TOSI, Giovanni
TOSI (Toso, Tonso), Giovanni. – Nacque a Milano nel 1528 dalla famiglia dei conti Tosi.
Il nonno paterno, Michele, fu avvocato fiscale, questore dell’Annona e consigliere ducale, e fece parte degli eletti per le riforme dell’estimo sotto Giovanni Maria e Filippo Maria Visconti; la nonna, Susanna, apparteneva alla nobile famiglia degli Archinti. Il padre, Giovanni Battista, era un noto giureconsulto.
La nascita di Giovanni fu probabilmente frutto di una relazione illegittima; infatti il nome della madre non è citato nelle prove di nobiltà prodotte da Tosi per ottenere il conferimento dell’Ordine di S. Stefano.
In età giovanile entrò nell’Ordine degli Umiliati, dove il padre aveva ottenuto fin dal 1518 la prepositura di S. Maria di Brera e già nel 1559 Giovanni ricopriva la medesima carica. Nello stesso tempo cercò di ottenere ulteriori incarichi e prebende: pur continuando a curarsi della prepositura a lui affidata e iniziando a stabilire i primi rapporti epistolari con Carlo Borromeo, nel 1560 offrì i suoi servigi al conte di Stroppiana e si recò in ambasceria alla corte di Emanuele Filiberto di Savoia per conto del governatore di Milano Francesco Ferdinando d’Avalos. Abile diplomatico, riuscì nei diversi uffici che gli erano stati affidati, ma non ottenne che il giureconsulto saviglianese Aimone Cravetta potesse continuare a insegnare a Pavia, senza essere costretto a rientrare e prestare il suo magistero allo studio di Mondovì. Probabilmente in quell’occasione si posero le basi di un rapporto che sarebbe durato nel tempo con il duca di Savoia.
Nel 1562 chiese a Borromeo – e fu accontentato – di godere delle rendite di un canonicato rimasto vacante; nel 1563 si recò a Savona per far visita a Emanuele Filiberto, convalescente dopo una grave malattia.
A queste cure alternava gli studi: dottore in utroque iure, rinomato latinista e grecista, fece parte dell’Accademia dei Fenici, di cui fu «principe» nel 1553, e verosimilmente in questa sede incontrò Giuliano Goselini, con cui stabilì un duraturo legame di amicizia, documentato dall’epistolario; alcuni suoi Carmina furono pubblicati nel 1563 tra i Carmina poetarum nobilium raccolti da Giovanni Paolo Ubaldini; altri sia tra i Carmina illustrium poetarum italorum, editi da Giovanni Matteo Toscano (1576-1577), sia nelle Delitiae CC Italorum poetarum, huius superiorisque aevi illustrium, curate nel 1608 da Jan Gruytere (sotto lo pseudonimo di Ranutio Ghero); i suoi Sonetti uscirono successivamente nella silloge allestita da Ludovico Dolce (Stanze di diversi illustri poeti, Venezia 1570-1580) e furono inseriti anche tra le Rime scelte di diversi Autori (Venezia 1588). Si tratta, per lo più, di testi di carattere encomiastico e occasionale, notevoli per l’eleganza e la perizia stilistica, che – come ricorda Filippo Argelati (Bibliotheca..., 1745) – meritarono all’autore gli elogi di umanisti e dotti della sua epoca.
Un anno di svolta nella sua carriera fu il 1567: malgrado appartenesse a una delle famiglie più ricche e influenti legate all’Ordine degli Umiliati, non riuscì a diventare generale dell’Ordine, poiché alla sua nomina si oppose il cardinale Borromeo, adducendo come motivo il «diffetto del nascimento suo» (lettera a Niccolò Ormanetto del 10 giugno 1567; Milano, Biblioteca Ambrosiana, P.2.Inf., c. 3, foglio 118v). Fu poi trasferito a Cremona, dove gli era stata affidata la prepositura di S. Abbondio. Per quanto fosse piuttosto tiepido di fronte alle istanze di riforma di Borromeo, fu vittima del malcontento suscitato dal nuovo regime da lui imposto e dal suo tentativo di appropriarsi delle rendite di cui godevano gli Umiliati.
