Vernacci, Giovanni
Nacque nel 1486 da Primavera o Primerana di Bernardo Machiavelli, sorella maggiore di Niccolò, e da Francesco Vernacci (sposatisi nel 1483). Nel 1500 Primavera morì e nello stesso anno Giovanni, allora quattordicenne, si ammalò gravemente, al punto che fu «per morire» (Totto Machiavelli a M., 4 nov. 1500, Lettere, p. 31). Nel giugno del 1513 era mercante a Pera, il quartiere di Costantinopoli che fu colonia genovese dal 13° al 15° sec. e poi «sede degli ambasciatori cristiani presso il sultano» (Bausi 1998, p. 310). Lì si occupò di commercio, soprattutto di tessuti, almeno fino al 1525, secondo quanto emerge da una lettera di Lodovico, figlio di M., scritta da Adrianopoli al padre il 14 agosto 1525: «sono istato forzato a mandargli [si tratta di panni] in Pera a Giovanni Vernacci» (Lettere, pp. 400-01). Dopo questa data mancano testimonianze. Non è noto se per qualche periodo rientrò in Italia. Il procuratore Alberto Canigiani si occupò a Firenze dei suoi affari, delle sue ‘faccende’ e fu mediatore nel difficile scambio epistolare con i familiari, vista la distanza, e nella consegna di qualche presente di Giovanni ai parenti (come panni e caviale); nel 1519 Canigiani morì e quindi il ritorno immediato di Giovanni a Firenze sembrò indispensabile allo zio Niccolò, per via anche delle rimostranze di alcuni fiorentini che gli avevano affidato i loro affari («se tu non torni, tu perderai di qua la roba e l’onore», lettera a Giovanni V. del 15 apr. 1520, Lettere, p. 360). Nel 1521 Giovanni si limitò a inviare una procura a M. affinché riscuotesse certi proventi e alcune somme di denaro di origine anche testamentaria e affrontasse come poteva le richieste dei creditori fiorentini, e soprattutto di Piero Venturi. Sappiamo inoltre che nel 1521 Giovanni sostenne una contesa, forse giudiziaria, con un tal Biliotto (M. a Giovanni V., 9 ott. 1519, 15 apr. 1520, 15 febbr. 1521, Lettere, pp. 359-61, 368-69; Giovanni V. a M., 8 maggio 1521, pp. 370-71).
Il carteggio fra M. e Giovanni (si conservano dodici lettere del primo e due del secondo) ha accenti spesso assai affettuosi e confidenziali. Le prime lettere di M. (26 giugno e 4 ag. 1513) accolgono lo sfogo per le «tante brighe» patite dopo i fatti del 1512 (un tema ricorrente nelle lettere al nipote), ma ci informano anche della nascita di una sua bambina («la quale si morì in capo di 3 dì»), come di un contatto epistolare con il console fiorentino a Costantinopoli, Giuliano Lapi (Lettere, pp. 264, 271). M. esorta, fra l’altro, Giovanni a ragguagliare con esattezza il suo corrispondente fiorentino, il cugino Lorenzo Machiavelli. Tenta di convincerlo a «pigliare donna» di buona famiglia, come la figlia di un «artefice ricchissimo [...] un poco zoppa» (20 apr. 1514, 5 e 25 genn. 1518, pp. 319-20, 357-58). Le lettere datate 18 agosto e 19 novembre 1515, 15 febbraio 1516 e 8 giugno 1517 testimoniano l’affetto di M. verso il nipote, che egli ha «in luogo di figliuolo» (spera anche che Giovanni possa aiutare i figli Bernardo e Lodovico), e il dispiacere per i «travagli» da lui affrontati (pp. 35153, 354). Si coglie inoltre l’acuirsi della sofferenza di Niccolò, escluso e impoverito («io sono diventato inutile»). Uno slancio amorevole e filiale anima, dal canto suo, la lettera di Giovanni allo zio datata 26 ottobre 1517 (egli anticipa il dono di caviale per la quaresima, pp. 355-56).
Bibliografia: R. Ridolfi, Una lettera inedita del Machiavelli, «La bibliofilia», 1971, 73, pp. 243-46; F. Bausi, Un autografo machiavelliano riapparso: la lettera a Giovanni Vernacci del 18 agosto 1515, «Interpres», 1998, 17, pp. 309-15.