GIOVANNI V Paleologo, imperatore d'Oriente
Nominalmente regnò dal 1341 al 1391, ma solo per pochi anni e a intermittenza egli tenne il potere. Per le interminabili guerre civili che lo funestarono, per le sconfitte e le perdite territoriali subite da parte dei nemici esterni e principalmente dei Turchi Ottomani, il suo fu uno dei più infelici e funesti regni della storia bizantina. Alla morte del padre, Andronico III, G. contava appena 11 anni. Fu posto sotto un consiglio di reggenza formato della madre Anna di Savoia, figlia del "Conte verde" Amedeo VI, del gran domestico Apocaucos, del patriarca e di altri. Giovanni Cantacuzeno insorse contro tale reggenza e a Didymoteichon si proclamò alla sua volta imperatore. Dopo una lotta di sei anni, durante la quale le parti in contrasto chiamarono in proprio aiuto Serbi, Bulgari, Veneziani, Genovesi, Selgiuchidi, Ottomani, essendo già stato assassinato Apoiaucos (1345), Cantacuzeno riuscì a entrare in Costantinopoli dove fu incoronato come collega e tutore di G. al quale diede in moglie Sua figlia Elena (febbraio 1347). Giovanni VI Cantacuzeno (v.) da allora regnò non come collega ma come solo imperatore tenendo lontano dalla corte e dal governo il genero, il cui nome fu persino eliminato nelle formule delle preghiere e degli atti pubblici. Nel 1354 G., minacciato nei suoi stessi diritti dinastici, avendo ll Cantacuzeno fatto incoronare come suo collega e successore il proprio figliolo, entrò con l'aiuto dei Genovesi a Costantinopoli e costrinse il suocero e il cognato all'abdicazione. Cominciò allora il suo governo personale. Egli non mancava d'intelligenza, ma le condizioni dell'impero erano disperate. Veneziani e Genovesi si disputavano apertamente il predominio sulle isole e sui mari bizantini e combattevano financo per le vie della capitale; nella Macedonia, nell'Epiro, nella Tracia dominava il potente zar dei Serbi Stefano Dušan, il quale proprio in quel momento, assunto il titolo di basileus e autocrator dei Serbi e dei Romani" cioè dei Greci, si avanzava su Costantinopoli; i Turchi Ottomani avevano occupato Gallipoli (1354) e ne facevano la base per l'offensiva contro la Balcania. Il pericolo serbo si dileguò per la morte di Dušan avvenuta nel 1355 a Devoli in vista quasi della cupola di Santa Sofia, ma quello ottomano permaneva e di giorno in giorno si faceva più minaccioso. G. disponendo di poche forze e di poche risorse cercò di pararlo chiamando in aiuto l'Occidente e promovendo alleanze con gli stati balcanici e con l'Ungheria; ma i suoi sforzi furono vani. Nel 1356 egli inviò un'ambasceria al papa Innocenzo VI in Avignone facendo atto di piena sottomissione alla Santa Sede; il papa predicò in suo favore una crociata, ma né Venezia, né Genova, né il re di Cipro risposero all'appello. Gli Ottomani intanto prendevano Tzurulo, Dimotica, Adrianopoli, Seres, Filippopoli, e Giovanni era costretto dal sultano Murād I a dichiararsi suo vassallo e a promettergli aiuti nella guerra contro i Serbi (1363). Nonostante questo accordo, nel 1365 l'imperatore inviava un nuovo appello al pontefice Urbano V e si recava personalmente dal re d'Ungheria per sollecitare il suo intervento. Sulla via del ritorno si abboccò con lo zar bulgaro di Tirnova, Giovanni III Šišman per concludere con lui una lega, ma questi lo imprigionò. Fu liberato dopo più di un anno da Amedeo VI di Savoia il quale condusse una spedizione contro i Turchi, togliendo loro Gallipoli, e minacciò la Bulgaria. Nel 1369 G., nella speranza di affrettare la crociata alla cui formazione lavorava il pontefice, fece un viaggio in Occidente. A Roma, dove fu ricevuto solennemente dai legati del papa il 31 ottobre, fece pubblica professione di fede cattolica e di sottomissione al papa. Passò poi in Avignone dove si abboccò col pontefice per stabilire le modalità dell'unione della chiesa greca e della prossima crociata contro i Turchi. Al ritorno fu però trattenuto in ostaggio a Venezia dai suoi molti creditori.
Alle pressanti istanze di G., il figlio Andronico, che egli aveva lasciato come reggente a Costantinopoli, non rispose; ma il figlio minore Manuele, governatore di Salonicco, si affrettò a mandare la somma necessaria per il suo riscatto. La crociata predicata dal nuovo pontefice Gregorio XI, nonostante le assicurazioni date dal re Luigi d'Ungheria e dal re d'Inghilterra, non si mosse per allora; e intanto i Turchi infliggevano ai Serbi una tremenda sconfitta alla Marizza (sett. 1371) ed estendevano il loro dominio nella Macedonia e nella Tracia isolando Costantinopoli. A G. non rimase che sottomettersi al sultano Murād, al quale diede anche in ostaggio il figlio Manuele. La tragica situazione di questo simulacro dell'Impero d'Oriente non impedì che scoppiassero nuove lotte in seno alla famiglia regnante. Fra G. e il figlio maggiore Andronico non c'era stato mai buon accordo: dopo il rifiuto di questo a pagare il prezzo di riscatto per il padre ai creditori veneziani, i loro rapporti s'inasprirono e G. associò al trono il figlio minore Manuele. Andronico allora ordì una congiura e trovò un complice in Saūǵ, figlio del sultano Murād che tentava alla sua volta di detronizzare il padre. La congiura fu scoperta e i due complici furono puniti con l'accecamento (operazione questa che fu fatta con molta mitezza per Andronico tanto che egli non perdette del tutto la vista); ma due anni dopo, nel 1376, approfittando dell'assenza di Manuele da Costantinopoli, Andronico con l'aiuto dei Genovesi, ai quali promise la cessione di Tenedo, ritentò la prova e riuscì a impadronirsi del potere gettando in prigione il padre. Qui egli rimase per tre anni. Nel 1379 fuggito dalla prigione con l'aiuto dei Turchi, ai quali s'impegnò di pagare un annuo tributo di 30.000 bisanti d'oro e di mantenere 12.000 uomini al servizio del sultano, riprese il potere ma dovette lasciare sul trono Andronico e il figlio di lui Giovanni. L'accordo si mantenne fino al 1385. In quest'anno, essendo morto Andronico (IV), G. cacciò il nipote e nominò suo collega e successore Manuele. Nell'aprile del 1390, trovandosi questi in Asia con l'esercito di Bāyazīd, il giovane G., insorse contro il vecchio basileus, e si mantenne sul trono fino al settembre dello stesso anno; quando, tornato Manuele nella capitale, l'obbligò a ritirarsi restituendo il potere al padre. Questi visse ancora pochi mesi e il 16 febbraio 1391 morì. Durante il suo regno l'Impero aveva perduto tutti i suoi dominî asiatici e la maggior parte di quelli europei riducendosi alla capitale, a poche isole e a pochi territorî della Tracia, della Macedonia e della Grecia.