempo (tra febbraio e giugno 1850) fu socio di Mario Eugenio Rossi (Rizzi, 1984, p. 57). Quindi (almeno dal giugno del 1850) entrò in società con Achille Petrucci.
Già vedovo di Beatrice Linder, da cui aveva avuto una figlia prematuramente scomparsa, nel giugno del 1850 sposò a Cuorgnè Anna Dogliotti: dal loro matrimonio nacquero Clara (poi coniugata Mondino, morta quasi centenaria nel 1955), Irene (morta nel 1903) e Carlotta, tutte avviate alle scene.
Fin dal 1851 la Petrucci-Toselli collaborò con Gustavo Modena. Il grande attore, stabilitosi a Torino dopo la revoca del decreto di espulsione dagli Stati sardi che lo aveva colpito nel 1848, finì per assumere la direzione della compagnia. Morto Petrucci, nel 1853-54 il suo posto in società fu preso da Napoleone Colombino.
Nel 1854-55 Toselli ottenne una certa visibilità locale recitando quale caratterista nella compagnia Tassani con la maschera piemontese del lepido e bonario Gianduja, adatta al suo fisico robusto. Dal 1855-56 formò una compagnia costituita da ex attori legati al capocomico Lorenzo Tassani, dilettanti e principianti, con cui recitò in primavera ed estate a Torino, prevalentemente in teatri diurni e marginali, e dall’autunno al carnevale in provincia.
Il repertorio, ispirato a quello della Reale sarda ma inframmezzato di arie d’opera e balletti, trovò un suo elemento distintivo proprio nella ricorrente presenza di Gianduja, inserito anche in riscritture di opere presentate da più celebri formazioni.
La risposta del pubblico fece immaginare a Toselli la possibilità di un teatro interamente piemontese. Il primo tentativo fu già nel 1856 La serenada ’d Gianduja a Margritin (4 aprile, teatro di San Martiniano di Torino), ma il definitivo approdo avvenne per tappe. Entrato in società nel 1857 con Antonio Bucciotti, ex attore della Reale sarda, con questa formazione allestì il 27 settembre al teatro D’Angennes quello che è considerato lo spettacolo fondativo del teatro piemontese: Cichina d’ Moncalè, tragicommedia di Tommaso Villa, ispirata alla Francesca da Rimini di Silvio Pellico, con protagonista femminile Adelaide Tessero.
Nella primavera del 1859 Toselli era pronto per istituire la Compagnia drammatica nazionale piemontese che ambiva a divenire una Reale sarda subalpina: finalità educative, ideali patriottici e filosabaudi, si coniugavano al desiderio di portare in scena la lingua e la vita vera del popolo piemontese.
La compagnia debuttò il 19 aprile 1859 al teatro D’Angennes, in una Torino prossima a dare il via ai processi unitari, con Guera o pas? di Federico Garelli, allegoria della situazione politica. Fu il primo di undici anni di successi: dal 1859 al 1871, la compagnia fu applaudita a Torino, ma anche a Cuneo, Genova, in località minori già facenti parte del Regno di Sardegna, a Milano, e, più occasionalmente, in Veneto. Elemento distintivo del gruppo fu in primo luogo proprio la direzione di Toselli. Eccellente maestro d’attori (sue allieve oltre alla Tessero, Giacinta Pezzana e Marianna Torta Morolin), fu direttore incisivo, avverso alla rigidità del sistema dei ruoli, capace di valorizzare il ‘gioco di squadra’ tra gli attori, curare scene di massa, scenografie, trucco e costumi. Il suo esempio influenzò più generazioni di capocomici, da Cesare Rossi ad Andrea Maggi.
La lunga fedeltà del pubblico fu poi determinata soprattutto dalle scelte di repertorio: continuamente rinnovato, era costituito da testi spesso scritti appositamente e connessi a temi sociali e d’attualità. Toselli seppe cogliere ansie e aspirazioni della società piemontese contemporanea nel momento del grande fervore delle vicende risorgimentali. La critica, inizialmente diffidente verso l’uso del dialetto, riconobbe la funzione realistica e non meramente parodica che aveva nel suo teatro.