Fu coinvolto nella congiura – fallita – che portò all’attentato contro Borromeo, il 26 ottobre 1567; incarcerato, fu sottoposto a giudizio, ma infine assolto. In suo favore era intervenuto Francesco de’ Medici ed è probabile che anche Emanuele Filiberto abbia preso a cuore la sua causa. Tornato in libertà Tosi fu costretto a risiedere per due anni nella certosa di Garegnano, dopo aver versato una cauzione di alcune migliaia di scudi, ma Borromeo non volle infierire su di lui: gli permise, infatti, di scegliere in quale monastero rifugiarsi e, poiché parte delle sue rendite erano state confiscate, chiese e ottenne per lui da Pio V una pensione annua di 40 scudi.
Quando l’Ordine degli Umiliati fu sciolto con bolla pontificia del 7 febbraio 1571, Tosi dovette abbandonare l’abito; si trasferì quindi alla corte dei Medici, che nel 1573 gli affidarono la carica di provveditore dello Studio di Pisa. Il 29 agosto 1574, a Roma, fu ricevuto nell’Ordine di S. Stefano alla presenza dell’arcivescovo di Firenze Alessandro de’ Medici, mentre l’anno seguente, l’11 aprile, fu innalzato alla dignità di priore della chiesa conventuale dell’Ordine stefaniano. Resse lo Studio pisano per quattordici anni, durante i quali apportò parecchie riforme, cercando di risollevare le sorti di quell’università: scelse di risiedere stabilmente a Pisa e riuscì a concentrare nelle sue mani la gestione di tutta l’attività didattica, cercando di chiamare i più illustri studiosi dell’epoca.
Il soggiorno in Toscana fu interrotto da alcuni viaggi: è certo che si trovasse a Torino quando morì Emanuele Filiberto (30 agosto 1580). Con l’avvento al trono di Carlo Emanuele I i suoi contatti con la corte piemontese proseguirono: nel 1585 fu incaricato di scrivere la biografia di Emanuele Filiberto. La gestazione dell’opera fu molto lunga e terminò solo dopo il rientro di Tosi a Milano.
Nel 1587 Tosi fu rimpiazzato nella carica di provveditore allo Studio pisano dal fiorentino Cappone Capponi; mantenne tuttavia stretti rapporti con la corte medicea. Nel 1591 fondò la commenda di Pavia. Tornato a Milano, proseguì nell’attività letteraria: partecipò alla prima seduta dell’Accademia degli Inquieti, che si riunì il 10 giugno 1594 a casa del marchese Muzio Sforza Colonna, e si dedicò alla traduzione in latino delle Lettioni sopra dogmi di Francesco Panigarola, pubblicate a Milano da Pacifico Da Ponte nel 1594. Nello stesso anno Carlo Emanuele I di Savoia lo nominò consigliere di Stato e gli assegnò uno stipendio annuo di 500 scudi – che apparve ai contemporanei non meno proporzionato al valore del letterato che degno della magnanimità del principe – da pagarsi in Milano, per maggior comodità di Tosi.
Nel 1596 uscì la sua opera maggiore, De vita Emmanuelis Philiberti Allobrogum ducis et Subalpinorum principis libri duo, pubblicata da Giovanni Domenico Tarino.
Tradotta anche in italiano da Tosi, l’opera presenta Emanuele Filiberto come rifondatore della dinastia, condottiero e statista ideale, celebrando anche la stirpe dei Savoia. Divisa in due libri, nel primo sono narrate le imprese militari del duca, nel secondo la ricostruzione dello Stato.
