TREVISAN, Giovanni
– Nacque a Venezia il 13 luglio 1503 da Paolo di Andrea e da Anna Emo di Giovanni.
Entrato nell’Ordine dei benedettini e laureatosi a Padova in utroque iure, nel 1530 ottenne, per rinuncia dello zio paterno Giovanni, l’abbazia di S. Cipriano di Murano. Ne avrebbe conservato il titolo per un trentennio, realizzando qualche intervento di restauro alle parti più degradate dell’antico monastero, su un lato del quale fece edificare una cappella di notevoli dimensioni.
La svolta fondamentale della sua vita si verificò alla morte del patriarca di Venezia, Vincenzo Diedo, avvenuta l’8 dicembre 1559. Due giorni dopo il Senato, interrompendo la serie dei prelati laici, elesse Trevisan suo successore; il papa ne ordinò la convalida il 14 febbraio 1560, conservandogli il possesso ad personam dell’abbazia di S. Cipriano.
In realtà questa elezione realizzò un compromesso che consentì a Venezia di ottenere da Pio IV la conferma (di fatto, se non di diritto) della facoltà di designare il patriarca: una successiva bolla pontificia del 15 settembre 1561 rinnovò sotto forma di concessione del giuspatronato i tradizionali diritti della Repubblica sui candidati al patriarcato, lasciando peraltro il diritto esclusivo di nomina alla S. Sede.
Stava per aprirsi la fase conclusiva, e determinante, del Concilio di Trento, per cui l’effettuale consonanza di sentire fra Stato e Chiesa, allora registrata, si spiega con il superamento dei difficili rapporti che avevano caratterizzato i primi due periodi dello stesso Concilio (1545-47 e 1551-52), dalle cui sessioni i patriarchi di Aquileia e di Venezia si erano tenuti lontani, mentre l’aprirsi della terza fase (1562-63) avrebbe assistito alla nomina del cardinale veneziano Bernardo Navagero quale legato pontificio alla presidenza del Concilio. Non sorprende pertanto anche la partecipazione del neoeletto patriarca Trevisan ai lavori conclusivi delle sessioni tridentine, ove si fece notare anche per «un certo gusto aristocratico, percepibile meglio nei banchetti domenicali, cui invitava [...] altri padri» (Niero, 1984, p. 88).
Qui, alla fine dell’ottobre del 1562, avanzò la proposta di inserire l’episcopato fra gli ordini, sia nella dottrina sia come canone, sommandone assieme la natura di sacerdozio e di sacramento; partecipò inoltre alle discussioni sui matrimoni clandestini e fece parte della commissione incaricata di predisporre la riforma dell’Indice dei libri proibiti, di cui fu uno dei sottoscrittori.
A Venezia volle dare una tangibile manifestazione dei deliberati tridentini convocando il 17 settembre 1564 un sinodo diocesano, al quale sarebbero seguiti altri due, nel 1571 e nel 1578. Comune a tutti fu un programma volto al disciplinamento del clero: oltre alla proibizione di affittare case a persone moralmente riprovevoli, gli ecclesiastici erano tenuti a non praticare giochi d’azzardo e taverne, a non ballare e indossare vesti colorate, inoltre dovevano portare una tonsura ben evidente e avere perpetue di comprovata moralità. Sin capillari le disposizioni impartite sul tema della honestas vitae, ma a ben guardare si trattava di norme superficiali che non innovavano più di tanto rispetto alla linea seguita dai precedenti sinodi. Insomma, una «tenue opera di riforma», a detta di Paolo Prodi (in Storia di Venezia, 1994, p. 324), nonostante le solenni cerimonie di apertura con processioni del clero e intervento delle Scuole grandi.
Del tutto usuale il restante suo operato in questi anni: il 31 ottobre 1571 promosse il protonotaro apostolico Giovanni Renio, parroco di S. Agostino, nel ruolo di vicario generale della diocesi; in vari tempi ebbe modo di consacrare chiese e altari; nel 1575 andò a Roma in occasione dell’anno santo; il 15 agosto 1581 prese parte alla traslazione del corpo di s. Stefano dalla vecchia chiesa di S. Giorgio Maggiore alla nuova basilica palladiana; di maggiore importanza risulta invece la fondazione di un seminario per la formazione dei chierici.
Sin dal luglio del 1563 Pio IV aveva raccomandato al patriarca di istituire il seminario «ex ipsius Concilii praescripto» (Tramontin, 1965, p. 363), ma non se n’era fatto nulla, per la mancanza dei mezzi necessari e per la contrarietà sia del Senato sia del clero. Però l’ignoranza, gli abusi e la rilassatezza dei costumi degli ecclesiastici veneziani, unitamente all’eccessiva tolleranza nei riguardi degli eterodossi tedeschi presenti nell’emporio realtino, avevano allarmato papa Gregorio XIII, che nel febbraio del 1580 aveva inviato nella città il cardinale Federico Borromeo. In una lettera al suo segretario il cardinale addebitava le storture rilevate all’inettitudine di Trevisan che, scriveva, «non ha già cattiva volontà, ma è homo da niente et da non farne capitale alcuno» (Soranzo, 1940, p. 20). Pertanto Borromeo sollecitò il papa a inviare a Venezia un visitatore apostolico, che fu scelto nella persona di Alberto Bolognetti, cui vennero affiancati il vescovo di Padova Federico Corner e quello di Verona, Agostino Valier, onde attenuare, con la loro presenza, le prevedibili resistenze del Senato. Rientra in questo contesto la fondazione del seminario patriarcale, preceduto, il 23 aprile 1579, da quello ducale, voluto dal Senato per la formazione dei chierici destinati alla basilica di S. Marco; di lì a poco, pertanto, Trevisan, premuto da un lato dall’iniziativa del governo veneto e, dall’altro, da quella romana, istituiva il 23 gennaio 1581 il seminario patriarcale, dapprima nella sede alquanto decentrata di S. Geremia, poi a Murano, nel monastero di S. Cipriano di cui lo stesso patriarca era titolare.
