TRULLI, Giovanni
– Nacque il 20 marzo 1599 a Veroli (Frosinone), da Leonardo, di cui non è nota la professione, e da Giulia Campanari (Frosinone, Archivio storico diocesano, sezione Veroli, parrocchia di S. Erasmo, Battesimi, 2, c. 9v; Trulli, 2012). Per ricostruire il contesto familiare, può essere utile sottolineare il legame con l’ambito medico-chirurgico (Mandosio, 1692): come Giovanni, anche il fratello Stefano fu infatti chirurgo. Il nipote Giovanni jr, figlio di Stefano, divenne invece medico di collegio e protomedico.
Scarse sono le notizie sulla sua formazione. Le fonti ricordano un soggiorno in Francia, dove Trulli si perfezionò nell’arte chirurgica, soprattutto nella litotomia, che gli valse, una volta ritornato a Roma, le attenzioni di papa Urbano VIII. Con il chirografo del 3 agosto 1636, il pontefice gli garantì infatti le risorse necessarie per restare a Roma «a benefitio et utile publico con obligo di operare con la sua professione, et impiegarsi gratis per li Poveri ogni volta che da quelli ne sarà ricercato, e d’instruire nel luogo che li sarà assegnato dal Rettore dello Studio [...]» (Renazzi, 1805, p. 244). Il legame con i Barberini fu determinante: fu infatti proprio il cardinale Francesco Barberini, nipote del pontefice, a pagare, dal 1° settembre 1636 al 24 maggio 1641, il canone d’affitto dell’abitazione di Trulli in via de’ Cappellari, nel rione Regola (Belloni, 1971, p. 18).
I rotuli dell’Archiginnasio romano attestano, per gli anni 1636, 1637, 1639 e 1640, l’affidamento a Trulli dell’insegnamento di «chirurgia extra ordinem». Un’ultima lettura, per l’anno 1643, è segnalata invece da Thomas Bartholin (Epistolarum medicinalium..., Hafniae 1663, p. 191). Come medico-chirurgo pontificio, Trulli fu dal 1642 chirurgo dell’infermeria di Palazzo, quindi, dopo una lunga assenza durante il conclave del 1644 e tutto il pontificato di Innocenzo X, esercitò nuovamente per il conclave del 1655 e sotto il pontificato di Alessandro VII (Degli archiatri pontificj, I, Roma 1784, pp. XLII-XLIII).
Incaricato di aprire il corpo di Urbano VIII, deceduto il 29 luglio 1644, per prepararlo all’imbalsamazione, Trulli riscontrò una calcificazione nella parete ventricolare sinistra e tracce di calcoli biliari e renali, come ricordato da Bartholin, che al referto dedicò una delle sue ‘storie’ (Historiarum anatomicarum rariorum centuria I et II, I-II, Hafniae 1654, pp. 220 s.) nonché rimandi in altri suoi scritti (Epistolarum medicinalium..., cit., p. 263; Anatome [...] quartum renovata, Lugduni 1673, p. 394).
Come ricostruito da Luigi Belloni (1971), Trulli fu impegnato in un’intensa attività medico-legale. Risale al 25 luglio 1649 l’apertura del cadavere del cardinale Orazio Giustiniani, bibliotecario di Santa romana Chiesa, nel quale Trulli osservò la presenza di un «tumore nel collo della vessica» (v. Belloni, 1985, p. 536). Il 21 gennaio 1659, insieme al chirurgo Henrik van Møinichen, sezionò invece la salma del cardinale Cornelio Melzi, arcivescovo di Capua, rinvenendo numerose calcificazioni a carico dell’aorta. Il caso venne riportato ancora una volta da Bartholin (Epistolarum medicinalium..., cit., pp. 720-726). Secondo Giovanni Maria Lancisi (De subitaneis mortibus, Romae 1707, p. 83), Trulli trattò anche casi di morti improvvise.
Trulli però eccelse soprattutto nell’attività clinica e chirurgica, come emerge dalle lettere di Møinichen a Bartholin (Belloni, 1971, p. 22). La sua abilità a gestire i casi clinici più complessi colpì anche Benedetto Castelli che, in una lettera del 20 settembre 1638 a Ferdinando Cesarini (Opere di Galileo Galilei, XVII, pp. 377-380), ricorda il modo con cui egli, «con gran franchezza e risoluzione», aveva trattato l’intestino prolassato di un paziente. Non stupisce dunque che anche Galileo Galilei si fosse servito di lui per una consulenza oculistica, resasi urgente dopo il graduale peggioramento della vista, ormai compromessa nel 1637.