Poche le notizie sugli ultimi anni di Tosi: morì a Milano il 3 novembre 1601, probabilmente confortato dal nipote Gabriele, che volle ripubblicare la Vita Emmanuelis Philiberti nel 1602 e che dettò l’epigrafe in suo onore per la cappella eretta dai Tosi nella chiesa milanese di S. Angelo.
Opere. I testi poetici di Giovanni Tosi sono pubblicati in Carmina poetarum nobilium, Milano 1563, pp. 68-74; Carmina illustrium poetarum italorum, Lutetiae 1577, pp. 219-225; L. Dolce, Stanze di diversi illustri poeti, II, Venezia 1570-1580, p. 663; Rime scelte di diversi autori, Venezia 1588; Delitiae CC Italorum poetarum, huius superiorisque aevi illustrium, collectore Ranutio Ghero, [Francoforte] 1608, pp. 1175-1185.
Gli altri scritti in latino e in italiano sono in parte editi e in parte manoscritti; tra i manoscritti: Vita Alphonsi Avalos Marchionis Vasti (P.O. Kristeller, Iter Italicum, Leiden 1995, I, p. 405, ne segnala una copia alla Biblioteca nazionale di Napoli, derivata da un esemplare proveniente dalla Biblioteca Saibanti di Verona); Del modo che si tenne in porre la prima pietra della Nuova Città di Livorno giovedì 28 di Marzo 1577 (Archivio di Stato di Firenze, Mediceo del Principato, Pezzo 695, nn. 68-69); Della vita d’Emmanuel Filiberto (Torino, Biblioteca Reale, St., p. 177). Tra le opere a stampa: F. Francisci Panicarolae Disceptationes Caluinicae, Milano 1594; De vita Emmanuelis Philiberti Allobrogum ducis, et Subalpinorum principis libri duo, Torino 1596; Della vita d’Emmanuel Filiberto, a cura di G. Olivero, Torino 2014.
Fonti e Bibl.: Molte notizie sono fornite dagli storici antichi: in particolare, G. Ghilini, Teatro d’huomini letterati, Venezia 1647, p. 137; F. Piccinelli, Ateneo dei letterati milanesi, Milano 1670, pp. 331 s.; F. Argelati, Bibliotheca Scriptorum Mediolanensium, II, Milano 1745, coll. 1499-1501; G. Tiraboschi, Vetera humiliatorum monumenta annotationibus ac dissertationibus prodromis illustrata, I, Milano 1766, pp. 304-310; Id., Storia della letteratura italiana, VII, Venezia 1796, pp. 960 s. Molte informazioni si ricavano, inoltre, dal carteggio con Carlo Borromeo, conservato presso la Biblioteca Ambrosiana (F100 inf., F102 inf., F110 inf., F112 inf., F114 inf., F118 inf.), e con Giuliano Goselini, dato alle stampe in G. Goselini, Lettere, Venezia 1592, pp. 191v-200v.
Benché spesso sia citato e il suo De vita Emmanuelis Philiberti sia utilizzato come fonte per chiarire le vicende di Carlo Borromeo e di Emanuele Filiberto di Savoia, la bibliografia più recente è meno ricca di studi specifici; tra questi: L. Anfosso, Storia della archibugiata tirata al cardinale Carlo Borromeo, Milano 1913, pp. 28 s., 43 s., 158-162, 207 s., 217, 226 s.; A. Garosci, Storiografia piemontese tra il Cinque e il Settecento, Torino 1971-1972, pp. 28-48; Il teatro di tutte le scienze e le arti. Raccogliere libri per coltivare idee in una capitale di età moderna. Torino 1559-1861 (catal.), Torino 2011, p. 90; G. Olivero, Joannes Tonsus traduttore di se stesso, in La letteratura degli italiani 3. Gli italiani della letteratura. Atti del XV Congresso nazionale dell’Associazione degli italianisti italiani..., Torino... 2011, a cura di C. Allasia - M. Masoero - L. Nay, Alessandria 2012.