Pressoché contemporaneamente aveva luogo la visita apostolica da parte del vescovo Lorenzo Campeggi, subentrato a Bolognetti, e di Valier, in un clima reso più pesante dall’acuirsi delle istanze anticuriali che in Senato animavano i ‘giovani’ e che sarebbero sfociate nella ‘correzione’ del 1582. Il vecchio patriarca non solo uniformò la propria condotta al giurisdizionalismo della Repubblica, ma rasentò la freddezza, dimostrandosi apertamente contrario alla visita; e così, quando il 26 maggio 1581 Campeggi e Valier si presentarono dinanzi alla cattedrale di S. Pietro, Trevisan non si fece trovare. Le sue risposte all’interrogatorio furono poi caratterizzate da stringatezza: disse che non aveva compiuto la visita pastorale dal momento che la diocesi era composta dalla sola città e alcuni paesetti, che nella cattedrale faceva predicare solo in avvento e quaresima essendo chiesa decentrata e frequentata da pochi, e che aveva conservato al popolo l’elezione dei parroci per rispetto della tradizione locale.
Che i visitatori Campeggi e Valier non fossero soddisfatti del comportamento di Trevisan si ricava dalle disposizioni da essi emanate l’11 agosto 1581, in cui si ribadivano (a far intendere che ce n’era bisogno) alcuni dei decreti tridentini riguardanti la visita pastorale, la predicazione domenicale in cattedrale e una più attenta sorveglianza sulla vita del clero.
Qualche anno dopo, nel 1587, Trevisan cercò invano di rinunciare in favore del nipote Giovanni Emo all’abbazia di S. Cipriano, della quale però ottenne l’annessione al Patriarcato; nello stesso anno pubblicò le Constitutiones et privilegia patriarchatus et cleri Venetiarum, ove non si faceva alcun cenno ai deliberati del Concilio, limitandosi – a ulteriore conferma della priorità accordata da Trevisan alla tradizione laicale della Repubblica – a riesumare le costituzioni degli antichi sinodi veneti.
Morì a Venezia il 3 agosto 1590, «amalado da febre già mesi quattro» (Archivio di Stato di Venezia, Provveditori alla Sanità, Necrologi, reg. 822, sub 4 agosto 1590), e fu sepolto nella cattedrale presso l’altare di S. Giovanni, dove egli stesso si era preparato il sepolcro, con iscrizioni commemorative ai lati.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Misc. Codd., s. 1, 20, Storia veneta: M. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de’ patritii veneti, VII, p. 114; Provveditori alla Sanità, Necrologi, reg. 822, sub 4 agosto 1590; Venezia, Biblioteca del Civico Museo Correr, Cicogna, 3783: G. Priuli, Pretiosi frutti..., III, c. 189rv; Cicogna, 1536/20, p. 439 (licenza di recarsi a Roma per l’anno santo).
G.B. Gallicciolli, Delle memorie venete..., II, Venezia 1795, cap. XI, pp. 64 s.; E.A. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane, III, Venezia 1830, p. 15, IV, 1834, pp. 265, 485-487, V, 1842, p. 90; G. Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica..., XCIII, Venezia 1859, pp. 133 s.; Hierarchia catholica medii et recentioris aevi..., a cura di C. Eubel, III, Monasterii 1923, p. 329; G. Soranzo, Rapporti di san Carlo Borromeo con la Repubblica Veneta, in Archivio veneto, s. 5, LXX (1940), 53-54, pp. 20, 24 s.; A. Niero, I patriarchi di Venezia da s. Lorenzo Giustiniani ai nostri giorni, Venezia 1961, pp. 92-98; S. Tramontin, Gli inizi dei due seminari di Venezia, in Studi veneziani, VII (1965), pp. 363-377 (in partic. pp. 366-368); Il concilio di Trento e la riforma tridentina. Atti del Convegno storico internazionale, Trento... 1963, II, Roma 1965 (in partic. A. Dusini, L’episcopato nel decreto dogmatico sull’Ordine Sacro, della XXIII sessione del Concilio di Trento, p. 588; A. Niero, L’honestas vitae clericorum nei sinodi di G. T. patriarca di Venezia, pp. 745-747); S. Tramontin, La visita apostolica del 1581 a Venezia, in Studi veneziani, IX (1967), pp. 458, 492; Id., La figura del vescovo secondo il concilio di Trento ed i suoi riflessi veneziani nell’interrogatorio del patriarca T., ibid., X (1968), pp. 423-456; A. Niero, Riforma cattolica e concilio di Trento a Venezia, in Cultura e società nel Rinascimento tra riforma e manierismi, a cura di V. Branca - C. Ossola, Firenze 1984, pp. 88-91; Storia di Venezia dalle origini alla caduta della Serenissima, VI, Dal Rinascimento al barocco, a cura di G. Cozzi - P. Prodi, Roma 1994 (in partic. P. Prodi, Chiesa e società, pp. 321, 324 s., 338; A. Stella, La riforma protestante, p. 357).