Fu Pier Battista Borghi a suggerirgliene il nome in una lettera del 23 gennaio 1638 (ibid., pp. 263 s.): appena arrivato a Roma, Trulli si era infatti già distinto per il numero di casi trattati, venti in appena due anni, tutti con prognosi favorevole. Il consulto fu inviato il 20 febbraio 1638 (ibid., XIX, pp. 552-554; cfr. Grondona, 1967), e si basò su una relazione redatta forse da un chirurgo fiorentino e fatta arrivare a Roma tramite Borghi. Trulli ne aveva dedotto che la cecità di Galilei dipendesse da una «suffusione», cioè da un «panno» che ostacolava la vista. Scartò però l’operazione di «depressione del panno» in favore del cauterio, per favorire la fuoriuscita della «materia» responsabile dell’oftalmia, e di rimedi per alleviare la lacrimazione. Non essendoci pervenuta la relazione iniziale, il consulto di Trulli rappresenta l’unica testimonianza medica dettagliata sulla cecità di Galilei.
In linea con un’apertura comune tra i chirurghi, Trulli fu tra i primi sostenitori in Italia della teoria circolatoria di William Harvey, che nel 1636 era stato prima in visita a Roma, accolto proprio da Francesco Barberini, e poi a Napoli, da Marco Aurelio Severino. Negli stessi anni anche un altro difensore di Harvey, Paul Marquard Schlegel, era giunto a Roma, entrando direttamente in contatto con Severino e lo stesso Trulli. La corrispondenza Trulli-Severino, conservata a Roma, nella Biblioteca Lancisiana (v. Belloni, 1971), mostra un coinvolgimento attivo nel dibattito sulla dottrina circolatoria. Tra i risultati di questo scambio, interrottosi poi alla fine degli anni Quaranta, si ricordano le osservazioni di Trulli sull’apparato circolatorio dei serpenti, poi confluite nel Vipera Pythia (Patavii 1651) di Severino, e la dissertazione sulla «vena salvatella», De serie venarum, ripresa nuovamente da Severino nella Seilo-phlebotome castigata... (Hanoviae 1654). Non sono pervenuti altri scritti. Secondo Prospero Mandosio (1692, p. 94) il nipote Giovanni jr progettava di raccogliere in un volume dal titolo Medicus geryon, sive medicae observationes trium Trulliorum... tutte le osservazioni dei Trulli, comprese quelle dello zio.
Non sposato, Trulli morì a Roma, nella sua abitazione, il 27 dicembre 1661, e venne sepolto nella chiesa di S. Maria degli Angeli.
Il testamento, rogato il 27 settembre 1652, subì una revisione nel 1654 per escludere uno dei suoi fratelli, Bernardino, a causa di un contenzioso di natura economica.
Fonti e Bibl.: Si segnalano il certificato di battesimo (Frosinone, Archivio storico diocesano, sez. Veroli, Parrocchia di S. Erasmo, Battesimi, II, c. 9v); il testamento (Archivio di Stato di Roma, Trenta notai capitolini, uff. 28, notaio Nicolaus Rignanus); il certificato di morte (Roma, Archivio storico del Vicariato, Liber defunctorum ecclesiae Sancti Laurentii in Damaso, 1644-1672, c. 189v). Per la corrispondenza con Severino, vedi Belloni, 1971.
P. Mandosio, Bibliotheca romana, II, Romae 1692, pp. 92-94; F.M. Renazzi, Storia dell’Università degli studi di Roma, III, Roma 1805, pp. 96, 244; Bullettino di bibliografia e di storia delle scienze matematiche, XI (1878), pp. 615-630; Le opere di Galileo Galilei, XVII, Firenze 1906, pp. 377-380, XIX, 1907, pp. 552-554; C. Morganti, La documentata fama del medico verolano G. T..., in Pagine di storia della medicina, III (1959), 5, pp. 40-49; F. Grondona, In tema di eziogenesi della cecità di Galileo, in Atti del Symposium internazionale di storia, metodologia, logica e filosofia della scienza..., Firenze-Pisa... 1964, Vinci-Firenze 1967, pp. 141-154; L. Belloni, La dottrina della circolazione del sangue e la scuola galileiana, 1636-61, in Gesnerus, XXVIII (1971), pp. 7-34; Id., Per una miglior conoscenza dell’opera di G. T., chirurgo di Galileo: la storia anatomico-medica del card. Orazio Giustiniani, in Scienza e filosofia, a cura di C. Mangione, Milano 1985, pp. 533-538; G. Trulli, Veroli. Pagine di storia, eventi, personaggi. Antologia, [Veroli] 2012, pp. 250-255.