Nutrita fu la schiera dei drammaturghi che scrissero per Toselli: oltre a Garelli, si ricordino almeno Luigi Pietracqua, Giovanni Zoppis e Vittorio Bersezio, autore del fortunatissimo Le miserie ’d Monsù Travet (4 aprile 1863, teatro Alfieri di Torino). Fu questo uno speciale successo di Toselli anche come attore, insieme con Sablin a bala di Pietracqua (22 ottobre 1859, teatro Re di Milano) e La famìa dël vissiôs di Bersezio (4 aprile 1881, teatro Rossini di Torino).
L’occasionale presenza in sala di politici (come Camillo di Cavour) e della famiglia reale testimonia il credito raggiunto da Toselli, coronato, nel 1866, dalla nomina a cavaliere per diretta volontà di Vittorio Emanuele II.
La sua parabola discendente iniziò nel 1868, quando parte dei suoi attori lo lasciò per fondare compagnie concorrenti. La Compagnia drammatica nazionale piemontese entrò in crisi e, due anni dopo, si sciolse. Toselli dette addio alle scene il 17 febbraio 1871, con Ij pensionari ’d monsù Neiròt di Valentino Carrera. Ritiratosi a Cuneo, accettò l’incarico di consigliere comunale e si occupò del teatro d’Estate che aveva acquistato nel 1863.
Proprio le difficoltà economiche dovute a questo errato investimento lo costrinsero a far ritorno al teatro. Nel Carnevale 1873-74 si scritturò con Teodoro Cuniberti. Nel 1874 si accordò per diventare direttore e attore della compagnia italiana di Erminia Zampolli. Nel febbraio del 1875 presentò al Carignano di Torino una compagnia italiana di giovani. Nel 1880 fu direttore della Torinese promossa da Carlo Marcello Pagano con gli ex allievi Enrico Gemelli e Tancredi Milone. Nel settembre del 1883 propose una nuova compagnia italiana di giovani. Nel 1884 aprì in via Po a Torino una scuola di recitazione che ebbe vita breve. Caratterista con Alessandro Marchetti, recitò in lingua ancora per circa undici mesi, fin quando la salute glielo permise.
Morì a Genova, in una stanza in affitto, il 12 gennaio 1886 e fu sepolto nella nativa Cuneo, ove gli è stato intitolato il teatro civico e dedicato un busto scultoreo.
Fonti e Bibl.: V. Banzatti, T. G., in Annuario biografico universale..., II, Roma-Napoli 1886, pp. 332-335; G.B. Gherardi, G. T. e il teatro piemontese, in L’Illustrazione italiana, XIII (1886), 5, pp. 89-92; E. Carozzi, Annuario teatrale italiano per l’annata 1887, Milano 1887, pp. 799-804; T. Milone, Memorie e documenti per servire alla storia del teatro piemontese, Torino 1887; D. Orsi, Il teatro in dialetto piemontese. Studio critico, Milano 1890, ad ind.; G. Drovetti, G. T., da impressioni e memorie della figlia Clara, Torino 1926; Id., Storia del teatro piemontese, Torino 1956, ad ind.; G. Michelotti - B. Brunelli, T., G., in Enciclopedia dello spettacolo, IX, Roma 1962, col. 1026; G. T., Borgo S. Dalmazzo 1970; D. Seren Gay, Storia del teatro dialettale piemontese, Torino 1971, ad ind.; G. Rizzi, Il teatro piemontese di G. T., Torino 1984; G. Tesio, Premesse sul teatro dialettale in Piemonte, dall’Unità alla prima guerra mondiale, in Ariel, I (1986), 2, pp. 69-82; M. Scaglione, G. T. L’inventore del teatro piemontese, Cuneo 1992; Teatro piemontese dell’Ottocento, a cura di L. Gedda, Torino 1994, pp. 31-42.